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Triangolo a sorpresa


di DueRagazziperDonna
12.11.2023    |    492    |    1 8.0
"Il suo fiato si stava facendo più corto, sapevo che stava per succedere prima ancora che lui si staccasse da Lei e si mettesse con difficoltà in piedi sul..."
Imelda Staunton si muoveva altera nel televisore. Le sue movenze, e il suo aspetto generale, ricalcavano in modo così fedele quelle della defunta Elisabetta II che non potei che applaudire mentalmente alla sua bravura.
«Lei è forte, eh?»
«Eh? Si, molto.»
Girai la testa sul cuscino e lanciai un’occhiata in tralice al mio amico. Convincerlo a vedere The Crown era stata un’impresa ardua, ma farlo rimanere anche concentrato si stava rivelando davvero impossibile: sapevo da principio che quel prodotto non rientrava proprio tra i suoi gusti e di certo non mi aspettavo chissà quale partecipazione. Tuttavia, quella sera c’era qualcosa di strano nell’aria, qualcosa che lo estraniava più del consueto. Non mi sorpresi di scoprirlo per l’ennesima volta con lo sguardo fisso sul cellulare.
Inarcai un sopracciglio e domandai a voce più alta del dovuto: «Che dice?»
Lui sussulto e guardò il televisore con aria ebete. «Chi? La Regina? E sta…sta…» agitò una mano verso lo schermo, in evidente difficoltà. Raccolsi il telecomando e premetti il tasto ‘Stop’, congelando la Staunton nell’iconico saluto con la mano alzata della regina Elisabetta.
«Allora, chi è?» chiesi a bruciapelo, col chiaro intento di prenderlo in contropiede.
«Chi…?»
«Lei. Avanti, su.»
«N-no, è solo…»
Per sua sfortuna lo conosco troppo bene: il classico tipo di persona che durante la visione di un film non vuole distrazioni, uno di quelli capaci di mettere la modalità aereo al cellulare per alienarsi completamente e concentrarsi. Quel silenzio e l’utilizzo compulsivo del telefonino erano sintomatici di qualcosa, come il suo evidente imbarazzo sottolineava. Attaccai, deciso a scoprire quella verità che tentava maldestramente di nascondere. Dopo alcuni tira e molla, qualche giustificazione sconclusionata e molte insistenze alla fine girò il cellulare verso di me, affinché potessi leggere il nome della chat aperta. Era Lei.
«Lei!?»esclamai tirandomi a sedere contro la spalliera del letto. Portai le ginocchia al petto e gli rivolsi un’occhiata esterrefatta. «Io davvero non capisco come…come fai. E’ una…una rompipalle. Che vuole a quest’ora?»
La sveglia sul comodino di mia Zia segnava l’una passata.
«No, niente…voleva solo…’sfogarsi’.» ribatté lui, a disagio. Digitò qualcosa e premette invio.
«Si, so io cosa vuole sfogare quella…» di tutte le nostre amicizie in comune, trovavo che lei fosse la più irritante. Una ragazzina insipida, con un cervello limitato e zero rispetto per il prossimo. Personalmente avevo sempre faticato ad intavolarci una conversazione sufficientemente stimolante da farmela andare a genio. In più sapevo che ultimamente aveva cominciato a sfogarsi col mio amico, trascinandolo fuori di casa alle ore più improbabili. E lui obbediva. Da tempo sospettavo ci fosse dietro una cotta o qualcosa del genere, e la cosa un po' mi preoccupava: non è il tipo di ragazza che speri finisca al fianco di un tuo amico. Le sue sfortune poi diventano anche le tue.
«Si, più o meno.»
Strabuzzai gli occhi, preso alla sprovvista da quella risposta schietta. Lui sorrise e sollevò appena lo sguardo verso di me, in un’occhiata complice. «Perché…hai…?»
Il suo sorriso si allargò. Mi gettai su di lui e lo percossi, rischiando di fargli cadere il cellulare dalle mani mentre tentava di difendersi ridendo più forte ad ogni colpo. «E quando volevi…dirmelo!!!»
«Poi…»
«Poi? ‘acci tua…tiè…!!!»
«Comunque…comunque…» fluidamente sfuggì alla mia presa e rotolò ai piedi del letto, rischiando di cadere oltre il bordo. «…chiede se può passare.»
«P-perché?»
«…boh…» Nell’occhiata che mi mandò c’era più di un’idea. «E’ un po' alticcia dice…» aggiunse con tono eloquente.
«E quando…?»

