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Prime Esperienze

Confessioni di una mente perversa. -6a ed ultima parte


di sexitraumer
12.08.2018    |    5.269    |    0 6.0
"Tu che avevi confidenza con Carola, non sai, non hai idea di dove possano essere andati?” “No, gliel’assicuro! Non mi telefonava già da una settimana, ero..."
Vidi le foto: erano proprio Donato e Carola: ero stupefatta! Senza fiato…le foto di due schedati, o comunque di due noti alle forze dell’ordine; ero scossa; il vice commissario mi vide sbiancare letteralmente; barcollai verso il basso col capo chino, e una delle poliziotte mi prese sottobraccio, ma la scostai. Odiavo istintivamente qualunque divisa mi toccasse, dopo aver assistito all’arresto di papà… Lorenzi, che da persona intelligente l’aveva intuito, le fece cenno di lasciarmi andare il braccio…
“Non ce l’aveva con te, signorina Cardosi; temevamo stessi svenendo, tutto qui. Ti ho visto sbiancare come un mio collega con l’infarto, sai…”
“Ssss…st…sto bene ! Sto bene…cazzo ! Ma questi…ma insomma…io con loro…”
“Meno male! Stai riprendendo colore! Si tratta di una coppia napoletana, hanno il singolare, o brutto, non so, vizio di frugare qualche mese nella spazzatura di un quartiere di loro scelta, in base a criteri come ho sentito dire che un imprenditore…che so un bancario…un facoltoso commerciante abita lì per esempio…se hanno la fortuna di trovare documenti bancari, o contabili integri, non distrutti, con un loro amico falsario, e pirata informatico rubano le identità dei malcapitati, e fanno acquisti a credito di tante cose, che poi abbandonano dopo un breve uso, senza pagarle. Ultimamente si erano finti-interessati a rilevare un giro di motorini rubati che avrebbe coinvolto anche dei minorenni…quando hanno saputo che la banda che li rivende in Albania o Bosnia sfruttava dei contatti con la mafia del posto, che non ci va per il sottile con chi delude, o non rispetta gli impegni, si sono ridati alla macchia…lui è uno psichiatrico cui piace essere protagonista, diciamo adrenalinico, momentaneo, di giochi più grandi di lui…molto più grandi! Qui ieri doveva svolgersi un meeting, solo che quando quei due hanno visto che il gioco sarebbe stato parecchio più grande di loro si sono dati! Lei ha tendenze che definire libertine è un penoso eufemismo. Una porca ideale. Se può interessarti è comparsa nei giornali pornografici di maggior diffusione. Ogni tanto beccandosi però anche qualche denunzia, da più di un editore porno regolare, perché metteva lei stessa in giro la voce che aveva posato per le scene delle scopate fin dai quindici anni…solo che a te che sei minorenne non li posso mostrare senza un psicologo di guardia in audizione protetta…comunque Adriana, quanti anni ti ha detto di avere?”
“Diciotto; a me disse che aveva studiato in un collegio privato di una città sudafricana, non aveva buoni voti, e che in Italia per equivalenza anni scolastici si è dovuta iscrivere ripetente terza liceo scientifico…io ne ho sedici e non sono secchiona nemmeno io…ed infatti siamo diventate amiche dal suo primo arrivo in classe a settembre scorso…poi amanti qui dentro, in un pomeriggio che dovevamo studiare, ma questo voi già lo sapete, allora. Avete perquisito, si vede…”
Lorenzi mosse la testa in segno di diniego, sorridendo, poi precisò:
“I cassetti rivoltati dici?”
Io annuii:
“Così li abbiamo trovati entrando; segno, questo, che sono scappati di fretta. Devono essersi impossessati di qualunque cosa avesse un valore e via, o cercavano qualcosa che hanno perso. Noi dovevamo solo ascoltarli affinché ci portassero ai membri del meeting; chissà avranno scoperto una cimice e mangiato la foglia! Spariti! Comunque dopodomani rientrano da Stoccarda gli italiani padroni di questa casa per un sommario inventario. Tu che avevi confidenza con Carola, non sai, non hai idea di dove possano essere andati?”
“No, gliel’assicuro! Non mi telefonava già da una settimana, ero venuta qui per chiarirmi con lei, casomai mi voleva lasciare…”
“Adriana, tutto sommato non sapevamo molto di quello che facevate te e Carola, o meglio dovrei dire di Carla Levante, che è il suo vero nome…per il ministero degli interni italiano di anni ne ha 21…c’è qualcosa che vuoi dirmi senza troppi filtri burocratici, psicologi e così via? Lo so che hai più dell’età che dimostri…i vicini ci hanno detto che di sesso rumoroso, di pomeriggio, in quest’appartamento se n’è sentito parecchio…nessun vicino li salutava…e neppure loro salutavano…tiravano sempre dritto…”
“Io…io…”
“Cosa t’hanno chiesto? Meglio che me lo dici adesso Adriana…”
“Ho perso la verginità, quella della fica…sì della fica!...in cambio di una Vespa PK50S…”
“Ti hanno ceduto, regalato, la loro Vespa?”
“No, me l’hanno comprata loro, in mezza giornata, al telefono, ha trattato Carola con suo fratello che ha chiamato il suo amico che gliel’ha venduta…perché…ehi dico! …è…è rubata?”
“No, abbiamo controllato la targa nel mese scorso, quello prima, quando accompagnavi a casa la tua amica Carola dopo la scuola; e non era tra quelle rubate. Sono andato a parlare con tuo padre allora, e non ne sapeva niente…oltre la preoccupazione di saperti sul due ruote, aveva paura che l’avessi rubata tu…l’ho dovuto tranquillizzare a quel proposito…oh già a proposito, tanto vale che te lo dica: non è contento! Comunque poi sono andato al concessionario, e mi ha confermato l’acquisto regolare a nome Donato Di Leo, mentre Carla Levante, per te Carola Wouter, è la sua fidanzata da quattro anni circa; e non sono fratelli…ma sono letteralmente spariti, e di corsa a quanto sembra…comunque …
“Comunque che ?”
“…”
“Per quel che mi riguarda per ora puoi andare; forse è meglio che tu non ti faccia più rivedere in questo condominio ragazza mia…i vicini dei vostri – diciamo sospiri tra donne – ne avevano abbastanza…e tra questi ce ne è una un po’ folle…”
E mi fece segno di guardare sopra, verso il soffitto…si riferiva all’inquilina dell’appartamento di sopra…
“…pensa che voleva presentare un esposto contro te, e Carola; ti aveva preso la targa, sai…e fatto pure stà polaroid, aspetta un po’…dove l’ho messa?!...aspetta…eh…”
“…”
“Uh ! Eccola, tieni, guardala bene!”
