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Gay & Bisex

Bianconeve e i ette nani 2


di ettoreschi
24.05.2010    |    10.887    |    1 8.0
"“Come mai si era allontanato così tanto?” era un quesito che aleggiava nella testa del regale consorte..."
Lontano da lì, nel castello del regno di Mazzete, il tremendo Grimildo non riusciva più a resistere dalla pulsione di soddisfare il suo perverso vizio e mandò a chiamare il bracconiere rimanendo stupito del suo mancato arrivo. Lo fece cercare in lungo e largo ed apprese così che era stato ucciso in una bettola lontano da lì. “Come mai si era allontanato così tanto?” era un quesito che aleggiava nella testa del regale consorte. Salì allora in soffitta, appese il suo specchio magico e gli pose la tradizionale domanda “Specchio delle mie brave chi ha il culetto più bello del reame” Fu con profonda sorpresa che davanti a lui apparvero le immagini di Bianconeve vivo e gaudente con i nani del bosco. “E’ vivo! Ecco perché il maledetto bracconiere è scappato!” Comprese immediatamente che tale fatto costituiva un pericolo mortale per lui e non poteva permetterselo. “Dove si trova il principe?” Chiese Grimildo. “Al di là dei sette fiumi e dei sette monti, nel profondo della foresta, dove però non lo potrai raggiungere perché circondato da amore ..” Lo specchio magico non potè terminare la frase che venne scaraventato a terra dalla rabbia del consorte regale e si ruppe in mille pezzi.
Grimildo andò su e giù per la stanza fino a consumarne le lastre di pietra che ne costituivano il pavimento. Alla fine cominciò a formarsi nella sua testa un disegno che si poteva realizzare e che avrebbe significato la sua salvezza ma anche il proprio godimento. Si ritirò allora nelle stanze dove sperimentava la magia e cominciò a scartabellare i libroni polverosi alla ricerca delle due ricette che gli servivano. Le trovò infine e cominciò la lenta preparazione che durava una intera luna. Al termine aveva le due fialette in mano: quella che gli avrebbe consentito di assumere sembianze diverse dalla propria per poter superare la “barriera d’amore” che circondava il principe e quella che avrebbe inferto una inedita morte al suo avversario mortale.
Lasciò detto al castello che sarebbe stato via qualche giorno per andare a caccia e, con questa scusa, si avviò verso il bosco e verso la sua lunga ricerca. Ma anche un altro cavaliere stava avviandosi verso la foresta profonda anche se spinto da altre esigenze. Si chiamava Vilfredo ed era il principe ereditario del regno di Chiappete, confinante con quello di Mazzete. Aveva ricevuto il delicato incarico di prendere contatto con la regina per stringere un patto di alleanza, ma doveva seguire strade nascoste e pericolose perché gli avversari del vicino ducato di Katz En Koul volevano impedire questa unione di forse e approfittarne per assalire il regno del principe. Questi era un giovanotto robusto, avezzo a combattere, con un viso franco ed aperto, coperto da una soffice barba castana. Anche se oramai viaggiava verso i ventisei anni non aveva ancora impalmato nessuna fanciulla con grande dispiacere del re suo padre. Purtroppo, o per fortuna, Vilfredo aveva preso quelle abitudini sessuali che si diffondono nelle persone che vivono a lungo in ambienti frequentati da maschi. Era per questo che preferiva, alle grazie muliebri, i fianchi robusti dei giovanotti, che aveva impalato con il suo oramai famoso uccello, e che di queste attenzioni avevano goduto intensamente.
