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Il cavaliere del Mulino


di FinnTanner
28.02.2018    |    12.080    |    13 9.5
"Seppur a fatica, Dale, un po’ per sete e un po’ per paura, riuscì ad ingoiare tutto..."
Il terreno era ancora umido, ammorbidito dalle recenti piogge. Marcus non ebbe problemi a scavare. Aveva scelto un’ansa nascosta nel fitto della foresta, all’ombra di un’imponente quercia – la cui maestosa fronda era visibile fin dal sentiero distante qualche centinaio di passi.

I muscoli tesi degli avambracci ricoperti da un velo di pelo biondo, guizzavano mentre conficcava la pala nel terreno e sollevava cumuli di terra scura e pesante. Quando infine fu soddisfatto della buca, ben larga e profonda, grondava di sudore nonostante il freddo pungente delle prime luci dell’alba.

Trascinò il gravoso carico, infagottato e legato con cura fino alla fossa e con una pedata lo fece rotolare dentro. Si guardò intorno nella foresta desolata e iniziò subito a ricoprire la buca con la terra accumulata di fianco.

Il cipiglio sul suo viso si distese solo quando finì di battere la terra smossa e ricoprirla di foglie, rendendo impossibile distinguerla dal resto del terreno circostante.

Poi si incamminò verso il sentiero con la pala sulla spalla, e un timido raggio di sole filtrato dalle fitte chiome degli alberi ne illuminò per un attimo il sorriso soddisfatto sotto la barba.

***

Qualche giorno prima…

«Dale! Maledetto fannullone, dove ti sei cacciato?» Una voce rauca gridò da dietro la ruota in legno viscida e imputridita del modesto mulino.

Il suo patrigno sembrava anche più arrabbiato del solito. Dale si asciugò le lacrime e nascose il libro sul cavaliere con l’armatura scintillante in una rientranza della roccia in riva del fiume, dove si era rifugiato a leggere al timido sole di fine inverno. Quel libro era l’unico ricordo dei suoi veri genitori, suo padre glielo aveva regalato prima di partire per una guerra da cui non sarebbe mai tornato. Da piccolo la madre glielo aveva letto ogni sera prima di dormire e quando era stata costretta a risposarsi per mandare avanti il mulino gli aveva insegnato a leggerlo da solo.

Non fece nemmeno in tempo a rialzarsi che una mano callosa lo afferrò per il colletto strattonandolo furiosamente. «Piccolo ingrato perdigiorno,» lo ingiuriò il patrigno. «Vedrai, ti insegnerò a lavorare a suon di schiaffoni. O credevi che la farina si macinasse da sola ora che quella scrofa di tua madre ha deciso di crepare?»

Dale gli rivolse uno sguardo carico d’odio prima che un pugno sullo stomaco lo mandasse a finire senza fiato in ginocchio.

Dopo averla sposata ed essersi impossessato del mulino, quell’uomo senza scrupoli aveva picchiato e costretto a lavorare sua madre ogni giorno, fino ad ucciderla.

Un altro schiaffone lo colpì in pieno viso, e quando cadde a terra il patrigno iniziò a prenderlo a calci con furia cieca. Dale non poteva fare altro che raggomitolarsi e sperare che si stancasse presto.

«Non vali il pane che mangi,» continuava ad inveire il patrigno senza smettere di colpirlo. Era frustrato perché Dale non aveva il fisico adatto ai lavori pesanti, era ancora più esile di sua madre, e adesso che lei era morta se non trovava una soluzione avrebbe dovuto essere lui stesso a lavorare. E più ci pensava più si infuriava, e più si infuriava più desiderava che fosse quello stupido ragazzino rannicchiato ai suoi piedi a pagarne il prezzo.

«Buonuomo,» disse dal nulla una voce sconosciuta, il suo tono era calmo ma allo stesso tempo deciso. «Mentre passavo qui accanto non ho potuto fare a meno di sentire…»

Il mugnaio si immobilizzò a metà di un calcio, sorpreso. «Chi è la?» Disse scrutando in direzione della voce, facendosi attento.

Lo straniero era controluce, e almeno all’inizio fu difficile metterne a fuoco i dettagli. Per un attimo gli parve un demone avvolto dalle fiamme e sì spaventò non poco.

«Sono solo un viandante in cerca di cibo e riparo dopo un lungo viaggio.» Rispose lo straniero facendosi avanti.