Mi favorì la polaroid: c’ero io con Carola seduta dietro sulla Vespa; sembrava che mi toccasse le sise, mentre accostavo con la Vespa…
“Che gliene frega con chi scopo, dico io…”
“Non essere impulsiva! A suo dire gli stavate rovinando il figlio di 14 anni, che si faceva seghe disperate con l’orecchio sul pavimento per ascoltare voi…si era persino comprato per posta un amplificatore amatoriale…solo un giocattolo, una specie di truffa da dodicimila lire, per sentire le conversazioni attraverso il muro…il Magic Whisper…sai, quelle carabattole in vendita sulla copertina finale delle riviste, compili il ritaglio, e lo spedisci, e dopo una settimana ti arriva…quando c’eri te qui, il ragazzo di sopra si spogliava nudo, e si stendeva a terra di fianco, con l’orecchio fisso al pavimento per un pornino in presa diretta…che pena!”
“…ma io…insomma…questa donna…”
“Una infelice col figlio che non vuole né studiare, né trovarsi lavoro…parlo sul serio, guarda quest’altra polaroid!”
Questa non me la diede. Restò nella sua mano ben salda, e per un’ottima ragione: quella madre aveva ripreso il figlio di nascosto, nudo, steso a terra di fianco con gli occhi chiusi, che si faceva un segone ascoltando noi due amanti lesbiche. Io domandai:
“Quella con la Vespa la posso tenere?”
“In teoria no, ma in pratica non mi serve. Ma sì tienila pure!”
Tirai fuori diecimila lire dal mio portafogli, e le diedi al vicecommissario, dicendogli:
“Le dia a quella donna! Per uno scatto come quello sono più che sufficienti!”
Lorenzi usò un napoletanismo che amava molto per porre fine alla conversazione:
“Mah, avimme vishto tuttie cose… stà bbuona, vattènne, va!”
Il vicecommissario le prese; io salutai con un cenno, e lasciai quell’appartamento per non farvi più ritorno, visto come ero stata ingannata. Portai la Vespa a casa, insomma sotto casa dove la parcheggiavo sempre, poi tornai a piedi quella sera stessa in quel palazzo: ero decisa a conoscere il segaiolo che amava ascoltare le mie scopate con Carola. Vedendolo steso a terra a spararsi la sega mi aveva un po’ intenerita. Dunque se abitava sopra l’appartamento della mia ex amica, il suo numero sul citofono doveva essere il 16…suonai e attesi la voce.
“Chi è?”
La voce sembrava maschile, per cui dissi chiaro:
“Sono Adriana, l’amante di Carola…”
“…e cosa …desidera?”
“Posso salire? Vorrei chiarire alcune cosette con voi…una persona di casa vostra voleva farmi un esposto alla polizia…”
“Io non so niente di nessun esposto signorina, ma se vuole salire...”
“Beh, se mi apre.”
“…zot!”
“Aperto ?”
“Sì, salgo.”
Presi l’ascensore e salii al suo piano; dopo averne aperto la porta vidi che un ragazzo di quattordici anni mi stava aspettando sulla sua porta; non era granché per la sua età; non tanto alto, spalle strette, non sembrava uno che facesse attività sportiva; certamente faceva la terza media; ma guardandolo in faccia si avrebbe puntato sulla quinta elementare; una cosa però mi aveva colpita quando guardai la polaroid della sua masturbazione: i suoi occhi, benché semichiusi mi erano piaciuti da subito; erano azzurri; di statura era circa un metro e cinquanta o poco più…certo sarebbe cresciuto ancora, sperabilmente: avanzai verso di lui, e gli diedi la mano, che lui prese:
“Piacere sono Adriana, Adriana Cardosi. E tu?”
“Io…io…sono Roberto Dibari…pia…piacere mio…vuole entrare?”
“Tua mamma c’è? In casa dico.”
“No. Oggi pomeriggio aveva da fare, ha detto, e non è ancora tornata.”
“Stai da solo quindi; senti tra di noi possiamo darci del tu?”
“Se vuoi.”
Entrata in quella casa del piano di sopra mi resi conto che lui e la madre vivevano in un appartamento proletario, tenuto pulito, ma con la carta da parati umida, che sarebbe stata da cambiare. Al muro in alto c’erano macchie di umido più evidenti. Un forte odore di disinfettante proveniva dalla cucina, in asse col corridoio. I muri erano adornati con delle cornici a giorno economiche senza quadri ma solo foto dei fatti di famiglia più salienti, come comunione, cresima, battesimi di qualche parente; chiesi a Roberto:
“Tuo papà dov’è?”
“In Algeria con l’ENI.”
“E che fa?”
“L’operaio dei pozzi di petrolio; da quando non gli fanno fare più i turni in piattaforma…”
All’improvviso s’interruppe: chiaramente non voleva dire altro, e non insistetti…
“Uhmmm…senti Roberto, un poliziotto mi ha riferito che tua mamma voleva denunciarmi per il sesso rumoroso che facevo con Carola, la ragazza che abitava qua sotto…e pare che tu ci ascoltassi tutto nudo con l’orecchio sul pavimento, per spararti una mega sega, sentendo i nostri rantoli; ti piacciono le lesbiche, forse?”
“No, mi piace il porno, e la ragazza qua sotto era un’attrice porno; era bella, e ce l’avevo ben presente…ho dei porno da parte con lei. Li vuoi vedere ? Lei se la salutavo nemmeno mi guardava…”
“Ma sì. Un paio mostrameli!”
Né io né lui eravamo maggiorenni, tuttavia Roberto ne prese tre dalla sua stanza: uno di gran formato, tipo foglio; gli altri due circa la metà. Aprì quello grande a metà rivista, e mi mostrò il servizio con Carola, pluriscopatrice di due amanti: una perfetta bisex, a suo agio, sia col cazzo, che con la fica; brava nelle pecorine che non ti aspetti: come quelle con la gonna sapientemente rivoltata; anche se sapiente era stato il taglio prospettico di fotografo ed impaginatore; la mia Carola finissima slinguatrice di grosse cappelle, ma anche brava a farsi venire in bocca, oltre che nel culetto. Ne guardai un altro, e mi capitò una conturbante pagina dove teneva gli occhi socchiusi di godimento mentre lo sperma del maschio chiavatore le scendeva dalle pieghe di carne della sua fica bagnatissima; e se ci fosse stato il trucco? Ed io che ero convinta di esserne l’amante! Ed io che avevo provato autentiche emozioni a vederla inculata da suo fratello, come mi aveva detto! Ero stata un’ingenua parecchio presa in giro. Finito di guardare gli restituii i porno, che lui tornò a nascondere, prima di tornare da me. Gli feci un’offerta; quel ragazzo ce l’avevo abbastanza simpatico, per via di quella polaroid col segone che il vicecommissario Lorenzi mi aveva mostrato. Gli chiesi, sbottonando i miei jeans che portavo senza cinta:
“Sei mai stato con una donna?”
