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Gay & Bisex

Credevo che andassimo d'accordo


di only_a_boy
22.02.2023    |    7.623    |    11 9.4
"Io continuavo ad avere gli occhi chiusi ed ero in estasi, mentre prima un dito, poi due, entrarono dentro di me..."
Mentre stavo andando incontro alla metro a passo svelto non facevo che controllare nervosamente l’ora. Non che fossi in ritardo, anzi, secondo i miei calcoli sarei stato in leggero anticipo ma, si sa, a Roma i mezzi pubblici non sono proprio eccelsi. Avevo un appuntamento con Yuri e ci tenevo a fare una buona impressione, dicendomi tra me che sarebbe stato meglio aspettare che farsi aspettare: devo dire che venni accontentato, perché fu lui ad arrivare in ritardo. Non sono un tipo abituato a fare anticamera ma in quel caso poco mi importava, perché ero contento di vederlo e di passare del tempo con questa nuova conoscenza.
L’avevo conosciuto casualmente solo il giorno prima ad un evento in cui facevo la guida a dei gruppi. Era la fine della giornata e ci avviavamo alla conclusione quando lui, attirato dal nostro striscione e dall’accesso ad un luogo solitamente chiuso, si avvicinò per chiedere informazioni. Saputo che era necessario solo pagare 5 euro per poter partecipare all’ultima visita guidata, diede il suo contributo senza esitare e venne assegnato a me.
Dal canto mio, avevo osservato tutta la scena con attenzione fin dall’inizio, avendo subito notato questo bel ragazzo, alto e magro, informarsi con una voce modulata e l’accento straniero. I suoi capelli, tagliati corti, erano castano chiaro, i suoi occhi di un azzurro intenso, reso ancora più intenso dal contrasto con la mascherina nera che indossava (era settembre 2020, al tempo dei DPCM che condizionavano la libertà individuale).
Ero felice di averlo con me, ancora più felice dal fatto che, essendo tardi, il mio gruppo, che avrebbe dovuto essere di 15 persone che non si presentarono, finì composto unicamente da lui.
Mi chiese quasi scusa che mi stava facendo fare un ultimo giro solo per me, io invece ero piuttosto contento di poter accompagnare un così bel ragazzo.
O forse più che ragazzo dovrei dire uomo, visto che, come seppi poi, aveva 40 anni, ma non li dimostrava per niente. Quell’aria esotica e l’accento straniero – pur parlando un italiano impeccabile – erano determinati dalla sua nazionalità: era russo di nascita ma si era trasferito in Italia da bambino con i genitori e viveva a Roma.
Più che una visita guidata, la nostra fu una piacevole chiacchierata, non il solito scambio di nozioni unidirezionale che c’è tra una guida ed il suo pubblico. E poi, lui era una guida turistica abilitata, conosceva parecchio di quel che gli mostravo e sembrava più interessato ad un dialogo con me.
Parlando, emergevano interessi in comune, nozioni, una certa simpatia reciproca. Mi sembrava ci fosse un certo feeling così, con la scusa dei social, riuscii a scambiarmi Instagram con lui, un modo come un altro per poter avere un contatto. Era bastato poi la sera scambiare qualche messaggio, sempre contraddistinto da gentilezza reciproca (come prima cosa mi aveva scritto per ringraziarmi del tour), per arrivare a darci un appuntamento per il giorno successivo, con l’obiettivo di andare assieme per musei.
Così, quel giorno, nel rivederlo arrivare ero felice, non mi interessava di aver atteso una decina di minuti in più.
La nostra meta avrebbe dovuto essere Palazzo Massimo a Termini, ma nel regno del terrore delle chiusure selettive causa pandemia, in quel museo si erano inventati – per limitare l’accesso e conservarlo deserto– che era necessaria una prenotazione da fare on line. Ripiegammo quindi sul vicino Museo delle Terme di Diocleziano, per fortuna ad accesso ancora libero.
