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La gabbietta dell’uccellino: l’insostenibile voglia di cazzo


di leatherbootsfetish
09.03.2023    |    7.154    |    15 9.7
"Il tuo uomo è qui per te” Eccitato com’ero ci volle veramente poco e un orgasmo incredibilmente intenso mi scosse tutto il corpo, schizzando sborra fuori..."
Il corpo umano è una macchina meravigliosa. Non appena un organo non è più disponibile il cervello comincia gradualmente a dimenticarsi della sua esistenza e cerca di sopperire con le eventuali alternative disponibili.
Non potevo più usare il mio cazzo come volevo perché si trovava rinchiuso in una gabbia di castità e ogni volta che tentava di gonfiarsi i tessuti premevano sulle sbarre, bloccando l’afflusso di sangue e riportandolo prontamente allo stato di flaccidità.
Il fatto di non avere un pene a disposizione da usare liberamente non impediva però alla voglia di sesso di crescere e, non avendo più possibilità di liberarsi secondo la normale via di soddisfazione, si concentrava tutta sull’altro orifizio disponibile facendo montare a livello del culo una incontrollabile voglia di infilarci qualunque cosa.

Così quella sera il maiale ebbe gioco facile.
Avevamo appena terminato di fare la doccia insieme come di consueto e per tutto il tempo, evidentemente eccitato, non aveva fatto altro che stuzzicarmi il buco del culo con le dita mentre io, per nulla a mio agio, insaponavo e lavavo nervosamente tutto il suo corpo.
Quest’ultima novità stava dando alla testa a entrambi. Gli avevo consegnato le chiavi della mia virilità e non vedeva l’ora di esercitare il nuovo potere che aveva sul mio corpo e sulla mia mente, mentre io inconsciamente godevo dello stato di estrema sottomissione nella quale ero sprofondato.
Una volta asciugati mi fece piegare appoggiando le mani sul bordo della vasca allargandomi le gambe, prese il phon e lo accese soffiando aria tiepida sulla gabbietta e sul buchino: “Impara come faccio perché da oggi dovrai essere tu ad avere cura della tua passera e tenerla sempre pulita e in ordine per il tuo uomo”.
Mi resi conto che la trasformazione psicologica del mio cazzo in una figa mi eccitava e al contempo mi infastidiva, rendendomi assolutamente incapace di reagire.
Terminata l’operazione prese la chiave del lucchetto e la infilò in una catenina che si mise al collo guardandomi negli occhi. “Così adesso la tua virtù sarà al sicuro” disse felice.
Si divertiva ad umiliarmi e finalmente capii che aveva ragione lui: non aveva alcun senso giocare con un uomo chiuso in quella gabbietta senza essere in possesso della chiave.

Andammo a letto e Mike mi incalzò eccitato: “Mi hai proprio fatto un regalo con questa tua idea. Mi piace molto e, chissà, potrebbe anche dare un corso completamente nuovo al nostro rapporto”.
Mi sistemò su un fianco mettendosi a cucchiaio dietro di me in modo che potessi sentire il suo uccello duro che premeva sul culo, mentre scorreva le dita sulle sbarre della gabbietta.
Con la sua voce calda e sensuale si avvicinò al mio orecchio dicendomi: “Adesso che non hai più un pene sono io l’unico uomo di casa. Chi l’avrebbe mai detto che saremmo diventati una coppia regolare”.
Mi venivano i brividi per come si stavano mettendo le cose, ma sapevo che stava facendo di tutto affinché io mi umiliassi implorandolo di togliermi quello strumento di tortura. Ma non gli avrei mai dato questa soddisfazione, così resistetti in silenzio.
“Anzi, che ne diresti se cominciassi a chiamarti Paola?”
Non volevo dargliela vinta, così decisi di stare al gioco e gli risposi con la voce più naturale che trovai: “Il padrone siete voi. Potete chiamarmi come preferite”.
“Brava. È esattamente così che ti voglio: passiva con il tuo uomo ma devota alla sua nerchia”
Poi aggiunse: “Dovremo anche pensare ad un nuovo guardaroba. Basta con quei pantaloni in pelle e quei jeans attillati da macho di periferia che usi per adescare uomini e donne. Credo che adesso sarebbero più appropriate delle gonne, magari anche molto corte. Così saresti super sexy per il tuo uomo e probabilmente potresti tenerti buona parte dei tuoi amati stivali” mi disse eccitato nell’orecchio mentre aumentava la pressione, continuando a far scorrere il cazzo tra le mie chiappe.
“Sai, credo che sarebbe più divertente se tu avessi un po’ di tette” aggiunse giocando con i capezzoli.
E ancora: “Saresti ancora più figa se ti facessi crescere i capelli lunghi. Ma è sicuro che la barba e tutti quei peli non siano per niente appropriati al tuo nuovo status. Credo proprio che dovrai provvedere a eliminare tutto”.

