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PUNIZIONE DI FINE ANNO


di sottodite
17.06.2017    |    52.492    |    15 2.6
"Anche i cinque uomini avevano delle grosse fettone, calzate da delle calze bagnate e madide di sudore..."
Orlando era un bel ragazzino vicino alla Maturità Classica, aveva appena compiuto 18 anni e si era innamorato di una ragazzina dai capelli rossi della 1° B di 16 anni, e stava da mesi tutto il giorno a pensarla, quando lei era lontana da lui, oppure a pomiciare con lei nella sua stanzetta a casa di lei, quando i suoi Genitori erano fuori casa. Per cui andava molto male a scuola, non studiava da mesi e rischiava, quindi, di essere bocciato alla Maturità. In più era un po’ stronzetto, non gliene fregava nulla di bocciare e si era stufato di studiare così tanto come si doveva fare al Liceo Classico. Alla fine di Maggio aveva preso 4 in Latino, così il Preside convocò suo padre. Il padre di Orlando aveva 42 anni, era un Manager molto importante e ricco e ci teneva molto che il suo unico figlio si facesse onore in tutto; era un bellissimo uomo con nerissimi capelli ricci di origine campana, alto 1 metro e 92 con un numero di piede spropositato, 52 e grandi mani pesanti e maschie. Lo aveva cresciuto lui, visto che la mamma di Orlando era morta in un incidente quando Orlando aveva appena sei anni, lo aveva educato con durezza e disciplina e spesso lo aveva punito molto duramente per piccole cose sin da piccolino. Orlando temeva molto l’ ira del padre e il suo carattere duro e violento, come le sue dure ed irremovibili punizioni, anche molto originali e sadiche che gli aveva imposto da sempre. Spesso il padre, Davide era il suo nome, amava dargli punizioni esemplari davanti ai suoi amici ed anche davanti agli amichetti del figlio. Quando Orlando venne a sapere che suo padre era stato convocato dal Preside, era terrorizzato perché di sicuro sarebbe tornato furibondo, e non sapeva immaginare come l’ avrebbe punito.
Suo Padre Davide tornò la sera dal colloquio col Preside, nero in viso e taciturno, come al solito: Orlando sapeva che, in silenzio, stava architettando una punizione terribile. Gli disse soltanto: - “ Sono stato dal Preside. Stai per pregiudicarti l’ anno scolastico. Ti darò una lezione che dimenticherai molto difficilmente… “ – Detto questo non parlò più con lui per sei giorni. Arrivato il Sabato gli comunicò che quella sera sarebbero venuti a casa cinque suoi amici di vecchia data e di non andare a letto. Verso le 22,30 si sentì suonare alla porta, Orlando già era tutto un tremito di paura. Sentì parlottare e ridere sguaiatamente nel soggiorno della casa, mentre se ne stava rintanato sul letto nella sua cameretta, ma non riusciva a sentire niente di quello che dicevano. Dopo un quarto d’ ora Davide lo chiamò perentorio con arroganza. Orlando scattò su e si avviò verso il martirio. Entrato nel soggiorno si trovò davanti a suo padre, vestito in giacca e cravatta seduto sul divano, che beveva un whisky insieme ai suoi cinque amici, che lui non aveva mai visto. Questi erano cinque ragazzoni dai 25 ai 45 anni, molto belli, ma vestiti come dei muratori a fine lavoro, con ai grandi piedi degli scarponi da lavoro, tipo anfibi, che bevevano anch’ essi come il padre. Il padre iniziò a parlare: - “ Vi presento lo stronzetto di mio figlio. Si chiama Orlando. Da qualche giorno ho saputo a scuola che non studia da mesi e che, se non prendo provvedimenti, perderà l’ anno scolastico e verrà bocciato alla Maturità, che ha tra nemmeno un mese. Voi, che ne dite!? Gli darei una punizione da non dimenticare… “ – I cinque uomini assentirono sghignazzando volgarmente. – “ Tu, intanto, stronzo, incomincia a spogliarti nudo. “ – Ordinò da Padrone Davide. – “ Nudo….!!!? Davanti a tutti…. !!!?? “ – Squittì il misero