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Verde e azzurro - VI


di Doctor_S
17.03.2022    |    2.562    |    2 9.2
"Guardai alla mia destra, incapace di provare paura, e vidi Fabian semi-seduto che ci guardava..."
< Ti sta piacendo? > mi sussurrò Roberta all’orecchio. Annuii lentamente, senza riuscire ad emettere alcun suono. < Ti voglio. Non ti azzardare a venire… > continuò lei.
Non potevo garantirlo. Mi stavo perdendo. Vedevo il mio petto sollevarsi sotto la maglietta, affamato d’aria. Una tempesta di segnali affollava il mio cervello. Stimoli di ogni tipo saturavano le mie zone erogene, senza quasi poterne più distinguere l’origine. A volte mi era capitato di non essere padrone di me stesso, della situazione o del mio corpo, ma mai di nessuna di queste contemporaneamente.
Roberta, intenta ad accarezzarmi il collo con la lingua, percepì quanto io avessi caldo e si staccò da me, mi prese la maglietta e me la sfilò. Anna, di risposta, si sollevò, lasciò scivolare le sue mani lungo i miei fianchi e piano tirò giù i calzoncini, assieme alle mutande, senza lasciarmi andare. Poi scambiò uno sguardo con Roberta.
Anche per loro la temperatura sembrava essersi alzata: Anna mi liberò il cazzo dalla presa della sua bocca e sfilò anche lei la t-shirt, lasciandola cadere sul pavimento. Poi slacciò il reggiseno e gli fece raggiungere la maglietta.
Mingherlina, seno piccolo, pelle olivastra. I muscoli dell’addome leggermente definiti dalla passione per lo sport, le davano un che di particolarmente sexy. Slacciò il cordino del pantaloncino e se lo sfilò assieme alle mutande, lasciando tutto lì in un cumulo per terra. Il naso faceva una piccolissima gobba, che nel complesso dei suoi lineamenti la rendeva molto attraente. Una di quelle ragazze dall’aria alternativa, quasi ribelle, ma che spesso riservano sorprese, pensai, quando notai i due piercing all’orecchio sinistro che oscillavano mentre riprendeva a succhiarmelo.
La vista delle forme di Anna aveva distolto la mia attenzione da Roberta, che nel frattempo si era sfilata gli shorts. Come una gatta, mi salì a cavalcioni interrompendo il contatto del mio sguardo con quello di sua cugina. Con la figa poggiata sullo stomaco, mi guardò negli occhi e sfilò anche la sua maglietta, lasciandomi lì a godere di nuovo di quella vista idilliaca che neanche i più perversi meandri della mia immaginazione avrebbero potuto emulare: i capelli dorati di lato, gli occhi affamati di piacere, le cosce morbide strette attorno a me. Sentì Anna gorgogliare quando la mia erezione si irrigidì contro il suo palato, così improvvisa alla vista di quella meraviglia.
Con un gesto distratto lasciò andare la maglietta di lato. Strinse tra le mani i suoi seni perfetti e me li schiacciò contro il viso. Di risposta le presi il fianco destro con una mano, mentre spostai l’altra sul suo bellissimo culo, penetrandoglielo lentamente con il medio ancora bagnato. Lei ebbe un sussultò ma non si ritrasse. E mi sorrise. Nel frattempo avvertii Anna riprendersi caparbiamente il suo ruolo nella scena, leccandomi avidamente il glande che teneva rigidamente in posizione con le mani. Tremai. Porca puttana!
Mentre leccavo la pelle di Roberta, cibandomi con gusto delle sue forme, il pensiero che Fabian potesse in qualche modo accorgersi della situazione si fece prepotentemente largo nella mia testa. Così presi a leccarle il seno destro e sfruttai l’inclinazione per lanciare uno sguardo alla mia sinistra, in direzione dello specchio che tenevo nell’angolo accanto alla libreria: c’era Fabian, placidamente rannicchiato, che sembrava non aver alcuna intenzione di abbandonare il suo mondo dei sogni. Sogni che invece per me sembravano essersi inaspettatamente concretizzati.
Abbassando lo sguardo apprezzai la luce tremolante della tv illuminare il culo marmoreo di Anna, nuda tra le mie gambe. Sentivo distintamente i sommessi gorgoglii che emetteva quando mi spingeva fino in fondo alla sua gola. Oddio.