Era un uomo a cavallo con la cotta di maglia sopra il vestito porpora, la spada chiusa nel fodero assicurato alla cintura e un elmo scintillante stretto nella mano destra.

«Non c’è da mangiare, né posto per dormire, qui,» disse subito il mugnaio fissando arcigno lo straniero.

Dale intanto, approfittando della momentanea distrazione del suo aguzzino era strisciato via dolorante, trascinandosi sui sassolini aguzzi del bagnasciuga.

«C’è una locanda, in paese, a mezz’ora di cammino da qui.» Continuò il mugnaio, sperando di sbarazzarsi al più presto dell’inaspettato quanto sgradito ospite.

«Non vi arrecherò disturbo,» disse però il cavaliere. «E posso pagare.» Aggiunse portando la mano verso la borsa che teneva legata alla cintura, accanto alla spada.

Gli occhi del mugnaio si fecero subito grandi e attenti e il suo atteggiamento cambiò radicalmente.

«A pensarci bene…»

Indicò al viandante dove legare il cavallo dimenticando il ragazzo percosso che si era raggomitolato in un angolino, poi con un ampio sorriso fece strada al suo danaroso ospite verso la piccola casa accanto al mulino.

Dale rimase rintanato al riparo fra le rocce per molto tempo, finché il sole non scomparve dietro l’orizzonte e iniziò a fare troppo freddo e buio per restare all’aperto.

***

Dentro casa, il nuovo arrivato sedeva a capo di un tavolo imbandito come Dale non aveva mai visto, c’erano tutte le loro provviste. Pane e formaggio e vino e birra, e un fuoco scoppiettante illuminava e scaldava ogni angolo dell’unica stanza.

Il suo patrigno sedeva tranquillo rivolto al fuoco sulla poltrona dall’alto schienale che era stata di suo padre, e anche se Dale non poteva vederlo immaginò che contasse soddisfatto le monete che il giorno dopo avrebbe sicuramente sperperato alla taverna.

«Come ti chiami, ragazzo,» disse il cavaliere distogliendolo dai suoi pensieri.

Dale si voltò a guardarlo, ammutolito. Il cavaliere si era cambiato e adesso indossava solo la tunica di lana color porpora. La cotta di maglia, la cintura con la spada, l’elmo e gli stivali di cuoio tirati a lucido invece erano tutti ordinati vicino al fuoco, ad asciugare. L’ospite era alto e con le spalle larghe, aveva i capelli e la barba del colore del grano, ed era più giovane di quello che Dale aveva immaginato sentendo solo la sua voce. Rannicchiato in riva al fiume non aveva osato nemmeno guardarlo. I muscoli delle braccia e del torso gli tendevano la stoffa della tunica. I peli biondi del petto sotto il colletto slacciato si spingevano fin quasi a congiungersi con quelli della barba sul collo. Lo straniero gli sorrideva amichevolmente ma, dietro quel sorriso, Dale comprese che avrebbe potuto spezzarlo come un ramoscello con una mano sola in qualsiasi momento.

«Allora, ce l’hai un nome?»

«Daniele,» si decise a rispondere il ragazzo.

«Daniele,» Ripetè il cavaliere come se ne assaporasse il suono. «Quanti anni hai?»

Dale abbassò lo sguardo.

«Quattordici.» Disse dopo un momento di esitazione.

Il cavaliere era pensieroso e per un po’ rimase in silenzio a centellinare il suo boccale di birra.

Dale aspettava sulla soglia senza osare muoversi.

Solo dopo qualche minuto il sodato posò il boccale e si decise a parlare. «Voglio che aiuti per qualche giorno, Dale. È così che ti chiamano, vero?»

Il ragazzo annuì semplicemente, restando in silenzio.

«Bene, allora va a dar da mangiare al mio cavallo, e assicurati che sia al riparo per la notte. Sbrigati.»

Gli ubbidì senza indugiare.

***

Fuori la temperatura era già calata drasticamente. Nuvole dense cariche di pioggia si stavano addensando sulla valle e un vento gelido soffiava dalle montagne. Non avevano una stalla e Dale sistemò il cavallo nel deposito vuoto accanto al mulino, si assicurò che fosse ben legato e gli lasciò acqua e biada a disposizione, senza risparmiarsi. Solo dopo essersi assicurato per la terza volta che fosse tutto a posto tornò di corsa dentro casa, per tutto il tempo si era chiesto in cosa potesse mai essere d’aiuto il figlio di un mugnaio per un cavaliere tanto forte.