Passeggiavamo tra le statue, ora scambiando nozioni di storia dell’arte, ora parlando di noi. Com’era bello fare una nuova conoscenza! Sentire quella freschezza nella conversazione, avere spontaneamente l’impulso di dosare il tono di voce, pesare le parole, con il chiaro intento di lasciare di te la migliore impressione e percepire che l’altro è animato dagli stessi propositi: due persone che ancora non si conoscono ma che simpatizzano, che si fiutano e, di gentilezza in gentilezza, iniziano a scrutarsi.
Non mi ero accorto neanche che nel frattempo, fuori dal museo, si era scatenato un acquazzone, la cosa aveva poca importanza: tanto eravamo al sicuro sotto i portici del chiostro di Michelangelo, circondati da bellissime statue. Yuri, per sorprendermi, mi indicò un busto, rivelandomi che era una copia in marmo del “Bruto Capitolino”, la bellissima statua in bronzo che avevo appena finito di lodare. Io invece, indicando tutte queste statue che ammiravamo e trattavamo come vecchie conoscenze, iniziai a scherzare sugli strambi canoni di bellezza dei greci, che volevano un corpo perfetto ma con dei genitali minuscoli (per dare l’idea del predominio sulle forze della natura): “non so tu” - gli dicevo per stuzzicarlo - “ma io non gradirei essere ritratto in queste dimensioni extra small”. E lui, ridendo, annuiva.
Quello sarebbe stato il massimo della malizia che avrei impiegato con lui: dopotutto non lo conoscevo bene, non l’avevo incontrato nel solito mondo delle app, percepivo un’attenzione verso di me o quanto meno un interesse, mi sembrava gay ma non ci avrei scommesso. Insomma, non avrei affrontato l’argomento per rischiare di perdere una conoscenza interessante, perché di cose in comune ne avevamo davvero tante ed ero felice così.
A un certo punto, complici forse il freddo dell'inverno ed continuo scroscio d’acqua, alla vista della toilette sotto ai portici del chiostro venne ad entrambi l’impulso di far pipì. Così, nel silenzio generale del museo deserto, riempito solo dai nostri passi e dal rumore della pioggia fuori dal chiostro, entrammo nel bagno.
Vi trovammo solo due orinatoi a muro (i gabinetti invece erano misteriosamente chiusi, forse per emulazione dei DPCM?), Yuri senza scomporsi prese subito posto in quello vicino al muro.
Devo ammettere che non amo gli orinatoi, per molti motivi: uno igienico (mancanza di carta per pulirsi l’uccello) e uno di privacy (sono esibizionista quando voglio ma se faccio i miei bisogni vorrei stare da solo), ma non sapendo che scusa inventare (dopotutto gli etero non hanno questi problemi e pisciano in compagnia) mi son forzato e mi son messo anche io accanto a lui. Mentre facevo l’indifferente, cercavo di tenere moscio il mio pisello che, tirato fuori a poca distanza da quel ragazzo, avrebbe preferito eruttare ben altro liquido.
Riuscito a far pipì evitando erezioni, me lo sgrullai un po', forse indugiando troppo, visto che Yuri, che aveva già finito e si era andato a lavare le mani, si era girato stupito di trovarmi ancora lì.
Un po' imbarazzato, per giustificarmi, gli dissi la verità, cioè che odiavo gli orinatoi perché poi non mi potevo asciugare il pisello. “Beh, a questo c’è rimedio”, disse prendendo dalla tasca un pacco di fazzoletti di carta, porgendomene uno. Nello sporgermi verso di lui misi involontariamente in mostra il mio pisello, che era ancora fuori dalla patta. Il suo sguardo cadde proprio lì e il mio membro, come se avesse ricevuto un comando, si irrigidì all’istante.
Rimasi inebetito senza prendere quel fazzoletto, imbarazzatissimo dall’erezione lampo che avevo avuto. Mi sentivo il suo sguardo addosso e non sapevo cosa fare, Yuri, invece, credo che stesse sorridendo (difficile dirlo, aveva la sua mascherina). Visto che non mi decidevo a prendere quel dannato fazzoletto, fu lui ad avere iniziativa e, invece che passarmelo in mano, si avvicinò lentamente a me e, con naturalezza, me l’applicò direttamente per asciugarmi l’uccello, mentre mi guardava in viso.
