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Gay & Bisex

con il mio amichetto


di pirlino
19.06.2020    |    24.420    |    15 9.4
"Il dolore di prima si era diradato e contro la voglia della mente, il mio corpo lo voleva provare ancora..."
Ero in vacanza con la famiglia del mio vicino di casa,Gennaro,mia mamma mi aveva affidato a loro perche' per i suoi impegni di lavoro non poteva venire.Avevano una casetta sul mare nel sud della Campania a due ore di viaggio.Arrivammo che era gia' sera e dopo cena andammo a letto.Gennaro era,oltre un amico di giochi,anche il mio idolo,essendo piu' grande di me,mi proteggeva sempre contro i ragazzini che si prendevano gioco di me,chiamandomi femminuccia per il mio look da ragazzina,ero infatti esile,avevo capelli biondi lunghi con boccoli e bellissimi occhi verdi,e poi il mio culetto,che gia' era stato usato ed abusato era il mio pezzo forte.Gennaro, invece, per me, era grande in tutto: sia perché aveva già quasi 18 anni, quindi ben 2 più di me, sia perché, nonostante ormai potesse essere definito quasi “uomo”, accettava la mia amicizia, oltre al naturale rapporto di amicizia familiare.Mi chiedeva spesso se avessi mai visto le tette a mia mamma o alla signora Maria o qualche figa di qualche amichetta a scuola e cio' mi faceva arrossire.Nonostante le sue domande incalzanti su certi argomenti mi mettessero a disagio, non potevo mentirgli; questo in onore del rispetto che provavo per lui! Un bel ragazzo bruno, forte, alto; la sua barba era già dura al tatto.- Beh, sì, - risposi, - ho visto le tette di fuori a Rosalba, la figlia di mio zio Giovanni- Ah, ah... – rise di gusto, - E che cazzo hai visto, quella ha 14 anni.- Beh, un po’ di petto ce l’ha, credimi, ha due cose un po’ gonfie e i cosini.- I capezzoli?- Sì, esatto, i capezzoli: sono come due birilli piccoli e rosa, puntati in avanti.Eravamo nella nostra camera,lui in un letto singolo ed io nel matrimoniale,La lucetta sul comodino era ancora accesa, sott’occhi vidi che Gennaro si agitava un po’ sul lettino, mentre nascondeva la mano sotto la molla degli slip bianchi. Era estate, faceva caldo, e c’eravamo solo adagiati sui letti, in mutande e canottiere.
Per mettermi in mostra di più, aggiunsi.- Però ho visto le zinne di mamma, varie volte...
- Come? Le zinne di zia Gina – si fece più attento.Lui la chiamava zia,solo per rispetto.
- Sì. Dato che il bagno della sua camera è piccolo, quando fa caldo lei lascia spesso la porta aperta, per paura che il vapore la “affoga”, dico. Dalle scale si vede lo specchio della camera, e si vede lei nuda.- Cazzo, me la chiaverei a tua madre, sai.
Non mi ribellai, sapevo cosa significava “chiavare”, e di sicuro Gennaro era un esperto. Chi ero io per contrastare le affermazioni del mio eroe? Infine, l’idea che mio padre diventasse cornuto nemmeno la concepivo e poi, non ero così imbecille da non capire che ciò che desiderava Gennaro era impossibile.Gli raccontai un po’ di mamma, dei suoi grandi seni, del pube scuro e delle natiche accoglienti. Gli dissi persino di quella volta che, seduta sul vaso, aveva aperto le gambe quand’era notte, e papà non c’era. Vidi un largo spacco rosso comparire sotto il pelo della figa. E poi la vidi rovistare con le dita nella sua carne, mentre muoveva il capo, a volte ripiegato verso giù, come se se la controllasse con lo sguardo, poi verso l’alto, che apriva la bocca come per gridare.Ormai era tardi, avevo sonno.Mentre Gennaro si toccava evidentemente il pene, io mi infilai sotto il lenzuolo leggero. Mentre mi addormentavo, anch’io presi in mano la mia bacchettina, era piccola e dura, come un pastello... proprio come quella vota che vidi mia mamma... che mi toccai e che mi uscì quella fantastica crema bianca.Il giorno dopo lo passammo al mare, come il solito.Quando si mise a giocare a pallone con i suoi amici grandi, mi presentò agli altri e mi fece mettere in porta. Improvvisai dei grandi salti pur di non farlo sfigurare!