Quando rientrò, chiudendosi il gelo della notte alle spalle, notò subito che il suo patrigno se ne era andato e che il cavaliere era seduto di fronte al fuoco sulla poltrona di suo padre, con in mano un altro boccale di birra schiumosa.

Dale si avvicinò al fuoco in silenzio e si accucciò in un angolo del camino, dal lato opposto rispetto alla poltrona dove era seduto il cavaliere. Non gli staccò gli occhi di dosso neanche per un attimo, cercando di non farsi notare voleva imprimersi nella memoria ogni particolare di quell’uomo possente.

Ne studiò attentamente i profondi occhi blu, il lieve arco delle sopracciglia e la linea dritta del naso. Aveva le labbra sottili sotto la barba.

«Tuo padre è andato via di fretta,» disse dopo qualche minuto il forestiero, la sua veste porpora sembrava viva alla luce fluida delle fiamme. «Sono sicuro che farà buon uso delle monete che gli ho dato.»

Le sue labbra si allargarono in un sorriso.

Trangugiò metà del boccale di birra, e si sporse sulla poltrona in direzione di Daniele. «Ma adesso pensiamo a noi…» disse, rivolgendogli tutta la sua attenzione.

***

Dale si ritrovò sul letto dei suoi genitori con le braccia tese sopra la testa e i polsi sottili legati insieme, assicurati alla massiccia struttura in legno. La pelle era tesa sulle costole e il petto si gonfiava al ritmo del respiro accelerato. Anche le caviglie erano legate ai piedi del letto, costringendolo a tenere le gambe divaricate.

Era completamente nudo.

Il cavaliere sospirò rumorosamente accanto all ragazzo immobilizzato e indifeso.

«Ti prego liberami, mio signore.» Si lamentò Dale, a disagio.

Non si era mai sentito tanto esposto e vulnerabile. La sua pelle morbida era quasi priva di peli, fatta eccezione per una chiazza di riccioli chiari alla base del membro rattrappito per l’ansia. I capezzoli di una tonalità di rosa appena più scura del resto della pelle erano duri a causa dell’aria che iniziava a farsi più fresca mano a mano che il fuoco si esauriva.

«Adesso sei mio,» disse tranquillamente il cavaliere. «Cerca di rilassarti.»

Dale si mosse a disagio sul letto, eppure il suo membro iniziò a pulsare lievemente, contraendosi con un brivido.

«Ti piace l’idea?» Gli chiese il cavaliere fissandolo intensamente tra le gambe.

Dale seguì il suo sguardo e arrossì. Scosse la testa ma il suo cazzo non la smetteva di pulsare.

«Si invece,» disse l’uomo al suo fianco. E allo stesso tempo gli fece scivolare la mano sinistra sul petto nudo solleticandogli i capezzoli con il palmo aperto. «Si che ti piace.»

«Ti prego,» ripeté Dale, piagnucolando.

Mentre la mano si avvicinava all’inguine, il cavaliere avvertì il movimento dell’addome teso sotto le dita. La pelle era morbida e calda, più calda vicino al membro che sulla pancia.

Dale si lamentò ancora e il cavaliere si sporse in avanti poggiando le sue labbra su quelle umide e calde del ragazzo, e quando gli fece scivolare la lingua in bocca chiuse saldamente il pugno intorno al suo membro sempre più duro. Dale era sempre stato abbastanza fiero del suo arnese durante i confronti con gli altri ragazzi del villaggio, eppure adesso era praticamente scomparso in quella mano.

Il cavaliere diede una leggera stretta, facendolo sussultare.

La paura negli occhi di Dale sembrava eccitare quell’uomo, ma alla fine mise comunque a tacere le sue suppliche approfondendo il bacio e risucchiando in bocca la sua lingua. Il cavaliere era molto sicuro di sé, e costrinse il ragazzo a sciogliersi mentre gli tirava i capezzoli rigirandoli delicatamente fra le dita. Era quasi certo che gli piacesse anche essere legato. Dopotutto il suo cazzo aveva iniziato a indurirsi prima ancora che lo toccasse.

Il cavaliere si chinò a baciargli il collo, e Dale sollevò istintivamente il mento per dargli migliore accesso alla gola. Lo baciò a lungo alternando piccoli morsi e succhiando la pelle calda e liscia. Quando arrivò al petto, i capezzoli erano duri come sassi, e il cazzo del ragazzo iniziava a bagnargli la mano. Poteva assaggiare il gusto salato del suo sudore mentre gli leccava e succhiava i capezzoli.

