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Lui & Lei

La Sua Troia - Finale - Parte VI: Umiliazione


di NoOne8
29.09.2022    |    6.405    |    2 8.8
"La donna lo sentiva, sentiva il suo desiderio, come una presenza incombente..."
Marco la baciò, ficcandole la lingua in bocca, facendole assaggiare il sapore del suo potente orgasmo. Le mani scesero fino alla vita stretta della moglie, poggiandosi sulle anche. Sentiva il cazzo bagnato pulsarle contro lo stomaco. Avrebbe voluto sollevarla e sbatterla contro il muro in quel momento, ma dopo tutto quello che aveva organizzato non poteva finire così. Lo spettacolo in cui Serena si era appena esibita gli aveva fatto gonfiare le palle al punto che gli sembrava stessero per scoppiare, ma doveva sopportare.
Si staccò dalle labbra della donna.
“Torna sul tuo ‘palco’ e inginocchiati.” Le ordinò.
Serena obbedì, risalendo sul tavolinetto, attenta a non scivolare sulla pozzanghera di umori che vi aveva spruzzato sopra. Giunta al centro del mobile, si calò in ginocchio, nella stessa posizione in cui aveva fatto mettere il marito prima, finché non sentì i glutei appoggiarsi sui talloni delle scarpe. Accomodò le mani sulle gambe, come un monaco in meditazione.
L’uomo intanto le girò intorno, finché non arrivò alle sue spalle. Si abbassò anche lui, tirando verso di sé il pannello laterale del mobile, che si aprì rivelando un cassetto veramente molto discreto. Da quel comparto segreto, tirò fuori un pacchetto e quindi tornò a sedersi sul divano. Il cazzo era ancora di fuori e dritto, ma l’erezione stava cominciando a svanire. Meno male, pensò sollevato.
“Per l’occasione, ho fatto realizzare un regalo apposta per te.” Iniziò, tenendo la confezione tra le mani, all’altezza dello stomaco.
“Avevo anche preparato un bel discorso. Ma mi hai appena dimostrato che non serviva affatto. Non solo, a dirla tutta, mi hai fatto passare la voglia. Di parlare, intendo.” Precisò.
“Quindi, sarò breve.” Poggiò la scatola nera sul tavolino, schizzando la moglie inginocchiata davanti a lui.
“Se lo accetti, accetti di indossarlo per tutta la vita. Accetti…” apostrofò bene l’ultima parola prima di quella pausa, “… che io sia il tuo Signore. Confermerai la tua natura e per questo, ne prenderai il nome. Lo vuoi indossare?” Apri la confezione, sollevando il coperchio come uno scrigno.
Gli occhi di Serena guardarono l’oggetto rivelato davanti a lei. Poi si alzarono verso Marco.
“È una scelta importante, se hai domande falle pure.” La invitò.
Lo sguardo della donna tornò verso lo scrigno, come se la stesse chiamando.
“Potrò comunque…” Cominciò, titubante.
“Esplorare il lato che mi hai mostrato oggi?” Concluse la frase per lei.
“Sì.” Rispose, timorosa.
“Certamente. Quello,” abbassò lo sguardo verso la confezione, “significa proprio questo.”
“E…” Riprese la donna.
“… Dovrò veramente indossarlo tutti i giorni? Cioè, anche quando ci sono altre persone?” Chiese smorzando la tensione del momento.
Marco sorrise, scuotendo la testa.
“Indossarlo per tutta la vita era metaforico, questa è la versione più esplicita.” Scherzò ridacchiando.
Anche Serena non riuscì a trattenere una risata. Poi, improvvisamente si ricompose.
“Allora, sì.”
Le piaceva come risposta. Indicava una condizionalità. Come se l’idea di indossare quel collare per il suo uomo non la eccitasse da morire. Forse sarebbe riuscita a reprimere quell’aspetto di sé che stava tanto cercando di far uscire, anche se non avrebbe dovuto. Ma era proprio per il fatto che quel forse non sarebbe mai diventato realtà, che amava Marco alla follia.