Dopo cena, ci ritrovammo nella camera da letto.La casa della sua famiglia, al mare, era a due piani, sotto ci abitavano i suoi. Noi dormivamo nell’appartamento di sopra, soli soletti nella grande stanza del nonno di Gennaro lui nel lettino, ed io nel vecchio letto matrimoniale.- Ormai siete grandi... non avrete mica paura? E poi vi fate compagnia. – disse la mamma, mentre ci faceva i letti, due giorni prima.
Per me era tutto emozionante. Ero felice di stare con loro, di stare al mare, di diventare grande... Quella notte Gennaro venne sul mio lettone, per chiacchierare più intimamente e più a bassa voce...Lo stesso avvenne anche la sera successiva, e mentre parlavamo di scuola e di calcio ci addormentammo, stanchi della giornata di bagni e di giochi.
Doveva essere notte fonda perché c’era un grande silenzio.Tra veglia e sonno mi resi conto che Gennaro si era alzato e aveva chiuso la finestra, poi, però non andò nel lettino ma ritornò dove dormivo io, ficcandosi a sua volta sotto il lenzuolo.Qualcosa di furtivo nei suoi movimenti mi tenne sveglio, quasi in allarme. Lo sentivo che era irrequieto ma feci finta di dormire: ero un po’ a disagio.Adagiato su un lato (lui stava alle mie spalle) mi sembrava avesse il ballo di san Vito. A furia di girarsi e voltarsi, a un certo punto arrivò a poggiare, delicatamente, il suo inguine al mio fondoschiena. Restai muto: magari era in un sonno agitato e per caso era capitato in quella posizione... anche perché, né parlò, né si scostò, come credevo opportuno.A quel punto mi sentii un po’ perduto in quella stanza buia e, per un attimo, mi vidi solo, lontano da casa e da mamma, in una situazione che all’improvviso sentivo di non saper gestire. Non potevo e non volevo gridare, ma non sapevo nemmeno cosa avesse intenzione di fare il mio amico.
Era sveglio, ormai era chiaro ma, come me, fingeva di dormire. Nel silenzio sentii le sue dita trafficare molto ma molto lentamente con l’elastico delle mie mutande. Non lo agevolai, fingendomi di piombo, eppure a furia di tirare verso il basso, compresi che mi aveva scoperto il culetto, e quasi del tutto. Fui attraversato da un brivido strano, c’era qualcosa di ipnotico in ciò che capitava alle mie spalle, una cosa che mi dava un’emozione mista, come di paura ma anche di curiosità inarrestabile. Come capita con le pagine di un libro di fantasmi che non riesci a non leggere, nonostante vorresti smettere.
Qualcosa di spesso e caldo, evidentemente carnoso, mi toccò le natiche. Non mi aveva fatto niente ma saltai in avanti, per l’emozione e la paura.Non c’erano dubbi, capii che la cosa strana che mi aveva sfiorato era il glande di Gennaro, sapevo che quel contatto non doveva succedere.A scuola avevo visto come prendevano in giro i ragazzi che come me avevano ceduto a prenderlo in bocca o addirittura in culo.Gennaro lentamente, ritornò a farsi avanti, di nuovo quella massa calda si poggiò su una chiappa... mi ritrassi, ma di poco stavolta.Che dovevo fare? Avere il suo cazzo poggiato al mio culo era ipnotico e suscitava in me uno strano calore: sentivo le orecchie di fuoco!Gennaro allora mi sussurrò, fievole:
- Stai... stai solo un poco, voglio vedere che si prova.Resistetti al terzo contatto, sperando che la faccenda si concludesse in fretta, non volevo scontentare il mio amico più grande.
