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Promiscuità - Parte 2


di HegelStrikesBack
04.11.2015    |    9.295    |    15 9.6
"” “Non ti devi scusare, sono cose che capitano..."
Sin dalla mia più tenera età, la doccia è il mio pensatoio preferito.
Mi sono sempre convinto che l’acqua portasse via tutti i pensieri brutti e lavasse quelli belli.
E se era così a dodici anni, figuriamoci adesso che di anni ne ho compiuti trentuno.
E così, stamattina ho scelto di alzarmi presto, dopo aver dormito comunque poco e di sedermi rannicchiato sul piatto doccia ad aspettare una rivelazione.

Ripenso a ieri sera, ai capezzoli di Elisa, al culo di velluto di Elena e all’odore di Nicolò.
Odore di fumo, di alcool e un nonsochè di buono.
Penso a quel gioco di mani sdraiati sul letto, penso a quei due baci in cucina e al messaggio e mi dispiaccio di aver così poco bagnoschiuma con me, per non lavare questi pensieri che prima di ieri sera non avevo mai avuto.
Non mi spaventa la possibilità di essere bisessuale o come diceva mia nonna la possibilità di essere possibilista, mi spaventa solo che io gli uomini li capisco ancora meno delle donne e ho una maledetta paura di soffrire ancora di più di quanto abbia sempre sofferto con le donne.
È chiaro che mi serve un’analista, un cornetto con la crema, un cappuccino e un nuovo episodio di Big Bang Theory.

Butto un occhio distratto all’iPhone, sono appena le 07:30 e là fuori Roma non si cura minimamente di me e splende in tutta la sua magnificenza.
Il mio Frecciarossa è alle 11:20, arrivo a Milano Centrale alle 14:40… e se lo accettassi l’invito di Nico? Che succederebbe? Se fosse una buona idea? In fondo ieri sera siamo stati bene no? O sto facendo una cazzata? E se mi perdessi qualcosa di veramente bello?
La storia con i “se” non si è mai fatta e io questa storia voglio proprio vedere dove va a finire.
Mi butto a peso morto sul letto, guardo l’iPhone e l’iPhone guarda me.

Scrivo senza troppa convinzione un mezzo panegirico tipo questo di questo racconto per arrivare alla conclusione: e se facessimo colazione prima che io parta?
Tanto questo dorme, ieri sera sono uscito da casa sua alle 03:20, figurati se questo è sveglio.
Doppia spunta blu, subito. 
E che cazzo, te pareva! Crolla subito anche l’alibi dell’indisponibilità del soggetto ricevente.
“Ci speravo proprio. Sì, per me va benissimo. Tu stai a Monti con l’hotel vero? Ti raggiungo in zona tra un’oretta”
“Ma che ci fai già in piedi? Comunque è perfetto, ti aspetto sotto l’albergo”
“Il punto è che non sono ancora andato a letto, quando siete andati via mi sono messo a finire un testo… dopo colazione torno a casa e mi metto a dormire che Eli va a lavorare.”
Rido, involontariamente addolcito dal disordine dell’esistere di questo ragazzo.
È proprio un musicista.
Non ho il problema del cosa mettermi, avevo un solo cambio quindi sarò vestito come all’intervista. Se ne farà una ragione.

È l’ora dell’appuntamento, quando scendo Nico è già lì che scrive nervoso sullo smartphone, mi saluta a malapena e mentre mi fa brevi cenni per arrivare al bar designato per la colazione, continua a digitare frenetico cose misteriose.
Il locale è molto carino: un baretto dalla facciata ricoperta d’edera, un luogo dove l’essere radical-chic raggiunge lo zenith con il cibo e le bevande ultrasalutiste e i camerieri che assomigliano tutti a Francesco Bianconi dei Baustelle.
Appena ci accomodiamo nel divanetto ricavato da un posteriore di una vecchia Fiat 500, Nicolò poggia finalmente lo smartphone.
“Scusa, stavo litigando con Elisa.”
“Non ti devi scusare, sono cose che capitano. Anzi, mi dispiace sapere che avete litigato… ho visto un bell’affiatamento ieri sera.”
“Sì, quando facciamo sesso c’è sempre feeling, figurati! Ma poi subentra una gelosia che non è in grado di gestire e quando le ho detto che ci saremmo visti stamattina ha sbroccato de brutto.”
Improvvisamente mi sentii di troppo. Non volevo essere motivo di litigio, figuriamoci.
In realtà mi girano già le palle. Doveva essere un momento bello e invece riesco a sentirmi solo un cretino.
“Forse è meglio se torno in albergo dai, non voglio essere in mezzo a nessun dibattito…”
“Ma ‘ndo cazzo vai! Ehi, guarda che per me è bello stamattina essere qua… è bello cominciare una giornata così”
“…o finirla dipende dai punti di vista”
“Sì, esatto”
Ridiamo come la sera prima, ma adesso siamo lucidi e sobri quindi qualsiasi cosa dovesse venirne fuori è semplicemente il frutto della volontà di due adulti consenzienti.