Grimildo attraversò i sette fiumi e scalò i sette monti, poi ritenne più prudente cessare con le proprie sembianze e, dopo aver pronunciato le formule adatte, ingoiò il contenuto delle fialette, prima quella che rendeva il frutto del suo batacchio velenoso fino alla morte, poi trasformandosi in un tenero fanciullo biondo. Questa trasformazione aveva mutato l’aspetto esteriore ma la forza muscolare e la perversione dell’animo erano immutate. Perciò accompagnato dall’una e guidato dall’altra proseguì all’interno della foresta. Quando gli capitava di incontrare dei cacciatori o dei carbonai chiedeva loro se avevano notizia di un gruppo di nani. Fu proprio un carbonaio che lo indirizzò alla piccola casa nella foresta che era distante non più di mezza giornata di viaggio. Per la preziosa informazione però costui chiese in cambio di poter gustare la profondità delle terga del bel giovinotto biondo e Grimildo fu costretto, per mantenere la propria copertura, ad assaggiare la consistenza del nodoso randello dell’uomo che l’aveva ragguagliato così dettagliatamente. Poiché era da parecchio tempo che il carbonaio non intingeva il biscotto, l’assaggio durò a lungo, talmente a lungo da cominciare a piacere anche al principe consorte. Pertanto quando, dopo aver percorso un buon tratto di strada in comune e giunto il momento di separarsi, l’uomo con la pelle resa nera dal proprio lavoro, chiese il bis al principe consorte, questi prima tentennò un po’ per salvare la faccia, poi si lasciò impalare ricavandone il giusto godimento.
Era giunta la notte e non potè proseguire molto dopo che si era lasciato con il carbonaio. Si costruì un giaciglio di fortuna quindi si addormentò pregustando l’imminenza del suo trionfo e del proprio godimento. L’indomani all’alba si alzò e corse diretto verso la casa dei nani per poter osservare come era la situazione. Assistette quindi alla colazione abbondante da parte degli abitante della graziosa abitazione (in effetti Bianconeve aveva buon gusto e molto tempo a disposizione per cui anche l’esterno della casupola era molto migliorato), quindi al rituale saluto e alle raccomandazioni da parte dei nani che partivano verso la miniera segreta. Aspettò una mezz’ora circa per essere sicuro che essi si fossero allontanati a sufficienza da non poter rappresentare disturbo alcuno al suo perverso disegno quindi diede il via al teatro che aveva preparato. Cominciò ad urlare “Aiuto, aiuto!” con voce sempre più forte poi cominciò a correre verso casa continuando a chiedere soccorso. Bianconeve, incurante delle raccomandazioni dei suoi amici, si affacciò attirato dall’angoscia della voce e vide giungere verso la casa di corsa un ragazzo biondo con abiti discinti e strappati in più punti. “Aiuto! Per favore, salvatemi. Un bracconiere feroce mi sta cercando per catturarmi!” Immediatamente Bianconeve cadde nell’equivoco abilmente studiato e aprì la porta accogliendo così chi lui riteneva essere suo compagno di sventura ma che in realtà era il suo nemico mortale.
Nel frattempo il caso volle che i sette nani, camminando verso la miniera, finirono per incontrare casualmente il carbonaio che aveva dato le indicazioni al principe consorte. Questi chiese loro se era giunto un ragazzo biondo fatto così e colà che girava la foresta in cerca di loro. Dopo un breve attimo di smarrimento essi furono attraversati contemporaneamente dallo stesso oscuro presentimento di morte e si slanciarono verso casa lasciando così di stucco l’incolpevole carbonaio. Ma mentre loro cercavano di guadagnare in fretta, nonostante le corte gambette, la magione non presidiata, nel frattempo si stava consumando la tragedia. Grimildo, contando sulla solidarietà di Bianconeve, era entrato e, recitando abilmente, lo abbracciò per ringraziarlo “Oh grazie! Mi hai salvato. Sicuramente quel bruto mi voleva rapire, ma i miei non hanno soldi e quindi mi avrebbe ucciso ..” Rimasero abbracciati un po’ troppo a lungo e, senza slacciarsi dal caldo contatto, il tentatore allungò una mano ad accarezzare delicatamente il viso del principe “Ma sei bellissimo!” E non recitava dicendo queste parole, Bianconeve abbassò i suoi occhioni neri e arrossì violentemente, anche perché il dolce contatto stava fancendo crescere nei due qualcosa che era impossibile nascondere.