figlio, con la voce tremolante. – “ Certamente, finocchietto!!! “ – Urlò il padre implacabile, mentre i cinque uomini si sganasciavano dalle sghignazzate. – “ Vediamo se hai il pisello o no… !!!! “ – Rise uno dei cinque uomini. – “ Vediamo se è diventato un uomo oppure è uno stronzo frocio, come invece io penso… “ – Disse il padre, severamente. – “ Ti faremo un esame… “ – Disse un altro dei cinque uomini. – “ … E bisogna vedere se lo passerai!!! Noi siamo uomini veri, maschiacci rudi ed impietosi!!! Preparati e muoviti, lavativo!!!! “ – Intanto il povero ragazzino era rimasto in mutande, mentre i maschi ridevano come dei matti, ed intanto il padre si era tolto la cravatta e la giacca, mentre i cinque uomini si sfilavano tutti insieme gli scarponi, ed anche il padre si sfilava le scarpe nere e lucide da Manager, che Orlando conosceva molto bene, numero 52. Anche i cinque uomini avevano delle grosse fettone, calzate da delle calze bagnate e madide di sudore. Tanto che nella grande stanza del soggiorno si iniziarono a sentire gli odori puzzolenti e vari di quei piedoni sudati che si spandevano per la stanza ed andavano a nauseare le narici del povero ragazzino. – “ E allora, te le togli le mutandine o te le dobbiamo togliere noi…!!!?? “ – Sghignazzarono i maschiacci. – “ Faccelo vedere…. Dai!!!! “ - Intanto i maschiacci, insieme al papà, si erano sfilate, con qualche difficoltà, le calze bagnate ed appiccicaticce ai piedoni, proprio perché luride e sudate. Agli occhi di Orlando apparvero dei piedoni sporchi e neri, come mai lui ne aveva visti nella sua breve vita: erano giallastri, vissuti e tra i diti c’ erano caccole marroni e gialle depositate da giorni. Ad Orlando, alla vista, vennero dei conati di vomito, che divertirono molto i maschiacci, che ridevano come matti. Il più divertito era il padre Davide. Orlando iniziò a sentirsi umiliato e deriso. – “ E allora…!!?? ‘ Ste mutande… !!?? “ – Spazientito uno dei muratori, col piede, lo avvicinò alle mutande del ragazzino e con lascivia, iniziò a palpare il pisellino rinsecchito dalla paura, da sopra le mutande. Al palpeggiamento lascivo il pisello iniziò ad indurirsi un pochino. Al contatto dell’ indurimento, l’ alluce del maschio iniziò a titillare con più decisione il pisello, che iniziò ad uscire dai piccoli sleep di Orlando. Pian piano tutto il pisellino miseramente indurito si rizzava, completamente fuori dalle mutande, che il maschio, coll’ altro piede nudo, tirò violentemente giù in fondo alle gambe di Orlando, che rimase col pisello fuori mezzo duro in aria. In verità ad Orlando, il contatto diretto col piedone maschio e ruvido, ma anche umidiccio e colloso, che gli titillava la punta del pisello mezzo duro, faceva un po’ schifo, invece che eccitarlo, ma si sa, il pisello sollecitato, si induriva comunque un pochino. Alla vista del pisellino mezzo ritto, i maschiacci, col papà sghignazzavano pazzamente e si divertivano un mondo. Il padre, allora, disse: - “ Ma che cazzo di pisello è…!!!?? Mi pare più un clitoridino da femminuccia… !!! “ – E giù risate di tutti. Poi Davide avvicinò l’ enorme piedone al naso del figlio, dicendo: - “ Toh! Senti se ti piace questo odorino dei piedi di tuo padre, ti piace, finocchietto di merda!!! “ – Orlando cercò di ritrarsi dal piedone puzzolente del padre, ma uno dei maschiacci, col piede, da dietro, gli tenne ferma la testa perché sniffasse bene. Lo spingeva col piede sulla testa, dicendogli: - “ E dai, sniffa bene tutto!!! “ – Poi lo costrinse, col piedone sulla testa ad inginocchiarsi davanti a tutti loro. Il padre gli ordinò: - “ Voglio sentirti inalare bene tutta la nostra puzza, forza, dai, inspira bene tutta la nostra puzza, guarda, sniffa tra ogni dito, negli spazi interdigitali, dove la puzza è più forte… !!!!” – Orlando, in