Gennarino, evidentemente, ne sapeva più di me.Quando comprese che sarei rimasto fermo, inizio a carezzarmi le chiappe con le dita, picchiettando, carezzando, ma soprattutto scavando nella fessura, fino a trovare il mio orifizio, piccolo ma non piu' vergine.
Ora, con gli anni, posso immaginare perché il suo cazzo divenne così duro e voglioso: il mio ano tumido, le mia chiappe delicate, a stento coperte da una soffice e rada peluria, dovevano essere un’attrazione appetitosa per la sua voglia di maschio adulto. Infatti, nei giorni seguenti, ebbi modo di comprendere quale impeto e quale foia, lui avrebbe saputo infondere nel nostro rapporto.L’ora tarda e la lentezza carezzevole delle sue attenzioni ebbero l’effetto di rilassarmi. Dovetti pensare che, dopotutto, si trattava solo di carezze, ma molto intime e segretissime; carezze, magari accettabili a causa del nostro legame, del nostro affetto reciproco. Solo che era meglio restassero nascoste, per non dimostrare che anche a noi, veri maschi, piacevano le coccole. Dopotutto, quante volte persino mia mamma, profittando del dormiveglia, mi carezzava il sedere godendone come una Pasqua, oppure mi sbaciucchiava prendendomi in giro?
Così lo lasciai fare, mi abbandonai a una specie di sonnolenza dolce, mentre il piacere diventava di miele e mi godevo tutti quei toccamenti e la fantastica pressione del suo cazzo.Passarono molti minuti, forse anche mezz’ora. Finchè, all’improvviso, scattò l’allarme... ma ormai era troppo tardi. Purtroppo (o per fortuna) non ero più padrone della mia volontà!Ora Gennaro si bagnava le dita, certo con la saliva, e me le ficcava nello sfintere. Non mi faceva male, ma era una sensazione quasi fastidiosa, mi ricordava di quando il fratello del mio compagno di scuola mi aveva rotto il culo pochi mesi prima.
Le dita che si muovevano in me non erano più gradevoli come le carezze, ma ancora subii l’intromissione perché non capivo più niente, e dopo... arrivò il glande, a completare l’opera.Non me lo aspettavo, non ci avevo mai voluto credere veramente, ma adesso era chiaro che Genny me lo voleva introdurre nel culo.
Adesso, non accettavo più timidamente ma al tempo stesso avevo paura e... E venni pervaso da una sensazione di impotenza, quasi sognante; era come se ormai quella cosa dovesse immancabilmente succedere.- Buono, stai buono. Ti metto solo la testa... resisti, che non è niente...Parlava piano ma con voce vibrante, era eccitato. E mentre parlava premeva, e premeva... la sua capocchia verso il buco del mio culo. Armeggiava, tenendosi il cazzo e dirigendolo, lo sentivo. A volte premeva vicino al buco, mi spingeva solo ma sentivo che non era la giusta via. E allora mi sentii dire anche io, anche se non lo volevo veramente:- No, che fai? Un po’ più in basso... li no.
E Gennaro spostava il pene e riprendeva a spingere.
- Ma dai, - dicevo – lo vedi che non entra? Che vuoi fare! Mettici le dita, dai. Fai come prima, non ti dico niente. Il pisello non entra.Ma lui, sempre più deciso e aggressivo:
- Stai buono, stai buono. Piegati in avanti.- Alza la gamba!- Cosa?- Alza sta’ gamba che così entra!, con la mano mi fece alzare la gamba destra verso l’alto, in modo che le due chiappe si spalancassero.- Ecco, ecco, tienila così – aggiunse, - tienimi aperte le pacche!
E adesso spingeva, spingeva forte, ma non succedeva praticamente niente: realizzai, finalmente, che era impossibile che quell’oggetto fuori misura potesse entrare in quel mio buco, così piccolo.Iniziai a cercare di convincerlo a smettere. Forse era solo più stupido di quando credessi, e aveva pensato veramente di sfogare il suo desiderio di una femmina, rompendo il culo a me.Debolmente dissi- Smettila, basta. Che vuoi fare! Non lo vedi che non entra e...E invece, in quel momento ci fu il patatrac!