Per questo quando il giovane biondo accostò le sue labbra a quelle turgide del giovane moro essi si lasciarono andare ad un languido ed eccitante bacio. A questo ne seguirono altri, poi altri ancora, quindi passarono frenetici a spogliarsi l’un l’altro e a coprirsi di baci su tutto il corpo. Grimildo aveva un’erezione quasi dolorosa accecato com’era dalla bellezza del maschio che stava per uccidere e si avviò quindi a goderne appieno. Dopo aver succhiato e violato di lingua il tenero bocciolo tra le candide chiappe quasi del tutto prive di peli, prese il principe, lo girò a pecora appoggiandolo al tavolo, quindì spinse lentamente il suo uccello nel tenero riparo. Ora la stregoneria che aveva fatto aveva sì trasformato esteriormente il batacchio tra le sue gambe ma ne aveva lasciata inalterata la possanza. E quindi per Bianconeve fu una piacevole sorpresa sentire scorrere nelle sue interiora quella clava possente e bitorzoluta che sembrava ben più grande di quanto aveva prima succhiato e ammirato. Cercò allora di rilassare i muscoli tesi dallo sforzo di contenere l’invasore e lasciò che il lento dondolio iniziale lasciasse posto ad una galoppata più generosa e intensa. Ogni colpo per lui rappresentava la sommità di una cima stupenda e l’abisso più profondo del dolore, ma ora le sue carni stavano accettando l’intruso apprezzandone gli effetti positivi della sua forza. Grimildo stava godendo come non mai nel possedere quel giovane corpo così perfetto e lo esprimeva con rantoli sempre più frequenti e intensi. Ma fu proprio il variare della sua voce che ricordò al principe il patrigno e lo fece irrigidire. Ma non poteva egli togliersi dall’infernale abbraccio perché il malvagio si rilevò e lo schiacciò contro il tavolo, continuando al contempo a spingere avanti e indietro nel condotto stremato e indifeso.
Giungevano in lontananza voci preoccupate: erano i nani che tornavano preoccupati verso casa, allora Grimildo diede i suoi ultimi poderosi colpi prima di venire e la sua possanza fu tale che Bianconeve, nonostante l’angoscia cominciò ad eruttare il proprio piacere mentre al contempo le sue viscere venivano allagate da un liquido nerastro. E fu così che in un baleno il nostro principe passò dalla sommità del piacere alla buia profondità di un sonno mortale e il suo corpo si afflosciò come una bambola di pezza per terra. Il perfido regnante guadgnò l’uscita senza nemmeno ricomporsi e prese a fuggire proprio nel momento in cui i piccoli uomini arrivavano nello spiazzo della casa. Cosa fu non si sa ma la natura, forse rattristata dalla incauta morte del bel principe, trasformò il suo umore e diede il via al più violento temporale che si fosse mai sviluppato negli ultimi cento anni tra quelle terre. Alcuni nani comprendendo la gravità dell’accaduto presero ad inseguire il fuggitivo mentre i meno aggressivi corsero a dare il loro aiuto al loro amico. Lo trovarono riverso per terra, nudo ed esanime con un rigagnolo di sperma nero che fuoriusciva da quello che una volta era stato un tenero ed elastico bocciolo di rosa. Subito Burrolo, Linguolo e Succhiolo ripulirono il condotto il più accuratamente possibile perché ne avevano compreso la natura velenosa ma il principe non dava alcun segno di risveglio. Intanto fuori nella foresta, sotto una piggia torrenziale, continuava l’inseguimento tra i quattro agguerriti nani e il malvagio Grimildo. I piccoli uomini incrociarono ad un certo punto un cavaliere sconosciuto, era il principer Vilfredo che, avvolto nel suo mantello, affrontava il nubifragio. “Presto c’è un assassino che scappa” gli urlarono i nani e il principe, scorgendo in lontanza una figura che si allontanava correndo, spronò il cavallo e partì all’inseguimento gridando “Fermati fellone!” Grimildo si volse spaventato dall’improvviso apparire di un cavaliere armato e con il quale avrebbe avuto probabilmente la peggio essendo privo di spada e allora si gettò lungo un sentiero scosceso dove sperava che il cavallo non si sarebbe recato. Ma la foga è cattiva consigliera e mise un piede in fallo scivolando e battendo violentemente il capo contro un masso sporgente.