Ricominciamo dalla musica, gli racconto un po’ delle ultime recensioni che ho scritto e mi confida che in realtà mi segue da alcuni anni e che è molto contento che lo abbia intervistato io e che sono sprecato per un blog del genere: uno come me dovrebbe lavorare per Rolling Stone o Rockerilla secondo lui.
“Guarda che non servono mica tutti questi complimenti, a letto ci siamo già stati in fondo, non mi devi mica adulare!”
“Veramente io speravo in un incontro solo noi due…”
Il suo sorriso provocatore sparisce dietro una tazza d’infuso di limone, cetriolo e menta, il mio imbarazzo cerco di celarlo con una tisana al tarassaco.
Come se poi non lo sapessi che l’obiettivo di Nico era quello e come se in fondo in fondo non fosse anche il mio.
“Chi ti dice che mi interessi…”
“Scusa, forse sono stato indelicato. Forse ieri sera ho interpretato male i tuoi segnali.”
“O forse no…”
“Magari… mazza che schifo sta tisana, ma sti vegani nun se ponno beve ‘na coca-cola la mattina?”
“Guarda che mi ci hai portato tu qui stamattina eh! Comunque io devo ancora recuperare le mie cose in camera e preparare il borsone, mi dai una mano?”
“Certo!”
Sorride e non posso fare a meno di pensare che Nico sia veramente bellissimo.
Non ho mai avuto un tipo estetico maschile, essendo questa la prima volta che accarezzo l’idea di accarezzare un uomo, ma di sicuro non la accarezzerei se non fosse bello come Nico.
Di me che si può dire? 
Sono un ragazzo normale, di altezza normale e struttura corporea normale, mi vesto normale e porto gli occhiali.
Sambuca Molinari: più chiara di così?

Nella passeggiata di ritorno lo smartphone sta bello rintanato nel taschino.
C’è una folla di sguardi complici che si rincorre lungo il tragitto silenzioso, sguardi che non si vedono tra loro, nascosti dietro i miei Persol e nascosti dietro i suoi Wayfarer.
Sguardi che hanno una voglia incredibile di consumarsi.

Entriamo nell’ascensore che tra poco vola, avrei voluto fermarlo come nei film americani ma il tasto non c’è.
In camera filtra pochissima luce dalle persiane ancora chiuse. Quella che basta a guardarlo in un attimo troppo lungo per non essere vero.
“Eccoci” dice avanzando verso di me.
“Eccoci” rispondo io fermo, pietrificato.
Siamo senza occhiali da sole, i suoi occhi castani sono incorniciati dalle occhiaie di una nottata complessa. I nasi a meno di un millimetro, divisi da un’inesistente lastra di vetro trasparente e pulitissimo da sembrare invisibile.
Ci sfioriamo ancora una volta le mani, la punta delle dita, sento le sue unghie sfiorare i polpastrelli.
È una scarica infinita di brividi, è il riff di chitarra elettrica di “City of blinding lights” suonato dal vivo.
Le labbra di cartone si sfiorano ancora una volta, ruvide come la realtà, le mani si afferrano e si accarezzano. Le labbra ora si schiudono per fare un po’ di spazio alle nostre lingue che improvvisamente non servono più a parlare ma ad amare.
Lascio le sue mani, scorro i suoi fianchi lungo la fodera della giacca fino a lambire i jeans sdruciti ad arte.
Esco dalla giacca, è da ieri sera che ho voglia di scompigliargli i capelli e sentirli tra le mie mani. 
Mi bacia sempre più forte, ad occhi aperti per guardarmi negli occhi.
Mi spoglia piano, sbottona la camicia poco per volta e guadagna terreno sul mio collo.
È classica, è Tchaikovski, è la sinfonia N°3 in Re Maggiore.
Comincio a spogliarlo anche io perchè la giacca blu di Dior è bella, ma senza sta molto meglio.

Siamo nudi, ufficialmente.
Caschiamo sul letto e ci abbracciamo mentre continuiamo a limonare come due liceali.
I nostri corpi sembrano complementari, sembrano fatti per stare attaccati, incastrati.
Ce l’abbiamo tutti e due durissimo, almeno quanto ieri sera.
I cazzi si sfiorano, Nico prende l’iniziativa prendendomi per il polso destro e portando la mia mano sul suo cazzo. 
Istintivamente comincio a segarlo, come se per tutta la vita non avessi fatto altro che quello o non avessi aspettato altro che quello.