Non saprò mai se veramente sentii un rumore, insieme a quel dolore lancinante e innaturale, ma se ci penso ancora sono convinto di aver udito, nella camera, un colpo secco, una specie di rapido “plop”, come lo scatto di una molla o il colpo di una frusta.
- Ahia, ahia, ahia, - quasi strillai con le lacrime agli occhi, ma Gennaro mi mise la mano sulla bocca.- Zitto, zitto, che non è niente. Stai fermo che ti passa subito.
- Mi fa male, leva, levalo... mi ha fatto male, cazzo!- Aspetta... aspetta, sta buono solo un minuto.Non era la prima volta che lo prendevo nel culo,ma un cazzo come il suo mai.
Ero addolorato e terrorizzato, pensavo che mi avesse rotto a sangue.
Continuavo a tenere la gamba alzata aiutandomi con la mano, avevo una paura folle che facendo un qualsiasi movimento, avrei peggiorato la situazione.
Gennaro non usciva dal buco. Scesi lentamente la mano per tastare, per capire. Trovai la sua asta dentro me. Ora che tastavo il cazzo, infisso tra le mie natiche, lo sentii grosso come un tronco. Non sapevo di quanto mi avesse penetrato, ma misurai che ancora ne aveva parecchio, fino a trovare le palle.- Escimi, escimi... mi rompi tutto!
- Ok, buono, che lo levo, - mi accontentò e venne fuori da me.Le lacrime solcarono il mio volto, fino a perdersi nel cuscino. Non mi restava che dormire e aspettare gli eventi. Come mi sarei svegliato? Checca, sicuramente!Ma mica era finita.Il porco tornò alla carica, riprendendo posizione come se niente fosse.- Ancora? - dissi – ma sei matto?
- No, no, tranquillo, lo appoggio solo ma ora non ti farà più niente. Non lasciarmi così, dai fammi sborrare.- Uffa, - sbottai contrariato – solo appoggiato e fai in fretta!
Mi fregò di nuovo usando il tempo.Se me lo avesse rimesso subito dietro forse mi sarei ribellato. Invece riprese a fare tutto piano, piano. Stavolta lo sentivo chiaramente masturbarsi alle mie spalle. Ormai ero grande, lo facevo anch’io. Pensavo, scioccamente, a dove sarebbe venuto. Mai avrei voluto che sua madre potesse pensare che avevo sporcato le lenzuola con lo spaccio.Aveva il cazzo appoggiato alle natiche e se lo menava, ora veloce ora piano, mi disse:- Toccalo...Reduce dalla scoperta di poco prima, quando sentivo le stelle e me lo ero trovato in corpo, lo accontentai e poi, ero curioso di sentire per intero come era fatto.Gennaro si mise supino, a gambe aperte, ed io spinsi il braccio dietro e, timidamente, lo presi in mano. Era grande, lungo, e aveva, alla base, le palle, gonfie ma morbide.Le guardai e poi le accarezzai, –adesso sono piene, piene. Che ne dici?
Azione e frase ebbero effetto su alcuni tasti del tutto sconosciuti del mio essere, mi sentii svenire dal desiderio. - Girati, - ordinò – che te lo metto in culo ancora.
- Ma... ma... – obiettai, senza convinzione. Il dolore di prima si era diradato e contro la voglia della mente, il mio corpo lo voleva provare ancora.- Aspetta, - disse Gennaro, - torno subito.Sentii che si allontanava nel buio a piedi nudi cercando di fare meno rumore possibile. Tornò quasi subito. Poi seppi che aveva messo un po’ d’olio nel tappo della bottiglia, dalla vecchia cucina del nonno.- Ci metto l’olio e lo appoggio senza farti male!
- Mi raccomando... guarda che prima mi hai spaccato... un bruciore!
- Con l’olio non senti niente, vedrai.Sbuffai insoddisfatto a causa della sua insistenza. Non lo riconoscevo più. Non era più amichevole, ma aggressivo; una bestia che aveva solo quel cazzo di scopo, mettermelo nuovamente in culo. Purtroppo non vedevo via d’uscita e pregai solo che quella storia così odiosa e complicata finisse.