Inutile dire che a contatto con le sue mani fredde sull’asta il mio pisello era diventato irrimediabilmente di marmo ma oramai sembrava non esserci più imbarazzo in me e restavo a godermi quella situazione. Situazione che divenne ancora di più inattesa quando, finita la pulizia, si inginocchiò e, dopo essersi abbassato la mascherina, me lo prese in bocca: mi sentivo davvero disarmato mentre la sua lingua roteava attorno al glande, per poi iniziare a succhiare forte.
Chiusi gli occhi e gli accarezzai la testa, cercando di non ansimare. Solitamente non amo ricevere i pompini ma questo primo contatto tra noi era a dir poco intrigante.
Parallelamente al suo lavoro di bocca, anche le mani di Yuri lavoravano: con fare sicuro mi avevano sbottonato i pantaloni, che caddero a terra, e mi avevano abbassato le mutande. Così, nudo dalla vita in giù, restavo alla sua mercé, con il mio cazzo letteralmente nelle sue mani, anzi, nella sua bocca.
Sentii ben presto delle carezze sulle chiappe, le sue mani stavano esplorando il territorio fino ad iniziare a giocare con il buchino. Io continuavo ad avere gli occhi chiusi ed ero in estasi, mentre prima un dito, poi due, entrarono dentro di me. Se Yuri avesse nutrito qualche dubbio sul ruolo che preferivo a letto, il mio contegno doveva averli fugarti tutti, perché mi sorpresi ad inarcare la schiena per agevolare la penetrazione: dopotutto, la mia indole passiva era più consona ai ditalini che ai pompini.
A un certo punto dovetti aprire gli occhi per capire che stesse succedendo, perché mi sentivo tirare, quasi fossi al guinzaglio. Il mio guinzaglio era rappresentato dal mio cazzo ancora nella bocca di Yuri, che, muovendosi, lo tirava verso di sé, facendomi a mia volta spostare docilmente. Ci allontanammo, quindi, dagli orinatoi a muro, per arrivare vicino ai lavandini, con gli specchi. Qui Yuri si tolse di bocca il mio membro e contemporaneamente tirò fuori le dita (che erano diventate tre) dal mio buchino.
Non realizzai neanche di essere rimasto vuoto che lui, con entrambe le mani, mi prese per i fianchi e mi girò bruscamente di spalle, facendo pressione sulla schiena per farmi appoggiare le mani sul lavandino.
In quella posizione gli offrivo il culo, me ne rendevo perfettamente conto. Dopo qualche attimo, alle mie spalle ascoltavo una serie di rumore familiari: quello di una zip che si abbassava, l’altro di una mutanda che si scostava ed ecco, al tatto, una presenza dura e parzialmente inumidita dal pre-sperma che si avvicinava al mio culetto per strofinarsi sulle chiappe. Per fortuna, sentii anche il rumore di una confezione di profilattico che veniva aperta e le solite manovre per indossarlo: quando il pisello fece pressione sul buchino percepii che era incappucciato.
Stava iniziando a spingere, sentivo che era leggermente lubrificato ma faceva attrito mentre cercava di entrare. Sulla base della mia consolidata esperienza sapevo bene che puoi avere anche un pisello extra-small, se non ti va a genio prenderlo ti servirà tutto il lubrificante del mondo e ancora ti sembrerà che ti faccia male entrando. Invece, quando sei eccitato, quando lo vuoi dentro, può esserci un cazzo enorme, ma riuscirai ad accoglierlo, perché mentalmente lo desideri in te a qualsiasi costo, con o senza lubrificante.
In quel momento non desideravo altro che di essere riempito da Yuri, per cui cercai di rilassarmi e di non cedere al dolore: anzi, quando lui si stava fermando, temendo di farmi male, ci pensai io a spingere il culo all'indietro verso di lui, auto impalandomi per farlo entrare completamente. Fatto questo, come al solito, l’effetto risucchio del mio culetto fece il resto e arrivai presto alla base del suo cazzo. Fu stupito dalla facilità con cui era entrato e dalla mia iniziativa e, con le mani sui miei fianchi, mormorò "ingordo".