Soddisfatto, senza una parola, si alzò e si avvicinò al tavolino, dove rigirò la scatola. Si abbassò prendendo il collare e quindi salì sul mobile. Lo mise di fronte a Serena per farglielo osservare bene. Era di cuoio nero, largo, chiuso da un cinturino e una fibbia, a cui erano attaccati tre anelli dorati. Attaccate, come passanti, erano le lettere maiuscoli T R O I A, dorate, spesse. Illuminate dalle fiamme in balcone però, sembravano bruciare.
Serena si piegò in avanti, per dare un bacio alla scritta. Quindi, all’altezza del pene quasi a riposo, alzò lo sguardo malizioso verso Marco, che ricambiò. Lei si fece ancora poco più avanti, per leccare fugacemente il glande.
“Stai buona, puttana.” La apostrofò, facendola raddrizzare.
“In piedi.” Ordinò subito dopo.
Serena obbedì, tirandosi su, rimanendo immobile davanti all’uomo, con le braccia lungo i fianchi. Il marito la guardò, dall’alto al basso, come se la stesse studiando. Senza proferire parola, le girò intorno, andando alle sue spalle. Fece un passo verso di lei, ma senza toccarla. La donna lo sentiva, sentiva il suo desiderio, come una presenza incombente. Come la quiete prima della tempesta.
“Mani dietro la schiena.” Comandò.
La moglie lo assecondò, portando indietro entrambe le braccia, tenendosi gli avambracci.
Finalmente, Marco portò il collare aperto davanti a Serena, alzandolo fin sotto la sua testa. Lo avvicinò al collo, poggiandolo sulla sua pelle liscia. La mano destra prese la linguetta, mentre la sinistra scivolò sul metallo e sul cuoio, fino a raggiungere la fibbia dietro. Lo chiuse, aderente, ma senza stringerlo troppo, non voleva che il materiale potesse irritare la pelle della moglie.
Tornò a guardare la donna in faccia. Le stava benissimo. La scritta sotto il mento sembrava completarla, tanto che lo sguardo di lei era tronfio, soddisfatto. Era indiscutibilmente la sua Troia. La baciò e lei rispose.
Era un bacio violento, la lingua di Marco irruppe nella bocca della moglie, quasi appropriandosene. La mano sinistra bloccò entrambe le braccia dietro la schiena, afferrandole con forza, mentre la destra si precipitò in mezzo alle gambe, prima schiaffeggiandole leggermente l’interno coscia per farle allargare, poi per strofinarle avidamente la figa ancora bagnata. Sentì la moglie contorcersi sotto il suo tocco.
“Ti è piaciuto farmi impazzire in quel modo? Ti sei sentita potente?” Si staccò, tirandole i capelli verso il basso con la mano che prima le bloccava le braccia. Le quattro dita dritte dell’altra intanto continuavano a premere tra le gambe, muovendosi su e giù.
“Sì!” Rispose lei sinceramente, gongolando, senza distogliere lo sguardo dal suo, quasi come a sfidarlo.
“Che dovrei farci, con una puttana come te? Che ci faccio con una zoccola che preferisce sditalinarsi piuttosto che prendere il mio cazzo?” La penetrò senza convenevoli con due dita, facendola sussultare di piacere. Le sputò nella bocca aperta.
“Puniscimi!” Offrì lei, leccandosi le labbra.
“E come vorresti essere punita, puttana?” Le chiese, inserendo anche l’anulare nella figa, continuando a pomparla.
“Col tuo cazzone!” Rispose, roteando il bacino per assecondare i movimenti della mano.
“Ma come? Non preferisci le dita tu?” I movimenti di polso di Marco si fecero più intensi, lasciando che la mano uscisse e rientrasse nella vagina di Serena, morbida come burro, schizzando umori sulle sue gambe e sul tavolino sottostante.
“Aaaaaah! No! No, voglio il cazzo!” Urlò lei.
“Per cosa?” Rispose lui, continuando a fotterla con la mano.
“Per scoparlo! Lo voglio sentire spingere nella mia figa! Lo voglio sentire allargarmi il culo! Lo voglio in bocca!” Il bacino di Serena sembrava quasi vivere di vita propria a quel punto, roteando intorno alla mano del marito.
