Racconti Erotici > Prime Esperienze > Il maneggio (I parte)
Prime Esperienze

Il maneggio (I parte)


di Quasiperbene
06.12.2020    |    11.602    |    10 5.3
"Doveva averlo portato per l'occasione, perché in quel ripostiglio veniva stipata l'attrezzatura per curare il giardino, ma tutto quello che serviva per..."
La festa di mezza estate al circolo di equitazione doveva essere per me l'equivalente del ballo delle debuttanti. Almeno nelle intenzioni dei miei genitori, e in particolare di mia madre. L'obiettivo era presentarmi in società, naturalmente al meglio, e possibilmente far innamorare qualche figlio di papà ricco e laureato che dopo due o tre anni di fidanzamento mi portasse all'altare.
Mia sorella era già nella fase due. Arrivò al circolo con noi, scortata dai genitori come si conviene a una ragazza di buona famiglia, e solo dopo il doveroso scambio di convenevoli fra loro e i futuri suoceri fu libera di appartarsi un poco col fidanzato. Non da soli, per carità, ma almeno in un'altra sala del circolo, a scambiare due parole guardandosi amorevolmente negli occhi senza i rispettivi genitori a supervisionare ogni mossa.
Non mi piaceva molto il fidanzato di mia sorella, ma del resto non mi piaceva molto neppure lei, e per gli stessi motivi. Erano troppo perfetti, e sembravano finti. Pareva che fossero cresciuti esattamente secondo le aspettative dei genitori, come se fossero un involucro vuoto di carne e ossa da modellare a piacimento, sia dentro che fuori. Gloria era più grande di me di quattro anni, e mi sembrava che la sua principale funzione nella vita fosse farmi sentire un fallimento. Qualsiasi cosa potessi fare, lei l'aveva già fatta e anche meglio, e il suo successo restava lì come una scomoda pietra di paragone a pesare sulla mia traballante autostima. A scuola era sempre stata bravissima e, visto che frequentavo lo stesso liceo e la stessa sezione in cui lei si era diplomata a pieni voti, i professori non mancavano di farmi notare che per quanto fossi brava non lo ero quanto Gloria. Ero troppo distratta, con la testa fra le nuvole, dicevano, e avevano ragione. Ma se non me ne fossi rimasta il più tempo possibile nel mio mondo immaginario non avrei saputo come sopportare la mia vita apparentemente perfetta.
Gloria era anche portata per qualsiasi attività extrascolastica nostra madre decidesse per noi, dal canto all'equitazione, mentre io ero una schiappa; inoltre sembrava avere una spiccata sensibilità artistica, o almeno abbastanza da passare per l'artista di casa, mentre io non ero affatto interessata alla musica che non fosse heavy metal o ai disegni che non fossero fumetti erotici.
Scommetto che non si masturbava neanche, e sarei stata curiosissima di sapere cosa facesse col fidanzato, ma non eravamo così in confidenza da parlare di ragazzi nei dettagli. Mi raccontava di lui, dei posti dove la portava e dei regali che le faceva, ma di sesso mai. Non credo che fosse perchè mi riteneva troppo piccola; anzi credo che fosse per il motivo opposto, e cioè che ero ben più vivace di lei sotto quel profilo e che temesse quindi di incoraggiare la mia discesa verso la promiscuità e il vizio.
A dire la verità, non avevo bisogno dei suoi incoraggiamenti. Ero ancora vergine, quello sì, ma oltre a masturbarmi tutti i giorni avevo cominciato presto ad esplorare anche il corpo maschile, piena di curiosità e di desiderio. Poche cose mi gratificavano come la buffa metamorfosi del cazzo da morbido salsicciotto a rigido bastone ricoperto di pelle calda e vellutata, e poi di nuovo a salsicciotto dopo pochi schizzi, e una volta scoperto questo curioso fenomeno non mi facevo scrupoli a replicarlo con ragazzi diversi.
Ufficialmente, però, non avevo nessuno, e mia madre sembrava esserne un po' preoccupata.