Fu in questo modo inglorioso che il malvagio Grimildo lasciò l’umano consesso senza che ci fosse alcun rimpianto. Davanti agli occhi degli inseguitori che ne circondavano le spoglie, apparve lo spettacolo di un corpo che lentamente riacquistava le sembianze originali svelando così la natura stregonesca del cambio di aspetto. Angosciati i nani tornaro verso casa seguiti anche da Vilfredo che era curioso di vedere il cadavere dell’uomo ucciso dall’assassino che aveva inseguito e contribuito a far morire. Entrati nella stanza trovarono i tre nani singhiozzanti attorno al povero Bianconeve. Era la prima volta che Vilfredo vedeva il corpo del giovane e ne rimase profondamente colpito per l’armonia delle forme oltre che per i colori che abbiamo spesso rammentato al lettore e questo nonostante gli occhi chiusi dal sonno mortale che lo aveva colpito. Trovò naturale accostarsi al cadavere e carezzare dolcemente i capelli neri come l’ebano, le labbra ancora rosse e la guancia candida. Pose il suo orecchio sul cuore e cercò di avvertire anche il minimo fremito di un battito per quanto debole. Pur non conoscendo il giovane trovava profondamente ingiusto che una simile bellezza avesse trovato una morte crudele.
Chiese allora ragguagli ai nani ed essi narrarono la triste storia di Bianconeve e del suo vano fuggire dal perverso patrigno. Vilfredo rimase colpito perché si trattava proprio del figlio della regina con cui doveva cercare di stringere un’alleanza, il figlio del quale aveva appreso, prima di partire, la strana scomparsa. Ed ora se lo ritrovava qui ma non poteva fare nulla. Si sentiva impotente e, da uomo d’azione quale era, non stette fermo. Sollevò il corpo e lo portò esangue verso il letto “Non possiamo lasciarlo qui” I nani lo accompagnarono guidando i suoi passi nella piccola casa che aveva vissuto giorni così piacevoli e che ora ospitava un dolore senza confine. Lo posò delicatamente sulle coltri e, chinandosi, volle accostare le labbra a quello splendido bocciolo rosso, ora esangue. Avvertì come un fremito non appena le sue labbra incontrarono la fresca fragranza di quelle del giovane e trovò naturale baciarle come un maschio bacia una donna. Abbiamo già detto che Vilfredo non era insensibile alle grazie virili ma mai aveva avuto un impulso così potente verso il corpo di un altro maschio tanto da dimenticare che colui che stava baciando era morto. Ma stranamente la lingua del baciato rispondeva rilassata agli stimoli dell’ospite e allora il principe Vilfredo continuò a baciare con maggior trasporto portando anche una mano a reggere la nuca circondata dalla nera chioma. Nessuno dei presenti lo sapeva ma stava per scoprire che le doti dello stregone Grimildo non erano così perfezionate nel lanciarsi in complicati incantesimi. Difatti si era dimenticato di leggere le avvertenze altrimenti avrebbe saputo che, seppur era vero che la vittima moriva, in realtà non era morte definitiva ma un sonno simile alla morte che però poteva essere spezzato solo con un bacio d’amore.