Da li a iniziare a cavalcarmi il passo fu breve. Fui felice di essere davanti ad uno specchio: piegato a 90, guardavo in continuazione verso l’alto, attraverso il riflesso, cercando il suo volto, il volto del maschio che mi stava chiavando.
Ogni spinta mi faceva fremere dentro, ogni affondo mi trasmetteva sottomissione, che sul mio volto si trasformava in costanti sorrisi appagati. Adoro farmi vedere in questo stato, mentre godo come un maiale, senza nessun tipo di pudore: in momenti del genere mi sento davvero nudo, non solo fisicamente, e mi offro alla vista dell’altro per quello che sono, un passivo che gode nell’essere posseduto.
Yuri era l'altra metà della medaglia, l'attivo che godeva nel possedere un maschio sottomesso. Attraverso lo specchio sembrava contento di vedere quanto piacere mi stesse dando: poteva rendersene conto sia attraverso i lineamenti del mio volto, riflesso nello specchio, sia attraverso il mio pisello, talmente duro da farmi male: ben presto sentii la sua mano serrarmelo e iniziare a masturbarmi, con una perfetta sincronia rispetto ai colpi che il suo bacino infliggeva al mio povero culetto.
Stavo godendo alla grande, stavo godendo troppo, stavo quasi per venire: in genere so resistere, mediando tra piacere e dolore, ma devo avere il pisello in mia gestione, se qualcuno mi smanetta è difficile. Cercai di fermare la sua mano, ma non sentiva ragioni. Il colpo di grazia fu quando, continuando a darmi affondi sempre più potenti, si piegò in avanti, ansimando dietro il mio orecchio: accadde l’inevitabile, con 6 schizzi violenti che dal mio pisello esplosero veloci contro il lavandino e la parete. Stava continuando a masturbarmi, anche quando il pisello stava perdendo di vigore (tanto mi eccito facilmente, tanto mi smoscio all'istante finito tutto) e così un po' di crema colò sulla sua mano.
Io ero venuto, lui ancora doveva riuscire e stava continuando la sua cavalcata, con mio progressivo dolore: purtroppo, dopo che sono venuto quegli stessi colpi che prima mi mandavano in estasi (alle volte vorrei aprirmi a tal punto da far entrare l’intero maschio tanto il bisogno di averlo dentro) dopo divengono fitte dolorose, che non riesco più a reggere, è per questo che cerco sempre di essere l’ultimo.
Ad ogni modo Yuri aveva il diritto di continuare a divertirsi, quindi, continuai a sorridere (un po' forzatamente) e a resistere ai suoi colpi, pur augurandomi che venisse presto.
Lui dovette comunque accorgersi che qualcosa era cambiato e che il mio culo, da essere una voragine accogliente e bagnata per l’eccitazione, stava irrigidendosi e restringendosi, per cui a un certo punto me lo tirò improvvisamente fuori e, prendendomi per le spalle, mi fece girare verso di lui e inginocchiare sul pavimento.
Buttò il preservativo per terra e, a cazzo finalmente libero, continuò a smanettarsi con velocità, puntando il suo membro contro la mia faccia. Inginocchiato all’altezza del suo pisello, ebbi così modo di osservare finalmente il cazzo che fino ad ora avevo solo sentito allargarmi le pareti: coi peli pubici ben curati alla base, due bei coglioni grossi e depilati, il cazzo aveva un’asta piuttosto lunga, che pendeva a sinistra, ma che era abbastanza sottile, era circonciso, aveva alcune vene e terminava con una grossa cappella violacea, naturalmente bagnata.
Rimasi ipnotizzato ad ammirarlo fino a quando, senza preavviso, la mano di Yuri si fermò e dalla cappella iniziò ad eruttare tanto sperma, che naturalmente mi sommerse il volto.
Ho abbastanza esperienza per chiudere subito gli occhi: non vorrei mai provare l’ebrezza di essere accecato da un getto di sperma. E poi trovo intrigantissimo, non avendo la vista, concentrarmi sul tatto, sentire sulla pelle i diversi singoli colpi, prima violenti, poi sempre più delicati, raggiungermi il viso e trasmettermi il calore di un liquido che fino a poco prima era all’interno dei testicoli del mio maschio.