Dale ormai respirava affannosamente. Il cavaliere gli baciò il petto e scese lentamente verso lo stomaco e l’addome senza staccare le labbra dalla sua pelle. E intanto faceva ruotare il pollice sulla punta sensibile del suo cazzo facendolo sussultare e gemere, poi, guardandolo negli occhi, sollevò il pollice e se lo porto alle labbra per leccarne via il liquido trasparente.

«Dolce.» Sussurrò senza staccare per un attimo gli occhi dai suoi.

Dale ansimò quando il cavaliere riprese il suo cazzo in mano e ricominciò a baciargli l’addome scendendo sempre più in basso, di lato, verso l’attaccatura delle gambe spalancate. La barba dell’uomo gli solleticava i testicoli.

«Sei pronto, vero?» Disse tranquillamente il cavaliere sollevando il viso dall’inguine.

Dale annuì freneticamente in cerca di sollievo.

Il cavaliere sorrise sadicamente e si allontanò dal giovane lasciandolo a contorcersi sul letto.

«Non ancora,» disse con voce suadente. «Credo che ti terrò così, al limite… almeno per po’.»

***

Dopo una notte legato al letto Dale non la smetteva più di ansimare e gemere. «Per favore,» supplicò ancora. «Non ce la faccio, mio signore.»

Il cavaliere gli sorrise in modo poco rassicurante. «Non ti farò male,» disse. «Non troppo almeno, quel tanto che basta a farmi divertire.»

Il ragazzo continuò a singhiozzare in silenzio mentre il cavaliere gli slegava i polsi permettendogli di stare seduto sul letto. Per un attimo, inconsciamente Dale guardò verso la porta, solo a pochi passi di distanza.

«Non ci provare,» gli sussurrò il cavaliere all’orecchio. «Falliresti e poi ti farei male, per davvero.»

Mentre parlava la mano dell’uomo si spostò sul suo petto nudo, Dale ne sentiva il respiro caldo nell’orecchio ma non osava guardarlo. All’improvviso il cavaliere gli strinse un capezzolo fra le dita e lo torse schiacciandolo con forza e lui si lasciò sfuggire un gemito di dolore.

«Ieri hai mangiato?» Chiese d’un tratto il cavaliere iniziando ad accarezzargli il petto come se niente fosse.

Dale scosse la testa tenendo le labbra serrate. Aveva gli occhi lucidi e tratteneva a stento le lacrime. Ormai non mangiava nulla da quasi due giorni.

Da quando sua madre era morta, il patrigno lo aveva mandato alla macina ogni mattina all’alba con un tozzo di pane – quando se ne ricordava – e pretendeva che lavorasse finché il sole non spariva oltre le montagne e si faceva buio. Intanto lui passava le sue giornate a bere alla locanda giù in paese, oppure a bere in casa. In ogni caso, finiva ubriaco e una volta morta la madre aveva iniziato a picchiare lui al suo posto.

«Bene,» disse il cavaliere soddisfatto. «Se hai la pancia vuota almeno non ci sporcheremo.»

Dale lo guardò perplesso e sul bel viso del cavaliere si allargò un sorriso.

L’uomo si chinò e baciò dolcemente il ragazzo nudo seduto sul letto. Dale rimase fermo mentre la lingua tracciava il contorno delle sue labbra, ma le dischiuse quando il cavaliere spinse sui denti e poi dentro la sua bocca. Condivisero un bacio lungo e gentile mentre la mano del cavaliere gli accarezzava il petto giocando delicatamente con i capezzoli eretti. Le sue dita tracciavano un percorso curvo scivolando lungo la linea morbida del ventre fino alle cosce, poi all’improvviso gli afferrò le palle e strinse, finché Dale non ansimò tra le sue labbra.

«Ora mi succhierai il cazzo.» Disse il cavaliere rompendo il bacio e fissando Dale dritto negli occhi.

Il ragazzo lo guardò con meno apprensione di quanta si aspettasse, e il cavaliere pensò che forse stava iniziando ad abituarsi ai suoi repentini cambi d’umore. Con impazienza raddrizzò la schiena e fece un passo indietro, afferrò i capelli di Dale e lo spinse ad avvicinarsi al bordo del letto.

Dale aprì la bocca senza fare storie.