Proprio quello che Vilfredo stava dando a Bianconeve che prima iniziò a sbattere le ciglia, poi ad aprire lentamente gli occhi e, non appena vide la maschia e piacente presenza dell’uomo che lo aveva strappato alle tenebre eterne, si abbandonò vieppiù al piacere di quel caldo bacio. I nani, accorgendosi del miracolo, iniziarono a saltare per la gioia e a cercare di abbracciare il redivivo principe e così facendo finirono con il separare i due. Le ore successive furono un tripudio dove ogni nano raccontava agli altri astanti quanto di eroico aveva fatto e quanto aveva sofferto. Alla fine Bianconeve porse la mano a Vilfredo e chiese “Voi conoscete tutto di noi e sapete che anche che vi saremo eternamente debitori per la vita, ma non conosciamo niente di ciò che siete, da dove venite, dove vi state recando, per quale fortunato caso vi siete trovato a passare per queste lande”. Vilfredo allora, anche perché sapeva che l’interlocutore davanti a lui era un alleato che ora gli era anche debitore, si confidò pienamente spiegando le sue ragioni e la sua missione. “Dunque dobbiamo entrambi raggiungere mia madre! Possiamo fare il viaggio assieme e darci conforto e sostegno” “Certamente principe Bianconeve, però dobbiamo essere prudenti perché il percorso sarà sorvegliato dagli emissari del regno di Katz En Koul che non vogliono che i nostri due regni si alleino per difendersi meglio” “Lo faremo domani perché ora sono stanco e stremato dalle avventure di questo giorno, quindi propongo a tutti una bella cena poi … potrei ospitare nel mio letto il mio salvatore perché non potrei permettere che egli dorma questa notte per terra!”. I nani capirono e comunque, felici perché il loro amico era vivo, prepararono una cena squisita e lasciarono i due principi perché potessero dormire quanto prima.
“Spero che non vi disturbi, ma io sono avezzo a dormire nudo” disse Vilfredo da pratico uomo d’arme “Oh non temete apprezzo anch’io riposare senza alcun orpello!” fu la pronta risposta di Bianconeve che non vedeva l’ora di poter ammirare il corpo dell’uomo che lo aveva salvato. Trovava bello il volto circondato dai capelli e dalla barba castani, ma rimase ammirato a vedere il torace robusto e muscoloso, le cosce tornite, il bel randello che penzolava sotto un bel bosco di peli castani che risalivano con una sottile striscia verso l’ombelico. Questo sì che era un uomo! Provò il desiderio di baciarlo tutto e non sapeva che questa era la medesima smania che attanagliava il cuore del suo salvatore. Ma erano giovani educati e riservati e temevano, con un gesto inconsulto, di rovinare il lor rapporto appena nato ma che, per tante ragioni di stato e di riconscenza, non doveva finire. Si stesero allora nel letto lìuno accanto all’altro ma, per fortuna, i nani non avevano abbondato in legname quando avevano preparato il giaciglio di Bianconeve e fu così che si ritrovarono stretti l’un l’altro. Questa vicinanza trasmetteva calore da un corpo all’altro e il coronamento di questo intenso scambio termico fu che i loro due uccelli svettarono presto verso l’alto. Ognuno si accorse allora del della bramosia dell’altro e fu dolce assecondare i propri e l’altrui desio.
Si baciarono a lungo, poi leccarono ogni centimetro del corpo dell’altro, assaggiarono l’asta poi si prepararono a concludere questo piacevole primo incontro con la preparazione dell’orifizio di Bianconeve. Quando infine, dopo un lento incedere, l’uno si sentì completamente pieno del desiderio dell’altro e l’altro sentì di possedere completamente il meraviglioso corpo del primo, si lasciarono entrambi trascinare verso le vette inusitate di un orgasmo che li scosse profondamente e li lasciò stremati l’uno sull’altro. Per Bianconeve questo era l’uomo che inconsciamente aveva sognato nelle lunghe notti passate a castello alla ricerca del personale piacere. Per Vilfredo si trattava della piacevole scoperta di una creatura che non aveva nulla della volgare durezza dei maschi che finora aveva posseduto e che gli conferiva una serenità e un appagamento che mai aveva pensato di poter raggiungere. Si amarono ancora altre due volte, con tenerezza e perseveranza, poi spossati caddero nelle braccia di Morfeo per un giusto sonno ristoratore. Furono lasciati dormire a lungo quella mattina e, una volta svegliati e resisi conto di essere l’uno accanto all’altro vollero ancora una volta donarsi reciprocamente il piacere che ognuno desiderava.
