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Lui & Lei

Un Regale Piacere -1- Il Capriccio


di Membro VIP di Annunci69.it giorgal73
21.02.2024    |    19.743    |    0 8.3
"Hasef tornò a guardarla nello stesso istante..."
Premessa

L'inverno non è ancora finito. Sono stato duramente colpito dall'influenza stagionale che sembra non finire mai, con giornate buone alternate a giornate piene di tosse e stress.
E sai cos'altro ne è stato vittima? Le mie avventure! Hanno dovuto prendersi una pausa perché sono rimasto bloccato in casa. Ma mi sono tenuto occupato leggendo e guardando film che hanno stimolato la mia immaginazione. E ora ho una storia per te, frutto della mia creatività e con qualche ricordo reale della mia giovinezza.
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Il principe Hasef era compiaciuto. Di sé stesso e dell’idea che aveva avuto. Era consapevole di non essersi comportato come avrebbe dovuto chiunque sostenesse di avere un minimo di morale ma lui non ne aveva mai avuta, né ambiva a possederne, comunque.
Si guardò allo specchio.
La sua carnagione naturalmente appena un po’ scura, i suoi occhi azzurri che in più di una avevano definito caldi ed eccitanti in contrasto con i suoi capelli nerissimi, lunghi fino a coprirgli il collo, erano fra i motivi per i quali più di una donna non gli aveva resistito.
Di certo contribuiva il fatto che era molto generoso con le donne che erano generose con lui ma sapeva bene di piacere. E non poco.
Finora, nessuna aveva saputo resistergli.
Guardò il torace nudo, asciutto e liscio, l’addome. Non era solo un bell’involucro senza cervello. Non avrebbe saputo tenersi tutto l’impero, di denaro e di risorse, che suo padre gli aveva lasciato, altrimenti. Era fiero di sé? Non sapeva dirlo. Fino a qualche tempo prima si era ritenuto soddisfatto. Nulla nella sua vita gli sembrava fuori posto. E a trentotto anni, poter dire di non sentirsi già con qualcosa che mancasse all’appello, nella propria vita, era difficile. Lui poteva dirlo. O meglio. Avrebbe potuto dirlo, fino a qualche mese prima.
Continuò a guardarsi nello specchio e vide il suo braccio, di muscoli e di nervi, contrarsi. E vide la sua mano stringersi a pugno, ferocemente. Fino a scagliarsi contro lo specchio, incrinandolo in un fragore che, sperò, nessuno sentisse. Ritrasse il pugno e lo guardò sanguinare, come se stesse osservando quella scena dall’esterno. Immediatamente sentì il suo maggiordomo personale precipitarsi e bussare alla sua porta:

«Vostra Altezza! Tutto bene? Che succede !?»

Hasef sentì il suo grido preoccupato e si affrettò a rispondergli:

«Tranquillo, Josa, nulla di grave. Un vaso rotto, solamente un vaso rotto».

Solo un vaso rotto. O uno specchio rotto. O un desiderio interrotto. No, fino a qualche mese fa non gli era mancato nulla. La sua vita era stata perfetta. Poi, pensò, era arrivata lei a distruggergliela. Ora, stanco del viaggio, aveva avuto appena il tempo di una cena veloce e di una doccia.
Voleva vederla.
Andò in bagno, lavò la ferita per fasciarla alla meglio. Se solo il suo problema fosse stato quella ferita, la benda avrebbe sanato tutto. Ma sapeva come non fosse quella ferita a dolergli. Sì, voleva vederla. Aveva contato i minuti di ogni giorno di quella settimana, nell’attesa di quel momento. Sentì la tensione del desiderio montargli dentro. Non era da lui non saper controllare il proprio desiderio. Quindi, si preparò a scendere dabbasso dove lo attendevano le due guardie del corpo: era certo che avessero portato a termine il compito che aveva affidato loro una settimana prima.