Compiaciuto l’uomo spinse il suo cazzo duro in quell’antro stretto, caldo e umido.

Il cazzo del cavaliere era grande, davvero grosso e Dale faticò per adattarsi alla prepotente intrusione.

Il cavaliere gemette rumorosamente al contatto con il calore della sua bocca. Era fantastico. Teneva i capelli di Dale con una mano, e intanto lasciò scivolare l’altra sul petto liscio del ragazzo, pizzicandogli un capezzolo.

«Attento ai denti, succhiacazzi… se vuoi tenerti questo attaccato.» disse severo aumentando la stretta sul bottoncino di carne per sottolineare il punto.

Dale si lamentò, e subito fece scivolare la lingua intorno alla testa del cazzo lasciando senza fiato il cavaliere.

Il ragazzo si mise d’impegno sbavando sulla grossa asta che sembrava volere entrare sempre più a fondo.

«Leccami le palle,» disse il cavaliere scivolando fuori dalle sue labbra serrate.

Dale inclinò la testa e lambì la pelle che conteneva i testicoli dell’uomo. Il cavaliere premette le palle contro le sue labbra e lui succhiò la pelle fra i grossi testicoli, poi si tirò indietro e ne risucchiò uno in bocca. L’uomo sentiva la lingua umida ruotare intorno al testicolo e si lasciò succhiare le palle con soddisfazione ancora per un po’ prima di rimettergli il cazzo in bocca e ricominciare un andirivieni ancora più furioso.

«Ci sono quasi!!» Ringhiò quando sentì sopraggiungere l’apice dell’orgasmo. «Tienilo in bocca, ma non ingoiare!»

Il cazzo entrava e usciva dalla bocca del ragazzo con movimenti rapidi mentre le palle si svuotavano. Il cavaliere gli sfregò il glande sulla lingua rossa e umida riversandoci sopra fiotto dopo fiotto tutto il suo sperma bollente.

Dale socchiuse gli occhi e dischiuse delicatamente le labbra dal glande, le dita del cavaliere gli scivolarono tra i capelli. «Sei stato bravo!» Sospirò. «Dai, fammi vedere.»

Dale aprì la bocca, la lingua era coperta di sperma cremoso.

«Fantastico, ora mandalo giù.»

Obbedì deglutendo rumorosamente e il cavaliere gli scompiglio i capelli soddisfatto.

«Bravo!» Disse lasciandosi cadere con soddisfazione sul letto accanto a lui.

«Mio signore,» sussurrò Dale dopo qualche minuto a mezza voce, esitante. «Adesso siete soddisfatto?»

Il cavaliere aprì gli occhi e gli sorrise calorosamente. «Per ora,» disse divertito. «Forse dopo che ti avrò scopato e torturato per un po’.»

***

Poco più tardi, Dale era nuovamente legato mani e piedi alla struttura in legno massiccio del letto, a pancia sotto e con le gambe aperte – completamente nudo ed esposto. Il cavaliere teneva la sua cintura di pelle arrotolata nella mano destra, in modo che circa un piede dello spesso cuoio sporgesse ad un’estremità.

«Sei pronto?» Chiese retoricamente facendo schioccare la cintura in aria.

«No, vi prego, no!» Singhiozzò Dale.

Il cavaliere sorrise e fece schioccare la cintura sulla pelle chiara della natica, con forza.

Dale gridò è sì divincolò nei legami. Una striscia rossa iniziò a formarsi sulla pelle liscia e bianca nel punto in cui la cintura lo aveva colpito. «No! No, vi prego, basta! Ah!» Gridò ancora e ancora.

L’uomo iniziò a frustarlo con la cintura e ogni volta che il cuoio colpiva la pelle delicata, uno schiocco secco seguito da un grido acuto squarciavano l’aria. Il cavaliere cercò di colpire ogni centimetro di pelle, metodicamente, dal buchetto posteriore semi esposto alle palle indifese. Fermandosi solo dopo una dozzina di colpi.

Dale scuoteva la testa disperato, singhiozzando sulle coperte. «Basta, vi prego.» Continuava a ripetere fra le lacrime.

Il cavaliere pensò che il ragazzo avesse davvero una propensione per il dramma, considerato che ci era andato piuttosto leggero.