Il resto della mattinata pasò nel preparare i bagagli e le provviste per il viaggio e nel salutare i commossi nani. Si ripromisero di vedersi una volta che Bianconeve fosse riuscito a giungere sano e salvo a casa. Tutti e sette si raccomandarono con Vilfredo perché proteggesse chi aveva portato per un periodo la gioia nella loro casa. Infine salirono entrambi sul cavallo del principe di Chiappete e partirono. La dolce intimità della notte appena trascorsa li spinse a confidarsi l’un l’altro e fu così si rivelarono fatti e pensieri che mai avevano osato confessare ad alcuno. E ogni parola che l’altro pronunciava confermava nell’ascoltatore la certezza che quella era la persona con cui volevano passare il resto del tempo. Quando fu notte cercarono un anfratto protetto e, dopo una frugale cena, si spogliarono e si strinsero l’un l’altro sotto il pesante mantello di Vilfredo. Ancora una volta la passione li travolse e regalò ad entrambi il coronamento di una sfrenata cavalcata dove però questa volta il cavallo era Bianconeve e non il nero purosangue di Vilfredo.
Il giorno dopo e quello dopo ancora proseguirono il viaggio parlando di se e ascoltando l’altro raccontarsi. Poi un bel momento Bianconeve sbottò “Vilfredo io credo di amarti e vorrei tanto che smettessimo di parlare di quello che abbiamo fatto, ma affrontassimo il nostro futuro. Cosa ne sarà di noi perché è inutile nasconderci dietro il fatto che sia tu che io siamo due principi ereditari e, anche se stringeremo un patto di alleanza, tu sarai nel tuo castello ed io nel mio e, dopo aver assaggiato la tua verga, non voglio farne a meno nemmeno una notte” Vilfredo rimase muto per qualche istante poi rispose all’accorato appello “E’ vero Bianconeve, anch’io desidero passare il resto dei miei giorni accanto a te ma credo che dovremmo parlare apertamente con tua madre per cercare una soluzione!” Quella notte fu Vilfredo a far assaggiare a Bianconeve il piacere di introdursi nel suoi lombi. Il principe di Mazzate ne fu talmente estasiato che però non volle privarsi anche del piacere di sentirsi ravanare le viscere dal nodoso randello del suo amante.
Una volta superati i sette fiumi e i sette monti giunsero quasi al confine del bosco presso il castello dove entrambi erano diretti. Scorsero però alcuni uomini che sorvegliavano le strade per il castello e decisero prudentemente di restare al riparo. Un’ora dopo comparve dal bosco uno dei contadini che Bianconeve conosceva e sapeva essere fornitore del maniero. Lo fermò e, cercando di non farsi riconoscere, gli consegnò un breve messaggio per la madre, dandogli una moneta affinchè lo consegnasse di persona alla sovrana. Ora dovevano attendere. Se tutto fosse andato bene l’indomani sarebbero uscite le guardie a cacciare gli uomini del regno di Katz En Koul e nel frattempo si sarebbero incontrati di nascosto con la regina in un posto nascosto.
Passarono quella che temevano essere l’ultima notte assieme dando sfogo a tutti i loro desideri e trovando nell’altro un disponibile compagno di piacere. Il giorno dopo tremanti attesero gli eventi. Prima videro le guardie che uscirono a presidiare le strade costringendo gli emissari a sparire e lasciare il campo libero. Si recarono così al posto fissato per l’incontro. Bianconeve tremava tutto al pensiero di trovarsi a breve con le due persone che amava di più nella vita. E quando infine comparve la regina a cavallo fu un’emozione per entrambi e si gettarono l’una nelle braccia dell’altro scambiandosi baci e frasi senza senso. Bianconeve presentò poi il principe Vilfredo e dovette narrare alla madre la lunga storia della sua scomparsa. Fu poi la volta di Vilfredo presentarsi e narrare i motivi per cui si trovava lì. La madre intuì che il legame tra i due uomini fosse più profondo di quanto le loro parole rivelasse e li interrogò a riguardo. Essi si confessarono e dichiararono il loro amore reciproco. Bianconeve però alla fine volle dire “Madre, sai quanto ti amo, sappi però che, se lo riterrai necessario per il bene del nostro regno, io rinuncerò a Vilfredo e soddisferò i miei impegni regali” “Ma davvero tu ami quest’uomo così profondamente?” chiese la genitrice “Oh si madre! E’ proprio l’uomo ella mia vita!” “Uhm lasciatemi pensare un po’” e prese a camminare su e giù per il prato. Alla fine si presentò davanti ai giovani “Forse c’è una soluzione che mette tutti d’accordo” I due la fissarono pendendo letteralmente dalle sue labbra “Ora la mia situazione è di debolezza perché ho perso il marito, prima o poi lo verranno a sapere, e non c’è mio figlio, l’erede designato. Quindi devo avere un erede altrimenti gli avvoltoi si addenseranno sul nostro regno” La delusione si leggeva sui volti dei giovani ascoltatori “Però se io facessi trapelare che, oltre ad un figlio scomparso in circostanze misteriose, ho anche una figlia gemella che ho tenuto nascosta presso un convento tutti questi anni per non creare problemi di successione, e magari essa si chiamasse Chiomanera” dicendo questo accarezzò i lunghi capelli del figlio “E se questa mia figlia venisse promessa in sposa ad un giovane principe del vicino regno di chiappete, magari Vilfredo stesso otterremmo vari benefici: i due territori si unirebbero in maniera sostanziale divenendo un unico regno; nessun vicino cercherebbe quindi di attaccare una delle due parti; voi due potreste quindi coronare il vostro sogno di vivere insieme. E’ quello che volete, vero?”