Gloria era sempre stata più bella di me e a diciotto anni aveva avuto svariati ragazzi che le ronzavano intorno. Io invece alla stessa età non avevo così successo; non c'erano molti compagni di classe che volessero venire a fare i compiti da me o mi invitassero al cinema, e le due o tre volte che mi ero innamorata non ero mai stata ricambiata. Per mia madre, e anche per Gloria, era soprattutto colpa mia, del mio atteggiamento scontroso e del mio modo di vestire poco femminile, e probabilmente avevano ragione. Una volta mia madre mi aveva anche fatto qualche velata domanda per appurare che non mi piacessero le altre donne. Sarebbe stato uno shock per lei, ma d'altra parte non era neanche il caso di rassicurarla dicendole che avevo fatto il primo pompino a quattordici anni e che adesso avevo due o tre amici con cui di tanto in tanto mi piaceva scambiare questi favori: loro me la leccavano e io glielo succhiavo.
Di questi il mio preferito era Enrico. Enrico aveva vent'anni e lavorava come stalliere al maneggio. Adorava i cavalli e, dato che non poteva permettersene uno proprio, veniva ad occuparsi di quelli dei clienti; in cambio il proprietario gli lasciava montare uno dei suoi e trattarlo in pratica come se fosse suo. Aveva i capelli castani lunghi quasi come i miei, e già questo mi piaceva. Poi aveva un fisico asciutto e slanciato, i fianchi stretti tanto che non riuscivano a riempire i jeans che sembravano sempre lì lì per cadere mostrando l'elastico dei boxer colorati, e anche quello mi piaceva. Un viso accattivante nonostante il naso pronunciato, gli occhi scuri e intensi, e la pelle chiara d'inverno che però si abbronzava subito ai primi raggi di sole.
Mi ero accorta che mi guardava spesso quando andavo a prendere lezioni di equitazione, ma finché ero con mia sorella o con l'istruttore non si azzardava a farsi avanti. Così gli offrii io l'occasione, una volta che dovevo pulire il cavallo dopo la passeggiata e lui si stava occupando di quello nel box vicino. Se cavalcare mi piace, sono troppo schizzinosa per occuparmi di tutto il resto e, nonostante l'istruttore insista che debba essere io a strigliare il mio cavallo, preferirei nettamente che qualcun altro lo facesse al posto mio. Così quel pomeriggio, mentre mi lamentavo con Enrico di quanto mi pesava, e lui invece ribatteva che il bello dell'equitazione era anche quello, a un certo punto la buttai lì: “Se pensi che sia tanto divertente, cosa vuoi per strigliare anche il mio?”
Lui abboccò e disse: “Un bacio”.
Da allora ogni volta che ci trovavamo da soli nella scuderia o in passeggiata finivamo per baciarci e toccarci. Lui in realtà avrebbe voluto andare oltre e scopare, ma io mi tiravo indietro, con la scusa che volevo che la mia prima volta fosse comoda in un letto. In realtà non era solo per quello, ma perchè non avevo quel gran desiderio di perdere la verginità proprio con lui. Il sesso tra noi per quanto mi riguardava andava alla grande anche così: mi piaceva farmi toccare e leccare, io facevo le stesse cose a lui ed ero più tranquilla così, prendendomi il piacere senza il timore di restare incinta.
Abituata a vederlo in jeans, mi fece uno strano effetto trovarlo alla festa di mezza estate in livrea da cameriere, mentre si aggirava fra i soci del circolo sorreggendo un vassoio pieno di bicchieri. Aveva anche legato i capelli e rasato la barba che normalmente si faceva sì e non una volta a settimana.
Lui, dal canto suo, restò proprio a bocca aperta quando mi vide. Mi aveva sempre vista solo in abiti da cavallerizza, e per quanto io mi preferissi in camicia, pantaloni aderenti e stivali da equitazione, devo dire che facevo la mia figura nell'abito che avevo comprato apposta per quella festa, ovviamente sotto la supervisione di mia madre.