Una voglia irrefrenabile di lasciar andare il mio istinto primordiale prese il sopravvento sulla mia parte razionale: con la destra presi il mio cazzo, protagonista di così tante attenzioni, dalla base. Anna, restia a lasciarlo andar via, oppose un po’ di resistenza, ma, intese le mie intenzioni, allentò la presa della sua bocca. Non mi diede, però, la libertà di farne ciò che volessi, come se per lei non fosse più mio diritto dal momento che ne aveva conquistato il controllo. Come se ne sapesse più di me. Come se il mio corpo non mi appartenesse e fosse solo il mero oggetto del loro divertimento, mi scostò la mano con decisione, se lo sfilò dalle labbra, gli fece scivolare la sua saliva dal prepuzio alla base e lo infilò delicatamente tra le grazie della cugina, accompagnandolo nella penetrazione.
Roberta ansimò profondamente. < Oh, si! > si lasciò sfuggire, mentre piano scendeva su di me facendoselo scorrere dentro. Per quanto davvero eccitante, dentro percepivo essere contro la mia natura il fatto di accettare che un’altra persona potesse avere il pieno controllo di me. Così mi allungai, presi Anna per i capelli e le premetti la faccia contro il culo di Roberta.
A lei non dispiacque certamente, mentre dallo specchio vedevo Anna leccarle l’ano, stringendole il culo sodo. Glielo lessi negli occhi e nel sorriso che mi riservò.
Come gli archi in un’orchestra, noi tre sincronizzavamo i nostri lenti movimenti, come se lo avessimo provato e riprovato da una vita. Aveva le sembianze di una piccola routine collaudata nel tempo, simile al movimento automatico, perfettamente scandito, degli ingranaggi di un orologio. Non me lo sarei mai aspettato da Anna, che conoscevo da così tanto, ma quella piccola testarda sapeva esattamente cosa fare: quando piano mi ritraevo per affondare un colpo, lei scendeva lungo le grandi labbra divaricate di Roberta, percorreva il mio cazzo e lo inumidiva, per poi passare al culo quando di nuovo penetravo la cugina.
Un unico movimento. Un unico corpo. Tutto perfettamente sincronizzato. Dio mio, com’era possibile?
Una sinfonia di umori, sensazioni, profumi e sapori. La contrazione dei miei muscoli e le carezze delle labbra. Le labbra di entrambe.
Roberta voleva di più. Lo percepivo chiaramente dal suo tentativo di controllare il movimento con le anche, ma ciò non era possibile con Anna lì. Così la presi di nuovo per i capelli e, delicatamente ma con decisione, la scostai un po’. Lei sembrò non essere pienamente d’accordo, ma non mi importò: puntellai i piedi, strinsi le mani attorno al culo di Roberta ed iniziai ad incalzarle dentro con i miei affondi, fino a toccare.
Tentavo di non far schioccare la pelle quando la colpivo, ma non sempre mi riuscì. Roberta si teneva allo schienale del divano e mi cavalcava spingendosi a fondo contro di me. Ansimava, la testa china in avanti con la fronte poggiata sulla mia. I capelli sparsi un po’ ovunque ci isolavano dal mondo. Quegli occhi socchiusi e quelle labbra carnose, le conferivano un’espressione estatica, istantanea di un piacere profondo a cui era sottoposta. E che francamente mi faceva dannatamente impazzire.
Sentivo di appartenerle e sentivo lei mia. La percezione calda, umida e accogliente che provavo stando dentro di lei era propria di un posto da cui nemmeno morto mi sarei voluto allontanare. Nonostante non fossimo soli.
Non avevo un’idea precisa di dove fosse Anna, né di cosa stesse facendo, ma ogni tanto avvertivo qualche mugugno provenire dalla mia sinistra. Un altro colpo, un altro affondo, ancora ed ancora.
Roberta era bollente. Ancora a fondo. Il suo respiro caldo mi riempiva le narici. Per prendere fiato, sollevò la testa, si piegò all’indietro e poggiò le mani alle mie caviglie. Quanto era bella! In questa posizione potevo apprezzare il fine velo di sudore che le imperlava il collo e la pelle dei seni che oscillavano su e giù, riflettendo la luce dorata che la tv ancora accesa irradiava nella stanza. Una dea greca.
Seguivo con lo sguardo la sottile linea tracciata dalla muscolatura, che dal petto la percorreva fino al monte di venere, dove l’ordinata striscia di peli ne concludeva la corsa. Il clitoride che sfregava contro di me ad ogni oscillazione, mentre le grandi labbra divaricate sembravano accarezzarmi. Poesia!
