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La padrona


di DesiderioImpuro
01.09.2020    |    8.081    |    12 5.6
"“Ora le dico che non me la sento” — penso cercando di raccogliere tutto il mio coraggio, apro la bocca ma non riesco ad emettere nessun..."
La rivista è completamente accartocciata dalle mie mani nervose mentre aspetto l’arrivo della Miss, in questa fresca serata di fine estate.
Osservo distrattamente il passaggio dei turisti, mentre cerco di controllare la tensione che cresce dentro di me.
Sono diversi mesi che ho l’onore di poter servire la Padrona, ed ogni volta c’è un po’ di preoccupazione per quello che accadrà, il timore di non essere all’altezza, di non riuscire a tenere il suo passo, e insieme l’emozione per il nuovo incontro.
E ovviamente non mi è dato di sapere cosa accadrà, non sono io che decido o partecipo alla scelta del percorso che seguiremo; devo solo impegnarmi per riuscire a non deludere la Padrona.
Ma questa sera è diverso.
Perchè sarà come una prima volta, stasera, saremo in tre: la Padrona, io, e una terza persona di cui ignoro tutto.
Il tempo passa lentamente, e scava profondi solchi nella mia mente affollata di pensieri strani e oscuri, finché. mi si avvicina uno sconosciuto:
“Sei Marco!” mi dice guardandomi negli occhi, ed è una affermazione la sua, non una domanda.
“Si, certo” — rispondo io sorpreso, ma prima che io possa riprendere il controllo aggiunge —
“Andiamo allora, la Miss ci aspetta.”
Lo seguo docilmente, raggiungiamo una polverosa Mercedes dove la Miss ci aspetta comodamente seduta sul sedile anteriore; lo sconosciuto si siede al posto di guida ed io dietro.
Per tutto il tragitto lui e la Miss si scambiano una serie di pettegolezzi su conoscenti comuni, quasi ignorando la mia discreta presenza.
Un uomo, i miei più terribili timori hanno trovato una conferma, un uomo è la persona sconosciuta di questa sera.
Ma io non sono bsx
No, penso dentro di me, non posso farcela, ora glielo dico chiaramente che non può chiedermi questo.
L’automobile lascia la litoranea ed imbocca una stradina che conduce alla casetta di villeggiatura della Miss, la conosco bene .
“Ora le dico che non me la sento” — penso cercando di raccogliere tutto il mio coraggio, apro la bocca ma non riesco ad emettere nessun suono; l’automobile si ferma davanti al basso cancello ricoperto di rampicanti,la miss mi guarda finalmente, con un sorriso scintillante e per niente ironico:
“Vieni, dammi la mano ed aiutami, che stasera ho bisogno del tuo conforto e della tua collaborazione.”
La mia confusione mentale è massima, le mia paure combattono con la profonda sottomissione verso la Padrona e si sciolgono davanti al suo volto deciso ma al tempo stesso protettivo.
La aiuto a scendere, e la sua mano tra le mie trasmette sensazioni intense, una tranquillità assoluta che spazza via ogni perplessità., entriamo tutti e tre nel salotto, poi la Miss con la sua dolce ma ferma voce mi ordina di spogliarmi mentre lei e lo sconosciuto si accomodano su un ampio divano.
E’ strano, all’ improvviso non colgo più la presenza del’estraneo. I miei gesti sono del tutto naturali, tutto mi appare come è sempre stato nei precedenti incontri, la Padrona e me, e nient’altro.
Tolti tutti i vestiti, estraggo dall’armadio la borsa di cuoio scuro zeppa di vari attrezzi di gioco, la frugo per trovare il collare e, con questo tra le mie mani, mi inginocchio davanti a lei , la testa china, perchè cinga il mio collo con quel simbolo di appartenenza e sottomissione.
“Marco”— mi dice — “questo è Giorgio, un mio vecchio amico che ha accettato di aiutarmi ad organizzare la serata.
Rilassati e tranquillizzati, la Padrona sono io e tutto quello che succederà sarà sotto il mio controllo, tutto quel che ti verrà chiesto di fare sarà per me, so che sei pronto e che non mi deluderai”.
Poche parole, ma dette con una risolutezza tale da fugare ogni mio residuo timore.
Non proferisco parola mentre sento la stretta del collare, mi limito a respirare profondamente cercando di restare calmo.
Vengo bendato, e poi legato, quindi inizio ad assaggiare i colpi di cinta e di frusta, i morsi delle mollette sui capezzoli.
Non è possibile capire chi mi colpisce, i colpi sono secchi, distanziati, inframezzati da commenti più o meno positivi sulle mie reazioni.
Sarà la Miss che ha accarezzato la mia schiena con il gatto a nove code? O Giorgio ad avermi rigato i glutei con la cinta? Capisco che tutto questo non ha importanza, chiunque sia stato è la Padrona quella che ha diretto quella mano, è a lei che sto offrendo il mio dolore.
Poi viene la cera, gocce roventi cadono sul mio petto, sui miei capezzoli e via via più giù fino al pube.
Sono disteso supino sul pavimento, e sento le gocce sempre più calde disegnare plastiche figure sul mio corpo.