ginocchio, costretto, iniziò ad inalare sonoramente, con conati di vomito, prima tra i diti del padre, e poi di tutti gli altri piedoni dei maschi punitori. Gli uomini si divertivano e sghignazzavano sempre più forte, mentre aveva i conati e gridavano: - “ E dai, finocchietto, forza, inspira bene!!! E dai, stronzo di merda, ancora, dai vomita!!! Così, da bravo! Ancora, merdina…!!! Questo è solo l’ inizio… “ – Il gioco durò parecchio, Orlando dopo un po’ si era assuefatto alle varie puzze dei piedi e nemmeno più lo infastidivano di tanto, sniffava quasi volentieri soprattutto la gran puzza dei piedoni del padre, che mai avrebbe pensato puzzassero così tanto e non erano niente male… Ma il giochetto, al quale aveva preso quasi gusto improvvisamente cambiò: uno dei maschiacci, da sopra la sua testa col piedone gli chiuse il naso tra i ditoni dei piedi, così che Orlando fu costretto a spalancare la bocca per poter respirare, e l’ altro maschiaccio muratore, davanti a lui, iniziò a scaccolarsi i piedi tra dito e dito, raccogliendo colle mani le grosse, acide e grigie caccole depositatevi, ed intanto diceva: - “ Ed ora devi inghiottirle tutte nel tuo bel stomachino da checchina rancida. Bada bene di ingoiare tutto, perché ti controlliamo!!! “ – Lo minacciò, poi gli introdusse in bocca una grossa e rancida caccolona del piede dicendo: - “ Dai! Butta giù, bel ragazzino! Assapora! Ti piace!? E’ abbastanza di tuo gusto? E’ più amara o acida…!!!?? “ – E rise sonoramente insieme a tutti gli altri. Ad uno ad uno i maschioni si scaccolavano tra i ditoni dei grossi e volgari piedi lerci, e gli ficcavano in gola tutti i residui trovativi. Uno di loro da dietro si premurava sempre a tenergli il naso ben otturato tra i diti dei piedi, Orlando doveva tenere la bocca aperta per poter respirare e loro dentro vi scaravantevano tutte le loro caccole ed aspettavano che le ingoiasse fin dentro lo stomaco. Alla fine Orlando aveva lo stomaco pieno di tutte le amare ed acide caccole dei piedi, aveva in bocca tutti i vari e misti sapori di sudore e pian piano ne provava gusto e piacere, tanto che sentiva il suo pisello indurirsi come se fosse eccitato, ma non capiva cosa gli stava succedendo. – “ Ah, ti piacciono le nostre caccoline, finocchino dolce? Ci stai prendendo gusto, è così!!?? “ – E fu proprio il padre a dire queste parole. – “ Questa punizione ti fa godere, invece che dolore!!!!... “ - - “ Adesso leccaci bene i piedi a tutti e devi pulirli bene colla tua linguetta da schiavetto frocetto “ – Disse uno dei muratori, che parlava di meno ma sghignazzava di più degli altri. Orlando iniziò a nettare colla lingua bene tutti i piedi che trovava davanti al suo naso, che facevano a gara a farseli leccare impazienti senza aspettare il proprio turno, ma accavallandosi, tanto che Orlando si trovava anche due o tre piedi in bocca da leccare, tanta era la loro foga, dei piedi gli pestavano la testa e lo obbligavano più che potevano, e lui puliva e leccava con foga ed ingordigia, succhiava gli allucioni e tutti gli altri diti e si infilava i piedoni in gola più che poteva. Questo fece venire ai maschiacci in mente una nuova idea: iniziarono, tenendolo supino sotto i loro piedi ad introdurgli in bocca il piede in fondo più che potevano, tanto da farlo affogare, perché lo costringevano a tenere la bocca spalancata, col piede che gli chiudeva il naso senza farlo respirare, poi cercarono di introdurre anche due piedi diversi di due maschi o due piedi insieme, come quelli enormi 52 del padre, forzandogli la bocca e la gola senza pietà. Orlando gorgogliava, sbuffava, tossiva riempita la bocca e la gola da quei piedoni, ma loro impietosi ridevano, si divertivano della sua fatica e spingevano i piedi sempre di più dentro la gola fin quasi nello stomaco. Alla fine, stufi del