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La notte di San Lorenzo


di TheWriter
28.02.2021    |    13.771    |    2 9.0
"Nel timore che potesse nascere una discussione, mi guardai bene dal raccontare quella cosa a Paolo o mia madre, ma in ogni caso quelle parole mi turbarono..."
Quello che sto per raccontare accadde la notte di San Lorenzo di sei anni fa. Fino ad oggi non ne ho mai parlato con nessuno, e una volta che avrete letto la mia storia potrete capire il perché. Vi chiedo di non giudicarmi e di tenere a mente che all'epoca dei fatti avevo solo 14 anni.
Quell'estate, insieme a mio fratello Paolo, eravamo ospiti dei miei zii a Santa Teresa, un minuscolo paesino della Sicilia a metà strada tra Sciacca e Mazara del Vallo. I nostri genitori erano occupati con il trasloco, e per non costringerci a soffrire il caldo di Roma, ci avevano mandato lì a trascorrere il mese di agosto. Né io né mio fratello eravamo particolarmente contenti dell'idea. Avremmo di gran lunga preferito rimanere in città con gli amici a divertirci in piscina o in uno dei tanti stabilimenti di Ostia o Fregene, ma mia madre non aveva voluto sentire ragioni ed il pomeriggio di sabato 1° agosto stavamo già sistemando i nostri vestiti nell'armadio della stanza che ci aveva preparato zia Angela.

A quel tempo I miei zii avevano una piccola azienda agricola appena fuori del paese, e la villetta in cui abitavano era circondata da uliveti e alberi da frutto che, in qualche modo, rendevano ancora più isolato quel posto già tanto lontano da casa.
Zio Domenico si occupava di gestire l'azienda insieme ai miei due cugini, Ferdinando e Maddalena, mentre mia zia, unica sorella di mia madre, aveva apparentemente l'unico incarico di badare alla casa e alle faccende familiari.
I cugini della Sicilia, come li chiamavamo Paolo ed io, li vedevamo solo a Natale e nemmeno tutti gli anni, quindi per noi erano quasi degli estranei. Per Maddalena, poi, nutrivo una vera e propria antipatia, indubbiamente ricambiata. Di qualche anno più grande, faceva di tutto per trattarmi come una ragazzina e provava gusto nel parlarmi usando un dialetto stretto per me incomprensibile. Ferdinando, invece, era molto più affettuoso, ma la differenza di età, lui all'epoca aveva 21 anni, faceva sì che non avessimo molti interessi in comune. Visto che durante la settimana loro erano occupati con il lavoro, Paolo ed io eravamo liberi di usare la moto di Ferdinando per esplorare le spiagge e trascorrere le giornate a fare il bagno e prendere il sole. Fino a quando eravamo in giro, tutto andava benissimo. L'acqua cristallina, l'azzurro del cielo ed il vento profumato erano un mix perfetto per rilassarsi e non pensare a niente. I problemi cominciavano quando dovevamo rientrare. L'atmosfera in casa era molto tesa. Mia zia sembrava aver paura sia del marito che del figlio e quasi non parlava nel timore di dire qualcosa di sbagliato. Mia cugina si atteggiava a padrona di casa, e qualsiasi cosa chiedesse, mia zia la faceva velocemente. Mio zio e mio cugino, dal canto loro, pur non esprimendolo apertamente, non sembravano particolarmente entusiasti di averci lì. Una mattina, mentre Paolo era ancora in camera a prepararsi, senza che loro si accorgessero, li avevo sentiti parlare del fatto che prima noi fossimo tornati a Roma e meglio sarebbe stato per tutti. Nel timore che potesse nascere una discussione, mi guardai bene dal raccontare quella cosa a Paolo o mia madre, ma in ogni caso quelle parole mi turbarono molto.

L'incidente, se così lo vogliamo chiamare, accadde una settimana dopo che eravamo arrivati. Svegliandomi nel cuore della notte, ebbi la necessità di scendere al piano di sotto per andare a prendere un bicchiere d'acqua. Il cibo preparato da mia zia era squisito, ma la sua cucina era decisamente più saporita rispetto a quella a cui ero abituata. Così, mentre Paolo dormiva, aprii con cura la porta, e, a piedi nudi per fare ancora meno rumore, scesi le scale. Essendo le camere da letto tutte al piano superiore, la mia idea era che, una volta scesa, non avrei avuto particolari problemi.