Voltai lo sguardo verso la mia sinistra, dove mi aspettavo di vedere Anna, e la trovai. Distesa accanto a noi sulla chaise longue, con la schiena contro la parete, ci osservava mordendosi il labbro superiore. Con la sinistra si teneva stretto il seno, mentre con l’altra mano cercava di condividere le sensazioni che immaginava stesse provando sua cugina su di me.
Mi dispiaceva averla esclusa. Sembrava che fosse una sua fantasia. Lo si leggeva a chiare lettere dalla luce che accendeva il suo sguardo.
Mi allungai verso di lei, tra le gambe, e le accarezzai il triangolo di peli che decorava il suo monte di venere, sovrapponendo la mia mano alla sua. Lei mi guardò affamata. Con l’altra mano raggiunsi il clitoride di Roberta e presi a stuzzicarla. Lei mugugnò sommessamente. Al mugugno seguì un “che stronzo” biascicato mentre ansimava. Anna lo notò chiaramente, socchiuse le labbra e scostò la sua mano, lasciandomi la più totale libertà di regalarle piacere.
Controllavo le mie dita coordinandole ed entrambe sembravano apprezzarne il frutto. I movimenti lenti e circolari, applicando la giusta pressione, venivano accompagnati dal movimento dei loro bacini, all’unisono. Avide ad ogni tocco, non aspettavano altro che il tocco successivo. Roberta, nella sua estasi, a stento sembrava cosciente di dove si trovasse e in quali condizioni, a giudicare dai suoi gemiti.
Anna, invece, godeva ad occhi chiusi, bisbigliando qualche imprecazione di tanto in tanto mentre faticava a contenersi. Ad un tratto mi prese la mano con decisione e mi guidò dentro di lei, impaziente. Un lago, in cui mi immersi senza alcun impedimento.
Sotto le dita sentivo entrambe chiaramente fremere.
Sentivo la punta del mio cazzo battere ovunque sempre più forte dentro Roberta, mentre lei mi cavalcava con foga. Le gambe le tremavano, l’addome le si sollevava e il petto le si gonfiava, preda dello sforzo. La sentivo pulsare sotto le dita.
Sentivo anche sua cugina, prevedere i movimenti delle mie dita dentro di lei, fremendo e contorcendosi. Roberta aumentò ancora il ritmo, senza ormai più staccarsi per prendere lo slancio. Lo sentivo mentre colpiva con violenza le pareti vaginali, temendo che di lì a poco me lo avesse tranciato. Le tolsi la mano dal clitoride, per evitare di farle male, e le strinsi il seno.
Anche Anna, d’un tratto, prese ad ansimare mentre aumentavo il ritmo delle penetrazioni.
La mia posizione, però, cominciò ed essere scomoda: avvertivo affievolirsi la sensibilità della mano con cui le davo piacere. Così contrassi i muscoli dell’addome, mi sollevai leggermente e tentai di scivolare più in basso. Roberta quasi non se ne rese conto, ma quando uscii da Anna lei parve non gradire affatto l’interruzione. Ma io non le diedi il tempo di realizzare cosa stesse accadendo mentre la prendevo per i fianchi, avvicinandola a me.
Evidentemente non ci mise molto a capire le mie intenzioni, poiché puntò le ginocchia, alzò la gamba sinistra e si sedette a cavalcioni giusto sopra la mia faccia.
Cercai di recuperare il tempo che il suo orgasmo aveva inevitabilmente perso: con le mani le tenevo le cosce e con la lingua assaporavo avidamente i suoi umori. Movimenti decisi e veloci.
La passione di entrambe per l’ordine e la geometria nella cura dei peli della figa, dovetti ammettere, mi eccitava non poco. Vedevo oscillare quel grazioso triangolo sotto le contrazioni dei suoi muscoli ed avvertivo la mia eccitazione divampare tra le gambe di Roberta.
Con studiata pressione, gli schiocchi colpivano il clitoride dopo che la lingua le aveva percorso per intero tutto lo spazio tra le grandi labbra. Non mi risparmiavo, mentre il mio petto si sollevava freneticamente ad ogni respiro. Era buona, mi piaceva. La apprezzai con gusto, mentre lei si puntellava allo schienale con le mani e dettava il ritmo. Veloce, a fondo. Avanti e indietro. Entrambe facevano di me il loro strumento di piacere allo stesso modo.