“No.”
“Senza chiederli ai tuoi genitori, quanto avresti da parte?”
“Dovrei contarli, non so adesso…trentacinque, quarantamila forse…”
“Me li farò bastare, valli a prendere…io intanto mi spoglio, ti dispiace?”
“No, no…fa pure. Te li vado a prendere…”
Lui andò in un’altra stanza, probabilmente la sua, e in un minutino scarso tornò in corridoio angolo soggiorno dove io mi ero già calati i jeans, lasciando scoperte le mie gambe, ed in evidenza ovviamente le mie mutandine.
“Senti Roberto, per stì soldi non sperare di potermelo mettere nella fica, e poi nel culo…o nella fica o nel culo, un buco solo, e mi sborri fuori, va bene? Pancia o chiappe, tieni a mente!”
“Un buco solo, d’accordo. Le tette te le scopri o resti in maglietta ?”
Mi tolsi la maglietta restando col reggiseno. Roberto subito si mise a prendere e baciare le zinne, e dopo un minuto di quei baci, mi chiese di toglierlo. Non avrei voluto, dato che ero stata pagata poco per gli standard di una vera prostituta, ma alla fine, ripensandoci, lo sganciai, lasciando i capezzoli e le tette libere di pendere; i suoi bacetti imprecisi e frenetici però, me le avevano indurite, oltre che riscaldate abbastanza, per cui quando trovò con la bocca i miei capezzoli lo lasciai libero di succhiarli; la qual cosa fece con una certa sete di latte risalente chissà a quando…avevo appena terminato una serie di esperienze lesbo bisex con Carola e Donato, ma adesso, ben inteso per soldi, ne stavo facendo una etero con un coetaneo, o meglio un ragazzo che distava da me 3 anni e qualcosa. Passava eccitato da un succhio all’altro; ma che veniva, dal terzo mondo che non finiva mai di succhiare? Forse col sesso precedente avevo avuto modo di produrre del latte. Roberto si fermò e mi guardò ventre ed ombelico; mi baciò su tutta la pancia infilando la lingua sull’ombelico: una vera invasione; io dei miei respiri e rantoli, al 50% di essi, erano una finta che gli propinavo a bella posta per l’erezione. Finalmente mi tolse le mutandine (ormai bagnaticce, dato che ero una femmina anch’io). Vedendo la mia fica col pelo vi sbattè la faccia per bagnarsela della mia fica, ormai calda, pronta anche a gonfiarsi. Si mise subito a leccarla maldestramente ai lati, mentre avrebbe dovuto farlo più sopra, e con la lingua più leggera…beh magari anche più veloce; ma per quanto ne potevo sapere era alla sua prima leccata, di una vera fica, anche se forse l’avrebbe gradita di più se fosse stata di una donna adulta. Rimanendo in piedi, rigida, allargai le gambe a triangolo, e ad occhi chiusi mi stavo godendo quella maschia leccata del mio sesso da quel mezzo ometto…ma ovviamente sarebbe cresciuto…me la stava leccando troppo, per cui gli intimai:
“Leccami anche le cosce, lì all’interno…come faceva Carola ! Dai ! Ahnnn! Ahnnnn !”
“Sluuurppppp, slaaaap, sluuuuuuuurp, slaaaaaaap…co…cos…così…?”
“Sì, così…ahnnnn! Dai, dai…”
“Lllluuuuuurp! Slaaaaaaap, sluuuuuuuurp, sluuuuurp!”
“Ohhnnnn, ohhnnnnn, ohhhhhh! Robertooooohhh ! Lo tiri fuori o no?”
Roberto si calò pantaloncini e mutande; mi misi seduta sulle caviglie, per prenderglielo in bocca, e purtroppo suo malgrado puzzava di trascurato. Evidentemente non faceva il bidet col sapone, sempre che se lo facesse il bidet…cercai di prenderlo in bocca lo stesso: non era grosso, forse una decina di centimetri per un dito e mezzo di diametro: comunque compatibile con la sua età del momento; era di quei piselli duretti che nel culo magari ti piacciono perché non fanno male. Più lo scappellavo, più si richiudeva quel prepuzio…comunque dopo non pochi tentativi di scappellamento riuscii a tirar fuori la cappella, e vi andai avanti ed indietro con la mia bocca. Gli toccai anche le pallette, ed erano già dure. Quel cazzo non avrebbe tardato a sparare la sborra. Leccavo lentamente trattenendo la cappella tra i miei denti, e lui già urlava di piacere, al suo primo pompino tosto.
“AHN ! AHHHHNNNNN! Ahnnnnnn!”
Quando ritenni che stesse per sborrare staccai la bocca, e gli dissi:
“Fica o culo, Roberto?”
Lui, col cazzetto indurito, mi rispose:
“Fica!”
“Sta bene, ma non venirmi dentro!”
Mi distesi sul pavimento e allargai le mie cosce: lo spacco della mia fica si aprì pronto ad accogliere il segaiolo in paradiso, quello dei sensi…Roberto esitò un attimo col cazzo in mano, ed io dovetti dirgli:
“Entra, dai! Che aspetti? Che ti si ammoscia?”
Ancora esitava, quando finalmente ficcò la sua cappella violacea nel mio sesso in apertura per lui…
“Lasciati cadere dentro…ci deve entrare tutto! Su…”
Roberto riuscì a ficcarcelo tutto; aveva ancora la camicia sopra il mio corpo ormai nudo. Troppo tardi per togliergliela…gli ordinai:
“AHNN ! Uhmmm, ohhhh! Chiava, dai! Avanti e indietro! Dentro e fuori ! E respira con regolarità, su!”
Quello che voleva era una figura sostitutiva di quella materna, una donna che gli dicesse cosa fare come una maestra; solo che la materia era il sesso, quello vero.
“AHNNN ! Ohhhhh ! Ahnnn! Oh ! Ahnnn ! Ohhhh!”
“Sì ! Ohhhhhh ! Chiava, Roby! Chiava…da bravo ! Così…ahhnnn ! Ohhhhh ! Ahnnnn !”
Roby mi leccava il viso eccitato al massimo, dato che stava conoscendo il vero paradiso; non certo quello dell’al di là…ogni minutino di quella chiavata ricambiavo anch’io con una leccata al suo viso. Dato che mi aveva fatto tenerezza commisi un errore…eccitata lo baciai in bocca, offrendogli un po’ della mia lingua: non l’avessi mai fatto! Tirò altri due colpi e poi, senza che potessi impedirlo mi venne dentro.