gioco, ma eccitati di farlo subire sadicamente, a turno, prima il padre e poi tutti gli altri, sempre col piede che lo costringeva sul naso a tenere la bocca aperta, si tirarono fuori le grosse nerchie lunghe e puntute in tiro, e, ad uno ad uno, iniziarono a mingere un po’ di urina in gola, in modo che dovesse ingoiarla e poi tracannarla tutta nello stomaco, fino all’ ultima goccia; quando la pipì era finita, lo costringevano a leccare, succhiare, pulire le ultime gocce rimaste in gola. Infine aveva lo stomaco gonfio e pieno di tutte le varie urine e la bocca ed il sapore acido del piscio misto di tutti quegli omaccioni prepotenti. Ma non avevano ancora finito e, ad uno ad uno, si menarono i piselloni fino a sborrargli in gola, sempre costringendolo ad ingoiare e pulire tutto il liquido biancastro ed abbondante, acido e dolciastro uscito a getto da quei piselloni duri. Ma una volta venuti, ed una volta avere ingoiato tutta la sbroda, quei maschioni continuavano a menarsi i cazzoni molli, facendoli rindurire e sborrare ancora a fiotti dentro la sua bocca ed il suo stomaco, oramai strapieno di sperma. – “ Credi che abbiamo finito…!!?? Adesso devi un po’ soffrire… “ – Gli disse sadicamente il padre. Tutti i maschioni si accesero una sigaretta, uno di loro titillava i capezzolini di Orlando, tanto da farli diventare ritti e puntuti, quando furono pronti ogni uomo gli passò la punta della sigaretta accesa sui capezzolini duri e rosei, tanto che Orlando sentì un grosso bruciore sulla punta di questi, che si ritirarono in dentro dal dolore, e lui urlò dal dolore; ma il padre Davide colla bocca si avvicinò ai capezzolini ritiratisi e li succhiò e leccò colla lingua esperta, tanto che Orlando si eccitò, sebbene sentisse anche dolore sia per il contatto colla saliva salata, sia perché questi bruciacchiati dalla prima sigaretta, facevano fatica ad uscire in fuori. Ma quando furono pronti un altro maschiaccio vi passò un’ altra punta della sigaretta accesa. Orlando urlò di nuovo dal dolore, ma un altro maschiaccio li leccò e li succhiò e così via, fino a che vi passarono sopra tutte le sigarette accese. Infine coi piedi sul naso lo costrinsero a tenere la bocca ancora aperta e vi gettarono tutte le ultime sigarette accese, che erano alla fine, le quali si spensero dentro allo stomaco del ragazzo. Orlando sentì in gola e nelle stomaco prima una lieve puntura, che poi divenne un dolore lancinante per tutte e sei le sigarette accese, che si spensero nel suo povero stomaco. Orlando gridò per il dolore irresistibile in maniera lancinante. Dopo i maschi lo tennero fermo dietro abbrancato, uno di loro colla mano gli teneva il pisello aperto, col buchino in mostra ben aperto, ed a turno, cercavano di introdurvi l’ allucione dentro sgranandoglielo. Orlando gridava dal dolore che sentiva, era come un trapano che gli entrava dentro la cannula del povero pisellino, forzandogli il buchino, che si allargava miseramente per contenere quegli enormi alluci, ed il dolore aumentava quando lo tiravano fuori, lasciandoglielo aperto e vuoto, per poi far sì che un altro allucione lo forzasse e vi entrasse di nuovo. Gli uomini facevano a gara a chi riusciva a farlo entrare di più, con immenso dolore e grida del povero schiavetto, però insieme al dolore, Orlando sentiva anche una smania dentro, un sottile piacere che gli sollecitava l’ eccitazione e l’ eiaculazione, che però non poteva avvenire, perché otturata ed ostacolata dal ditone che spingeva dentro. Poi si divertirono ad introdurre nel buchino aperto e spanato dei fiammiferi, che servivano ad accendersi tutti un’ altra sigaretta, appena spenti ma ancora brucianti, e ve li introducevano lentamente per farlo soffrire di più, infine, il fiammifero, arrivato in fondo, veniva estratto di colpo dai maschioni, con uno