Con le dita, da dietro, mi feci largo in Anna, che emise un gridolino sommesso, e trovai la giusta inclinazione per portarla al traguardo che tanto agognava. La reazione non tardò ad arrivare, quando ormai aveva sincronizzato i suoi colpi a quelli di Roberta.
Cominciavo ad essere stanco. Ma era il momento di dare il massimo.
Entravo ed uscivo da Anna ad un ritmo davvero sostenuto, accompagnandolo con movimenti rapidi della lingua sulla punta del suo clitoride. D’un tratto Roberta si inclinò in avanti verso Anna, la cinse da dietro e le strinse il seno tra le mani, senza smettere di cavalcarmi. Anna mise le proprie mani su quelle della cugina e strinse più forte, poi poggiò la testa all’indietro sulla sua spalla. Roberta intrecciò la lingua con quella di Anna e così, d’un tratto, entrambe presero a tremare.
Contemporaneamente serrarono le gambe attorno a me, scosse dagli spasmi, strette l’una all’altra in un abbraccio di lingue e corpi tesi. Le loro stupende forme, luccicanti di sudore, vibrarono ed entrambe si contrassero. Ancora. Tremanti. Sentivo quasi mancarmi l’aria. Un’altra contrazione e due languidi gemiti si diffusero nell’aria un’ultima volta. E la mia lingua schioccò di nuovo sul piacere di Anna.
Dopo un po’, lentamente, le sentii rilassarsi su di me. Ero esausto. Ogni muscolo, ogni millimetro di me, era dolorante. Gli avambracci e le gambe non riuscivano a stare fermi, percorsi da brevi spasmi intermittenti. Il respiro corto, il petto rigonfio. La lingua intorpidita ancora gustava il sapore di Anna, ma dubitavo potesse aiutarmi addirittura a parlare.
< Da come l’hai gustata, sembra ti sia piaciuta > commentò Anna con un filo di voce.
Di risposta le diedi un’ultima lenta e golosa leccata e poi, delicatamente la adagiai sul divano alla mia sinistra. Lei si raggomitolò e chiuse gli occhi. Roberta si passò una mano tra i capelli e si distese su di me, poggiando la testa al mio petto. Istintivamente la abbracciai e mi inebriai del profumo dei suoi capelli.
< È stato incredibile! >.
Una voce ruppe il silenzio di quel momento di pace, dopo il caotico turbinio dei corpi. Una voce maschile, per l’esattezza.
Guardai alla mia destra, incapace di provare paura, e vidi Fabian semi-seduto che ci guardava. Non aveva le mutande e si accarezzava il membro riverso sul suo addome.
< Perdonami! Non mi era mai successo prima… > cercai di farfugliare < Non avrei dovuto!>.
Lui allungò l’altra mano verso di me, la poggiò sulla mia spalla e disse: < Dopo ci sarà tempo per parlare. Ora riprendetevi un attimo >.
Roberta delicatamente mi lasciò uscire da lei, per poi andare ad accoccolarsi accanto ad Anna.
Io cercai a tentoni quel che restava delle coperte e Fabian, vista la mia difficoltà, me ne passò una. Mi puntellai con i gomiti e goffamente mi tirai su. Coprii le ragazze e, guardando Fabian negli occhi, andai in bagno a cercare di rinfrescarmi.
Non c’era odio nel suo sguardo, pensai, guardandomi nudo davanti allo specchio mentre mi lavavo la faccia. Sicuramente me l’avrebbe fatta pagare in qualche modo, ma magari gli anni di amicizia avrebbero influito. Certo sarebbe stato un enorme peccato perdere il bel rapporto che avevamo creato, così ben collaudato nel tempo, ma quella esperienza? Quella esperienza era valsa la pena? Probabilmente no, se la conseguenza diretta sarebbe stata allontanarmi dalla propria vita.
Asciugandomi alla fioca luce dello specchio, notai sul viso i segni della stretta delle gambe di Anna e sorrisi. E di nuovo, come un mantra, nella mia testa prese corpo una frase: che sta succedendo? I ragazzi di sopra, la storia delle camere invertite, il bagno. Il pomeriggio al lago. Questa cugina di cui non ricordavo l’esistenza. E ANNA! C’era sicuramente stata della chimica tra noi, da sempre, ma era nella mia natura! Ho sempre avuto amiche donne, le preferivo, ma non mi aspettavo sicuramente di arrivare a tanto… E soprattutto davanti al fidanzato!
Mi misi l’asciugamani in vita, spensi la luce e tornai di là, tra le note finali del Waltz No.2.

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