Ci sono momenti in cui il dolore è intensissimo, ed io non ho mai avuto una grossa resistenza, ma non posso fare a meno di pensare che la Padrona sta mostrando a Giorgio i risultati del suo addestramento, e raddoppio gli sforzi per muovermi il meno possibile, per offrire il mio dolore e la mia sofferenza a lei.
E’ come se in presenza di Giorgio io mi senta in dovere di resistere ancora di più; non dirò basta, e loro non smetteranno.
“Chiedimi di smettere” — mi sussurra la padrona — ed è una liberazione perchè agognavo, senza chiederlo, il permesso di cedere.
“Chiedo umilmente pietà, Padrona, la prego, la imploro di smettere” sussurro, e la candela viene finalmente spenta.
Si sciolgono le corde che mi immobilizzavano e, sempre bendato, sono ora carponi sul pavimento.
La mano della Padrona guida la mia testa verso il suo pube, dove un dildo si erge retto da una imbracatura di cuoio, ed inizio una fellatio appassionata, ma dopo alcuni minuti la stessa mano mi ferma e sposta il mio viso sulla sinistra.
Non è più un fallo di plastica quello che ho davanti, ma un vero sesso maschile; il mio viso viene spinto verso il pene di Giorgio, non vedo ma sento ed elaboro le sensazioni.
La prima reazione è di sorpresa, Giorgio lì è completamente glabro, asettico, non ha quasi odore; riesco a non pensare che quello è un pene maschile, non penso che sto facendo un vero pompino, non penso a niente altro che alla Padrona, alla sua mano che accarezza il mio collo, al piacere che viene da lei. Giorgio in questo momento non è per me un uomo, ma un altro strumento della Padrona, uno strumento di piacere che lei ha scelto e che, come tante altre volte, sta sperimentando su di me.
La benda viene tolta, ora posso anche vedere il pene di Giorgio, per fortuna di dimensioni normali, e osservo quasi distaccato la mia lingua che corre lungo il glande, le mie labbra che circondano l’asta turgida.
Faccio del mio meglio per dare piacere a Giorgio, cercando di cogliere le sue reazioni, di capire di volta in volta se un mio gesto è più o meno sbagliato, mentre la Padrona si sposta alle mie spalle
Ha ancora il dildo, e mi penetra mentre io succhio il pene di Giorgio; sento la sua eccitazione, il piacere che lei sta provando nell’usare e veder usare il suo schiavo, ed è il mio premio più grande
Umiliato, violentato, preso … e suo, ecco come mi sento mentre la padrona affonda sempre più violentemente il dildo tra le mie terga e Giorgio scopa nella mia bocca spingendomi il pene fino in gola.
Dolore e piacere, desiderio e vergogna si fondono in quel momento che mai avrei immaginato di poter vivere e che ora vorrei durasse in eterno.
Ma proprio quando le emozioni stanno per giungere al loro apice, senza preavviso, entrambi i miei orifizi vengono liberati.
Stanco, dolorante ma forse anche un po’ deluso, cerco un minimo di riposo per il mio corpo devastato immaginando completata la prova.
Mi sbaglio, è solo una pausa: vengo fatto sedere bruscamente sul divano, la Padrona con ancora indosso lo strap-on mi solleva le gambe e mi penetra nuovamente, questa volta guardandomi negli occhi e cercando di cogliere le emozioni che appaiono sul mio viso mentre sono di nuovo suo.
La posizione è un po’ scomoda, ma interviene Giorgio dietro di lei, mi allarga le gambe e le tiene ben alte, in modo da agevolare il suo movimento.
Mi sento ancora più sfondato ed umiliato in questo modo, mentre la padrona affonda con vigore il pene artificiale nelle mie viscere, sempre più dentro, sempre con maggior potenza.
Ma non c’è solo umiliazione e dolore, è piacere quello che sento di nuovo crescere dentro di me; con le cosce abbraccio la Padrona e mi apro ancor più oscenamente ai suoi colpi.
Non è più necessario reggermi le gambe, Giorgio sale in piedi sul divano, e mi offre nuovamente il membro eretto … ormai so cosa fare, apro la bocca comincio a succhiarlo con avidità, con la passione di una persona adorante.
Ancora una volta la mia offerta è verso la Padrona, e Giorgio solo il mezzo perchè questa si realizzi, gli occhi sono semichiusi per gestire il piacere, il dolore e la concentrazione del gesto per me nuovo, ma so che la padrona mi sta osservando, valuta il lavoro della mia bocca, le contrazioni del mio ano, i brividi e le reazioni del mio corpo esposto come non mai alla sua vista e per il suo diletto, e colgo la sua soddisfazione per quello che sta avvenendo.
Le mie fatiche vengono infine coronate da successo, Giorgio esce dalla mia bocca e sento il suo sperma schizzare sul mio viso.
Alcune gocce scivolano sulle mie labbra , la padrona mi intima di assaggiarlo; ha un sapore acre, diverso dal mio ,che in passato ho più volte gustato su ordine della Padrona.
Dolorante, con ancora addosso i segni della cera e delle frustate e sul viso i resti dello sperma di Giorgio, mi viene infine consentito di riposare sul tappeto, a rivivere la mia prima esperienza con un uomo, ad assorbire l’intensità delle emozioni che ho provato, a sperare che la padrona. sia rimasta contenta del comportamento del suo umile ed adorante schiavo.
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