Rimasi quindi sorpresa quando, intenta a bere, sentii dei rumori provenire dalla piccola stanza che veniva utilizzata come lavanderia.
Ancora oggi, a distanza di tempo, continuo a pentirmi del fatto di non essere tornata immediatamente a letto, e di aver deciso invece di andare a vedere cosa stesse succedendo.
Poggiato il bicchiere, mi mossi lentamente verso la fonte di quel rumore che, man mano che mi avvicinavo, diventava sempre più forte.
Quello che scorsi andò contro ogni mia possibile aspettativa. Dalla porta accostata, illuminati dalla luce proveniente da una finestra, vidi i corpi avvinghiati di mio zio e mia cugina che si muovevano uno contro l'altro. Entrambi completamente nudi, si accoppiavano lentamente, mentre lei emetteva un continuo gemito di piacere che veniva amplificato ogni volta che lui la schiacciava con il suo peso.
Non potrò mai dimenticare la sensazione che provai. Un senso di vertigine e di paura che per qualche secondo mi fece smettere di respirare e mi paralizzò completamente.
Dalla mia posizione potevo vedere mia cugina, sdraiata su dei panni buttati a terra, accogliere con le gambe divaricate il corpo tozzo e massiccio del padre. Piuttosto grasso, con una grande pancia dovuta al cibo e all'alcool, mio zio la pompava lentamente mentre le cosce, sotto il peso delle spinte, si spostavano all'indietro. Trovandomi quasi di fianco, non riuscivo a vedere i loro sessi, ma sapevo che lui era dentro di lei e stava consumando un atto per me, all'epoca, inconcepibile.
Rimasi ad osservare quella scena per un tempo indefinito, combattuta tra la voglia di spiare e quella di correre via, affascinata da quella fusione di carni e dal suono prodotto dallo sbattere della pelle sudata.
Fu quando realizzai che i miei capezzoli premevano contro la camicia da notte che accadde.
Ansimando per il piacere, sotto i colpi di mio zio, Maddalena mosse la testa verso la porta e con il suo sguardo incrociò il mio. Mi sentii come se mi avesse colpito una secchiata di acqua gelida. Ricordo che i miei occhi si riempirono di lacrime mentre mia cugina, mantenendo lo sguardo su di me, mise le mani sul grosso sedere del padre per incoraggiarlo a spingere con più forza. Non so se fu la paura o altro che mi costrinse a guardare ancora. Sbuffando, mio zio prese a muovere il bacino con sempre maggiore foga, fino a quando, con un grugnito, si svuotò dentro di lei.
Solo allora, dopo aver raccolto tutte le mie forze, mi allontanai velocemente, risalii le scale e mi rannicchiai nel letto accanto a Paolo piangendo silenziosamente.

Quella notte non riuscii a dormire. Avevo paura di mia cugina, avevo paura delle possibili conseguenze legate al fatto di aver scoperto quel segreto. A tratti mi convincevo che dovevo parlarne con Paolo. Un attimo dopo, invece, ero sicura del fatto che non dovessi dire assolutamente niente, nella speranza che le cose potessero tornare come prima.
Quando scesi a colazione capii che le mie erano solo illusioni. Ad aspettarmi al tavolo c'era infatti Maddalena. Nei giorni precedenti si era sempre ben guardata dall'essere in casa quando noi scendevamo a mangiare, quella mattina, invece era lì.
"Buongiorno" disse Paolo sistemandosi sulla sedia e afferrando uno degli enormi biscotti fatti in casa preparati da mia zia.
"Buongiorno" rispose mia cugina sorridendo.
"Hai dormito bene Anna?" chiese rivolgendosi a me.
"Sì" sussurrai senza guardarla negli occhi
"Papà e Ferdinando devono andare a Montallegro per ritirare del materiale. Ti va di accompagnarli? C'è bisogno di un altro paio di braccia robuste!" disse lei a Paolo ridendo
"Certo!" rispose lui immediatamente, poi guardando me aggiunse "Ma Anna?"
"Non ti preoccupare" rispose immediatamente Maddalena
"Starà con me. Sicuramente troveremo qualcosa da fare" terminò ridendo.

Mentre il furgone si allontanava lungo il vialetto che portava al cancello principale, Maddalena mi propose di fare due passi intorno alla villa. Senza parlare le feci segno di si.
Pur essendo solo le dieci del mattino, l'aria era già calda.
Camminavo accanto a lei con lo sguardo rivolto a terra in attesa di qualcosa che non sapevo nemmeno io cosa potesse essere.