“AHHHHHHHH ! UUUUHHHHHHHH ! Sì, bella figa ! Sì…”
Sentii gli schizzi sparati caldi e calmanti dentro la mia sorcaccia bagnata e predisposta…gli diedi un altro paio di bacetti col risultato di fargli sputare solo altra sborraccia, con quel cazzetto piantato dentro…gli dovetti dire:
“Esci, dai ! Sei venuto, ma non è colpa tua! Ora però esci !”
“AHHN ! Ahnnnn! Aspetta, ancora un po’ dai…”
“No! Via…”
Lo strattonai all’indietro facendo uscire il cazzo ormai in ammosciamento, e mi alzai subito sulle caviglie aprendo la fica: la massa biancastra uscì, e andò a depositarsi sul tappeto, colando dalla mia fichetta ormai fredda, ed esausta. Roberto manovrò per passare la sua testa, supino, sotto la mia fica; adesso gli avrei sporcato, e molto, la sua faccia. Tuttavia sembrava che gli piacesse, e nonostante la scarsa igiene del post amplesso, mi leccò la fica nonostante buttasse i residui di un’attività sessuale intensa…gli chiesi:
“…ma non ti fa schifo?”
“Slaaaappp, sluuuuurp ! Dove…dove vai?...resta ! Ti ripulisco io, Adriana!”
“No, dai…su! Basta !...senti se non vuoi che ti piscio in faccia, dov’è il bagno?”
Roberto alzò la testa poggiandosi sulle mani, e m’indicò la porta del bagno; io recuperai la postura eretta, e quando stavo per muovermi mi sentii aprire le chiappe da Roberto che ottenne la sua vista sul mio ano dilatato, nel quale ci cacciò la lingua per penetrarmelo. Avrebbe voluto proseguire, ma gli tirai una piedata sul torace, e liberatami riuscii a guadagnare la porta del bagno, dove finalmente potei espletare le mie funzioni fisiologiche. Vuotata la vescica e cacciati un paio di peti approfittai della loro doccia, che però guardando lo scaldino ultraeconomico da 30 litri, scoprii di doverla fare fredda, vista la posizione della lancetta sul blu di sinistra. Sopportando lasciai che quell’acqua mettesse a nuovo il mio corpo, che avevo messo a disposizione di un maschietto non proprio pulito…diedi un’occhiata agli scaffali della loro doccia: il bagnoschiuma c’era; ma sciacquarselo con l’acqua fredda era impossibile. Mi diedi una veloce passata con la pistola, poi mi asciugai al primo asciugamano che trovai. Quindi uscii dal bagno, e mi rivestii dando le spalle alla porta; lui nel frattempo era andato in bagno per le sue di funzioni fisiologiche “rumorose”… voltatami presso la porta ebbi un trasalimento ! La signora che voleva denunciarmi, la mamma di Roberto, mi stava fissando con un’aria ostile: una donna dignitosamente vestita, sulla quarantina superata con dei capelli inevitabilmente ingrigiti non tinti, forse chissà, non andava dal parrucchiere, mi fissava. Chissà quand’era entrata…ci aveva visto mentre mi leccava il buchetto del culo?! Le dissi:
“Sono Adriana, l’amante di Carola, la lesbichetta del piano di sotto…ben trovata signora Dibari, piacere di conoscerla…”
Le tesi la mano, ma non volle ricambiare; prima che mi chiedesse che facessi in casa sua le dissi io stessa.
“La mia amica di lesbicate, Carola, è fuggita sembra; così mi ha detto il vice commissario Lorenzi, e io, volendo guadagnare qualche soldo, ho fatto una marchetta una tantum con suo figlio Roberto…”
“Ch…che…?”
“L’ho scopato! Una marchetta regolare: lui ha quattordici anni, io sedici e mezzo; mi sono fatta pagare signora, anche perché normalmente sono lesbica; a proposito: mio papà è in galera, dove sta scontando una condanna per furti in appartamento; ma questo il vice commissario Lorenzi lo sa già, dato che lo arrestò lui che avevo undici anni, in piena notte…mi dica gliele ha date le diecimila lire?”
“Di che cosa?”
“Della foto polaroid che mi ha scattato con Carola, mentre eravamo sulla Vespa, la mia Vespa…questa qui, vede?”
“Gliel’ha data lui?”
“Sì, e gli ho chiesto di darle diecimila lire, che erano da parte mia…ho comprato questa foto; me la ridà…grazie.”
Me la ridiede.
“A me non ha dato niente. Mi ha solo detto al telefono che non c’erano abbastanza elementi per procedere nei suoi riguardi. Piuttosto, mi dica, quanto ha chiesto a mio figlio per la marchetta?”
“Quarantamila! Mi ha pagato!”
La signora improvvisamente allarmata, mi superò senza far ulteriore caso a me, poi andò a guardare in uno dei cassetti che sentivo estrarre nella sua camera, quella da letto, e quello che trovò quasi sicuramente non le piacque; probabilmente il vuoto. Andò di corsa a bussare alla porta del bagno. Incazzatissima.
“Ehi ! Roberto ! Ci devi mettere ancora molto?! Esci o no?!”
“…”
“Tock, tock ! TOCK ! TOCK !”
Da dietro la porta:
“Che c’è…?”
“Hai preso tu i soldi che tenevo nel cassetto?! …allora !?”
“Quanti erano…?”
“Come, quanti erano farabutto! Quelli soli avevamo fino a domenica prossima…ma che sei rincretinito ? Pensi che tua nonna abbia la pensione d’oro?! Vieni fuori se hai coraggio, cretino! Giochi all’uomo adulto e rubi i soldi dal cassetto di tua madre! Esci, stronzo! Esci ! Ti lascio senza cena, imbecille! TOCK ! TOCK ! TOCK ! Apri o sfondo la porta!”