Mi spalmò accuratamente l’ano di olio e poi sentii che si massaggiava il glande, subito dopo riprese il solito esercizio del cazzo. Infisso tra le natiche, spingeva sul buco. E che cazzo duro!Però stavolta tutto era cambiato, mi sembrava di essere diventato un altro, dopo qualche attimo di piacevole pressione, la sua capocchia mi aprì con poco fastidio ed estrema semplicità. Si fermò. Lasciò che il mio sfintere si dilatasse spontaneamente, poi disse:- Premi come se volessi fare cacca, non ti faccio male, poi vedi.
Cercai di capire e accontentarlo, convinto che fosse quasi un gioco, per espellere il grosso fragolone che mi aveva ficcato indietro. Ma non andò così. Gennarino si dimostrò assai esperto: in realtà mi fece sì spingere ma solo per ficcare meglio. Anche se molto lentamente, Gennaro mi penetrò fino alla radice del cazzo, fino alle palle, ma non provai particolare dolore, anzi, quello scivolare infinito era godurioso. Mi pareva che un lungo serpente si facesse strada, senza sforzo, nelle mie viscere fino a toccarmi l’osso sacro, dandomi solo un lievissimo fastidio.
Dopo qualche minuto dentro di me continuò, lento e incalzante, senza crearmi più traumi. Quando capì che ero del tutto suo, m’indirizzò con le mani nella posizione che desiderava. Mi ritrovai di schiena, col cazzo ancora ficcato inesorabilmente in culo.
- Sollevati un poco, - disse – che entra meglio...Ancora una volta lo accontenti, inarcandomi e rendendomi più disponibile al suo piacere. Era un leggero sollievo pensare che stavo facendo le cose meccanicamente, solo per liberarmi al più presto da quella oppressione.Nonostante mi stesse inculando a sangue, ancora non ammettevo, né forse capivo, quanto ne stessi realmente godendo.Gennaro spinse il cazzo in me in tutti i modi immaginabili: svelto, lento; tutto dentro, tutto fuori... per poi rientrare di botto, riproponendomi senza intoppi la “cerimonia” della “spaccatura”. Finché mi calò addosso, con tutto il peso, e si dovette trattenere per grugnire piano, come una belva ferita, mentre, evidentemente, eiaculava in profondità tutta la sua sborra.Era notte fonda.
Gennaro se n’era andato nel suo letto, per non farsi trovare nel mio letto dalla mamma.
L’ano non mi faceva realmente male ma lo sentivo indolenzito. Era una sensazione di “scompostezza”, non saprei spiegare. Come se qualcosa non fosse al suo posto, lo sentivo che era stato malmenato, posseduto, un “disordine” forse più psicologico che fisico; una specie di ribellione del corpo dovuta all’uso innaturale del mio culo.
Stanco e sopraffatto dagli eventi, cercai almeno di riposare, facendo attenzione a non cambiare posizione col terrore di perdere dal buchetto ciò che avevo ricevuto. Se avessi lasciato una sola traccia del misfatto, se qualcuno si fosse accorto dell’accaduto mi sarei sicuramente buttato giù da un precipizio.Mi svegliai un po’ tardi. Gennaro non c’era e sentivo il tintinnio tipico delle tazze e dei piattini; era ora di colazione.
Provai a girarmi, per alzarmi come al solito, ma una sensazione di rilassamento mai provata mi assalì al basso ventre. Ricordai tutto ciò che mi era successo e immediatamente fui lucido.Per prima cosa, non avevo le mutandine.Gli slip, infatti, erano caduti per terra, forse a causa dei “movimenti” della notte. Sperando di non incontrare problemi, raccolsi le mutande e, tenendomi una mano a coppa sotto il culo, saltellai rapido verso il gabinetto.Solo quando chiusi la porta a chiave, ripresi a sentirmi più a mio agio.