“E poi?” La interrogò lui.
“Voglio che mi svuoti le palle addosso! Ricoprimi di sborra!” Urlò sempre più forte.
Marco si fermò di colpo, con uno sguardo soddisfatto.
“In ginocchio.” Le ordinò, secco, mentre Serena provava a riprendere fiato, le gambe le stavano tremando. Con attenzione, si abbassò, poggiandosi sulle ginocchia, con le mani davanti.
“Mani dietro la schiena! E spalanca bene quella bocca da pompinara!”
Era una vista stupenda, gli occhioni da cerbiatta lucidi di Serena lo guardavano dal basso, le labbra rosa aperte a O.
“Guardalo!” Si mise di fronte a lei, avvicinando il pene bagnato e ancora mezzo addormentato al mento. Senza muovere la testa, la donna abbassò gli occhi, per osservarlo.
“Guarda come sta dopo il tuo spettacolino! Ma adesso ti farai perdonare.” Le promise.
Afferrò la testa della moglie, tirandola a sé, infilandole il cazzo flaccido in bocca, insieme alle palle. La donna iniziò subito a vorticare la lingua intorno al pacco che le stava riempendo. Sentiva il membro resuscitare man mano che il sangue vi affluiva. A poco a poco, cominciò a riallungarsi, tornando sempre più duro, impuntandosi verso la gola, finché un conato di vomito non la costrinse a tirarsi indietro. Le mani di Marco però non la lasciarono andare subito. Dopo alcuni tentativi, sentendo la bocca riempirsi sempre di più di saliva e riflusso, finalmente la lasciò libera.
“Iiiiih!” Inspirò Serena rumorosamente, lasciando colare la bava copiosamente dalle labbra, imbrattando il disegno di lacci del reggiseno.
“Brava puttana! Riapri quel buco, non ho mica finito!” Le ordinò ancora.
Si afferrò il cazzo, tirandolo verso l’alto, infilandole i coglioni gonfi in bocca.
“Hai detto che vuoi la mia sborra no? Sta tutta qui dentro! Leccami bene le palle! Così sì, brava, lo senti come sono piene? È tutto merito tuo zoccola!” Intanto stava strusciando l’asta bagnata sul naso e gli zigomi della moglie, che per provare a seguirne il movimento aveva incrociato gli occhi, adottando un’espressione deliziosamente oscena.
“Ti piace avere la bocca piena delle mie palle eh? Brava annuisci, tanto non c’è bisogno che dica niente, la tua faccia sembra fatta proprio apposta per prendere cazzi!”
Si allontanò di un passo, sfilando i coglioni pregni di saliva dalle labbra di Serena, spalmandole la bava sul viso con le dita usate per masturbarla.
“Sì, hai proprio una faccia da zoccola.” Commentò dopo aver finito di dipingerle il volto, mentre la donna annaspava per riprendere fiato con un’espressione orgogliosa e soddisfatta.
“Non ti muovere.” Le ordinò, tornando alle sue spalle, diretto verso il cassetto del tavolino, chinandosi per cercare qualcosa.
“Alzati.” Comandò, ancora dietro di lei. La donna tornò in piedi e, poco dopo, il marito le riapparve accanto, con la sinistra chiusa a pugno.
“È il momento di addobbarti un po’…” osservò, pizzicandole un capezzolo con la mano libera.
“Lo sai, hai delle belle tette…” cominciò stringendone prima una e poi l’altra nel palmo della mano.
“Non sono molto grandi…” ne schiaffeggiò una, facendola trasalire, “… ma non sono male.” Le strizzò un capezzolo tra pollice e indice, tirandolo leggermente a sé.
“Aaah!” Urlò Serena per il piacevole dolore.
“Vediamo che possiamo farci.” Concluse, accostando le tette finché non furono gonfie e appicciate tra loro, così che i capezzoli quasi si toccassero. Si chinò in avanti per leccarli entrambi, mordicchiandoli a turno. Spalancò la bocca e provò a far entrare tutto un seno, risucchiandolo tra le labbra. La lingua girava intorno all’aureola, dando dolci schicchere al chiodo duro al centro, sentendo la moglie espirare ogni volta con più trasporto.