«Adesso facciamo sul serio,» disse il soldato contraendo i muscoli, poi fece oscillare la cintura con forza causando uno schiocco molto più forte dei precedenti. Per un attimo Dale rimase a bocca aperta incapace di emettere alcun suono, quasi confuso, poi iniziò a gridare a pieni polmoni e continuò finché l’uomo impietoso sopra di lui non si stufò delle sue grida – dopo almeno altri venti colpi.

«Ci dovremmo lavorare su,» disse il cavaliere divertito.

Dale era fuori di sé per il dolore. Il cavaliere si infilò fra le sue gambe spalancate e chinandosi in avanti raggiunse da dietro il suo viso imbrattato di lacrime e saliva e lo baciò sulla bocca, con passione, succhiando le sue labbra tra i denti e masticandole delicatamente. E intanto spinse il corpo contro quello del ragazzo, sfregandosi su di lui.

Il suono attutito dei singhiozzi di Dale faceva fremere il cazzo del cavaliere. In quella posizione, l’asta turgida sfregava contro le natiche lasciandosi dietro una scia di liquido trasparente. Mentre gli baciava le labbra, il cavaliere raccolse un poco di presperma con un dito e usò quella lubrificazione insufficiente per penetrare il buco inviolato del ragazzo con un dito. Dale si lamentò, singhiozzando, mentre il cavaliere prese a scoparlo con le dita continuando a baciarlo dolcemente sulle labbra.

«È ora di rompere questo dolce buchetto, piccolo mio. Sei pronto?»

Dale era prigioniero, legato strettamente, e riuscì solo a gemere in risposta.

«No, ti prego!» Piagnucolò sommessamente mentre il cavaliere gli accarezzava i testicoli da dietro. «Non farmi male!»

«Male?» Chiese il cavaliere fingendo sorpresa. «Beh, ti farà male all’inizio, ma sono sicuro che ti piacerà!»

Senza attendere oltre l’uomo si sputò sulla mano e la usò per lubrificare alla meglio la sua asta pulsante. Dale ansimò e iniziò a piangere appena il cazzo iniziò a premere sul buco. Ci vollero diversi spintoni e il cavaliere dovette tenerlo fermo facendo peso con un braccio sulla schiena, ma alla fine riuscì a spingere dentro quasi tutta la sua lunghezza. Si fermò solo per godersi la sensazione delle pareti calde e umide del ragazzo contrarsi e stringere il suo cazzo duro. Dale continuò a gridare e singhiozzare finché non rimase senza fiato, e il cavaliere si godette ogni attimo prima di posargli le labbra sul collo, baciandolo amorevolmente.

Dapprima piano, fece scivolare il cazzo fuori dal culo e poi lo spinse in profondità. Allo stesso tempo gli afferrò un capezzolo e lo strinse, torcendolo dolcemente mentre lo scopava.

Poi, solo quando i muscoli contratti del buchetto esausti iniziarono a cedere prese a fotterlo più velocemente.

Il cavaliere godeva di quella costrizione umida e continuò a baciargli il collo e scoparlo mentre Dale singhiozzava senza più ritegno. Il suo corpo tremava sfregando contro le coperte mentre il cazzo del cavaliere spingeva sempre più insistentemente.

«Sei davvero mio adesso.» Gli sussurrò il cavaliere all’orecchio, pompando il culo più veloce e con più forza, sentendo l’orgasmo crescere.

Dale scosse la testa, eppure il suo corpo stava reagendo. Il cavaliere gli afferrò i capelli con la mano libera e gli tirò indietro la testa, così da avere a portata le sue labbra.

Dale singhiozzò ancora più forte ma allo stesso tempo sentì il suo cazzo durissimo costretto tra il suo stesso corpo e il letto pulsare fino quasi allo spasmo.

Il cavaliere speronò il cazzo in profondità e premendo le labbra su quelle di Dale venne, facendo scorrere un fiume di sperma caldo nelle sue viscere. Dale ansimò forte e senza controllo anche il suo cazzo scoppiò in sottili filamenti sfregando con forza sulle coperte. Vennero insieme, nello stesso istante.

«Grande,» gli mormorò il cavaliere all’orecchio con il respiro corto, poi ci premette sopra la lingua, mordicchiando il lobo. Dale rabbrividì e l’uomo sopra di lui sorrise, strofinandogli con la mano pesante la pelle liscia della schiena.

«Sei tutto sudato.» Disse estraendo il cazzo ormai ammorbidito dal suo culo, e ci affondò subito dentro le dita per raccogliere un po’ di sperma che gli avvicinò alle labbra. Dale succhiò le dita viscide senza protestare.