Sapevo che non stava dicendo sul serio, ma riuscì comunque a destabilizzarmi.
Il porco si stava divertendo alle mie spalle e l’unico responsabile ero io. Ma mentre parlava mi resi conto che quel nuovo gioco mi intrigava da matti e così decisi di fare buon viso a cattiva sorte.
Mi illudevo di conoscerlo ormai bene e, sebbene lui sia l’unico uomo con il quale io abbia rapporti da passivo, ero sicuro che non fosse alla ricerca di un travestito. Se lo avesse desiderato non avrebbe avuto difficoltà a trovarne uno, oppure avrebbe semplicemente cercato di cambiarmi molto tempo fa.
Il nostro rapporto è un gioco di dominazione tra maschi ed ero quasi certo che, nonostante si stesse divertendo molto della nuova dinamica, non volesse cambiare lo status quo.
Quasi…

Così reputai che l’unico modo per farlo smettere fosse dargli ciò che non voleva avere.
Allungai il braccio dietro di me e gli presi il cazzo eretto in mano dicendo: “Certo che se tu la smettessi di parlare tanto e ti dedicassi un po’ di più alla tua donna faresti un favore a entrambi”.
Colsi un attimo di smarrimento e così incalzai: “La mia figa ha bisogno di attenzioni e se non gliele darai tu andrò a cercarmi un altro uomo”.
Negli anni ho imparato che non si deve mai mettere Mike in concorrenza con nessuno in quanto il suo istintivo bisogno di primeggiare può portarlo a compiere gesti inconsulti.
“Ma bene” disse. È bello sapere di avere nel letto una puttana vogliosa di cazzo” e allungò il braccio per prendere il lubrificante dal cassetto del comodino.
“Preparati, perché ho intenzione di darti una lezione che non scorderai facilmente” disse mentre ungeva accuratamente il mio buco.
“Io sono già pronta da un pezzo” gli dissi alzandomi e mettendomi a quattro zampe davanti di lui. Abbassai la faccia sul suo uccello aprendo la bocca per accoglierlo e cominciai un passionale pompino.
Invece di rilassarsi e godersi il lavoretto che gli stavo facendo preferì prendermi la testa per gestire la pompa. Ma a quel punto io feci resistenza e mi fermai.
“Ti sei preso la mia virilità. Se non la smetti di comandare, stasera ti mando in bianco”
Mi è sempre piaciuto farlo incazzare prendendo l’iniziativa e forse questa è una delle ragioni per le quali siamo ancora insieme dopo tanti anni.
Poi abbandonai l’asta e mi concentrai sulle palle leccandogli lo scroto. Quelle belle noci mi hanno sempre eccitato. Le succhiai una per una sentendolo gemere di piacere.
“Cazzo se sei troia. Succhia Paola, succhia. Fai godere il tuo uomo come solo una vera femmina sa fare”.
L’uccellino avrebbe voluto liberarsi della gabbia, ma veniva prontamente messo a tacere, mentre il buco del mio culo aveva cominciato a reclamare la sua parte con urgenza.
Con la lingua cominciai la risalita verso di lui. Lo desideravo con tutto me stesso e volevo la sua bocca. Leccai il corpo liscio assaporando il suo sapore salino fino a quando arrivai ai capezzoli sporgenti. Cominciai a succhiarglieli e a morderglieli leggermente con i denti, facendogli male di proposito. Gli baciai il collo sotto all’orecchio e raggiunsi le sue labbra che si schiusero immediatamente per accogliere la mia lingua.
Mi staccai da lui e gli dissi: “Ti voglio. Tutto il mio corpo ha bisogno di te”.