Il campanello trillò forte. Era lì.
«Ma che cazzo…?»
«Te lo stavo per dire» si difese lui.
Non sapevo cosa rispondere, cosa dire. Avevo bisogno di tempo per sciorinare la questione, capire cos’era successo, cosa volesse quella nanerottola a quell’ora della notte a casa mia. Poteva anche aver avuto qualche tipo di…avventura con il mio amico, ma io cosa c’entravo in tutto questo?
Neanche il tempo di riordinare questi pensieri che, voltandomi, lo vidi scendere dal letto e fiondarsi sul pianerottolo. Non cercai neanche di fermarlo, vittima degli eventi.
Che stava per succedere? Attesi. Sentii i suoi passi giù per le scale, poi la porta aprirsi e una risata un po' troppo acuta, inconfondibile. E poi…
«Ciaoooo-oooh…»
Lei entrò in camera barcollando, dandomi immediata certezza del suo essere brilla. Doveva essere uscita di casa frettolosamente, perché addosso non aveva traccia del modo ricercato che tanto amava sfoggiare negli eventi mondani. La maglia del pigiama le scendeva fin sotto la vita, mentre per contro i pantaloncini salivano un po' troppo, scoprendole le cosce ben tornite. Quando si voltò per sedersi sul bordo del letto e sfilarsi le scarpe ebbi una fugace visione delle sue natiche, rotonde e piene fare capolino dalla stoffa.

«C-ciao?» Replicai dopo un silenzio attonito, incapace di riordinare i pensieri.
Lui entrò dietro di lei, sorridendomi in modo spudorato. Quando Lei rotolò sul materasso gettandosi contro di me, lui si affrettò a sistemarsi al suo fianco, chiudendola tra noi due. Ma che cazz…?
«Dove vai a quest’ora?» domandai sforzandomi di suonare noncurante.
«Qui.» replicò lei con quel tono da bambina che tanto le piaceva utilizzare. Mi abbracciò, senza smettere di muoversi senza senso sulla trapunta. Non potei fare a meno di notare che, nel farlo, il tessuto dei calzoncini le si tendeva sul culo, scoprendone una porzione abbondante. Anche il mio amico l’aveva notato, e i nostri sguardi si incrociarono a metà strada.
«…a casa mi annoiavo…»
«E ti sei ubriacata a casa, da sola?»
«Sss…iii-ih-ih…»
«Le ho detto di passare…del resto questa roba era una palla…»commentò il mio amico divertito, accennando al televisore. Io sbuffai e lo spensi.
La manina di lei mi strinse il fianco. Mi si era accoccolata contro, e potevo avvertire il calore emanare da lei come da un radiatore acceso. Stava a pancia in giù, e quel culo continuava a muoversi e a muoversi. Le sue natiche erano così paffute…non l’avevo mai vista sotto quella luce, perché ora…?
Lui allungò una mano. La vidi scivolare a mezz’aria e posarsi proprio su una di quelle mele rotonde. Strinse. Lei rise e si strinse a me, ridacchiando piano. Rimasi a guardare ipnotizzando mentre Lui le faceva scivolare le dita verso l’interno coscia, dove solo una strisciolina di tessuto proteggeva la sua virtù. Lei allargò le cosce. Prese a massaggiarla piano.
La mia mano raggiunse la sua e…

Le stavamo massaggiando insieme la figa. Attraverso la stoffa sentivo che era caldissima e sforzandomi un po' riuscii a sentire un suono impossibile da non distinguere. Umido. Era bagnata. Le nostre dita si sfiorarono mentre premevamo, spingendole calzoncini e mutande all’interno. La carne era soffice, morbida. Mi tirai su e mi raggomitolai per portare il mio viso sul suo culo, senza smettere di massaggiarla. Mi ci chinai sopra. L’odore penetrante, dolce del suo sesso mi investi in pieno.
Io e Lui ci scambiammo un’occhiata.
Afferrai l’elastico dei pantaloncini di lei e tirai, senza incontrare la minima resistenza. Lei, beata, rideva e si agitava mentre in un solo colpo la privavamo di mutande e calzoni. Per buona misura, Lui le sfilò anche la maglietta. Finalmente il suo corpicino si mostrò a noi, come un articolo di lusso su un cuscino di velluto. Era minuta, ma rotonda nei punti giusti e invitante. Molto invitante.

Neanche ci fossimo messi d’accordo, le nostre mani afferrarono una natica ciascuna e tirarono, scoprendo la rosellina che nascondevano. Più in basso la sua fighetta rosa brillava di umori, le labbra appena pronunciate verso l’esterno. Un’immagine di un’oscenità cosi invitante che ci fiondammo entrambi oltre le sue cosce, in una posizione scomoda ma impossibile da non assumere. Le nostre lingue raccolsero subito i fili perlacei del suo sesso, assaporando in profondità, roteando all’interno mentre le nostre dita divaricavano più che potevano, titillando laddove la lingua non poteva arrivare. Prendemmo a sditalinarla forte. Una, due, dita a testa, alternandoci in una specie di coreografia. Sentivamo entrambi il suo corpo rispondere alle nostre pressioni, e entrambi ne avevamo capito il ritmo.