***

Il cavaliere lasciò Dale legato al letto, imbrattato dello sperma di entrambi. Poi, ancora completamente nudo, si accomodò al tavolo ancora apparecchiato dalla sera prima e continuando a fissare il ragazzo legato sul letto, mangiò e bevve il poco che rimaneva delle misere provviste della casa.

Dale si era quasi addormentato quando si accorse che l’uomo era tornato alle sue spalle e lo stava liberando dai legami.

«Ehi, raggio di sole!» Disse il cavaliere vivacemente. «Hai fame?»

Finì di liberargli i polsi e Dale si voltò mezzo intorpidito, mettendosi poi lentamente a sedere sul letto. Guardò con desiderio il pezzo di pane che aveva portato il cavaliere e allungò subito la mano quando lui glielo porse.

«Calma,» disse il cavaliere dopo che Dale diede il primo enorme morso, mandandolo giù quasi senza masticare. «Devi avere lo stomaco piuttosto vuoto, vacci piano.»

Dale rallentò un pò ma il pane finì comunque rapidamente.

«Hai sete?» Gli chiese il cavaliere con uno strano sorriso.

Il ragazzo annuì con forza, non aveva bevuto nulla dal giorno prima e il pane secco gli aveva fatto venire ancora più sete.

Il sorriso del cavaliere si allargò ancora di più e si prese in mano il cazzo, dall’aspetto minaccioso anche se a riposo.

«Ottimo,» disse divertito. «Perché devo proprio pisciare.»

Per un momento Dale pensò che fosse uno scherzo. Ma l’uomo che torreggiava di fronte a lui lo stava già guardando con una certa impazienza sotto il sorriso che gli increspava le labbra.

Sentì le lacrime salirgli occhi, poi si avvicinò al cazzo che aveva iniziato ad ingrossarsi appena a contatto col suo respiro caldo.

«Solleva la testa e apri bene la bocca,» gli consigliò il cavaliere. Qualche attimo dopo dal buchetto al centro iniziò a scorrere un sottile flusso direttamente nella bocca aperta del ragazzo. Appena fu piena per metà il cavaliere si fermò.

«Ingoia!» Disse.

E fissò il ragazzo negli occhi mentre mandava giù il boccone a fatica. «Apri,» disse subito dopo, e ripeté tutto un’altra volta.

Quando Dale ebbe il boccone nuovamente pieno, il cavaliere bloccò di nuovo il flusso e si sporse leggermente in avanti lasciando cadere una grossa goccia di saliva bianca e spumosa nella bocca aperta del ragazzo. Lo sputo finì dritto nella piccola pozza che si era formata sopra la lingua e l’uomo sorrise soddisfatto. «Manda giù!» Disse con soddisfazione.

«Adesso chiudi le labbra intorno al punta, senza succhiare, e ingoia man mano che viene fuori perché non mi fermo più.» Disse il cavaliere. «E manda giù tutto.» Terminò in tono minaccioso.

Seppur a fatica, Dale, un po’ per sete e un po’ per paura, riuscì ad ingoiare tutto.

Si sdraiarono sul letto uno accanto all’altro, il cavaliere era momentaneamente soddisfatto, e Dale con lo stomaco pieno dopo tanto tempo non ci impiegò molto ad addormentarsi stretto fra le braccia forti dell’uomo.

***

Il cavaliere lo svegliò solo a sera inoltrata, quando fuori era già buio. Dale riaprì gli occhi con le labbra dell’uomo premute dolcemente sulle sue e le dita a sfiorargli il petto, stuzzicando i capezzoli eretti. Questa volta il cavaliere aveva intenzione di sedurlo, lentamente. Voleva che provasse un’esperienza completamente diversa dal ruvido approccio precedente. Lo baciò con tenerezza per molto tempo mentre le sue mani viaggiavano sulla pelle liscia. Alla fine spostò le labbra sul collo morbido, ne sentiva il sangue pulsare attraverso la pelle.

Scese lungo il collo fino al petto e iniziò a succhiargli entrambi i capezzoli tirandoli delicatamente coi denti. Il gemito profondo dalla gola di Dale lo avvertì che il ragazzo gradiva le sue attenzioni. Gli baciò il petto, poi la pelle morbida del ventre piatto. Le sue labbra scivolarono attraverso l’anca fino alla parte superiore della coscia e ne baciò la pelle pallida, sfiorandogli i testicoli con la barba. Intanto con un dito gli solleticava il buco ancora leggermente aperto e umido per l’assalto precedente. Spinse lentamente il dito continuando a baciargli la coscia. Dale sibilò, inarcando la schiena. Il cavaliere ritirò il dito viscido e lo porto alle labbra del ragazzo. Dale lo succhiò avidamente.