Era un vestito a bustier senza spalline, con un motivo provenzale di piccoli fiori su fondo nero che lo rendeva meno elegante e più adatto a una festa in campagna come quella. Aderente nella parte superiore, dai fianchi scendeva morbido e leggermente svasato fino a poco sopra il ginocchio. Mia madre non aveva voluto niente di più corto o fasciante, che potesse risultare troppo provocante o volgare e, per rafforzare la mia immagine da signorina per bene, mi aveva fatto raccogliere i capelli biondo ramato in uno chignon alto da principessa. Così vestita e pettinata, e coi sandali col tacco da cui occhieggiavano le unghie laccate di rosso al posto delle solite sneakers o degli stivali, quasi sembravo un'altra persona, ed Enrico mi mangiava con gli occhi.
Devo ammettere che sottostare a quella trasformazione imposta dall'etichetta mi aveva innervosito, ma che adesso notare le sue occhiate di approvazione mi ripagava del piccolo sacrificio fatto per accontentare mamma. E notai con stupore che non era l'unico a guardarmi, in effetti, mentre quando arrivavo al maneggio in pantaloni e coda di cavallo gli uomini mi degnavano al massimo di un'occhiata sul sedere, sempre che i pantaloni fossero abbastanza aderenti da metterlo in evidenza.
Per la prima volta, poi, avevo l'impressione di piacere anche a Luca, l'istruttore di equitazione che era di fatto il principale motivo per cui avevo deciso di seguire le orme di mia sorella al maneggio. Luca era uno schianto: alto circa un metro e ottantacinque, spalle larghe e fianchi stretti, slanciato ma muscoloso, e un viso che incarnava il mio ideale di bellezza maschile. Occhi profondi e azzurri, abbronzato il giusto, capelli di quel castano chiaro tipico di chi è biondo da bambino, e che ancora mostravano ciocche schiarite dal sole quando lasciava crescere qualche ricciolo. Aveva trentasette anni, e lo vedevo spesso intrattenersi con altre donne più grandi di me, sue coetanee o più vecchie, sempre galante e seducente. Mentre a me, non so se fosse perché mi vedeva solo come un'insipida ragazzina o per altri motivi, riservava solo il suo lato professionale e asciutto, dell'istruttore serio e affidabile ma severo.
Mia sorella aveva iniziato a prendere lezioni da lui tre anni prima, e da allora la sua tecnica era migliorata moltissimo, soprattutto nel salto, che era la sua specialità, tanto che ora stava preparando una gara per fine settembre. Io non ero altrettanto portata, e più che la disciplina degli esercizi mi piaceva semplicemente fare lunghe uscite a cavallo per esplorare i dintorni, da sola o con Enrico quando poteva accompagnarmi. Ma naturalmente mia madre era stata irrevocabile: se mia sorella era così brava da gareggiare, non poteva essere che io non provassi nemmeno a emularla, e dovetti iniziare le lezioni di salto con Luca. Che presto si rivelarono un imbarazzante supplizio, perché lui dava per scontato che io fossi altrettanto portata di Gloria, mentre io non lo ero, e probabilmente neanche il mio Speedo era il cavallo più adatto. Con me Luca era severo fino a umiliarmi, e non mi risparmiava i confronti con lei, forse nell'intento di spronarmi a dare il meglio di me, senza rendersi conto che otteneva invece l'effetto di demotivarmi sempre di più.
Però mi piaceva troppo perché potessi restare a lungo arrabbiata con lui, e aspettavo con ansia la lezione successiva che mi avrebbe permesso di rivederlo. In polo, cappellino, pantaloni e stivali da equitazione, Luca mi incantava ogni volta, e risvegliava tutti i miei pensieri proibiti. Spesso quando mi toccavo immaginavo che fosse lui a prendermi la prima volta, e la mia fantasia preferita era così classica da essere perfino banale: ci riposavamo stesi in un prato durante un giro a cavallo, lui mi baciava, confessava di amarmi ma di non aver mai osato farsi avanti per via della differenza di età, e poi mi toccava per eccitarmi e infine mi penetrava dolcemente, guardandomi negli occhi e baciandomi la bocca, il viso e il collo.
