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Lui & Lei

Sul treno


di PerseoBlu
03.02.2021    |    3.498    |    0 7.6
"Mi rendo conto che forse ho indugiato un secondo in più del dovuto e ritorno su rapidamente, posiziono il portatile sul tavolino e lo accendo facendo finta di..."
Primi di Aprile. L'aria mattutina è ancora fresca ma il cielo è limpido e il sole accecante mi riscalda mentre sono sulla banchina ad aspettare il treno Frecciarossa delle 7 e 50. Mi piace andare a lavorare a Milano quando ci sono giornate come questa. Il grigiore invernale è un ricordo e le persone sembrano più attive, come se la primavera avesse portato nuova vita. Due donne in carriera conversano dietro i loro occhiali da sole all'ultima moda. Indossano solamente dei tailleur con delle décolleté scure. Non sono un fan di questo tipo di abito ma devo ammettere che le due trasmettono un'eleganza quasi provocatoria. Chissà se hanno mai fatto sesso con quella mise.
Ecco il treno. Guardo sul telefono il biglietto: carrozza 8 posto 14d. Bene, sono vicino al finestrino. Mentre attendo che la porta si apra penso che mi piacerebbe approfittare dei quarantacinque minuti di viaggio per schiacciare un pisolino, ieri la serata con le vecchie compagne di università è andata per le lunghe. Invece ho arretrati di lavoro oltre che di sonno. Salgo. Il treno è già quasi pieno, persone equamente divise tra chi lavora al computer e chi cazzeggia con lo smartphone.
Mentre avanzo lentamente in cerca del posto, quasi a centro vagone noto una ragazza mora carina intenta a leggere un libro. Universitaria probabilmente, mordicchia una matita che le serve per sottolineare. Faccio appena in tempo a incrociare lo sguardo dei suoi occhi castani alla sudamericana che devo proseguire incalzato dalla coda dietro di me. Il treno sta già ripartendo.
Pochi metri e sono arrivato. Nel tavolino a quattro, due già occupati. Chiedo cortesemente ad un uomo assopito di alzarsi per farmi accomodare al mio posto vicino al finestrino. Sono un po' stretto. Mentre ragiono un attimo su come sistemarmi senza dare gomitate al povero signore mi accorgo che dall'altro lato del tavolino, difronte a me, c'è una signora bionda sulla cinquantina. Signora è proprio il termine adatto: lineamenti fini, trucco leggero, portamento distinto. I capelli dorati le scendono dritti sulle spalle esili. Indossa un vestito beige con motivo floreale verde moderatamente scollato che lascia apprezzare la sua pelle rosa vivace. Nel posto vuoto accanto a lei, una borsa sapientemente coordinata con il vestito.
Cerco di sistemarmi la camicia - cosa non facile da seduto - posiziono tra i miei piedi la ventiquattrore e mi chino per estrarre il computer. Da quella posizione non posso non osservare che il vestito della signora arriva poco sotto al ginocchio e ai piedi calza delle specie di sabot color oro con tacco a spillo e cinturino alla caviglia.

Mi rendo conto che forse ho indugiato un secondo in più del dovuto e ritorno su rapidamente, posiziono il portatile sul tavolino e lo accendo facendo finta di essere preso dal contenuto dello schermo.
Tutto normale, la signora guarda fuori dal finestrino con tutta la sua compostezza e indifferenza.
Mentre scorro le mail il mio sguardo scivola furtivo oltre il monitor nel tentativo di cogliere maggiori dettagli della mia bella dirimpettaia. Con un misto di eccitazione e timore di farmi scoprire mi soffermo sulle sottili braccia nude e sulle mani. Alle dita affusolate porta alcuni anelli piuttosto sofisticati e le unghie con il french, stile che si addice perfettamente al suo fascino un po' retró. Ritorno a guardare il computer provando a ricercare nella mente una figura a cui associare questa donna "anomala" nel contesto del treno.Non che non ci siano figure femminili degne di nota, ma solitamente si incrociano manager superprese dal lavoro, studentesse in abiti comodi oppure signore fresche di trucco e parucco per una giornata di shopping in centro.
Ora ho come la sensazione che sia lei a scrutarmi in un modo molto più diretto di quanto abbia fatto io ma non ho il coraggio di verificare se è vero, perciò continuo a tenere gli occhi fissi su una mail troppo lunga per il mio grado di attenzione attuale. In un moto di autoconvincimento mi porto la mano al mento nel tentativo di focalizzarmi su quelle parole prive di senso.
Funziona. Inizio a battere sulla tastiera una bozza di risposta e le parole fluiscono sempre più ispirate. Mi piace scrivere, che siano mail o presentazioni o inviti a qualche evento, mi piace pensare al modo migliore per comunicare agli altri quello che voglio.
Un tocco leggero sul polpaccio mi fa ritornare al mondo reale. Lo spazio per le gambe non è il massimo e con il treno che viaggia veloce qualche sobbalzo è la norma. Guardo la signora sorridendo ma con un pizzico di delusione mi rendo conto che i suoi occhi azzurri puntano fuori dal finestrino.
Meglio tornare al lavoro. Sono appena partito a scrivere una seconda mail che di nuovo sento una leggera pressione al polpaccio. Stavolta la pressione è costante. Mi sta appoggiando l'interno del piede al polpaccio! È comunque molto leggera e penso che potrebbe non essersene nemmeno accorta, tant'è che continua a scrutare l'orizzonte. Un po' di contatto comunque non mi dispiace e decido di non spostare la gamba e riprendo a scrivere.
Dopo cinque minuti di sfioramento continuo il controllore passa a convalidare i biglietti. Mentre presento lo smartphone al controllore una scossa mi passa attraverso il corpo. All'improvviso la punta della scarpa spinge contro la mia tibia, procandomi un dolore inaspettato che lotto per nascondere. La guardo e la vedo mostrare il biglietto con un risolino che non so se sia rivolto al controllore o a me.