Il soldato si infilò tra le sue cosce divaricate, senza smettere un attimo di fissare il suo corpo esile e pallido. Prese in mano le ginocchia del ragazzo e se le appoggiò al petto. Dale lo fissava impotente, l’uomo si prese in mano il cazzo e sfregò la grossa punta contro il suo buchetto umido. Il corpo del ragazzo si irrigidì, aveva le labbra e gli occhi socchiusi, i capezzoli duri e il cazzo bagnato e pulsante. Questa volta era pronto.

Il cavaliere spinse in avanti, aumentando la pressione del cazzo contro la minuscola apertura, il muscolo si allargava lentamente, con riluttanza, mentre l’intruso troppo grande si faceva strada a fatica. La bocca di Dale si spalancò, e il suo visò impallidì in previsione del dolore bruciante che sarebbe venuto – eppure non arrivò. Il buchetto era ancora un poco dilatato e lubrificato dal rapporto precedente e permise al cazzo di entrare con poco sforzo. Dale guardava il cavaliere con la bocca e gli occhi spalancati, sorpreso e meravigliato delle sensazioni che gli arrivavano dal contatto tra i loro corpi. Il cavaliere iniziò a spingere il cazzo avanti e indietro, ogni volta più a fondò, lentamente. Il corpo esile e pallido di Dale oscillava al ritmo delle spinte, lo sguardo era appannato.

«Tutto bene, piccolo?»

Il cavaliere lo osservò chiudere gli occhi e annuire in silenzio eppure eloquente. Per un momento fu tentato di fargli un po’ male, solo per godersi l’espressione di dolore e e lo sguardo ferito sul suo bel viso, invece spinse in fondo il cazzo fino a poggiare le palle contro le sue natiche calde e morbide e gli prese delicatamente in mano l’asta pulsante intrappolata fra i loro corpi, iniziando a masturbarlo lentamente.

Con la mano libera iniziò ad esplorare il suo corpo, sfregando il palmo contro l’interno delle cosce, la pancia e il petto. Gioco con i suoi capezzoli tirandoli e torcendoli delicatamente. Il ragazzo aveva la faccia arrossata, e gli occhi grandi e vitrei mentre il piacere gli montava dentro. Le contrazioni del retto che anticipavano l’orgasmo spinsero al limite anche il cavaliere che, dopo un paio di affondi decisi, esplose nello stesso istante in cui anche Dale veniva travolto da un orgasmo prepotente.

Il soldato si lasciò cadere su Dale, ansimando, e i loro corpi sudati si intrecciarono inestricabilmente tra le coperte, si addormentarono così, nel caldo abbraccio l’uno dell’altro, alla luce soffusa delle braci morenti nel cammino.

***

Il cavaliere sì svegliò a notte inoltrata e con delicatezza si liberò dallo stretto abbraccio del giovane che dormiva profondamente al suo fianco.

Si rivestì in silenzio nella penombra della stanza, rischiarata solo dalla luce della luna. Prima di uscire lasciò sul tavolo abbastanza monete d’oro da rimettere in sesto il mulino e la casa, poi si chinò a baciare sulla fronte il ragazzo che gli aveva dato piacere.

Uscì nella notte richiudendosi silenziosamente la porta alle spalle.

Andò dritto al capanno degli attrezzi, in fondo trovò ad aspettarlo il mugnaio esattamente come lo aveva lasciato, con gli occhi sbarrati che non potevano più vedere e uno squarcio che gli attraversava il ventre prominente da parte a parte. In mano stringeva ancora le monete che gli aveva dato per la sua ospitalità e il pugnale con cui aveva stupidamente tentato di sorprenderlo e derubarlo.

Prima di avvolgerlo con cura in un pesante telo il cavaliere gli sistemò due di quelle stesse monete sugli occhi, poi lo trascinò fuori e lo caricò sul cavallo, incamminandosi in direzione del sole che sarebbe sorto di lì a poco.

Si voltò solo una volta verso il vecchio mulino, poi sorrise e sparì oltre l’orizzonte.
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