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la dottoressa da napoli


di spanio220
01.06.2011    |    47.757    |    3 8.9
"Senza perdere tempo infilai le mani sotto il maglioncino a cercare i capezzoli raggiungendoli e stingendoli per sentire quello che fino ad allora avevo solo..."
Circa una decina di anni fa, alla fine degli anni novanta, tutti i colleghi iniziarono a parlare di questa nuova Dottoressa che era appena arrivata nel nostro ufficio da Napoli.
“Vedrete adesso che succede questa è nuova, non è compromessa come gli altri, farà piazza pulita di tutti quelli che non fanno niente”; questo era quel che si sentiva ripetere ad ogni piè sospinto. A me non era capitato ancora di incontrare questa fantomatica Dottoressa, nessuno me la aveva descritta fisicamente e tutto quel che avevo sentito dire me la dipingeva come una virago pronta a tagliare teste. Visto che sono anche un rappresentante sindacale, chiesi un incontro con questa Dottoressa, e, dopo qualche giorno arrivò la comunicazione dell’incontro. Il giorno stabilito mi presentai tutto in tiro, pantaloni grigi appena stirati, giacca blu, camicia a righine bianche e blu e cravatta blu a pois di Marinella e aria arrogante che più non si poteva. Il mio scopo era ridimensionare subito questa strega. Salgo al terzo piano busso e, senza aspettare risposta apro la porta. Qui scatta la prima sorpresa, una bionda da paura, con due tette da urlo fasciate da una giacca aderente, gonna al ginocchio su due caviglie sottili. Una quarantina d’anni ben portati Poi si mostrò subito molto simpatica e alla mano tanto che propose subito di passare al tu. In due minuti aveva smontato in me tutta l’acrimonia accumulata nei giorni. Iniziammo a parlare del suo lavoro, del fatto che doveva rimettere a posto le cose e rapidamente scivolammo nell’ambito personale, del suo trasferimento da Napoli del perché e del percome e lei si lasciò andare in una serie di confidenze dicendomi che voleva recuperare il rapporto con la figlia che viveva con il padre dal quale era divorziata e che a Roma si sentiva tanto sola, essendo oramai oltre due mesi e non avendo conosciuto nessuno con cui uscire e scambiare due chiacchiere. Senza perdere l’occasione la invitai per la sera stessa a mangiare qualcosa fuori. Mi rispose che ad una persona con una voce come la mia non si poteva opporre un rifiuto. Mi diede il suo indirizzo per passarla a prendere dopo le otto di sera, quando sarebbe terminato il blocco della auto e io avessi finito il mio lavoro. Per la sera inventai un incontro di lavoro per mia moglie e mi preparai a passare la serata con la dottoressa. Nel pomeriggio approfittai di una pausa per chiamarla al telefono proponendole un ristorantino che conoscevo. Mi rispose che avrebbe preferito cenare in casa, che oramai si era spogliata e non le andava di rivestirsi, quindi avrebbe provveduto lei a cucinare qualcosa, specificando che lei nelle cose culinarie era poco esperta, mentre a letto era imbattibile. Inutile parlare della mia reazione a quest’affermazione. Terminato il lavoro, passai prima in pasticceria perché i dolci sciolgono sempre la tensione, poi in enoteca per un vinello frizzante che avrebbe contribuito a rendere allegra la serata infine dal fioraio perché i fiori fanno sempre la loro porca figura. Di corsa mi recai a casa di lei che mi aprì la porta vestita in maniera da togliere il fiato. Niente di appariscente, ma tanto efficace. Un paio di fuseaux attillatissimi ad evidenziare un culo da dipingere, senza neanche l’ombra di un tanga, un maglioncino a v con un generoso scollo su decoltè e talmente tirato che metteva in mostra i capezzoli eretti, capelli biondi sciolti sulle spalle e una maliziosa cavigliera che brillava sui suoi piedi nudi.

Ci sedemmo a tavola e lei subito iniziò a parlare di come in città si trovasse isolata e che tutti quelli che incontrava se la volessero scopare, alcuni con garbo, altri in maniera sbrigativa le proponevano una sveltina e via.