Non ci fu bisogno di aggiungere altro. Ci rimettemmo a cucchiaio, mi alzò bruscamente una gamba per entrarmi più agevolmente in culo, inserendosi lentamente ma senza fermarsi.
Mentre lo sentivo entrare percepivo ogni avvallamento e ogni arteria pulsante del suo cazzo man mano che si faceva strada dentro di me. Dedussi che il mio cervello, avendo accantonato il pene, si fosse concentrato sull’ano rendendolo incredibilmente sensibile.
“Riempimi con quella mazza bollente” cominciai a dire.
Una volta dentro si fermò per lasciare che i miei tessuti si abituassero, ma io ero in preda alla lussuria e lo incalzai: “Non ti fermare. Non ti fermare”
Mike eseguì con piacere e mi ritrovai presto a boccheggiare sotto i suoi colpi.
“Se mi diventi così troia, quella gabbietta te la saldo addosso e non te la togli mai più”
“Si, si, così. Voglio sentire quel cazzo fino in gola” mi sorpresi a urlare senza controllo.
Ma più io urlavo e più lui si eccitava.
Uscì da me e sentii un vuoto improvviso. Mi tirò su a forza e mi sbatté prono sul letto, mi fece piegare le gambe per offrirgli il culo mentre mi premeva le spalle contro al materasso.
“Sto rientrando. Domani sarai costretta a camminare a gambe larghe” disse mentre tornava dentro me.
La sensazione era incredibile. Da tempo mi aveva abituato alle sue dimensioni ma questa volta sembrava ancora più grosso e sentivo che invadeva tutto il mio corpo mentre lui pompava come una furia.
Poi mi spostò mettendomi a quattro zampe sul bordo del letto mentre rimaneva con i piedi sul pavimento, e riprendendo il suo posto al mio interno mi ordinò: “Adesso se vuoi soddisfarti devi fare da sola. Sono stufo di essere sempre io a fare tutta la fatica.”. Così cominciai a impalarmi su quel cazzo andando avanti e indietro mentre lui si piegava sul mio corpo baciandomi la schiena e le spalle.
“Lo vedi quanto sei cagna? Infilatelo dentro tutto”. Ed io cominciai a fa roteare il sedere in modo da sentire quel palo farsi spazio al mio interno.
Tirai su il busto e buttai indietro le braccia per cercare il suo bacino per spingerlo sempre più dentro, mentre continuavo a godere di quel cazzo nel culo.
Rimanendo giù dal letto Mike cominciò a giocare con i miei capezzoli aumentando il mio piacere, mentre mi baciava dietro le orecchie dicendomi: “Prenditelo tutto dentro. Lo so che non riesci a farne a meno”.
Ed aveva assolutamente ragione. Il suo membro entrava e usciva dal mio culo mentre stringevo lo sfintere per godere di ogni centimetro di quella verga poderosa.