Adesso che lo sento in mano capisco tutte le difficoltà di Nicole ieri sera nel prenderlo in bocca e mi preoccupo per la mia gola ancora illibata.
Non è tanto la lunghezza, poco più che media, ma l’imponente spessore e la curvatura verso sinistra.
Le vene che lo ricoprono lo rendono piacevolissimo al tatto.
Sono talmente rapito da questa nuova sensazione tattile che non focalizzo nemmeno che la mano che si sta muovendo sul mio cazzo non è mia e che Nico mi sta gentilmente rendendo il favore.
A malincuore mi stacco dal suo bacio, d’altronde ci sono scelte durissime che a volte è necessario fare. Scendo lungo il collo, indugio sui capezzoli ma poi risalgo perchè la sua lingua mi manca troppo. Un ultimo bacio, dai. Anzi, altri due, anzi altri tre.
E stavolta niente stazioni intermedie mi fiondo direttamente sulla cappella, completamente scoperta ed inturgidita ed auguro a me stesso buona fortuna.
Il sapore è buono, fortunatamente Nico è un ragazzo pulito, e alla domanda “Di che sa?” posso finalmente rispondere che sa di cazzo. Punto.
Mi spingo pian piano sempre più a fondo, tutta la cappella e un po’ di tronco. Alla curva freno e rallento.
Curve pericolose per un inesperto come me.
Nico ansima incurante del fatto che le pareti possano essere sottili e che la donna delle pulizie abbia già bussato due volte.
Le sue dita lunghe ed eleganti si muovono in maniera circolare sulla mia testa, incoraggiandomi a un ulteriore step con la gola mentre la sua voce roca fornisce continui segni d’apprezzamento.

Mi faccio coraggio e affondo.
 Mi sembra di morire, come quella volta che da piccolo stavo annegando perchè ero scivolato dal gommone di papà all’Isola d’Elba, ma questa volta è una sensazione più piacevole.
Riemergo da un abisso di voluttà.
Mi accuccio vicino a lui, in cerca di una parola bella, che non avessi mai udito prima.
“Bravo piccolo, come prima volta sei stato incredibile a succhiare”.
Esattamente questo volevo sentirti dire.
La cosa che mi piace di più di Nico è che tanto quanto ha saputo essere bestia con le ragazze ieri sera, stamattina con me è di una dolcezza disarmante.
Adesso tocca a me provare cosa significhi infilarlo nella bocca di un uomo, che questo poi sia anche il frontman della band del momento ha il suo fascino.
Le groupie di tutto il mondo che hanno pianto quando Simon Le Bon ha pronunciato il fatidico sì a Yasmin Parveneh sanno di cosa parlo.
In maniera molto semplicistica posso affermare che aveva ragione il macellaio del paesino di montagna dove ho passato tutte le estati della mia gioventù quando diceva che “Una bocca è sempre una bocca”.
Non ho provato emozioni differenti da quelle che mi ha provocato la calda cavità orale di Elena la sera prima.
È bello. È un pompino punto e basta.

Ci coccoliamo un altro po’, come è bello fare in quelle mattine pigrissime, dove solo allungare la mano sul comodino per prendere la tazza di cappuccino è fatica.
Mi implora di incularlo.
Non posso fare altrimenti, il culo è la mia passione da sempre.
Lo giro, anche con una certa irruenza involontaria.
Il pelo, curatissimo nel resto del corpo qua è completamente assente.
Frugo nel portafoglio a caccia di un profilattico, in anni di esperienze varie ho imparato ad essere previdente.
Lo lubrifico alla vecchia, con la sputazza come si dice a Roma, ed entro in punta di piedi.
Appena mi fa capire che posso osare di più, affondo e sfondo.
È stretto e rovente, è come piace a me, è tutto quello che di bello si possa desiderare.
Un eldorado, una terra promessa - un mondo diverso dove crescere i nostri pensieri.
Lui butta la faccia sul cuscino e lo morde per strozzare un urlo che avrebbero sentito fino a Ostia Antica.
Mi incita, mi provoca, dice cose che neanche la più lurida sgualdrina avrebbe mai il coraggio di dire.
Lo prendo per i capelli, tiro e gli incurvo la schiena.
Giro la testa verso di me, lo bacio forte.
Leggo “grazie” nei suoi occhi e mi sento morire.
Vengo dopo pochi minuti senza nemmeno rendermene conto.

Ci buttiamo sfiniti sul letto.
Silenzio totale. Tenerezza infinito.
Ha lo sguardo di un bambino felice, però coi baffi.
Le sue mani cercano il mio viso.
“È stato bellissimo Pigi, tu sei bellissimo.”
“Anche tu Nico.”
Facciamo la doccia insieme perchè sprecare l’acqua due volte è peccato.
Ridiamo come due ragazzini, siamo proprio due cazzoni - in senso fisico e spirituale.

Mi accompagna in stazione, fino al binario.
È che c’è gente e tu inizi anche a essere famoso, sennò altrochè abbraccio che ci davamo.
Prendo posto nella poltrona marrone che mi spetta di diritto.
Non ci stacchiamo con lo sguardo.
Lui vorrebbe salire su, io vorrei scendere giù.
Roma, questa volta hai combinato proprio un bel casino.
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