Dopo un po’, ripeté l’operazione sull’altro seno, mentre con la mano continuava a stuzzicare il capezzolo libero, imitando i movimenti della lingua.
Finalmente, si staccò da Serena, ansimante per tutte le attenzioni che stavano ricevendo le sue tette.
“Bene, direi che sono pronte.” Osservò, schiudendo il pugno all’altezza degli occhi della moglie, rivelando due mollette per capezzoli unite da una lunga catenina dorata a maglia fine.
Ne prese una, chiudendola intorno alla protuberanza turgida e bagnata di saliva del seno destro, regolandone la vitarella finché non fu abbastanza stretta. Quindi, pinzò anche l’altro seno, con la stessa premura. La catenella le scendeva fin oltre l’ombelico, oscillando a ogni respiro. La prese dal centro, tirandola a sé.
“Aaaah!” Gemette Serena. Aveva imparato a distinguere i versi di dolore e piacere della donna e in quell’urlo sentì quasi solo piacere.
“Sì, ti sta molto bene.” Commentò, spingendo lentamente con un dito la catenina verso il basso, osservando la faccia della moglie irrigidirsi. La lasciò improvvisamente, guardando il seno rischizzare su come una molla carica.
“Mmmmh…” soffocò tra i denti lei.
“Ti piace, eh?” Le chiese, portando una mano tra le gambe prima che potesse rispondere.
“Oh, sì che ti piace, senti che lago che sei… Però sono curioso sai?” Le dita si piegarono, penetrandola, mentre il palmo le strusciava sulle labbra, all’altezza del clitoride.
“Cos’è che ti ha fatto bagnare così? Ti è piaciuto riempirti la bocca delle mie palle piene? È perché ti tratto come la zoccola che sei? O perché ti piace essere agghindata e usata come una bambola gonfiabile?” Si stava divertendo a giocare al gatto e al topo mentre la mano non si fermava.
“Tutto…” rispose lei, evasiva, provando a godersi il movimento delle dita del marito.
“Tesoro… lo sai che anche a me piacciono le risposte esaustive.” La incalzò. Serena gemette.
“Mmmh! Mi è piaciuto sentire la bocca piena dei tuoi coglioni gonfi per me… Aaaah! E… e… Ooooh! Adoro quando mi tratti come vuoi… Sentire la tua volontà realizzarsi su di me… Essere l’oggetto delle tue perversioni… Aaaaah! La tua troia… la tua bambola… qualsiasi cosa tu voglia…” Le gambe le cominciarono a vacillare, ma la mano non rallentò, anzi.
“Bene, bene. Vuoi venire vero? Lo sento che la tua figa ingorda si sta stringendo intorno alle mie dita!” La sinistra tirò verso l’alto la catena dorata, facendola passare oltre la testa della donna, lasciandola cadere sulla schiena.
“Sììì! Ti prego!” Implorò lei.
“Di già? Ma sei venuta poco fa! Eri così orgogliosa! E adesso mi supplichi come una schiava?” Marco giunse con soddisfazione alla conclusione che fosse una questione puramente psicologica. Le piaceva essere trattata in quel modo, probabilmente a questo punto non avrebbe avuto neanche bisogno di toccarla per farle raggiungere un altro orgasmo. Allontanò la mano per provare la sua teoria.
“Sìììì! Fammi godere come una troia!” Continuò.
“Se mi supplichi come una schiava, allora verrai come una schiava. In ginocchio. Brava. Adesso prostrati ai miei piedi. Sì, così.”
Serena era piegata in avanti, le braccia allungate, la testa poggiata per terra, davanti alle scarpe del marito, la schiena curva, il culo in alto, esibendo la butt-plug come un gioiello inestimabile. Marco stava morendo dalla voglia di scoparsela, ma non poteva cedere. Non ora. Voleva portarla al limite e farla godere della propria umiliazione.
“Baciami le scarpe. E muovi quel culo, cagna, fammi vedere quanto lo vuoi. Brava, così, su e giù, come se avessi il mio cazzo tra quelle chiappe.” Era una visione stupenda.