strappo, tanto che Orlando, ad ogni strappo, gridava fortissimo; infine gli introdussero tutti le sigarette ancora accese ad una ad una nel buchino del pisellino rosso, bruciacchiato e martoriato, sempre lentamente fino in fondo, così che la sigaretta si spegneva dentro al contatto del dentro bagnato della cannula del pisellino, ed Orlando soffriva come un matto ad ogni introduzione e spegnimento di ogni sigaretta accesa spinta fino in fondo nella cannula aperta e spanata del misero pisellino sofferente, arrossato e bruciacchiato. Poi i sei maschioni decisero di farlo godere un po’, dopo tanto dolore; allora tutti insieme iniziarono lentamente a titillargli il povero pisellino martoriato, che a poco a poco si indurì, il titillamento si fece più energico, a gara i dodici piedi lo titillavano, glielo dondolavano, piegavano, lo masturbavano senza pietà, glielo fecero indurire per bene, anche pestandoglielo e dandogli cogli alluci dei calcetti e delle strizzate allo scroto, cosicchè venne abbondantemente finalmente. Ma dopo essere venuto, i piedi non smisero di sollecitarglielo senza pietà, tanto che, senza sosta, glielo fecero rindurire e sborrare ancora per una decina di volte. Infine uno di loro chiese al padre se in casa avessero un’ aspirapolvere col tubo. Trovatala nel ripostiglio, legarono come un salame con una corda robusta il misero ragazzino seduto per terra, poi incominciarono a discutere su come potevano usarlo per torturarlo ancora a dovere. Il muratore più sadico disse che potevano accenderla e col tubo aspirargli le palle. Al che Orlando sbiancò dal terrore; poi un altro pensò che potevano aspirargli le tettine per fargliele indurire per bene e ferirgliele a sangue; un altro che potevano aspirargli il naso; un altro ancora pensò che potevano infilargli in gola e nel naso le caccole rimaste dei piedi e poi aspirarle tutte insieme col tubo dell’ aspirapolvere; un altro ancora disse che potevano aspirargli tutti i peli del pube e tirarglieli via, depilarlo anche in tutto il corpo; qualcun’ altro pensava di infilargli il tubo nel culetto ed aspirare tutto. Fu il padre Davide che ebbe l’ idea più brillante, che tutti all’ unisono accettarono: dovevano infilare il tubo aspiratore nel pisello, ed aspirare tutto visto che volevano spomparlo fino al midollo. Ad ogni idea il povero Orlando piangeva, supplicava, gridava pietà, terrorizzato, urlando ed agitandosi per come poteva, essendo legato, ma i maschiacci non avevano pietà e non lo ascoltavano per nulla. Alla fine, uno alla volta l’ accesero, e col tubo, glielo introdussero dentro al pisellino malconcio ed iniziarono ad aspirarglielo. Aspiravano con forza, Orlando gridava dal dolore-piacere, mentre si sentiva il pisello tirare con forza dall’ aspirapolvere ed alla fine veniva con le poche gocce di sperma rimaste. I maschiacci ogni volta che il ragazzo eiaculava gemendo, si passavano il tubo di mano in mano ed aspiravano fino a farlo venire di nuovo senza pietà gridando, lui eiaculava il poco succo rimasto, ma loro implacabili passavano velocemente il tubo al compagno, senza sosta, che continuava ad aspirare e lo faceva venire di nuovo. Orlando sussultava stremato e veniva ancora ogni volta con poche misere gocce rimaste nella prostrata, gemendo come una gatta in calore. Spompata, umiliato e devastato, cadde davanti a loro gridando: - “ Siiii!!! Grazie!!! E’ stato bellissimo. Io non studierò mai più, perché voglio essere sempre punito così da voi sempre!!!! “ – Il padre e gli altri sghignazzando dissero: - “ Non ti preoccupare, anche se studi te lo faremmo sempre, perché ci siamo divertiti troppo stanotte, e vogliamo divertirci ancora sempre così con te!!! “- E così fecero una miriade di volte, quando ne avevano voglia.

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