Roberto, da superficiale quattordicenne doveva aver usato gli ultimi soldi di casa. In teoria non li avevo presi io dal cassetto, ma lui! Gli avevo dato il mio corpo, quindi quei soldi mi sarebbero spettati, e di diritto! Nonostante questo mi sentii almeno un po’ in colpa per quella povera donna, a cui neppure il vice commissario Lorenzi aveva trasmesso le mie diecimila lire. D’impulso presi ventimila lire, e gliele lasciai sull’ingresso; quindi me ne andai senza salutare…comunque strusciarmi fica contro fica, mi piaceva di più del cazzo nella fica, e così traghettai il mio corpo presso Saffo…

Il racconto che zia Adriana aveva voluto condividere con me era finito qui…o quasi…

“Insomma, zia Adriana, ci avevi comunque guadagnato una Vespa…forse al tuo posto l’avrei fatto anch’io, sai…”
“La Vespa, cara Leda, la potei guidare solo per due mesi scarsi, perché il concessionario mi disse di portargliela per il primo tagliandino. Ed io ingenuamente gliela portai. Poi, non appena riottenutene le chiavi, mi dissero come stavano veramente le cose: una commessa molto gentile, prendendomi da parte, mi spiegò che Donato, lo stronzo a cui concessi il mio imene verginazzo, verginazzo, aveva fatto il finanziamento a nome suo, ma poi aveva evitato di pagare le altre rate dopo la prima…la cosa aveva sorpreso anche loro, perché con l’occasione mi confidarono che era nell’elenco dei protestati, ed il finanziamento era pure strano che l’avesse ottenuto…”
“Zia a differenza di me, tu sì che hai vissuto…”
“Piccola stupida! Un ceffone adesso non guasterebbe! Tua madre, mia sorella ti ha risparmiato una vita come la mia, che ho dovuto assistere all’arresto di papà da vicino, e osi lamentarti!”
La mia era stata un’osservazione molto stupida e zia Adriana me lo fece notare.
“Povera Leda, stai perdendo tempo, il tuo tempo, con me Leda…aspetta che vedo se ti possono prorogare un po’…sei problematica anche te, sai. Tra tanti problemi mi hai chiesto delle mie avventure a luci rosse…”
“T’invidiavo! Ero convinta che avessi amanti a volontà!”
“Seccatori, a volontà, solo quelli…amante invece lo diventai con la sorella della commessa che mi aveva spiegato la cosa della Vespa…abbiamo convissuto per un paio d’anni…oh scusa un attimo: sta arrivando una comunicazione…”
“…prego…”
Zia Adriana chiuse le mani conserte alla maniera dei cristiani, socchiuse gli occhi, e attese le ultime istruzioni a mani giunte, come ci avevano insegnato a catechismo a suo tempo:
“…”
La mia adorata zia fece un gesto veloce con il dito della mano destra, una specie di otto orizzontale accompagnato da una riga verticale, il simbolo dell’infinito in matematica ma con una barra…boh...credo che ottenne la conferma che non avrebbe ottenuto nulla di più…
Anche mia zia si stava schiarendo parecchio, per poi riprendere colore, e schiarire nuovamente…sempre meno distinguibile, ma la udivo ancora…
“Stai scomparendo, zia Adriana…che succede…allora non stai in paradiso adesso?”
Zia Adriana mi sorrise senza rispondere alla mia domanda…
“In verità d’anima mi è proibito anticiparti alcunché. Non so cosa possa essere il paradiso che dici tu.”
“Senti, io ho scopato duro con mio figlio Antongiulio…volevo scoparci lo ammetto, e ci ho scopato! Beh, credi che mi faranno entrare lo stesso?”
“Leda, siamo in una situazione di passaggio! Comunque ai miei superiori la cosa non interessa, dato che con tuo figlio non hai concepito. Non si è creato il mistero della nascita.”
“Veramente, zia? Non dovrò risponderne a qualche santo di guardia?”
“Io non ho parlato o comunicato mai con alcun santo…del resto in vita di carne non ero credente…”
“Nemmeno io lo sono stata da adulta…e sono stata molto sporcacciona, anche con Antongiulio ultimamente…”
“Cara nipotina, io sono stata talmente peccatrice che avrei dato anche qualche problema ad una setta satanica, e dove mi hanno mandata? ...ad accogliere te: l’inferno di Dante non l’ho visto; e nemmeno le nuvole bianche con il cielo azzurro; mi è stato solo detto che dovevo venire ad accoglierti per accompagnarti. Non altro. Adesso stammi a sentire: il tempo concessoci per stare assieme sta per scadere. Tu puoi scegliere: transiti in una nuova esistenza dimenticando tutto di ciò che credi o sei ora, oppure…”
“Oppure…?”
“Oppure resti qui, nell’indefinito, e ti rivivi quanto vuoi ciò che più ti è piaciuto; ma si tratta di cose e situazioni banali…e ripetitive ad ogni modo; certo se transiti verso la porta di luce, superandola divieni un nuovo essere, e non è affatto detto che tu rinasca appartenente al genere umano; potresti rinascere una vegetale, un pesce, un animale qualunque, compiere il tuo ciclo e così via…per sempre. Non so dirti nemmeno se apparterrai al pianeta Terra. Adesso che sai tutto, scegli; a me è proibito influenzarti.”
“Senti un ultimo favore potresti farmelo?”
“E sarebbe ?”
“C’è una mia alunna che non s’impegna, di nome Valeria; per ora ha solo sedotto il custode della scuola, ma ho l’impressione che il mio Fede ci avesse messo gli occhi…non chiedo niente per me! Ma potreste in qualunque modo proteggerla da lui…non voglio che quel tocco di fighetta delicata, lo so perché l’ho vista nuda sotto l’ombelico, divenga un’altra tossica per gli spaccia che fanno credito a Fede…potreste proteggerla?”
“Leda ! Se avessimo un corpo ti tirerei un altro ceffone, come quando ti offristi per una terna, con me e la mia partner…sai bene quanto me che Valeria è solo una tua alunna della cui bellezza eri invidiosa…non ti rendi conto che hai rovinato delle persone? Allora non stai ricordando tutto…”
“Ma io finora ho dato solo retta ai sensi…”
“La soddisfazione dei propri sensi fa parte della vita biologica. Tu però hai rovinato delle persone…”
“Rovinato? Chi?”
“La guardia di custodia, il signor Barella…”
“Ma quello, quello lo ha rovinato semmai Valeria…”
“No, Leda. Tu hai visto te stessa personificata da Valeria…fosti tu, lo so perché me ne parlò tua madre a sedurre una guardia giurata notturna della banca di credito e risparmio di via venticinque aprile; ti servivano soldi, e ti sei fatta invitare nel gabbiotto di guardia, con le telecamere; quel poveretto ignorava che anche se la banca gli metteva a disposizione i monitor, veniva monitorato a sua volta; per farti entrare senza registrare il tuo passaggio, resettava il sistema che però era progettato per ripartire in automatico rapidamente …al signor Barella risparmiarono il procedimento penale, ma ricorsero alla giustizia privatamente amministrata: adesso te lo ricordi che venne licenziato, e da un giorno all’altro finì a vendere verdura al mercato rionale con suo cognato?!…adesso ricordi ?…chissà perché non te lo sei più smarchettato una volta divenuto privato cittadino…e dire che nel frattempo l’aveva lasciato pure la moglie! Comunque mamma tolse il denaro da quella banca dopo la tua bravata…prostituirti con la guardia notturna…mettesti in imbarazzo anche lei, col direttore donna…”
“…”
Piangevo…o almeno questa era la sensazione. Zia Adriana mi aveva ricordato chi ero. Ma non provavo alcuna catarsi.