Nella realtà, invece, Luca sembrò accorgersi che ero una donna solo quando mi vide alla festa di mezza estate, più elegante e femminile del solito. Io godevo delle sue occhiate, nell'accorgermi che finalmente mi seguiva con lo sguardo e si fermava a parlare di tanto in tanto del più e del meno. Notai che lo faceva soprattutto quando incrociava qualche conoscente di sesso maschile al quale poi poteva presentarmi con orgoglio come una delle sue allieve, e la cosa in parte mi lusingava e in parte mi infastidiva. Ero felice di avere finalmente la sua attenzione, ma il suo desiderio di mostrarmi come un ornamento personale mi irritava. Decisi di rifarmi flirtando un po' con Enrico, che nonostante non potesse sgarrare dal suo ruolo compassato di cameriere, era evidente che non vedeva l'ora di starmi vicino.
A forza di inseguire Enrico per chiedergli bicchieri di cocktail e di prosecco, a un certo punto mi ritrovai ubriaca, con la testa troppo leggera e il passo vacillante, soprattutto perché invece delle mie amate sneakers avevo ai piedi quei sandali tanto belli quanto scomodi. Mia madre se ne accorse subito, e intervenne prontamente per salvare il decoro della famiglia.
“Alice, hai bevuto troppo. Non sei proprio capace di comportarti come si deve, almeno quando siamo in mezzo alla gente? Che impressione vuoi dare agli altri di te? E datti un contegno con lo stalliere. Gli stai appiccicata come colla, e nessuno dei ragazzi adatti a te ti prenderà in considerazione se continui a fare la smorfiosa con lui.”
Mia madre aveva il potere quasi magico di rovinare qualsiasi situazione appena apriva bocca, perché, almeno quando parlava con me, sembrava incapace di proferire altro che rimproveri e critiche. Adesso, se non volevo litigare, l'unica cosa da fare era levarmela in fretta di torno. “Hai ragione mamma, devo avere un po' esagerato con il vino. Ora vado a prendere una boccata d'aria.”
Uscii fuori, col sollievo di chi scappa da una camera a gas. Era mezzogiorno di una bella giornata di luglio e il caldo si faceva sentire nonostante il mio abitino leggero e senza spalline. Mi diressi verso il porticato della vecchia casa colonica ristrutturata che era a metà strada fra l'edificio più nuovo in cui si teneva il ricevimento e le scuderie. Cercavo un posto all'ombra comodo e pulito dove sedermi e calmare il nervosismo provocato dal commento di mia madre, ma una volta raggiunto l'ampio portico non trovai niente, così mi appoggiai di schiena alla porta di uno dei vani interni della casa e cercai con un sospiro di riordinare le idee.
Ma non feci in tempo, perché li sentii quasi subito. Provenivano esattamente da dietro la spessa porta di legno a cui ero appoggiata ed erano inequivocabilmente dei gemiti. Che io ricordassi, lì dietro c'era solo un ripostiglio per gli attrezzi da giardino, e trasalii spaventata. Ma lo spavento cedette subito il posto alla curiosità, perché i rumori non lasciavano adito a dubbi: dietro di me, a pochi metri, separati solo dalla porta, un uomo e una donna si stavano divertendo. Ansiti, gemiti, sospiri e mugolii che mi fecero venire la voglia irrefrenabile di provare a sbirciare. Così mi girai, stando ben attenta a non produrre nessun rumore, e controllai la porta. Come immaginavo, non era chiusa a chiave, e provai ad spingere con la massima delicatezza. La vecchia porta scivolò sui cardini senza rumore, offrendomi un piccolo spiraglio. Mi accontentati di qualche millimetro, accostai l'occhio curioso, e il respiro mi si ruppe in gola.
Mia sorella Gloria era in ginocchio per terra, senza nessuno scrupolo di sporcare il vestito bianco virginale che aveva messo per la festa, e teneva in bocca il cazzo del nostro istruttore di equitazione, che in piedi di fronte a lei, sudato e scarmigliato, le premeva ansimando la faccia contro il pube. Davvero, non sono una che si scandalizza, perché io stessa l'avevo succhiato a Enrico praticamente in ogni angolo del maneggio. Ma lì, in quella scena, c'erano troppe stonature per non lasciarmi pietrificata.