E pensare che un anno fa a malapena mi faceva i pompini. Marco si congratulò mentalmente con sé stesso.
“Basta così con le scarpe.” Le ordinò, scendendo dal tavolino così da ridurre la distanza in altezza tra il suo cazzo e la testa della donna.
“Avvicinati. Così va bene. Non smettere di muovere quel culo. Adesso ti ficcherò questo cazzo in bocca e ti scoperò la faccia. Tu potrai venire quando te lo ordinerò e senza toccarti, capito puttana?” Le spiegò ammonendola.
Annuì, guardandolo negli occhi dal basso, con sguardo bramoso, che abbassò subito verso il bastone duro davanti a lei.
L’uomo le prese la testa tra le mani e le penetrò la bocca tenendosi il membro dalla base, piegandolo verso destra.
“Ti piace avere la bocca piena di cazzo eh?” Le chiese, schiaffeggiandole la guancia gonfia mentre la testa affermò la risposta positiva.
“Sì, sììì, sembra fatta apposta…” Commentò, uscendo e rientrando con il cazzo dall’altro lato.
“Brava, succhiacazzi, leccalo bene. Questo tra poco ti entra nel culo…” La stuzzicò, schiaffeggiandole anche quella guancia.
“Allora, adesso prendilo bene.” Affondò verso la gola, spingendole la testa fino a che Serena non ebbe un conato.
“Tranquilla, sbava, sbava, fammi vedere che troia che sei. Prendilo tutto fino alle palle.” Spinse finché il labbro inferiore della moglie non toccò lo scroto.
“Ooooh… Così, sì… Continua a scodinzolare, brava…” Marco cominciò a muovere il bacino avanti e indietro, chinandosi sulla schiena della donna, poggiando le mani sulle chiappe, assecondandone i movimenti, sentendo i muscoli contrarsi e rilassarsi. Le diede una sonora sculacciata e quindi strinse le dita attorno alla circonferenza della butt-plug, tirandola a sé finche non vide la base del palloncino dorato allargarle il buchetto.
Partendo dal coccige, la mano libera risalì lentamente e delicatamente la spina dorsale, arrivando fino alla catenina delle mollette. La agguantò come fosse una briglia e la sollevò, vedendo dall’alto i seni venire tirati verso l’esterno dai capezzoli.
“Mmmmh!” mugugnò Serena con la bocca piena.
I movimenti dell’uomo si fecero più repentini e irregolari, accelerando e rallentando, seguendo i “gack, gack, gack” della donna mentre la sentiva soffocare sul cazzo. Dopo alcuni affondi si raddrizzò, estraendo il plug dal culo, sfilandosi dalla bocca della moglie e lasciando che un copioso cocktail di saliva mista a sborra, piena di bolle d’aria per il modo in cui la stava stantuffando, colasse dalle labbra spalancate e dal cazzo, che si pulì strofinandolo sugli zigomi della moglie. Le afferrò il viso dal mento, sollevandolo verso l’alto.
“Sei proprio una cagna in calore bavosa!” Commentò, vedendo una scia di quel miscuglio ciondolarle dal mento senza volersi staccare. Le sputò nella bocca ancora aperta, pronta a riaccoglierlo, e poi le infilò tre dita tra le labbra, lasciando che gli si chiudessero intorno, muovendole avanti e indietro lentamente.
“Leccale, così, bagnale bene, brava puttana. Adesso riapri la bocca.” Dopo alcuni secondi di quel gioco, sfilò le dita zuppe, raccolse la bava dal mento e quindi le riempì nuovamente la bocca con il cazzo duro.
Avendo ricominciato a scopare la faccia di Serena, l’uomo tornò a piegarsi in avanti, trovando l’ano della moglie ancora schiuso. Portò le dita sbavate tra le chiappe, passandole nel solco con decisione, lasciando man mano una scia scintillante.
Le infilò il dito medio nello sfintere senza incontrare alcuna resistenza, spingendo finché non fu tutto dentro. Vista la facilità della prima penetrazione, tirò fuori il dito e ripeté l’operazione aggiungendo anche l’indice. Anche in questo caso, non trovò troppe difficoltà, pur sentendo il buchetto più stretto.