“E poi nemmeno Alba e la gang bang bullistica sono mai esistite, cara nipotina: volevi solo un motivo per scoparti Antongiulio…”
“Ma tu hai visto tutto da qui?”
“No, assolutamente! Solo che mi si rappresenta il concetto che sta attraversando la tua mente adesso; è uno dei privilegi di noi accompagnatori intimi ed ultimi…vai a quel momento, vai…come io ti ho messo a disposizione la mia avventura con quei due truffatori…”
Mi tornò subito in mente cos’avevo fatto, e con una certa nitidezza, e dire che avevo creduto di avere un’alunna particolarmente zoccola:

…mentre adesso zia Adriana, mi aveva aiutato a ricordare l’episodio integralmente:
… Valeria era solo la proiezione di te stessa, quando tra l’altro non eri ancora drogata di mariujana…interroga la tua coscienza, e capirai da sola!”
“Ma allora, anche Enrica…”
“Tutto una specie di sogno deformato Leda, e per il cunninlinctus con me non preoccuparti! Qui non interessa a nessuno, né per me, né per te; a proposito di tempo…”
“Cosa? Ma qui dove?”
“In una sorta di dimensione superiore che non mi è consentito adire, ma ci posso comunicare se occorre…”
“Dimensione superiore? Allora ci sono dei varchi…allora conosci la schiuma quantistica? I worm-hole...”
“Leda, non so niente di fisica, tantomeno se quantistica…io qui io ho finito il mio compito. Ti prego di non trattenermi oltre. Ho ancora molto da fare, altrove per altre anime...ne arrivano di continuo…si tratta di assisterle affettuosamente, e far loro capire che non torneranno nel corpo da cui provenivano…”
Ci alzammo, e feci per stringere la mano a mia zia ed abbracciarla, ma non sarebbe servito…stava scolorendo, sempre meno definita nei suoi tratti; io avevo visto quelli che aveva prima di morire per un tumore al pancreas anni prima…
“Basta Leda…me l’hanno appena comunicato: si sta per aprire il canale audio, potrai ascoltare i presenti per qualche minuto, anche se non potrai parlare con essi; non possono sentirti, né vederti… non prendertela! ...poi andrai verso la luce, una specie di varco, e non temere andrà tutto bene…Addio Leda…”
“Addio zia…”
Mia zia, o l’ombra debolmente colorata che ne era rimasta, mi salutò con un sorriso, e scomparve del tutto dissolvendosi; in quella stanza azzurrata dalle luci fredde tre persone di famiglia stavano intorno al mio corpo nudo, semicoperto dal lenzuolo regolamentare: i miei genitori, Antongiulio, e Marta Kopelij che era accorsa…il cane Pippo l’avevano lasciato a casa…adesso sentivo le loro voci: mamma si stava preoccupando per Antongiulio che non cacciava lacrime, ma aveva uno sguardo fisso, quasi vitreo, sul mio bel corpo seminudo; stava cercando la mia vulva con lo sguardo, ma era parzialmente coperta dal lenzuolo; mamma se ne accorse dato che non lo perdeva di vista un attimo, e disse:
“…ma ti sembra il momento per guardarle la patata? Che volevi fare? …su, che sei?! Un demente ?!…belle cose! Te l’hanno detto quei bestia degli amichetti? ...è a loro che gli ...”
Antongiulio disse:
“Prima quando voi non eravate ancora arrivati è passato un anziano verduriere del mercato che la conosceva: un certo signor Barella...mi chiese se poteva restarci solo un solo minuto; ho detto di sì e mi andai a sedere fuori senza importunarlo, ma lo osservavo dal seggio in cui ero; lui le ha scoperto il lenzuolo e le ha leccato la vulva, poi ha preso una salvietta profumata che teneva in tasca, e gliel’ha lavata, ed è scappato via…non sapevo proprio chi fosse; prima di andarsene si è scusato con me, e mi ha spiegato che scoparono un paio di volte molti anni fa…quando mamma non aveva ancora avuto me…non sono riuscito a farmi dire altro...è proprio scappato!”
Papà, piangendo, rispose lui al posto di Antongiulio, indifferente ad entrambi…
“Agnese? Facciamoci i fatti nostri…cosa vuol vedere non ci riguarda.”
Antongiulio contemplava con calma la mia vulva, o meglio il poco pelo in vista; mamma si stava preoccupando; ma papà disse più neutrale:
“Dai, non sono affari nostri! ... Gliel’avrà fatta vedere una volta, magari…Ma adesso fai il bravo Antongiulio, vero?”
Antongiulio me la scoprì del tutto: la mia fica era in vista a chiunque vi avesse avuto interesse…
“Niente, …è…è…che…io…insomma, non gliel’avevo mai vista! Me l’aveva mostrata solo sopra…”
“Sì! Come no ?! …Antongiulio!”
“Che c’è nonna?”
“Questa la ricopriamo, e tu vieni qui, avanti! Accanto a me, forza!”
La nonna gli mise una mano sulla spalla, continuando a parlare per i presenti…poi lo allontanò di un buon metro. Purtroppo mamma rincarò la dose:
“Io lo sapevo. Io vi ho visti. Avete fatto, avete fatto…vi ho visti io stessa, e… sono andata via! ...sul pavimento in corridoio, vergogna! Quelli di sotto vi avevano sentito, sai…”
“Agnese, che stai dicendo? Nostra figlia che praticava l’incesto! No, non è vero. Non può essere…qui finisce che fate morire pure me!”