Mia sorella già facevo fatica a immaginarla a letto col fidanzato, ma avrei scommesso la mano destra che non faceva pompini. L'uomo a cui invece stava golosamente succhiando il cazzo era giusto quello a cui avrei voluto succhiarlo io, e oltre alla gelosia che avrei provato per qualsiasi altra rivale mi bruciava ancora di più sapere che ancora una volta era stata lei ad arrivare prima. Infine, c'era qualcosa di stonato perfino nel modo in cui lo stavano facendo: non sembrava che fosse lei a succhiarlo, ma lui a scoparle la bocca, ferma e passiva sotto i suoi colpi. Mia sorella stava a occhi chiusi, e mugolava di tanto in tanto, mentre lui ripeteva come un disco rotto sempre le stesse parole: “Succhia puttana, succhia. Fammi vedere quanto ti piace il cazzo...” Ma lo diceva con un tono di disprezzo che mi feriva, quasi quanto la doppia delusione di vedere la mia irreprensibile sorella maggiore fare un pompino all'uomo dei miei sogni.
Tuttavia, una curiosità morbosa mi impediva si staccare gli occhi da quella scena. Immobile, col fiato sospeso, continuai a spiarli mentre lui aumentava il ritmo delle sue spinte, incurante del fatto a me evidente che Gloria non lo trovava più un piacere, ma faticava anche a respirare, e più forte spingeva più forte la insultava. A un certo punto Luca si staccò un attimo da lei, si girò e prese un frustino. Doveva averlo portato per l'occasione, perché in quel ripostiglio veniva stipata l'attrezzatura per curare il giardino, ma tutto quello che serviva per l'equitazione stava invece nei vani della scuderia. Ordinò a mia sorella di mettersi a quattro zampe, allungò il frustino sotto il suo viso e le fece alzare il mento con l'estremità. “Dopo tanto cazzo, ci vuole un po' di frusta per domare una puledra come te.”
Gloria lo guardò con gli occhi impauriti, e lo pregò “Ti supplico, padrone, non mi lasciare segni stavolta. Devo uscire con Alberto stasera, e...”
Luca non la lasciò finire, le girò intorno e le appioppò un frustata sul culo coperto dall'abitino leggero. “Ah, quindi farai la troia anche con lui stasera?”
Lei sussultò, perché il tessuto era troppo sottile per attutire il colpo, e si affrettò a rispondere. “No, no, non come con te. A lui non lo prendo nemmeno in bocca”. Le arrivò una seconda frustata.
“Però ci scopi...”
“Sì, non potevo farlo con te e non con lui, lo sai. Mi ha conosciuto che ero vergine e doveva essere il primo...solo così potevo farlo anche con te.”
Io ascoltavo sconvolta, chiedendomi nel frattempo cosa stesse facendo Alberto mentre la sua fidanzatina perfetta lo tradiva con l'insegnante di equitazione. Forse soddisfatto da quella risposta, Luca le diede un ultimo colpo sul culo col frustino poi le sollevò il vestito, scostò gli slip e la penetrò di colpo. Lei mugolò, e continuò a gemere ad ogni spinta finché lui non le intimò “Zitta, troia”, costringendola a subire in silenzio, sforzandosi di restare carponi e non scivolare a terra. Dopo alcuni minuti, si levò, le girò intorno, e continuò per qualche secondo con la mano, per poi schizzarle subito in faccia.
“Adesso puliscimi bene con la lingua, e poi lecca tutto quel che ho schizzato.”
Di nuovo, il suo tono era aspro, come se invece di avergli appena dato un orgasmo mia sorella lo avesse offeso, e non riuscii a capacitarmi né di questa sua reazione né tantomeno della risposta di mia sorella. “Sì, padrone” mormorò umilmente, a occhi bassi, e subito iniziò a leccare il suo membro che iniziava a perdere rigidità.