Ma non era ancora soddisfatto. Così tornò sul letto e lasciandomi a quattro zampe si posizionò dietro di me. Mi fece passare un braccio attorno al collo costringendomi a girare la faccia per baciarlo mentre rientrava violento nel mio posteriore.
Continuò a lungo a martellarmi ansimando finché non disse: “Sei pronta? Adesso ti riempio”. Si irrigidì e sentii la sborra calda che mi invadeva l’intestino.
Rimase per un po’ sulla mia schiena finché non si fu completamente vuotato. Poi uscì e senza dire niente mi mise supino sul letto. Mi venne vicino e mi disse: “Sei stata brava, ma non sei ancora venuta. Adesso che sei tutta bagnata ti meriti un ditalino come si deve”.
Infilò il dito medio nel buco dilatato alla ricerca della prostata e cominciò a stimolarmela piano.
Muoveva il dito con perizia mentre sentivo il suo alito caldo sulla faccia: “Godi Paola, godi. Il tuo uomo è qui per te”
Eccitato com’ero ci volle veramente poco e un orgasmo incredibilmente intenso mi scosse tutto il corpo, schizzando sborra fuori dalla gabbietta come una fontana e lasciandomi senza fiato per il piacere.
Una volta che smisi di tremare mi abbracciò stretto a lui sussurrandomi: “Hai visto? Per godere non ti serve più avere un pene”. E aggiunse con tono minaccioso: “Ma non osare toccarti quando non ci sono io o ti metto un tappo anche dietro”.
Mi misi a pensare a quanto appena accaduto. Mike mi faceva godere ogni volta che avevamo un rapporto ma questa volta era stato diverso, amplificato all’inverosimile. Avevo goduto di culo, ma soprattutto di testa, all’idea che lui possedesse tutte la chiavi del mio corpo e che non fossi più libero di decidere per me stesso.
Quella gabbietta aveva cominciato a trasformarmi psicologicamente e, nonostante l’idea di essere completamente sottomesso a quell’uomo mi eccitasse, ero risoluto a farla sparire per sempre.

“Sei stata davvero incredibile” mi disse divertito accarezzandomi il viso.
“Tutto merito tuo” gli risposi con la voce in falsetto. “Sei un vero stallone”.
Il suo viso divenne improvvisamente serio. Evidentemente questo imprevisto l’aveva spiazzato.
Così rincarai la dose “Sei riuscito a farmi sentire così femmina” gli dissi languido accentuando il falsetto.
Allungai la mano cominciando a giocare con il suo pene molle. “Dimmi quando sei pronto per il bis”.
Quasi seccato mi rispose bruscamente: “E’ tardi. Adesso è ora di dormire”
Allungò la mano per spegnere la luce e così non poté vedere il mio sorrisetto felice mentre mi sistemavo comodamente contro il suo corpo.

La mattina dopo, al mio risveglio, Mike dormiva ancora. Mi resi subito conto che mi stavo abituando a quell’oggetto infernale e che, salvo per la rigidità del metallo, non mi dava alcun fastidio indossarla. Quello che però rimaneva costantemente presente era il senso di castrazione fisica.
Mi misi a riflettere come sia perverso il meccanismo che sta alla base di questo gioco. Io avevo una gran voglia di godere, ma non avendo più un pene dovevo necessariamente infilarmi qualcosa nel culo per stimolare la prostata. Per di più, la sensibilità anale si era accentuata regalandomi sensazioni estreme mai provate prima. E così cresceva dentro di me una voglia incredibile di essere scopato in continuazione.
Nella pratica, mi vedevo condannato a un bisogno continuo di cazzi!
Accarezzai piano il corpo del mio carceriere e mi alzai per andare in bagno. Dopo essermi lavato la faccia mi sedetti sul cesso per i bisogni corporali.

Prima che terminassi Mike mi raggiunse e, nudo com’era, si posizionò davanti a me massaggiandosi vistosamente i coglioni, bloccandomi sul cesso con il suo corpo.
“Buongiorno Paolina. Hai dormito bene?”
Da sempre sono eccitato dall’essere dominato da quell’uomo e trovarmi seduto sul gabinetto davanti al suo corpo con il cazzo in primo piano davanti agli occhi, fece scattare tutti gli interruttori del mio cervello.
Mi guardava dall’alto sorridendo e facendo sfiorare le mie labbra al suo cazzo barzotto aggiunse: “Che ne dici di dare al tuo uomo un buongiorno come si deve?”.