Sedetti sul cesso ed un rivolo di sperma misto a del sangue,come potei constatare uasci' dal mio culo.Poi defecai e mi feci una doccia.Più tardi mi calmai, feci colazione. Scesi a mare con calma.Non vidi Gennaro,forse era andato a giocare con i suoi amici da qualche altra parte della spiaggia.Me ne stetti un po’ in disparte tutto il giorno. Gennarino sembrava imbarazzato, quasi quanto me, non ci rivolgemmo la parola. A cena la mamma mi chiese se mi sentivo bene.Quando mi misi a letto, posi un cuscino alle mie spalle, come per dire: zona “off limits!”; mio cugino si mise nel suo letto e non parlammo di niente. La notte passò senza incidenti e il giorno dopo l’incubo era passato, non più l’indolenzimento al culetto e, dopo un attento controllo, il buco era tornato come prima.Anche al mare andò tutto bene. Però, nel pomeriggio, riposando sull’asciugamani, sentii montarmi dentro un’erezione potente: il mio biscottino reclamava attenzione, erano 2 giorni che non me lo facevo in mano.Con la circospezione imposta dalla mia timidezza, raggiunsi la cabina con una scusa; mi chiusi, sedetti sulla piccola panchina e iniziai a masturbarmi.
Quanta sorpresa provai... chiudendo gli occhi non mi apparivano più le immagini delle tette di mamma o delle mutandine della zia, la mia mente tornava ai tragici momenti passati con Gennaro, e me li riproponeva in una chiave del tutto diversa: ero tutto femmineo, sculettavo sulla spiaggia, il mio culo era sotto lo sguardo di tutti.Quando mi fermavo vedevo qualcuno, mani forti e robuste che mi carezzavano, poi prendevano il palo dell’ombrellone e lo ficcavano dietro di me, sempre più in profondità. Io ero felice, desideravo essere aperto e, tutto sudato, venni copiosamente, nel fazzoletino che mi ero preparato.Ma quando la sera i brutti pensieri si erano dissipati, la voglia di essere scopato fece di nuovo capolino, in me. Capii che, probabilmente, non avevo scampo.
Da quella notte non pensai più alla mia condizione. Ero cambiato, ero voglioso e mi abbandonai al destino.A letto chiesi a Gennaro di farmi compagnia,Gennarino lasciò il suo lettino e venne da me. Non avevo messo nessun cuscino a proteggermi, e lui aveva già preso il tappo con l’olio dalla cucina.Mi venne sopra, mi penetrò abbastanza agevolmente e mi chiavò. Venne la prima volta, lo sentii bene, ma non uscì. Bloccato sotto di lui, aspettammo insieme che la voglia gli tornasse, intanto il cazzo non si era particolarmente ammosciato e rimase immobile, ben piantato nel mio ano.Quando si riprese, ricominciò a scopare fino a lasciarmi dentro una seconda sborrata. Lui si addormentò, io, servizievole, mi bloccai il culo con la manina e corsi in bagno, cercando di non gocciolare.
Una volta sul WC, mi liberai di tutto e tornai a letto.All’alba, mentre dormivo, Gennarino ebbe di nuovo voglia e mi chiavo' ancora il culo.non aspettavo altro,oramai ero succube del suo cazzone.Mi svegliai che trafficava per entrarmi, per l’ennesima volta dietro ma non mi ribellai, lasciai fare, come se quello fosse il mio naturale destino.
Venne ancora, poi torno nel suo letto e dormimmo fino a tardi, eravamo sfiniti.
Il terzo giorno, non c’era in me nessuno spirito di ribellione, ormai. Il culo era indolenzito e sfiancato, ma questo mi dava gioia, non fastidio.Mi masturbai di nuovo in solitaria, accettando la mia nuova condizione, sperando che Gennarino mi facesse ancora e ancora e...Mistero della perversione, pensai che la mia gioia sarebbe stata se lui, nell’intimità, mi facesse e mi parlasse, al femminile. Insomma, non pensavo a me come un ragazzo che lo prendeva in culo, ma a una femminuccia, con tutti i vezzi, le passioni e i desideri di una vera fanciulla
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