Rimasi ancora un po' a gustarmi quella sensazione di calore di questo liquido gelatinoso, che oramai mi colava dalla fronte al mento, prima di aprire gli occhi. Allora me lo ritrovai davanti a me, enorme: la sua altezza, già notevole, era amplificata dal fatto che ero inginocchiato.
Mi fissava soddisfatto dall’alto in basso, la posizione che mi intriga sempre, sentivo il suo seme su tutto il mio volto, osservavo il suo sguardo azzurro e all’improvviso mi nacque un bisogno, animato dal mio solito istinto porco al quale non seppi resistere: continuando a fissarlo, socchiusi la bocca e sorrisi, facendo poi uscire la lingua, che si mise a roteare sulle labbra in senso orario, prima il superiore e poi l’inferiore. Raccolsi così un po' del suo nettare, che fu presto ingoiato.
Lui sorrise e, guardandomi negli occhi, si avvicinò alla bocca la mano sporca del mio sperma e la leccò, ingoiando a sua volta il mio seme.
Oramai la pioggia aveva smesso di cadere, occorreva tornare coi piedi per terra: mi dicevo tra me che per fortuna il museo era rimasto deserto, ma era meglio non sfidare troppo la fortuna, bisognava ricomporsi, specialmente io che ero nudo dalla vita in basso e avevo il volto pieno di sperma.
Mi ero avvicinato al lavandino e mi stavo pulendo la faccia, con i pantaloni e le mutande ancora abbassati, quando sentii un pizzicore al culo. Mi voltai e vidi Yuri che sorrideva e mi mostrava un bel po' dei miei peli, che mi aveva appena strappato dal culetto.
“Me li prendo per souvenir, posso?”, mi chiese scherzando. “Fai pure, ma non ti sembra di aver preso abbastanza da me, almeno per oggi?” gli risposi scherzando, al ché scoppiammo entrambi a ridere.

Quella passeggiata per il museo finì così, ma quando ci separammo non avevo dubbi che l’avrei rivisto ancora. E, in effetti, per circa un mese fummo inseparabili: dopo il lavoro ci incontravamo quasi ogni giorno per passeggiare, parlare, scherzare, cenare assieme. In una Roma resa deserta dalle chiusure e dall’assenza di turisti, eravamo solo io e Yuri, come due scemi, a girare per le strade vuote e buie, private delle folle dei visitatori e anche delle luci dei negozianti (c’era il coprifuoco, chiudevano tutti prima ed era inverno, le giornate erano corte), ammirando la nostra città in questa veste inedita che mai avremmo pensato di conoscere.
Qualche altra volta finimmo nuovamente a letto assieme, con soddisfazione reciproca, ma spesso passavamo il tempo passeggiando e chiacchierando di interessi comuni, dato che ne avevamo tanti e per me era una cosa nuova e piacevole. A prescindere dall’attrazione sessuale credevo di aver trovato in lui un amico.

Poi dovetti assentarmi per raggiungere fuori regione la mia famiglia e mi era chiaro che sarei rimasto lontano a lungo, fino a dopo Natale a causa del mutare del colore delle regioni: ve li ricordate i giochi di prestigio che ogni settimana ci riservavano? Il venerdì si sapeva quale colore lo stato Leviatano avrebbe assegnato al luogo dove vivevamo, con le relative conseguenze sulle nostre vite: da regione gialla a regione gialla ci si poteva muovere, da arancione e rossa no e così via.
Così, a metà novembre ci eravamo dati appuntamento per salutarci. Lui mi aspettava sul terrazzo panoramico della rinascente di Via del Tritone, non vi dico che odissea per riuscire ad entrare, con gli ingressi contingentati e le file.
Dopo un bel po' riuscii a raggiungerlo, mi accolse sorridente, indicando tutte le cupole barocche di Roma che erano ai nostri piedi, e mi porse un pacchetto con un fiocco: “per te, un regalo di natale in anticipo”.