L’aveva incontrata parecchi mesi prima in Europa, durante un viaggio di lavoro che si era trasformato in breve tempo in qualcosa di più, dopo averla veduta. Aveva mostrato subito un bel caratterino che non gli piacque affatto, all’inizio. Pensò che sarebbe stata una spina nel fianco per qualsiasi uomo volesse rimanersene tranquillo, a godersi una bella e sana avventura. Ma una sera durante una cena di lavoro, l’aveva avuta accanto continuamente.
Era bella, e non di quella bellezza che potesse far voltare qualsiasi uomo a desiderarla per sé un’unica volta per soddisfarsi. No, era bella di quella bellezza che la notte non ti lascia riposo, dopo averla conosciuta. Non ricordava una notte davvero tranquilla trascorsa in quei mesi, da allora.
Era passato di letto in letto, ne aveva avute così tante da non ricordarne tutti i volti, tante quante ne aveva volute.
Troppe.
Dicendosi ogni volta che non era per scordare lei ma perché era solo la sua natura, volere ogni donna per la quale provasse desiderio. E aveva sempre ottenuto ciò che voleva. Qualsiasi donna. Tranne lei. Aveva continuato a pensare a lei ripetendosi che non era quella forma incontrollabile di ossessione verso un puro oggetto di desiderio. No. La voleva per sé da quella sera solo per un puro capriccio, nessun altro motivo. Aveva deciso che non ci avrebbe rinunciato. L’avrebbe avuta.

Indossò i jeans bianchi e la camicia azzurra che Josa gli aveva preparato mentre lui era impegnato nella doccia.
Massaggiandosi appena la fasciatura per la ferita indolenzita, li indossò quasi per caso, preso com’era dal pensiero di lei. Aprì la porta e raggiunse le sue due guardie.

«E’ tutto a posto, Kalos?»

«Vostra Altezza, come avete ordinato. È nelle piscine sotterranee. In questo momento con Gillian e Rebecca».

«Venite con me».

Kalos e Ramji lo seguirono.

La ragazza si immerse nuda più volte nelle acque calde che scintillavano di oro e di giallo. Le luci delle candele illuminavano con i loro colori caldi la grande piscina ed il soffitto un po’ più basso del normale mentre il tremolio delle luci accompagnava quello delle acque in cui il corpo andava immergendosi per poi riemergere con lente bracciate, ad avvicinarsi verso il bordo della piscina, dove le acque diventavano più basse. Il corpo della ragazza emerse per metà dalla vita in su, strizzando i lunghi capelli fra le dita per eliminare l’eccesso di acqua. Lente nuvole si sollevavano dalla piscina calda, diffondendo ovunque dintorno la luce delle candele.

Gillian si avvicinò alle altre due ragazze, sorridendo mentre con una mano sfiorò il volto della ragazza più vicina a lei, scostandole una ciocca dei lunghi capelli rosso scuro e umidi dei vapori delle acque per poi portare lo sguardo verso Rebecca, anche lei nuda. Rebecca portò una mano sull’addome della ragazza che la divideva da Gillian, sentendone il calore.
Le avvicinò all’orecchio le labbra e parlò : «Elise, calmati. Rilassati. Respira piano, ecco, così».

Non staccò la mano dal suo addome e provò a darle il tempo, la lenta cadenza del respiro per aiutarla a tornare alla normalità. Gillian e Rebecca la guardarono.
Elise indossava una veste lunga e sottilissima azzurro tenue dalle lunghe maniche. Aperta lungo il solco dei seni, le aderiva al corpo come una seconda pelle, essendosi immersa anche lei più volte e, ora, riemergendo dalla vita in su, le si incollava al corpo delineandone ogni curva, i fianchi non stretti ma decisamente femminili e morbidi come quelli con cui una donna dovrebbe avvolgere il corpo di un uomo durante l’amore. La vita e poi i seni, gonfi e voluttuosi, come metteva in evidenza la veste bagnata che sfregava contro il suo corpo, dai capezzoli turgidi e dritti.

Rebecca, i corti capelli neri ed il fisico quasi androgino, non resistette. Le avvicinò le labbra nel solco fra i seni, poi scostando la veste, le catturò un capezzolo.