Lei intanto scalciava e si agitava, soffocando i propri gemiti sui cuscini. Le avevo appena piantato tre dita dentro, quando vidi che il mio amico non era più davanti a me, ma si era alzato. La afferrò per le spalle, con una brutalità che di solito non gli apparteneva, trascinandola verso il bordo del letto finché la sua testa non penzolò nel vuoto. La girò sotto i miei occhi e…
Si abbassò i pantaloni, liberando la propria virilità. E poi le piantò a tradimento il cazzo nella gola. Rimasi a guardare rapito mentre le palle le sbattevano sulla faccia ad ogni affondo, il volume del cazzo visibile all’interno della sua gola, le labbra spalancate dalle quali sgorgavano sottili fili di saliva, pompati dalla forza con cui veniva scopata. Ben presto le guance erano completamente umide e lei giaceva abbandonata a ricevere colpi profondi e impietosi, traendone gorgoglianti suoni di piacere. Il suo sesso grondava. Era pronta.
Anche lui dovette accorgersene, perché dopo un po' liberò la gola di lei. Il suo cazzo svettò a mezz’aria, ancora unito alla sua bocca da un sottile filo di saliva che penzolava dal prepuzio. La guardò per un momento con malizia. Poi usò due dita per afferrarselo e sbatterglielo contro il volto, schiaffeggiandola sulle guance, sugli occhi, sulle labbra con il proprio cazzo. Lei riceveva ogni colpo come una benedizione, tanto ne aveva fame. E stava per essere saziata. Mi spostai quando Lui risalì sul letto, per lasciargli campo libero tra le sue gambe. Ci si fiondò sopra con urgenza, le spalancò meglio le cosce con le mani e le sputò sulla figa.
Massaggiò, spalmando il proprio sputo sulla carne già grondante di umori. Ne trasse un suono divino. Poi puntò il cazzo e la penetrò con un colpo solo. Lei gridò, drizzando la schiena, ma le mani di Lui le afferrarono entrambe le spalle e le impedirono di sottrarsi. Un colpo, due. La scopò forte, senza grazia, affondandoglielo nella figa con oscura soddisfazione. Io ero completamente rapito e quando la strattonò con violenza per farla sistemare a quattro zampe mi spostai per avere una visuale migliore.

La prese per i fianchi e ricominciò, usandola. Ad un tratto sollevò una mano e le assestò un violento schiaffo su una natica, rubandole un grido. Poi arrivò il secondo. Il terzo. Il quarto. Aveva il culo rosso per i colpi, gridava, ma Lui non la lasciava andare. Le tappò la bocca con una mano, sordo alle sue proteste, reali o di circostanza che fossero.
Poi la resistenza di Lui venne meno. Il suo fiato si stava facendo più corto, sapevo che stava per succedere prima ancora che lui si staccasse da Lei e si mettesse con difficoltà in piedi sul materasso. Le afferrò i capelli, torcendoli in una specie di redine e tirò per costringerla a voltarsi. Il suo volto era a pochi centimetri dal cazzo di Lui. Fece per aprire la bocca, ma lui la schiaffeggiò. Quindi, sempre facendo leva sui suoi capelli, le portò le labbra all’altezza delle palle. Non ci fu bisogno di spiegarle il motivo, la sua piccola lingua fece capolino dalle labbra piene e iniziò a leccare. Lui prese a segarsi, guardandola dall’alto con cupa soddisfazione. Capii che la stava punendo. E a lei piaceva.
Venne il momento. Lasciò i suoi capelli e le puntò il cazzo vicino alle labbra. Lei obbedientemente capì e aprì la bocca, in attesa, come un uccellino affamato. Il getto di sborra le arrivò di traverso sulle labbra, tracciandole un segno obliquo sul volto, dal mento alla gota. Ma il secondo schizzo la centrò dritta in bocca. Si attaccò al cazzo come un cucciolo e dai gemiti di lui capii che la stava saziando ulteriormente. Poi, fini.
Lei cadde all’indietro sui cuscini; le palpebre socchiuse in un’espressione di beatitudine e le membra abbandonate di chi non ha più forze. Un sottile filo di sperma le scendeva da un lato della bocca.
Una mano sulla spalla mi fece voltare. Io e Lui ci scambiammo un’occhiata.
Abbassai i pantaloni, il cazzo mi scoppiava. Quando mi feci strada tra le sue gambe lei non oppose resistenza. La penetrai con facilità, la strada già aperta e umida. Era comunque molto stretta, sentivo il cazzo

avvolto da carne incandescente. Spinsi, e provai l’estasi che solo una fighetta piccola e stretta come la sua sa dare. La sborra continuava a colarle dalle labbra semichiuse, come in procinto di scoccare un bacio. Io le avrei riempito la figa, decisi. I miei colpi si susseguirono rapidi, le strinsi i seni piccoli e sodi.
Le venni dentro, scaricandomici le palle. Lei gridò. Con una mano raccolsi lo sperma che aveva nella faccia e, mentre le assestavo gli ultimi colpi, glielo ficcai in bocca.
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