Le risposi immediatamente che li comprendevo data la sua avvenenza, anche se non mi sarei mai sognato di fare solamente una sveltina con cotanta femmina. “E come faresti?” mi disse con voce tenera e sensuale. “Se permetti, è più semplice il fare che il dire, quindi…..” mi avvicinai alle sue labbra e ci scambiammo un bacio appassionato e profondo, ma con qualcosa di diverso dal solito, era lei che guidava la danza delle lingue, non toccava a me come le altre volte. Immediatamente dopo mi prese per mano e mi fece entrare in camera da letto, sbattendo contemporaneamente fuori il cane che stazionava indifferente. Senza perdere tempo infilai le mani sotto il maglioncino a cercare i capezzoli raggiungendoli e stingendoli per sentire quello che fino ad allora avevo solo intravisto dalla stoffa, in men che non si dica riuscii a spogliarla completamente, scoprendo che era una bionda naturale. Oltre ad un seno imperiale aveva una fica incorniciata da peli biondi e non invadenti ed un culo al quale mancava solo la parola. Togliendomi appena le scarpe mi buttai su di lei continuando a baciarla appassionatamente. Scesi sui seni ed alternavo leccate a succhiate di capezzoli che mano a mano diventavano sempre più sporgenti e duri, la dottoressa agitava la testa di qua e di la e le si arrossava quello spazio compreso tra le spalle e l’orecchio. Dopo un po’ di tempo passato a trastullarmi con i suoi capezzoli, inizia a scendere fermandomi un pochino sull’ombelico, per poi proseguire su quello che era il mio bersaglio principale, la sua fica! Appena arrivai a sfiorarla con le labbra trovai un mare in tempesta, un fica splendida, con pochi peli biondi che la incorniciavano lasciando scoperte le grandi labbra ed il clitoride appena sporgente, inizia lì una leccata della parte esterna divertendomi a passare le labbra irrigidite per la bisogna sul suo bottonicno del piacere, facendomelo quasi scappare ogni volta, ma riprendendolo appena accennava a scendere e ricominciando l’operazione daccapo, dopo un po’ condito da espressioni del tipo “Maronna mia, come godo!! Dai non ti fermare, continua, più forte!” decisi che bisogna affondare la lingua nella sua fica. Un sapore indimenticabile, un misto di odore di mare, fiori, frutta, spezie e tutto quello che più mi attrae al mondo, e poi quant’era quel suo umore. Una leccata che non avrei mai voluto terminare, ma avevo riservato per il momento finale il mio colpo segreto, la leccata di culo. Le alzai le gambe allargando ben bene i glutei e insinuai la lingua nel solco fino ad arrivare al forellino anale, iniziò prima a ridere un po’ per il solletico, ma quando con la lingua entrai nel suo buco di culo alzò il volume dei suoi mugolii, si vedeva che aveva l’ano ben allenato, stretto fuori, ma morbido e cedevole appena lo si tentava un po’, era evidente che era un vulcano capace anche di godere col culo. Ben inumidito dalle passate di lingua non oppose la minima resistenza quando prima le infilai l’indice nel buco e poi lo accoppiai al medio, mentre ero ripassato a leccare quel paradiso di sapori che era la sua fica. Il mio cazzo nel frattempo voleva anche lui la sua parte essendo in tiro da un bel po’ di tempo. Quando finii di spogliarmi mi fece uno scherzo niente mele, si accasciò come se all’improvviso non ne potesse più e avesse deciso che per quella sera non volesse collaborare. Provai un imbarazzo mai provato prima, in fondo era la prima volta che mi tradiva dopo tanti anni di onorato servizio, ma la dottoressa pensò bene di risolvere la faccenda, lo prese in bocca e iniziò a farmi un pompino da far resuscitare i morti. Ed infatti ci riuscì, in pochissimi minuti si risolse la situazione. Non che abbia mai avuto un’ attrezzatura che fa urlare dalla meraviglia, anzi credo di essere nella piena normalità, ma è un po’ più largo delle misure che si leggono sui libri. Appena inizia ad infilarlo nella sua fica lo sentii come risucchiato da una ventosa fortissima, dentro fuori dentro fuori, ogni volta che uscivo e rientravo in quel pertugio sembrava che dovessi aprire una cassaforte, il mio cazzo veniva avvolto da pareti elastiche che gli si modellavano attorno.
“Maronna che bellezza, aumenta nu poco il ritmo, basta basta”. Mi guidava come si fa con un novellino che bisogna svezzare, ed io mi facevo guidare in quel mondo da favola. Gambe sulle mie spalle e fica ben stretta attorno al mio fallo che arriva quasi ad uscire per poi riaffondare subito dopo, intanto sentivo la sua fica riempirsi sempre più di umori che colavano in ogni dove. A quel punto decisi di giocare fino in fondo ed iniziai a pompare rapidissimamente come fanno i cani quando fottono tra di loro, riuscendo a stento a trattenere la mia voglia di schizzare tutto il mio piacere in quel laghetto invitante. Dopo una decina di minuti di questo ritmo indiavolato, decisi che era arrivato il momento di passare ad esplorare l’altro pertugio, e sfilato il cazzo da quella meraviglia di fica, passai a tentare l’ano. Neanche il tempo di poggiare la cappella all’entrata, che con un colpo di reni mai visto se lo risucchiò tutto dentro. Mi trovavo immerso nel suo culo e non sapevo nemmeno io come fosse successo, fatto sta che me la stavo inculando alla grande, o lei si stava inculando da sola. Inizia a spingere come un ossesso, incapace di controllare le mie spinte, ed essendo riuscito a trattenere la sborrata ero pronto a continuare all’infinito. Ad un certo punto mi disse che era stanca e voleva tirare giù le gambe, quindi si girò su se stessa e mi si offrì a pecora. Dopo una rapida passata in fica, più che altro per tornare ad inumidire il mio cazzo, che ora sembrava appartenere ad un altro, mi alzai leggermente e rientrai nel suo forellino anale già bello rilassato. Altri mugolii, e continui inviti a non smettere, a continuare così che stava godendo come mai le era capitato, alzando continuamente la voce ed incitandomi a venirle nel culo. Quando stavo per giungere al mio culmine, la vidi scattare in avanti e girarsi verso sinistra per arrivare con la sua bocca all’altezza della mia cappella per risucchiare tutto quello che stava per uscire. Iniziai a schizzare e la dottoressa continuava a succhiare facendo uscire fino all’ultima stilla di sborra che bevve tutta senza farne uscire neanche una goccia. Distrutti e sudati come mai, ci sdraiammo sul letto per riposarci un po’. Iniziammo a ridere come dei forsennati pensando alla signora del piano di sotto che aveva ascoltato tutto tanto erano alti i nostri gridi e alla fine ci accorgemmo che neanche avevamo cenato. Andandomene dopo un po’ ci accordammo per un’altra cena.
Quando tornai a casa, per fortuna mia moglie dormiva tranquilla nel nostro letto.
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