"Non devi preoccuparti per quello che hai visto" disse Maddalena lasciandomi spiazzata.
"Lo sa anche Ferdinando" aggiunse cercando il mio sguardo per capire la mia reazione
"Veramente?" dissi io confusa da quello che stava dicendo.
"Ti dirò di più. Se ti fossi svegliata la notte prima, mi avresti visto fare la stessa cosa con lui" rispose come se avesse detto la cosa più normale del mondo.
Se non l'avessi vista con i miei occhi abbracciata a mio zio, avrei sicuramente pensato che stesse mentendo, nonostante tutto la guardai con incredulità.
"Perché mi guardi così?" mi chiese
"Come perché? Mi stai dicendo delle cose pazzesche!" le risposi con voce quasi stridula
"Non mi dire che non hai mai pensato di farlo con tuo fratello..." mi rispose con voce tranquilla
"Certo che no" dissi con lo stesso tono
"Sei una bugiarda, comunque io l'ho fatto con Ferdinando quando avevo circa la tua età. E' capitato ed è stato bellissimo." Maddalena sembrava aver deciso di raccontare tutto ed io morivo dalla voglia di sapere.
"Per mesi ci siamo incontrati quasi tutte le sere ed ho fatto tutto quello che mi ha chiesto. Poi, una sera, mio padre ci ha scoperto. Non ne ha fatto un dramma ma il giorno dopo è venuto a parlare con me. Mi ha raccontato che con la mamma non aveva più rapporti e che non la desiderava più. Ormai la considerava solo come nostra madre e non un'amante."
Io seguivo il racconto senza credere alle mie orecchie. La zia era una donna ancora molto attraente, non capivo cosa intendesse mio zio.
"Ad un certo punto papà si è messo a piangere ed io l'ho abbracciato per consolarlo. Mentre eravamo così non mi sentivo più sua figlia, ma solo una donna. Ho preso ad accarezzarlo e lui ha fatto lo stesso con me."
Mentre mia cugina continuava a parlare odiavo ammetterlo ma sentivo l'eccitazione montare dentro di me.
"Ha cominciato a toccarmi ed io a toccare lui e più andavamo avanti e più mi sembrava una cosa giusta. Abbiamo finito per fare l'amore e da allora, d'accordo con Ferdinando, vado a letto con tutti e due"
Senza rendermene conto, mentre parlava, Maddalena mi aveva preso sottobraccio. Quel contatto mi sembrò inopportuno ma non dissi niente.
Maddalena riprese a raccontare. "E' molto diverso quello che provo quando lo faccio con l'uno o l'altro. Con Ferdinando è bellissimo, ci amiamo profondamente e il sesso completa il nostro rapporto. Con papà è tutta un'altra cosa. Mi sento la sua amante, la donna che usa per sfogare i suoi bisogni di uomo. Quello che non riesce a fare tua zia."
Guardandomi negli occhi aggiunse "A me può chiedere tutto"
Staccandomi da lei presi un profondo respiro quindi chiesi
"La zia lo sa?"
Maddalena cominciò a ridere "Certo che lo sa. Ci ha visto tante volte."
La odiavo, quello che raccontava era orribile ma il mio corpo reagiva in un modo che mi faceva paura.
Improvvisamente Maddalena mi prese per le spalle e vidi il suo sguardo cambiare completamente.
"Adesso ascoltami" disse avvicinandosi alla mia faccia
"Fai finta di non aver visto nulla, non raccontare niente a tua madre e tutto andrà bene"
Terrorizzata feci solo di sì con la testa e quindi, appena ebbe lasciato la presa, corsi via.

Tornai in camera e mi buttai sul letto. Tutto quello che Maddalena mi aveva raccontato, le cose che avvenivano in quella casa, erano assurde. Chiudendo gli occhi la vidi di nuovo sotto mio zio. Vidi il suo corpo enorme, il suo ventre gonfio, schiacciarla mentre lei ansimava e il suo sedere muoversi tra le sue gambe come se le stesse facendo una violenza. Poi pensai a mio cugino. Cercai di immaginarli insieme. Anche se erano fratello e sorella erano abbastanza diversi fisicamente. Maddalena era chiara di carnagione, non molto alta ma ben proporzionata. I suoi capelli ricci avevano sempre un buon profumo ed il suo seno, ero sicura, doveva essere una calamita per gli sguardi degli uomini. Mio cugino invece era piuttosto alto, moro, il fisico atletico allenato dal duro lavoro nei campi.