“Ma dico! Solo te non vedevi? ...da quando quello stronzo con cui stava gli portava la sua robaccia da fumare non era più lei! La fumava fin dalla prima mattina…mi rispondeva male se le dicevo che quella roba le faceva male…e girava per casa semi nuda, col vibratore ben in vista sul lettone; io lo coprivo con le lenzuola prima di farle il letto, e lei lo metteva in vista sul cuscino, o se lo portava in bagno sotto l’ascella, mentre Antongiulio si preparava ad andare a scuola. Quello stronzo del suo Fede l’aveva proprio imputtanita, ed impigrita; se non passavo io a farle qualche pulizia, nostro nipote non dormiva nel pulito! Maledetto quel Federico! Lo strozzerei con le mani mie! Almeno quel Barella che mi diede sì delle seccature, però droga non gliene passava! Se non fosse stato il doppio più grande di lei quella volta…”
“…ma che stai dicendo Agnese! Quel tizio era pure sposato! Senti al circolo conosco un nostro socio, è un prete…se gliene parlo forse ti potrà aiutare…dare il giusto conforto…”
“…solo te che stai tutto il giorno al circolo della pesca non lo sapevi! Nel condominio malignavano di brutto, e i vicini mi guardavano ridendo…ultimamente si spediva da sola delle lettere anonime… che scriveva lei stessa…o forse le faceva scrivere da quel porco con cui stava assieme; lettere che dicevano che suo figlio era gay; e che doveva guarirlo…ma non c’era niente di vero! La testa non le funzionava più e basta. Ne ha scritte pure al preside della scuola dove insegnava! Gliene avevo parlato pure al dottor Maniglia, ma a me disse che secondo lui quelle lettere erano di qualche invidioso a cui non l’aveva data…certo non erano autentiche nemmeno secondo lui…ma in realtà non ne voleva sapere niente. Aveva intuito abbastanza per evitare di saperne di più. Una mattina di queste l’anno scorso ero appena uscita dall’ascensore verso l’una, per portarle un po’ di spesa a casa…beh, stavo per suonare quando ho sentito i rumori dei respiri, e le voci di una scopata fatta in corridoio, e qualche parolaccia d’incoraggiamento di farlo entrare lì, …proprio nel …nel…insomma nel culo! …pensai che stesse fottendo con Federico, e avevo deciso di origliare; non l’avessi mai fatto! Quella voce maschile era quella tua Antongiulio! Se te li dava, i suoi pertugi, era perché ormai era una tossica, e non distingueva più! Tu non l’hai mai fumata la sua robaccia, vero?”
“No, la puzza del fumo di tutte le sigarette mi fa schifo!”
Marta Kopelij, che già aveva avuto occasione di dargliela, gli domandò:
“Ma…Antongiulio…scopavi con tua madre? ...sesso duro? Completo?”
“…A…ntongiu…giulio ! Che sta dicendo tua nonna…è…è…ve…vero? Conosco un prete…vuoi che…”
“Nonno, mi fece farmi… aspetta no…insomma…me lo feci mostrare il suo panaro …per farmi una sega! Non dare retta a nonna!”
Mamma, la più scossa perse la pazienza: aveva voglia di sfogarsi:
“Non dire stronzate! Le sei entrato, e venuto dentro! Avevo le chiavi, ho accostato pochissimo la porta, e vi ho visto! ... ben …congiunti dietro…ce l’avevi messo tutto! Ma adesso è meglio che cambiamo casa Antongiulio…i vicini sapevano che te la dava…e te Giovanni, bada bene! I preti li voglio fuori dai coglioni, per questa cosa tra Antongiulio e sua madre! Troppi preti sono stati troppo affettuosi con dei ragazzini…”
Marta li interruppe prima che la cosa diventasse, ma già lo era, imbarazzante, dicendo:
“Antongiulio, signora Agnese, signor Giovanni insomma…io…sono dispiaciuta; non sapevo…ho telefonato a Federico…se avessi saputo…non gli avrei… fra poco arriva qui, io non…!”
Antongiulio continuando a fissare il mio corpo sotto lo sguardo gelido di mia mamma Agnese rispose monosillabico:
“Chissenefrega! Nonna quel Federico… non sono fatti vostri! Sull’incesto fa finta di aver sognato, sennò il tribunale dei minori qui ci fa tutti a pezzettini…e io non voglio cambiare famiglia, e amici…nonno! Dico a te: al tuo amico prete non gli dire niente!”
Mamma precisò rassegnata alla situazione che si era creata:
“Federico ?! Venga, se vuole. Gli vada incontro signorina…e gli dica che non lo voglio salutare…se mi dà la mano, lo sfregio!”
Mamma prese il minichamp svizzero, un piccolo multi-coltellino da due centimetri che teneva per abitudine nella borsa perché aveva sempre ritenuto che le portasse sicurezza, e lo mostrò: la lama era stata estratta; quindi si aspettava che…che angoscia! Mamma aveva messo in conto uno “incontro-scontro” con Federico…vabbè era un tossico, ma non era cattivo dentro…
Papà la prese sotto braccio, ed andarono ad accomodarsi sulle sedie, non distanti da dove ci eravamo messe io e mia zia…lui era ancora stralunato per le rivelazioni di sua moglie, mia mamma davanti al mio cadavere…povero papà, faceva finta di non sapere che fumavo “roba”… in cuor suo lo sapeva, e rimuoveva…ma del sesso con mio figlio Antongiulio doveva star zitta, e tenersi il segreto, cazzo !
“Agnese, sediamoci…e lei signorina Marta…dica a quel disgraziato di non rivolgersi verso di noi! Non lo disturberemo!”
Marta, la mia amica della scuola, e amante occasionale di mio figlio Antongiulio, con naturalezza, come stesse illustrando una ricetta di cucina, chiarì alcune cosette a mio figlio; queste cosette riguardavano me, e Federico, il mio Fede!
“Mamma tua non me l’aveva detto, ma io lo sapevo lo stesso: era uno studente abbastanza grande, che non era della sua classe, e questo le piacque: erano amanti da un paio di anni, e scopavano, scopavano duro, anche a scuola, in alcune aule vuote…se hanno potuto scopare tranquilli era perché io – pur sapendolo – facevo finta di non sapere, e tenevo lontani i colleghi curiosi…scopavano bene! Li invidiavo! Erano legatissimi, e quando scopavano a casa vostra ti mandavano a casa dai tuoi nonni…sapevo anche degli spinelli, ma non credevo che ne fumasse così tanti! Se solo non li avesse gettati sul pavimento del corridoio vicino le aule! …si era sputtanata, e non poco…quindi attento a non sputtanarti tu Antongiulio! Senti, se vuoi, col permesso dei tuoi nonni, vuoi che venga a stare da te stanotte?”
Intervenne mia madre Agnese dalla sedia:
“Spero che non sia stata lei a offrirle hashish e mariujana…le ho sentito lo stesso alito di mia figlia un istante fa, professoressa Kopelij! …se penso che bastava che non lo prendesse lo scooter in quelle condizioni! Non è stata lei a dargliela, vero ?!”
Marta rivolgendosi verso di lei le rispose con sicurezza e gentile fermezza; ero sicura che quella risposta di chiarimento era un invito a farsi gli affari loro…
“Signora, la prendeva dal suo compagno; gliel’avrà data lui, con quel suo scooter portava di tutto…quello che la fornisce a me voi non lo conoscete! I miei spinelli me li compro fuori quartiere! E non li ho mai offerti o smezzati con nessuno!”