Lo scartai subito preso dalla curiosità, era un libro di cui avevamo parlato e che lui aveva a doppio: sapevo che non gli era costato nulla ma non importava: quest'attenzione mi fece molto piacere e lo ringraziai sinceramente. Provavo un po' d'imbarazzo: dato che ci sarebbe voluto più di un mese e dieci giorni non avevo proprio pensato a fargli un regalo di Natale ma mi dicevo che avrei presto rimediato, al mio ritorno. Per il momento, già quella sera, visto che eravamo alla Rinascente, mentalmente prendevo nota dei prodotti che sembravano interessargli, ripromettendomi di comperargli qualcosa dopo Natale.
Durante il mese che stetti via ci scrivevamo regolarmente, sempre come due amici che avevano una grande intesa. Nel mio esilio lontano da Roma osservavo con nostalgia le sue storie su Instagram, le sue passeggiate e i reel che faceva con ambizioni da novello Piero Angela, ripromettendomi di tornare ad accompagnarlo quanto prima.
Le cose sembravano comunque normali ma, quando alla fine ritornai a Roma e gli scrissi un WhatsApp per rivederci, fui investito da una inattesa doccia fredda:
“Ciao Eugenio, tutto bene grazie. In questo periodo sono parecchio impegnato ed esco poco, buona giornata”.
Ho avuto abbastanza esperienze negative per sapere che quando una porta si chiude non occorre insistere o chiedere spiegazioni: dato che quel messaggio aveva tutta l’aria di un inatteso “gira a largo”, non mi sono stupito che, contrariamente a quanto avveniva prima di Natale, lui non si fosse più fatto sentire.
Magari avrà preso altre abitudini, magari c’è altro, mi dicevo. Comunque, siccome mi ero affezionato a lui, ho riprovato un'altra volta, dopo quasi un mese, a risentirlo con un messaggio: “Hey, come stai? Mi spiace che non siamo più riusciti a rivederci da quando sono tornato a Roma, credevo andassimo d’accordo”.
Il mio era un tentativo abbastanza discreto per richiedere un chiarimento o quanto meno per riprovare a rivedersi, un tentativo che lui volutamente fece cadere nel vuoto, con impeccabile algidità:
“Si, hai ragione, ora che le giornate si allungano troveremo modo di vederci”. Peccato che eravamo ancora in pieno inverno e che le giornate sarebbero state strategicamente corte ancora a lungo…
Comunque, capita l’antifona, non ho insistito oltre, né in inverno con le giornate corte né in estate con le giornate lunghe e, prevedibilmente, lui non si è più fatto sentire. In seguito, mi sono casualmente accorto che si era pure preso la briga di smettere di seguirmi dai social, era il meno rispetto al suo silenzio e all’evitare di rivedermi ma era un altro indizio – se mai ve ne fosse ancora bisogno – sulle sue intenzioni.

C’è da prenderla solo con filosofia in questi casi: dopotutto mi è capitato molte volte in passato di vedere sparire persone accanto a me senza poter neanche capire il perché, è una nobile prassi assai diffusa, tanto che cercando on line potreste apprendere che ha pure una definizione (in inglese, ovviamente, che fa figo): “ghosting”.
Comunque, il comportamento di Yuri, a prescindere dalle spiegazioni, mi ha intristito perché credevo veramente che saremmo diventati amici, visto l’affiatamento che avevamo, che sembrava prescindere da una penetrazione.
Dopo mesi mi è capitato di rivederlo per strada, ma sono passato oltre e lui ha fatto altrettanto: a che sarebbe servito un saluto?
Pur non volendo fare l'adolescente troppo cresciuto, ripensando a questa storia, mi chiedo con sincera curiosità cosa mai sia successo, anche se probabilmente la risposta è piuttosto semplice: quando l’ho conosciuto non doveva avere sottomano nessuno e, cessata l'esigenza, aveva perso interesse.

Tanto per essere cinico, ripensandoci, ancora oggi mi dico tra me che l’unica cosa positiva è che almeno ci ho scopato: non è che la cosa mi abbia cambiato la vita ma se non altro ho tratto qualche minuto di concretezza e godimento da un qualcosa che invece si è rivelato solo una delle tante illusioni.


Grazie per l'attenzione a chi è arrivato fino alla fine, come sempre sono graditi feedback, sia positivi che negativi: è sempre utile capire come poter migliorare.
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