Immaginai di vederli mentre si baciavano e, senza pensarci, cominciai a toccarmi.
Mi trovai bagnata. Gli avvenimenti della sera prima e quei racconti dovevano aver svegliato i miei ormoni. Cercai subito i miei capezzoli e li strinsi sino a sentire dolore quindi con le dita cominciai a scavare nel mio sesso.
In quel momento darmi piacere mi sembrò l'unica medicina adatta per calmarmi. Spostando la mutandina presi a carezzarmi e dopo aver inserito un dito per l'intera lunghezza lo portai alla bocca per sentirne il sapore. Le dita diventarono due e poi tre a cercare di riempire il più possibile quella fessura che diventava sempre più larga a causa del desiderio.
Mentre il piacere aumentava cominciai a pensare a Paolo. Alla sua pelle abbronzata, ai suoi occhi verdi e alle sue gambe muscolose. Venni così, strozzando in gola un grido di piacere per non far sapere a mia cugina che ero come lei.

Nei giorni successivi fui di pessimo umore. Paolo continuava a chiedermi se fosse successo qualcosa, ma la paura di Maddalena mi impediva di confidarmi con lui. Gli ripetevo che era solo nostalgia di casa e che tutto sarebbe passato una volta tornati a Roma.
Ogni volta che vedevo Maddalena, poi, tutti i suoi racconti mi tornavano in mente e non riuscivo nemmeno a sostenere il suo sguardo. Accolsi quindi molto male la notizia che per la notte di San Lorenzo saremmo andati tutti insieme a vedere le stelle nel parco archeologico di Selinunte. Gli zii sarebbero rimasti a casa mentre noi quattro, armati di coperte e torce, saremmo andati a vedere le stelle cadenti. Ferdinando ci disse che in realtà l'accesso al parco durante la notte era vietato, ma lui, come tutti i giovani della zona, sapeva benissimo come entrare.
Partimmo da casa intorno alle 22 dopo aver consumato una delle cene migliori fatte da mia zia. Nonostante la mia giovane età, anche a me era stato concesso di bere un paio di bicchieri di vino rosso e dopo tanto tempo finalmente mi sentivo allegra.
Il tragitto verso il parco era breve ma Ferdinando decise di allungare la strada per mostrarci alcuni scorci del mare che, illuminati dalla luna quasi piena, erano assolutamente mozzafiato. In macchina io ero seduta dietro insieme a Paolo. Mentre viaggiavamo sentivo il contatto del suo braccio contro il mio e, senza pensarci, ad un certo punto mi ritrovai a stringere la sua mano.
Una volta arrivati, in fila indiana, seguimmo Ferdinando attraverso un sentiero e quindi, superata una rete abbassata dal passaggio delle persone, entrammo nell'area del parco.
La bellezza del posto, il profilo delle rovine illuminate dalla luna, mi fecero restare a bocca aperta. Improvvisamente sembrava che avessimo lasciato la realtà per essere trasportati in uno spazio senza tempo.
Dopo aver trovato un'area nascosta alla vista dei guardiani, Maddalena stese le coperte e si mise sdraiata. "Tu accanto a me" mi disse prendendomi per mano.
Usando gli zaini come cuscino ci mettemmo uno accanto all'altro e mi ritrovai ad avere Maddalena alla mia sinistra e Paolo alla mia destra.
"Chi vuole un goccio?" con uno sguardo malandrino, mia cugina agitò in aria una bottiglia di amaro.
Il primo a prenderne una bella sorsata fu Ferdinando, quindi la bottiglia venne passata a Maddalena e lei la diede a Paolo
"Ed io?" dissi vedendo che non ero stata considerata
Paolo mi guardò con riprovazione ma Maddalena me la porse dicendo "Dai, bevi un goccino anche tu".
Con la testa che cominciava a girarmi ci mettemmo giù a fissare il cielo ancora troppo illuminato dalla luna.
Per la prima volta da quando eravamo lì mi sentivo bene.
Tutti e quattro chiacchieravamo di quanto era diversa la vita tra Roma e la Sicilia e ogni tanto la bottiglia faceva un nuovo giro a cui io ormai partecipavo costantemente.
Ad un certo punto, quando finalmente il cielo cominciava ad essere solcato da alcune strisce luminose, sentii la mano di Maddalena toccare la pelle delle mie gambe. Fu come buttare un cerino acceso sulla benzina.