I due sorridenti si guardarono negli occhi poi esclamarono contemporaneamente “Sì, è meraviglioso quello che avete pensato!” La regina aggiunse “Certo ci sono alcuni problemi che vanno risolti, ad esempio Bianconeve dovrebbe indossare sempre abiti muliebri, imparare ad andare a cavallo come una donna, apprendere quelle che sono le principali incombenze di una moglie …” Fu interrotta dal figlio che, rivolgendosi a Vilfredo proruppe preoccupato “Caro, ma non potrò darti un erede!” “Nessuno è perfetto” rispose sorridendo il principe di Chiappete e la madre continuò “A questo c’è sempre rimedio. Una sana fattrice, dietro adeguato compenso, può farsi inseminare da Vilfredo o da Bianconeve, e poi essere anche la nutrice del figlio. Certo tu dovresti portare per nove mesi delle imbottiture sulla pancia oltre a quelle solite al seno. Ma venendo a noi adesso, devo trovare un posto dove farvi rifugiare fino a che non riusciamo a rispedire Vilfredo, con una buona scorta di guardie, a casa per chiudere l’accordo anche con suo padre. Tu invece devi cominciare a vestirti da donna e a imparare a comportarti come tale. Credo di aver trovato il posto adatto e anche le persone di fiducia che possono proteggere il nostro segreto e insegnarti quello che serve” Fu così che essa diede indicazioni precise ai giovani affinchè l’indomani raggiungessero una fattoria non lontano dal castello dopo che le guardie avevano sgombrato il campo dagli emissari di Katz En Koul. Poi Vilfredo, adeguatamente scortato, avrebbe raggiunto il regno natio e dato avvio alla preparazione per le nozze. Bianconeve intanto si sarebbe trasformata in Chiomanera imparando quanto necessario. Mentre la madre intanto preparava la dote, dopo circa un mese avrebbe fatto il suo ritorno a castello sotto le nuove spoglie. Se non ci fosse stato alcun problema di lì a poche settimane si sarebbero celebrate gli sponsali con grande pompa.
E fu così che avvenne, Bianconeve, diventato Chiomanera, salì all’altare vestita di bianco e impalmò il suo bel Vilfredo e passarono la luna di miele nel regno di Chiappete. Qualche anno dopo ebbero prima un figlio che era il ritratto sputato del padre, poi una bimba bellissima che assomigliava invece alla “madre”. Dopo che salirono sui rispettivi troni, unirono i due regni in uno, e regnarono sulle terre così unificate con saggezza e misura. E non passava giorno che non combinassero cose piacevolissime in camera da letto.

Ah dimenticavo, i sette nani Burrolo, Bitorzolo, Linguolo, Mazzolo, Succhiolo, Tappolo, Trombolo furono invitati d’onore alle nozze e spesso furono ospitati nelle regge dei loro amici e vissero a lungo felici e contenti.
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