Il suo odore invase le mie narici e fu peggio di una droga. Senza dire una parola tirai fuori la lingua passandogliela in punta come so che lo fa impazzire. La feci scorrere a lungo appena sotto la cappella per poi accoglierlo in bocca mentre cresceva velocemente.
La posizione in cui mi trovavo non era delle più comode così feci per alzarmi, ma lui mi rispinse giù dicendo: “Non ho detto che voglio la tua figa, mi basta una sveltina di bocca”
Eccitato come un maiale eseguii senza fiatare prendendolo di nuovo in bocca, succhiando e pompando avidamente aiutato dalla lingua. Non sapevo dove tenere le braccia e, dato che non avevo la possibilità di farmi una sega né di toccarmi, mi aggrappai con entrambe le mani al suo culo sodo.
Mike sembrò gradire perché lo sentivo gemere mentre assecondava il mio lavoretto con i movimenti del suo bacino. Ogni tanto me lo spingeva fino in fondo per poi permettermi di riprendere fiato e fece durare questo giochino per un bel po’.
Normalmente sono abituato a gestire le situazioni, ma seduto in quella posizione non potevo fare altro che tenermelo in bocca continuando a succhiare e la mandibola aveva cominciato a farmi male. Inoltre, avevo tutte le gambe bagnate dalla saliva che mi colava copiosa dalla bocca. Era una situazione assurda e imbarazzante, ma sapevo che era esattamente ciò che lui voleva che io provassi.
Per fortuna era arrivato al termine, così si sfilò dalla mia bocca e cominciò a segarsi velocemente fino a quando non inondò la mia faccia con i suoi schizzi violenti.
Poi pulì minuziosamente la barba portandomi il suo sperma alla bocca con le lunghe dita che io succhiai avidamente.
“Sei proprio un’amante vogliosa. Fai vedere al tuo uomo quanto ti piace la sua sborra”
Avevo soddisfatto il mio bisogno psicologico di sottomissione, ma come effetto collaterale tutto ciò mi aveva eccitato alla follia, esasperando il bisogno fisico di sentirlo di nuovo dentro di me.
Ma lui sembrava appagato e così mi disse tranquillamente: “Adesso alzati da quel cesso, datti una lavata e andiamo in palestra”.
Passammo la mattinata in palestra e, controllandomi continuamente negli specchi, notai che potevo fare praticamente qualunque cosa e che dall’esterno dei pantaloni non si notava quasi niente. L’armatura rimaneva morbidamente accolta all’interno del sospensorio che avevo deciso di indossare per l’occasione, ma la rigidità del metallo continuava a ricordarmi la sua presenza. Al termine dell’allenamento, ovviamente, mi guardai bene dal fare la doccia insieme agli altri uomini e per pisciare fui costretto ad accucciarmi sul gabinetto.

Tornati a casa, dopo pranzo andai alla carica abbracciandomi a lui sul divano cercando di tentarlo, ma evidentemente questa situazione lo divertiva molto perché mi liquidò dicendo: “Che tu fossi una puttana affamata del mio cazzo l’ho sempre saputo, ma adesso stai esagerando. Ti ho detto che devi imparare a controllarti”.
La mia strategia stava cominciando a fare qualche crepa, anche perché continuava a rivolgersi a me al femminile. Così decisi di ignorarlo per tutto il pomeriggio tenendomi occupato il più possibile nella speranza di evitare di pensare al sesso.

Terminammo la giornata guardando la televisione e per tutta la durata del film era evidente quanto ce l’avesse duro perché continuava a sistemarselo con le mani da sopra ai jeans, sempre con un ghigno furbetto dipinto sul viso. Stava continuando a giocare con me mentre l’eccitazione e il senso di castrazione mi crescevano dentro.
Al termine del film si alzò, si mise di profilo davanti ai miei occhi stiracchiandosi in modo che non potessi fare a meno di notare il rigonfiamento sotto ai pantaloni.
Così allungai la mano e lui mi lasciò fare. Lo accarezzai piano da sopra i pantaloni come si fa con un oggetto prezioso e lui non disse nulla, continuando a guardarmi divertito.
Era decisamente duro a dimostrazione di quanto questo gioco di potere lo eccitasse. L’asta si vedeva completamente estesa sotto al tessuto ed avevo una voglia matta di prenderla in mano per cominciare a giocarci.
Avevo aperto i primi due bottoni della patta pregustando la ricompensa quando mi bloccò dicendo: “Sono stanco e domani si lavora. Andiamo a letto”.
Finalmente era arrivato il momento. Lo precedetti in bagno, mi spogliai rapidamente e mi infilai sotto alle lenzuola in attesa che arrivasse.
Si distese supino sul letto dandomi libero accesso alla sua intimità e finalmente potei impugnare l’oggetto del mio desiderio. Cominciai a segarlo pregustandomi il seguito. Poi lo avvolsi con le labbra ma, a differenza del solito, invece di lasciare a me l’iniziativa volle partecipare attivamente menandoselo con la mano mentre glielo succhiavo con ardore. Era straordinariamente eccitato tanto che, in un tempo insolitamente ristretto, mi spruzzò in bocca senza preavviso fiotti della sua sborra calda. Il porco non aveva fatto nulla per durare più a lungo.
“Grazie cara, ne avevo proprio bisogno” mi disse dandomi un bacetto sulla bocca. Poi spense la luce e si girò dall’altra parte aggiungendo: “Buonanotte tesoro, dormi bene”.
Non avevo aspettato tutto il giorno per chiudere la partita in questa maniera, così mi avvicinai a lui e allungai la mano al centro delle sue gambe, ma mi liquidò con un semplice: “Controllati Paola, so che puoi farcela”.
Quella notte dormii poco e decisi che era arrivato il momento di fare qualcosa di risolutivo.

La mattina successiva uscì di casa chiedendomi: “Ho la tua parola che non ti toccherai fino al mio ritorno?” e io annuii con fare remissivo.
Ma il mio obiettivo era quello di liberarmi della gabbia una volta per tutte, non certo quello di dover gestire il tempo in attesa del suo ritorno. Così mi vestii rapidamente ed andai a fare spese per mettere in atto il mio piano.

Quella sera, quando Mike rientrò, trovò ad attenderlo la sua nuova donna.
Avevo indossato una gonna corta elasticizzata che non poteva nascondere le gambe storte e pelose e una canotta scollata sotto la quale erano evidenti i radi peli del petto.
Ai piedi avevo indossato scarpe con tacco alto con le quali non riuscivo a camminare senza prendere continue storte alle caviglie e una dozzinale parrucca biondo platino nascondeva parzialmente la mia barba.
L’insieme era assolutamente ripugnante e Mike, vedendomi, fece una smorfia.
Chiusi la porta alle sue spalle e gli misi una mano sul pacco impugnandoglielo con energia attraverso i pantaloni, dicendogli poi in falsetto: “Buonasera tesoro, non vedevo l’ora che tornassi a casa. Andiamo di sopra così potrai scoparmi come solo tu sai fare”.
Rimase sbalordito facendo un passo indietro, impreparato sul da farsi. “Vai subito a cambiarti. Sei orribile vestita così” mi ordinò serio ma io, fissandolo negli occhi e riprendendo la mia voce normale, lo sfidai: “Eh no bello mio. Da oggi in poi questo sarà quello che troverai ogni volta che tornerai a casa”.

Rimase un attimo interdetto ma poi lo vidi alzare le braccia per sfilarsi la catenella che teneva al collo. “Va bene. Credo che tu abbia imparato la lezione e quindi ho deciso di liberarti”.
Alzai leggermente la gonna sotto la quale non indossavo nulla al di fuori della gabbietta. Aprì il lucchetto e mi sfilai velocemente gabbia e anello.
Il mio cazzo rispose immediatamente erigendosi baldanzoso.
“Adesso si che ti riconosco” disse Mike mentre guardava, ridendo, il mio pene eretto che sporgeva dalla gonna corta.
Buttai la parrucca per terra, lanciai lontano le scarpe infernali e lo tirai a me per la cravatta, baciandolo in bocca.
“Andiamo di sopra” gli sussurrai. “Il tuo uomo ha bisogno urgente di una ripassata”.

Quella sera saltammo la cena e scopammo come due animali. Mi sono sentito di nuovo uomo ogni volta che me lo ha preso in mano per segarmi o se lo è messo in bocca per darmi piacere. Mi ha preso in tutte le posizioni possibili ed abbiamo goduto entrambi dei nostri corpi.

Non abbiamo però buttato la gabbietta. Anzi, non è escluso che in futuro possa rientrare ancora tra i nostri giochi di coppia.

Ma solo a condizione che il suo utilizzo sia molto limitato nel tempo!!!
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