Nello stesso istante, Paolo e Ferdinando decisero di allontanarsi per espletare un comune bisogno fisiologico, lasciandoci sole.
Appena furono abbastanza lontani mi voltai verso Maddalena e ci baciammo.
Non avevo mai baciato un'altra ragazza ed il tocco della sua lingua sulla mia mi fece esplodere dal desiderio. Fu un bacio breve perché appena sentii interrompersi il rumore dell'urina sul selciato, mi tirai indietro.
Non ho mai dimenticato lo sguardo di Maddalena mentre mi allontanavo da lei. Era lo sguardo del desiderio e della lussuria. Lo sguardo del diavolo quando vuole tentarti.
Quando i due cugini si rimisero sdraiati, sia io che lei ci appoggiammo ai loro corpi, in cerca di calore. Il mio cervello non ragionava più e, senza timore, misi la mano sui pantaloni di Paolo. Mio fratello non ebbe tempo di dire nulla perché con la bocca cercai subito la sua.
Ormai in preda al desiderio, cominciai a baciarlo con forza mentre la mia mano inesperta accarezzava la stoffa per cercare un modo per entrare.
Dopo l'iniziale esitazione, Paolo cominciò a ricambiare i miei baci e le sue mani presero ad esplorare il mio corpo. Sentii il palmo infilarsi sotto la mia maglietta e spostare il reggiseno per tastare il mio seno. Per facilitargli il compito mi misi più di lato in maniera tale che potesse toccare tutto quello che voleva. Senza bisogno di guardare, sapevo che accanto a noi Maddalena e Ferdinando stavano facendo la stessa cosa. Il pensiero mi eccitò ulteriormente.
Nel momento in cui anche Paolo realizzò cosa stavano facendo i nostri cugini i suoi movimenti diventarono più rudi, quasi che la voglia di coprirmi fosse, tutta d'un tratto, diventata per lui insopportabile.
Lo aiutai a sfilarmi la maglietta e mentre lui faceva altrettanto, ebbi l'opportunità di scambiare un nuovo bacio con Maddalena.
Sentivo di aver voglia di Paolo ma anche di lei. Ferdinando e Paolo rimasero a guardarci mentre, strette una all'altra, ci accarezzavamo a vicenda i capelli e le spalle.
Fu Paolo, questa volta, a staccarmi da lei per riprendere il suo posto sulle mie labbra.
Il contatto della pelle di mio fratello contro la mia non faceva che aumentare il mio desiderio. Di nuovo, con le mani, ripresi a cercare il suo sesso che nel frattempo aveva preso vigore. Fu lui ad aiutarmi slacciando i pantaloni e abbassando la lampo, in maniera tale che la mia piccola mano andasse incontro a quel corpo rigido e caldo.
"Lo hai mai fatto?" mi chiese dolcemente
"No" risposi con gli occhi pieni di amore
Dopo avermi tolto le mutandine, Paolo mi posizionò sotto di lui.
La sua mano cercò di quantificare la mia eccitazione e con soddisfazione lo sentii dire
"Sei un lago".
Sistemando le mie gambe nella maniera migliore, lo sentii appoggiare la sua punta alla mia apertura e premere con una leggerezza infinita.
"Se ti faccio male dimmelo" mi disse guardandomi negli occhi
"Si" risposi muovendo anche la testa.
Il suo membro entrò dentro di me con una lentezza esasperante e il dolore fu brevissimo, tanto da non darmi nemmeno il tempo di avvisarlo.
Quando realizzò di avermi sverginato, Paolo mi sorrise e cominciò a muoversi dentro di me.
Il piacere che provavo non era nemmeno lontanamente paragonabile a quello che in passato mi ero procurata con le mie dita. Cominciai a gemere e nel farlo pensai a Maddalena. Sotto le spinte di Paolo voltai lo sguardo verso di lei e la vidi, trasfigurata dal piacere, mentre veniva presa da Ferdinando. Cercai la sua mano che era stesa accanto alla mia e la strinsi forte quando ebbi il primo orgasmo.
Ancora scossa dal piacere sentii Paolo dire "Devo venire"
Dopo pochi istanti lo sentii uscire dal mio corpo e lo vidi masturbarsi con forza davanti a me. Sentii il suo liquido arrivarmi sulla faccia e sul seno e istintivamente cercai di catturarne qualche goccia con la lingua. Mentre lui era seduto, lasciata la mano di Maddalena, mi avvicinai con la bocca al suo bacino per assaporare meglio il suo sapore.
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