Finalmente, dopo un po’ di su e giù, arrivò il momento di aggiungere il terzo dito. Marco sfilò medio e indice, formando una conca unendo anche l’anulare, quindi la penetrò ancora. Questa volta ebbe bisogno di spingere parecchio per entrare nel buchetto.
“Mmmmh!” protestò lei, con le labbra avviluppate intorno al membro a metà altezza.
“Zitta e continua quello che stai facendo! E ricomincia a muovere quel culo, mica ti ho detto di fermarti!” Le ordinò, tirando a sé la catenella, girandola in senso orario.
“Mmmmh…” Osservò con tono più compiacente, ricominciando a ondeggiare le chiappe mentre la mano la scavava dentro.
“Brava… così… tanto lo so che ti piace sentirti il culo pieno come un burattino!” La schernì.
In effetti, con tre dita nel buchetto e quella catena dorata in mano, Marco si sentiva quasi come un burattinaio, che poteva farle fare qualsiasi cosa avesse voluto. Roteando il polso, girò le dita prima in senso orario e poi antiorario allargandole lo sfintere finché non cominciò a cedere. Quindi, cominciò a penetrarla sempre più a fondo.
Cazzo e mano si allinearono allo stesso ritmo, entrando e uscendo dai rispettivi buchi all’unisono. L’uomo però non muoveva la catenina, se non girandola verso destra e sinistra, lasciando che fosse il molleggiare della moglie a tenderla di più o di meno. Il ritmo, si fece gradualmente più veloce, finché entrambe le penetrazioni non divennero abbastanza intense.
“Brava, brava! Prendilo fino alle palle, così! Muovi quel culo avido! Senti come te lo sto riempendo! E pensa a come te lo sfonderò col cazzo tra poco!” La incitò.
“Mmmmh! Mmmmh!” Mugugnò, cominciando a oscillare il culo con ampie roteazioni. Le stava piacendo e non poco. Era chiaro da come si stava muovendo che non ne poteva più, era al limite, voleva venire.
“Vieni troia! Prendimi fino in fondo e godi come la cagna sottomessa che sei!” Le ordinò urlando, indiscutibile.
Serena non ce la fece più, sentiva il cazzo spingerle in fondo alla gola, i coglioni sbatterle contro il mento e il culo aperto da quelle dita prepotenti mentre i capezzoli le venivano strizzati, tirati e martoriati come una vacca. Si rese conto di ciò che era diventata e godé senza alcun ritegno.
“Aaaaaah” Spalancò la bocca e urlò. Era un urlo soffocato dall’arnese ingombrante, ma non mancò di essere sentito e apprezzato dal suo padrone.
“Sì, così! Godi per me, puttana!” La incoraggiò lui, sentendo lo sfintere pulsare intorno alle dita e vedendo il culo e le gambe smettere di muoversi sinuosamente per cominciare a tremare spasmodicamente sotto le violente contrazioni dell’orgasmo. La mano si fece più decisa, scopandole forsennatamente il culo mentre la donna continuava a urlargli sul cazzo.
Finalmente, sfilò il membro duro e gocciolante dalla bocca di Serena, sentendola riprendere fiato affannatamente, mentre l’orgasmo stava cominciando a calmarsi. Anche le dita fecero la loro uscita dal buco, che rimase allargato, palpitando come se ne volesse ancora.
Marco guardò Serena dall’alto, le calze erano zuppe, infatti lei era inginocchiata in una pozzanghera dei suoi stessi umori. Come promesso, il trucco che Marie aveva passato così tanto tempo ad applicarle si era sciolto e lei era irriconoscibile. Le guance erano striate di nero, a partire dai due grandi aloni intorno agli occhi. Il rossetto era stato spalmato intorno a tutte le labbra, colando poi insieme alla bava fino al mento.
“Adesso sei pronta a essere sfondata, puttana?” Le chiese a voce alta, con tono deciso, implacabile.
“Sìììììì!” Sbiascicò lei con bramosia.

Continua...
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