Non sposto la gamba e lei continua così per una decina di secondi. Poi smette e finalmente i nostri occhi si incrociano. Sollevo le sopracciglia e accenno un sorriso. Lei impassibile ricambia lo sguardo e poi ricomincia a guardare fuori. Osservo bene il suo viso, il naso piccolo e le labbra sottili con un rossetto rosa antico. Non capisco bene a che gioco stia giocando, così decido di prendere l'iniziativa. Mentre continuo a lavorare al computer allungo appena la gamba destra e sfioro la sua caviglia con la mia. Il contatto con la sua pelle liscia mi eccita e deglutisco. Se ne accorge ovviamente, e inizia a strusciare il piede e il polpaccio nudo con movimenti più ampi ma sempre molto delicati, impercettibili agli altri viaggiatori. L'erezione mi raggiunge prorompente e spinge fastidiosamente contro i pantaloni stretti. Schermato dal tavolino non ho difficoltà ad infilare velocemente la mano nelle mutande per raddrizzarlo e passarlo sotto l'elastico in modo da farlo stare comodo. Il pensiero di masturbarmi mi attraversa per un istante ma è troppo rischioso. Di certo lei lo sa. Forse anche lei vorrebbe farlo.
Continuo a fissare lo schermo del portatile ma davanti agli occhi mi passano solamentente immagini oscene in cui metto le mani sotto quel vestito a fiori. Immagino di toccare il suo culo candido, di cingerle da dietro i seni sodi con i capezzoli turgidi. La mia temperatura corporea si è impennata e sento che il sudore inizia a bagnare la camicia. Fortunatamente ho una buona dose di autocontrollo e siamo gli unici due viaggiatori a sapere cosa sta succedendo. Cerco di pensare a qualcosa. Prima alternativa, il bagno. Bagno del treno. Scartata, conosco bene le condizioni igieniche dei servizi sui treni. Ed escludo che una donna così elegante mi seguirebbe. Seconda opzione, ancora il bagno. Vado in bagno e mi masturbo. Sono tentato, non lo nego. Ma non voglio far finire così il gioco. Proprio mentre lo speaker annuncia che mancano dieci minuti all'arrivo ecco l'idea: chiudo il computer, mi piego per prendere la ventiquattrore e percepisco per la prima volta la sorpresa in lei. Scosta la gamba. Bingo. Chissà cosa si aspettava che facessi. In realtà qualcosa faccio. Con la borsa di pelle nera sulle mie cosce, lentamente sistemo il computer e prendo un biglietto da visita senza farmi vedere. Mi riabbasso per rimettere tra i piedi la valigetta e con un guizzo infilo il biglietto tra il sabot e il piede, sotto l'arco plantare pronunciato. Un piccolo fremito dell'estremità mi conferma l'effetto sorpresa.
Il treno sta arrivando alla stazione. Soddisfatto di me stesso, con un po' di strafottenza mi calo gli occhiali da sole sugli occhi e mi metto più comodo possibile in poltrona. Preferisco aspettare ad alzarmi ed osservare il defluire della gente. A maggior ragione oggi, con la mia nuova amica che intravedo accavallare le gambe per togliere quel fastidioso cartoncino dalla scarpa.
L'uomo al mio fianco si è destato dal torpore e si alza per affrettarsi all'uscita. Con una mossa che mi coglie impreparato, anche la tentatrice si alza di scatto e si avvia verso le porte. Altre persone sono già in piedi lungo il corridoio del vagone. Niente sguardi, niente cenni.
Indugio qualche secondo che mi fa perdere posizioni preziose nella coda per l'uscita. Poi mi alzo. Sarà davanti a me di una dozzina di persone. Apprezzo a distanza il suo fisico snello con un vitino da vespa che risalta il fondoschiena fasciato dall'abito. Si volta e si passa una mano tra i capelli lisci con un gesto inequivocabile che non fa altro che rinverdire il gonfiore nei miei pantaloni. Le porte si aprono e la gente inizia a scendere lentamente. Davanti a me una coppia anziana con delle valige, quando si dice al momento giusto. Sulla banchina la vedo camminare trenta metri davanti a me con passo deciso che trovo inevitabilmente sensuale. Cerco di farmi strada fra chi si ferma ad accendere la sigaretta liberatoria e chi avanza piano, quasi non fosse in preda ad una tempesta ormonale mattutina. Accelero come un giocatore di rugby che tenta di andare in meta e mi affianco dopo trenta lunghissimi secondi di inseguimento.
"Sono andato molto vicino ad essere arrestato per atti osceni in luogo pubblico" le dico scandendo bene le parole, improbabile che qualcun altro senta né tanto meno capisca.
Lei si ferma, si volta verso di me e mi accoglie con un sorriso provocante che allo stesso tempo mi conforta. Mi appoggia una mano al petto e tamburella le dita.
"Farai bene a farmi strada per l'ufficio, caro Stefano B."

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