Solo a quel punto mi resi conto che il gioco era finito e dovevo allontanarmi al più presto, e cercare di stamparmi in faccia un'aria disinvolta e tranquilla prima di unirmi di nuovo agli altri ospiti. Mi accorsi anche di sentire una piacevole tensione fra le gambe, nonostante la scena fosse stata troppo carica di emozioni negative per potermela gustare con la sana eccitazione con cui avrei spiato due sconosciuti. E un po' per quella sensazione, un po' per ripicca verso entrambi, appena rientrai nella sala del ricevimento sentii il desiderio di farmi Enrico, che nel frattempo, sempre impeccabile nella sua divisa da cameriere con tanto di papillon nero sulla camicia bianca, continuava a destreggiarsi fra gli ospiti coi suoi vassoi carichi di bicchieri. Gli andai davanti, e gli sbarrai il passo con un sorriso.
“Oh, ma dov'eri finita? Ti cercavano i tuoi.“
Afferrai un bicchiere di Bellini, e presi un lungo sorso prima di rispondere. Fra il caldo, la sete e quel che avevo appena visto, ne avevo proprio bisogno. “E cercavano solo me o anche mia sorella?”
“A me hanno chiesto solo di te. Forse è perché sanno che lei è una brava ragazza, mentre di te non ci si può fidare a lasciarti da sola...” mi strizzò l'occhio, allusivo.
“No, infatti....” ricambiai il sorriso, e finii il Bellini in altri due sorsi. “Meglio che non resti sola, non si sa mai che con quel che ho bevuto non salti addosso a qualcuno. Meglio che mi fai compagnia tu così salto addosso a te, no?”
Lui sorrise imbarazzato. “Magari! Sei bellissima vestita così...” Poi abbassò la voce: “Finalmente ti vedo con una gonna. Non sai la voglia che avrei di metterti una mano sotto il vestito...”
Era esattamente quello che desideravo anche io. “Perché non lo fai allora? Non è un'occasione che ricapiterà presto.”
“Non posso, cazzo. Devo preparare altri bicchieri per tutti questi ricchi stronzi, come te appunto...”
“Bè, vengo a darti una mano in cucina” mi offrii, e lo seguii oltre la porta che divideva la sala principale dal corridoio su cui si aprivano altre stanze di servizio.
In cucina, per fortuna, la porta si poteva chiudere a chiave, e per quanto dovessimo fare in fretta potevamo almeno escludere il rischio di essere spiati come io avevo spiato Luca e mia sorella. Iniziammo a baciarci appena Enrico posò il vassoio, sfrenatamente, come se avessimo trattenuto il desiderio per giorni. Cercai la sporgenza del suo cazzo sotto i pantaloni neri, e lui mi infilò subito una mano sotto il vestito e nelle mutande, trovandomi già fradicia e bollente anche per la scena a cui avevo assistito. Gli slacciai la patta mentre lui continuava a toccarmi, scopandoci reciprocamente la bocca con la lingua. Poi lui scese a baciarmi sulla gola e sul collo, mentre le sue mani mi eccitavano sempre di più, e io abbassai l'orlo del bustino dell'abito per offrirgli anche i seni. Arrivò su un capezzolo con la lingua, facendomi gemere di piacere, e prese a leccarlo e succhiarlo come sapeva che mi faceva impazzire, per poi passare all'altro poco dopo. L'orgasmo mi esplose sulle sue dita, così intenso che subito dopo lo allontanai perché non potevo sopportare che continuasse.
Scivolai giù, accovacciata davanti a lui, e glielo presi in bocca senza complimenti. Enrico non era come Luca e, quando glielo succhiavo, amava lasciarmi dettare il ritmo e affidarsi a me, ma lì non potevo permettermi di rallentare il piacere con baci e leccate dalla punta alle palle come mi piaceva fare di solito. Gli ingoiai la cappella e iniziai subito a pomparlo con la bocca, aiutandomi con una mano chiusa intorno all'asta. Anche lui venne in fretta e, quando mandai giù il suo seme, mi sentii soddisfatta come se quel che avevamo appena fatto avesse in qualche modo riscattato quel che avevo scoperto di Gloria e Luca. Mi rialzai con un sorriso, mentre lui si richiudeva i calzoni e sistemava la camicia.
“Ecco, un altro Bellini e sono pronta a tornare di là” annunciai prendendo un ultimo bicchiere ancora pieno dal vassoio che aveva riportato.
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 5.3
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Il maneggio (I parte):

Altri Racconti Erotici in Prime Esperienze:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni