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Gay & Bisex

Non aprire quella porta - 5 - Rivelazioni


di leatherbootsfetish
18.01.2023    |    4.027    |    16 9.8
"Farai un figurone” disse Francesco..."
Ero rientrato da poco e non avevo ancora indossato il mio completo da casa quando suonò il cellulare. Risposi senza riconoscere il numero e una voce allegra mi salutò dall’altra parte.
Era Francesco, la prima persona che ho incontrato arrivando in città e con la quale avevo fatto il primo colloquio di lavoro. Mi disse che mi avrebbe aspettato fuori dal cancello e che mi avrebbe portato fuori per qualche ora.
Misi rapidamente tutto in ordine e uscii di nuovo di casa.
Lo riconobbi subito nonostante fosse vestito in maniera molto diversa rispetto al nostro primo incontro. L’abito elegante aveva lasciato il posto a una maglietta scura e un paio di jeans chiari che coprivano gli stivali marroni.
Mi guardò da capo a piedi ed emise un fischio. “Caspita, sei molto cambiato rispetto all’ultima volta che ci siamo visti. E quei jeans ti stanno a pennello, ma si sa, io ho una dote speciale nell’indovinare le taglie”.
Sbalordito, gli chiesi: “Li hai comprati tu?”
“Credi forse che il tuo datore di lavoro abbia tempo di andare in giro per negozi a fare shopping tra una riunione e l’altra? Certo che li ho scelti io. Così come tutto il resto che ti ha portato. Questo è il mio lavoro”.
Mi spiegò di essere l’assistente privato di Mike, che lui chiamava “il dottore”. Conosceva bene i suoi gusti ed aveva impiegato gli ultimi tre anni a conquistare la sua fiducia.
“Oggi mi ha dato la giornata libera e mi ha detto di pensare a te. So tutto dell’evolversi del vostro rapporto e sono felice di aver contribuito trovando la persona giusta”
Lo guardai attonito e preoccupatissimo. “Cosa sai?”
Rise con quella sua risata contagiosa e rispose “So tutto. Ogni minimo dettaglio. Il dottore non ha segreti per me. Vieni, dobbiamo andare. Ti racconterò strada facendo”

Un’auto scoperta era parcheggiata poco lontano e quando partì mi disse: “E’ cominciato tutto con il nostro incontro. Sapevo cosa il dottore stesse cercando e avevo l’incarico di procurarglielo. Tu sembravi perfetto e ho quindi puntato tutto su di te”
“Non capisco. Come potevi prevedere tutto quello che è successo poi?”
Rise ancora. “Non lo sapevo, ma ero certo che se non fosse riuscito a tenerti per le palle ti avrebbe licenziato e io avrei dovuto mettermi alla ricerca di qualcun altro. Vieni, scendiamo qui”
Parcheggiammo ed entrammo in un grande negozio di abbigliamento dove mi consigliò alcuni jeans. “Alla taglia penso io, ma tu provali comunque per vedere come ti stanno”.
Mi accompagnò al camerino ed entrai. Avevo appena tolto quelli che avevo addosso e stavo per infilare quelli nuovi quando Francesco fece capolino dalla tenda.
D’istinto mi coprii. “Scusami, non porto le mutande”
Rise: “lo so che non le porti, ho ricevuto precise istruzioni di non comprartele! Non ti preoccupare, non è certo il primo pisello che vedo”
Finii di infilarmi i pantaloni e mi guardai allo specchio, poi mi girai verso Francesco: “che ne pensi?”
Lui entrò nel camerino, mi guardò un attimo dopodiché mise una mano sul mio uccello per sistemarmelo in maniera che si vedesse meglio sotto la stoffa.
“Hai una bella dotazione, mettila in mostra! Ecco così sono perfetti. Sei uno schianto, tienili indosso così cominciano ad ammorbidirsi”. Rimisi gli stivali e guardandomi allo specchio concordai che vestito così facevo la mia porca figura.
Francesco andò alla cassa, pagò e tornammo alla macchina.

Partendo allungò una mano sulla mia coscia e disse: “Voglio che tu sappia che io sono gay e che per un uomo come te potrei fare pazzie. Ma tu adesso appartieni al dottore e quindi per me sei off-limits”
Non rimasi insensibile a quella mano calda vicino al mio pacco e sentii un accenno di erezione che tentai di sistemare muovendomi sul sedile. Ma Francesco sembrò non farci caso e, senza muovere il braccio da quella posizione, cominciò a raccontare.

“Ho cominciato a lavorare per quest’azienda più di tre anni fa. Il lavoro mi piaceva e la paga è sempre stata buona. Ma sono gay e avevo il terrore che si venisse a sapere perché ero sicuro che ciò avrebbe alimentato pettegolezzi e rovinato la mia carriera. Quando il dottore lo scoprì mi offrì il suo silenzio in cambio della mia fedeltà assoluta. Ed io accettai.
Sul lavoro è un vero stronzo e io sono tra le poche persone che gli siano sinceramente vicine e fedeli. Ma è anche incredibilmente capace e professionale e quindi sta scalando velocemente tutte le posizioni interne. Ha solo bisogno di una valvola di sfogo, un’ambiente tranquillo nel quale si senta al sicuro e del quale possa avere un controllo totale. Insomma, dove possa sentirsi libero di fare ciò che vuole e liberare i suoi istinti. Così io mi occupo delle sue necessità durante le ore di ufficio e te l’ho affidato quando è a casa”.
I tasselli del puzzle cominciavano a incastrarsi. La determinazione, la rabbia e la fermezza che avevo ammirato fin da subito nel mio padrone trovavano finalmente una ragione di essere.
Francesco interruppe i miei pensieri. “Siamo arrivati. Vieni con me”

Ci eravamo fermati davanti a un palazzo anonimo. Francesco fece una telefonata e poco dopo con un ronzio si aprì una porta.
All’interno ci trovammo in una grande stanza illuminata freddamente. Intorno a me vedevo solo abbigliamento in pelle e mi resi quindi conto di essere in un leather shop non visibile dall’esterno.
L’uomo rozzo dalla folta barba nera, alto e muscoloso che ci venne incontro sorridendo era il proprietario.
Aveva le braccia, le mani e il collo pieni di tatuaggi vistosi e se ne intravedevano altri sotto alla larga maglietta.
Evidentemente conosceva bene Francesco che me lo presentò come Luca, si abbracciarono come vecchi amici e si fecero a vicenda qualche battuta goliardica. Dopodiché se ne andò lasciandoci liberi di scegliere ciò che ci serviva.
Francesco scelse per me un paio di pantaloni in pelle marrone scuro con lacci sulle gambe e un paio di strani pantaloni che mi sembrava di aver visto in qualche vecchio film western.
Francesco li definì “chaps”.
Mi mostrò il camerino e questa volta non si curò nemmeno di chiudere la tenda.
Mi osservò mentre mi toglievo gli stivali, mi calavo i jeans e mi infilavo il primo paio di pantaloni.
La pelle con la quale erano fatti era più leggera di quanto avevo provato finora ma la sensazione che ricevevo indossandoli era sempre fantastica. Essendo più leggeri, il mio pacco era ancora più evidente e si allungava verso la coscia. Ero imbarazzatissimo.
“Fammi vedere come stanno con questi stivali” e mi allungò un paio di alti stivali neri da cavallo. Faticai un po' a infilarli, ma l’abbinamento risultò perfetto.
“Molto belli. Adesso prova gli altri”
Mi aiutò a sfilare gli stretti stivali, dopodiché calai i pantaloni e cercai di capire come indossare i chaps. Così chiesi una mano a Francesco. Erano completamente aperti sia davanti che dietro e il mio pene penzolava ad ogni movimento.
“E’ l’abbigliamento che gli piace di più. Farai un figurone” disse Francesco. Lo guardai molto perplesso ma poi, indicando l’erezione evidente nei suoi pantaloni, gli dissi: “beh, se fanno quell’effetto li prendo senz’altro”.
Francesco rise e si sistemò il cazzo nei pantaloni. Mi tolsi i chaps decidendo di rimanere con i nuovi pantaloni marroni e gli stivali. Era la prima volta che mi facevo vedere in giro con quell’abbigliamento eccitante e trasgressivo.
Francesco, sorridendo orgogliosamente, non distolse gli occhi da me nemmeno per un momento. Poi andò in cerca di Luca per pagare gli articoli che avevamo scelto e io rimasi solo a guardarmi intorno.
Ero eccitatissimo. Il profumo era inebriante e scoprivo articoli dei quali nemmeno capivo l’uso o la funzione. Era un mondo tutto nuovo che avevo una voglia incredibile di scoprire.
Quando Francesco tornò ci avviammo alla macchina e ripartimmo.

“Non mi ha mai parlato della sua vita. Mi sono reso conto che non so niente di lui” dissi a Francesco.
“Anch’io ne so poco. È americano e so che sua madre veniva dalla Jamaica ed era di pelle nera.
Si dice che suo padre fosse un bianco arruolato nell’esercito, ma l’unica cosa certa è che la abbandonò dopo averla messa incinta.
Lei ha sacrificato tutta la sua vita per crescere suo figlio, dargli un’istruzione, iscriverlo all’università e farlo diventare quello che è oggi. So che le era molto legato e che è morta anni fa.”
Anche questo frammento poteva incastrarsi nel mosaico.
La determinazione nel piegarmi ai suoi ordini poteva forse essere ricondotta agli stenti patiti in gioventù e la rabbia che covava all’interno era probabilmente riconducibile al rapporto mancato con suo padre.

Eravamo arrivati alla tappa successiva che la vetrina identificava chiaramente come un sexy shop.
Qui comprammo una serie di articoli che Francesco mi nominava volta per volta: docce anali, dildo, toys vibranti, lubrificanti, integratori vari, singlet, strani articoli in gomma e altro ancora.
Non sapevo più cosa pensare di tutto ciò ma ero nuovamente eccitato.
Risalimmo in macchina e tornammo verso casa chiacchierando come vecchi amici

Quando rincasammo vidi che il mio padrone era già tornato. Era vestito in maniera molto rilassata con un paio di jeans, una camicia bianca e una giacca sportiva e gli immancabili stivali ai piedi.
Quando ci vide chiese: “avete preso tutto?”
Francesco rispose prontamente: “Certamente dottore, è stato un pomeriggio molto stimolante per entrambi”
Lui fece un sorriso strano e disse: “Non avevo dubbi. Adesso però vai a cambiarti per la cena e tu Paolo metti tutto in camera tua e vai in cucina”.
A quel punto compresi che l’ospite per cena sarebbe stato Francesco e ne fui molto contento.
Quel ragazzo mi piaceva. Era simpatico e divertente ed aveva una parlantina sciolta.
Mi consegnò quanto avevamo comprato e salì le scale dimostrando una conoscenza della casa della quale non ero per niente stupito.
Misi tutto nei cassetti in camera mia senza soffermarmi troppo. Indossai i miei stivali nuovi, mi annodai il grembiulino e corsi in cucina.

Prossimo episodio: "Chi ha paura dell'uomo nero?"
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