Gillian, i lunghi capelli color cenere, invece, portò le labbra al collo di Elise per morderlo con grazia. Elise non riuscì a opporsi. Alzò gli occhi azzurro cupo verso il basso soffitto, e cercò di respingere l’idea che le piacesse. L’immagine di lei che aveva viaggiato per ore, forse giorni, fino ad essere trascinata là e non sapere neppure perché, e poi il ritrovarsi in quel posto. Gillian e Rebecca le avevano dispensato coccole e tenerezze durante l’intera settimana. E molto altro ancora, lasciandole scoprire aspetti di sé che non avrebbe immaginato di possedere.

Chiuse gli occhi e mentre sentiva le labbra delle due donne su di sé, lentamente tornò a ricordare la seconda notte insieme a loro, l’enorme letto in cui le tre donne, dopo il piacere, erano giaciute insieme, allacciate. Nei giorni successivi avevano trascorso la maggior parte del loro tempo là, in quella piscina oppure in camera, giocando con i loro corpi o parlando, insieme. Si guardò intorno, guardò la piscina sotterranea, circondata ai bordi da immensi pilastri che si immergevano nell’acqua incutendole quasi un vago senso di oppressione che col tempo aveva lasciato spazio solo ad una strana forma di piacevolezza.

All’inizio Elise se ne era sentita soffocata. Ora non voleva più allontanarsene. E le piaceva il morso di Gillian e il dolce succhiare di Rebecca sul suo seno. Mugolò. Con una mano accarezzò i capelli corti di Rebecca e portò in basso i suoi occhi, ad incrociare quelli neri di Rebecca.

«E dire che fino a due giorni fa non ti lasciavi neppure avvicinare».

Elise, le labbra tumide e rosse, era pronta a controbattere ma un ulteriore morso di Gillian le mozzò il fiato. Si sentì languida e arrendevole. Fu allora, alzando lo sguardo verso la parete sul fondo della piscina, che li vide. Kalos e Ramji erano rimasti indietro, contro la parete, perché il loro signore glielo aveva ordinato.
Hasef avanzava lentamente a piedi nudi verso la piscina dove le tre donne erano immerse fino alla vita. Nessuno degli uomini riuscì a staccare gli occhi dalla scena cui stavano assistendo.
Hasef la guardò.
Non era nuda. Gillian e Rebecca sì. Eppure, il suo sguardo era attirato solo da lei, Elise. L’aveva sognata, desiderata, immaginata mille volte fra le sue braccia, dentro al suo letto, nelle mille immagini di lui immerso dentro di lei, a riempirla. Ora, in quella situazione, fu quasi come esplodere di desiderio, desiderio insoddisfatto. Quella notte, sarebbe stata sua. La veste esaltava il colore dei suoi occhi e, l’aderire al suo corpo, gli ricordava il dolore del suo cercarla nel corpo di mille altre che aveva posseduto, senza mai soddisfarsi.

Vide il bacio di Rebecca e, stranamente, stupidamente, un doloroso piacere all’inguine lo colse improvviso. Si avvicinò al bordo della piscina e si inginocchiò su una gamba. Se avesse allungato una mano, avrebbe potuto afferrarla e tenerla con sé, una volta per tutte. Guardò Gillian, poi Rebecca. Le aveva avute entrambe. Ma non erano Elise.

«Andate».

Il suo tono era imperioso e implacabile ma senza durezza alcuna.
Hasef fece un cenno alle due guardie. Le due donne emersero completamente nude e senza alcun imbarazzo mentre le due guardie porsero loro le vesti per asciugarsi, per poi accompagnarle via. Elise rimase immobile, solo un lampo di ansia le attraversò il viso e gli occhi.
Hasef tornò a guardarla nello stesso istante.

«Ti avevo detto che ti avrei avuta».

«Le avevo detto, Vostra Altezza, che non ero un tipo facile. Ma di certo non immaginavo sarei giunta a tutto questo … ».

Hasef sorrise.

...,Continua...
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