Poi mamma disse a suo nipote:
“Tu non la fumavi quella roba, vero ?!”
“No, vi ho già detto di no! …non mi piace la puzza…”
“Antongiulio, vuoi che chiamiamo il dottore, non so, uno psicologo… con quello che devi aver passato…”
“Passato, nonna? Mi ha fatto divertire, che neanche un attore porno! Senza che dovessi fumare la sua robaccia!”
“Mamma tua ti ha fatto divertire, va bene, va bene…poi si vedrà…”
“Niente! Nonna! Non si vedrà niente! Finita qui! ”
“Meglio che sto con te stanotte, non si sa mai…”
Pensai:
“Forse ci tromberà stanotte stessa…”
Il discorso di Marta non era per Antongiulio. Lui sapeva, o intuiva che me la facessi anch’io con qualche studente; semmai era ad uso e consumo dei miei genitori, che non sospettavano nulla della loro scopata per le fratte. Il mio Antongiulio guardò la mia collega, l’insegnante Marta Kopelij mia amica, che piangeva, mentre lui restava a occhi fissi senza lacrime. All’improvviso scoprì il mio corpo un’altra volta, e diede un velocissimo bacio alla mia vulva, che doveva essere fredda, rigida, e inanimata. Che fegataccio il mio Antongiulio! Davanti a tutti…più o meno ritenni che fosse una recita, per sviare la relazione inopportuna con Marta. Mamma da ingenua, vedendo che mi stava di nuovo scoprendo il pube, si era alzata di nuovo, e cercò di distoglierlo un’altra volta allontanandolo dal mio sesso. Beh si vede che in vita ce l’avevo avuta buona. Da parte sua Antongiulio doveva essersi sentito tentato di assaggiarmi la vulva, anche se era una vulva morta, e aveva appena fatto in tempo a rimettere la lingua dentro la bocca…
“Ma che fai ?! Sei ammattito ?!...necrofilia si chiama questa! Non si lecca la patacca alle morte Antongiulio! A quel Barella l’ha lasciato la moglie…ma te! Finché era viva avete fatto incesto porco demonio! ... ma adesso! …insomma! Ci vorrebbe uno psicologo qui…dei preti non mi fido! Che ne dici Giovanni?”
“Su Agnese, passaci sopra! Chissà! Per oggi ho saputo abbastanza! Mia figlia, un’incestuosa! …Antongiulio! Quella fica è carne morta! Non ti darebbe alcun piacere…lascia perdere! Mò che ti farai le prime esperienze con le coetanee, speriamo, te ne accorgerai da solo! Ad assaggiarla adesso avresti fatto solo la figura del maniaco! Basta così, basta!”
Antongiulio decise di chiarire alcune cose a proposito del suo rapporto col sesso femminile…
“Ma che vi credete?! Non scopavo solo con lei, sapete! Io scopo, sapete? ...Nonno…io scop…”
Marta intervenne, e a voce alta stavolta, prima che Antongiulio confessasse pubblicamente cosa faceva. Gli praticò una carezza circolare al volto, all’altezza della bocca per fermargli le labbra…
“Forse è meglio che venga a stare con Antongiulio stanotte, dormirò sul divano, state tranquilli signori! Questo piccolo ometto ha bisogno di una donna giovane accanto…poi domani telefoneremo in Romania al padre, e vedremo il da farsi; se il padre sta con una bella bionda, Antongiulio sarà a suo agio…deve stare con una donna più giovane di voi due, signori…le circostanze, se mi consentite, sembrano abbast…”
Mia madre impulsivamente rispose a Marta:
“Quello stronzo, se era suo padre, restava qui! Con la sua donna, e suo figlio, signorina Marta! Comunque toccherà telef…ar…gl….
L’audio se ne era andato. Continuavano a parlare tra di loro, e non correvano sguardi gentili. Chiaramente a mamma Marta non piaceva, ma la rispettava… Non riuscivo a leggere le labbra. Nel frattempo era entrata anche l’impiegata addetta dell’obitorio, e compresi del tutto: sul camice verde aveva il badge con scritto Enrica M. M come Malasorte; così mi si era presentata nello spogliatoio delle ragazze a scuola, come fosse un’insegnante di educazione fisica…quella però era stata un’altra fantasia della mia mente: avevo semplicemente immaginato di fare sesso orale con lei, che in quei momenti stava spogliando il mio corpo per prepararmi per la cella frigorifera. Se avevo ben compreso la situazione, i venti euro me li doveva aver sgraffignati lei dai miei vestiti, con le proprie dita svelte, durante la spoliazione del mio corpo…e il carabiniere che mi voleva interrogare dopo l’incidente… dall’impatto con il muro…ora la mia mente aveva ricordato tutto: non c’era mai stato alcun professor Gerardelli, chissà dove avevo sentito quel nome…forse alla Tv? Probabile... Quel volto di Gerardelli altri non era che il passante, che avevo rischiato di portare con me, quando non riuscivo a governare lo scooter, e accadde l’irreparabile al mio cranio, al mio cervello…quindi al mio corpo…la lettera da lui mostrata al consiglio coi colleghi l’avevo scritta io per spostare l’attenzione di eventuali indagini su Marta…solo che De Altis, da saggia persona a differenza di me, essendo anonime le aveva ignorate fregandosene; credevo di aver fatto le migliori scopate della mia vita, le più intense…le più bagnate, le più cerebrali … ma adesso non mi dicevano più nulla. La mia carne non funzionava proprio più. Ero tranquilla e paga, e diedi uno sguardo ai presenti: Marta aveva preso la testa di Antongiulio, e se l’era poggiata sul ventre, carezzandolo; mamma, purtroppo anziana avrebbe voluto farlo lei, ma la mia amica Kopelij era più giovane, e più gradevole; per cui rassegnata lasciò fare. Di tempo per delle carezze loro, i sopravvissuti, ne avrebbero avuto ancora…il mio stava finendo adesso…
Diedi un ultimo sguardo ad Antongiulio, a mia madre Agnese, e mio padre Giuseppe, poi mi diressi verso una luce che si era accesa, e si stava ingrandendo senza accecarmi. Per un momento solo mi voltai di nuovo un’ultima volta, e vidi entrare il mio Fede, che avanzava verso il mio corpo seminudo, accudito dall’addetta Enrica, che se ne era rimasta discretamente fuori durante i penosi tentativi di assaggio di mio figlio; vidi Federico prendermi la mano, mia madre guardare da un’altra parte per non salutarlo…poi tutti i presenti scomparvero sotto quel baluginare della luce del varco…

…e anch’io andai oltre….
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