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Ricattata dal gioco (5)


di solisoli59
30.11.2023    |    868    |    2 9.5
"Irene si lasciò sfuggire un gemito disperato..."
“Mi riconosce non è vero?”
Irene lanciò uno sguardo sdegnoso alla segretaria che se ne stava appoggiata, con aria noncurante, alla griglia dell’ascensore. Era sabato, giorno di riposo della donna di servizio ed era dovuta andare lei stessa ad aprire quando avevano suonato alla portone. La presenza di Mirella davanti alla sua porta la stupiva solo in parte perché si era aspettata che l’usuraio si facesse vivo in un modo o in un altro. Aveva passato tutta la mattina a comporre il suo numero di telefono ma nessuno aveva risposto.
“Certo che la riconosco”, disse Irene con voce rauca mentre un tic le deformava l’angolo della bocca.
Lo sguardo di Irene scese verso le lunghe gambe della segretaria, inguainate in calze nere di nylon. Mirella indossava anche un paio di stivaletti dello stesso colore e teneva al guinzaglio un cocker dal pelo rossastro.
Con un movimento impercettibile del capo, la giovane borghese le fece cenno di entrare. L’improvvisa intrusione di quella donna nel suo universo felpato l’angosciava e la sollevava a contempo. Per tutta la notte non aveva chiuso occhio. Neanche per un attimo aveva cessato di pensare alle umiliazioni che l’usuraio le aveva inflitto. Aveva pianto talmente che le sue palpebre erano gonfie ed arrossate. Una telefonata di Edoardo l’aveva strappata dal suo letto verso le nove del mattino. Suo marito l’aveva chiamata per avvertirla che, a causa di alcuni problemi diplomatici, avrebbe dovuto rimandare il suo viaggio di ritorno.
La giovane donna aveva accolto senza emozione l’annuncio di questo ritardo. Si trattava senz’ altro di una punizione del destino, dover passare altre notti angosciose a tormentarsi in vano. Una maniera orribile di aspettare il momento nel quale avrebbe dovuto confessare al marito di aver venduto la collana per pagare i suoi debiti di gioco e che un truffatore l’aveva imbrogliata...Si, perché dopo vari tentativi nel fare quadrare i conti ha dovuto arrendersi desolatamente alla realtà, la somma che gli era stata data era inferiore, le mancavano ventimila euro.
Quel bastardo, maledetto dell’usuraio l’aveva imbrogliata, approfittando della sua situazione di confusione mentale in cui si trovava, dopo l’umiliante esperienza subita in quella stanza.
Condusse Mirella nella biblioteca. Era così assente, come se la stanchezza la rendesse indifferente a tutto, che, inciampando nel guinzaglio del cane poco mancò che cadesse. Entrando nella stanza, la segretaria ignorò gli scaffali di libri antichi che contornavano le pareti. Il suo sguardo si diresse, invece subito verso la scrivania stile impero sulla quale Irene aveva appoggiato le banconote, fissando con una luce di invidia negli occhi quei mucchietti di denaro che Irene aveva separato in modo disperato per poterle contare e ricontare meglio, sperando in un suo errore. Lasciandosi cadere su una sedia con un lungo sospiro, Irene ebbe coscienza del poco dignitoso spettacolo che offriva alla complice dell’usuraio, era quasi mezzogiorno e lei non si era ancora vestita.
Immediatamente, il cocker le saltò sulle ginocchia, facendo le cadere dilato gli orli delle sua vestaglia di seta. Lo sguardo di Mirella scivolò fra le sue cosce ma Irene non fece nulla per nascondere le mutandine ricamate che le modellavano la fica. Questo eccesso di pudore, dopo quanto era accaduto il giorno prima nell’ufficio dell’usuraio, le sembrava inutile e ridicolo. Ci fu un lungo silenzio che aumentò il suo imbarazzo.
Intanto, il cagnolino, alzatosi sulle zampe posteriori, si era messo a fiutare le banconote posate sul ripiano della scrivania, specialmente quelle che Bonsal le aveva infilato nella vagina. Irene si sentì impallidire e, con un gesto brusco, lo spinse via da sé facendolo cadere sul pavimento.
“Lei non ama gli animali, signora de Sentier?” le disse Mirella con un tono di rimprovero. Irene le rispose con un gesto irritato. Quella domanda le sembrava assurda.
“Spero che non sia venuta qui per parlarmi del suo cane”, disse brusca.
Per tutta risposta, l’altra si mise a ridere . liberatasi del cappotto, lo lanciò con indifferenza sul bracciolo di una delle grosse poltrone di cuoio che arredavano il salotto. La minigonna nera le modellava indecentemente le natiche ed accentuava il rigonfia mento del suo monte di Venere. Il suo stretto golfino a maglie larghe non nascondeva molto dei suoi piccoli seni ed il suo volto era pesantemente truccato. Nel decoro lussuoso della sua casa borghese, Irene la trovò ancora più volgare del giorno prima. Pensò con disgusto che Mirella era esattamente il genere di ragazza alla quale gli uomini toccano il culo in metropolitana.
La segretaria le porse un biglietto da visita che Irene prese senza neppure darci un’occhiata come se si aspettasse altro dalla sua ospite. “E’ vero, non sono qui per parlare del mio cane, signora”,
disse Mirella piegandosi a carezzare la bestiola.
Con aria seccata Irene si alzò in piedi e l’orribile cagnolino ne approfittò per avvicinarsi alla sua gamba e strusciarcisi contro come fanno spesso, in maniera disgustosa e viziosa, i cani eccitati. Irene lo mandò a rotolare sul pavimento con un grido di sdegno. “Cosa vuol dire questo biglietto da visita?”
“E’ il nome del notaio che le farà avere il resto della somma... si tratta di un amico del signor Bonsal... una persona molto discreta.”
Irene si sedette di nuovo e si decise finalmente a guardare quella carta ma non fece in tempo a leggere il nome che vi era stampato perché, con un gesto veloce, Mirella gliela riprese di mano.
“Soltanto, vorrei che prima lei si scusasse con il signor Delizia, così si chiama il mio cane”, disse ancora la segretaria indicando l’animale con un sorriso di sfida.
“Lei è stata molto sgarbata ed anche brutale con questa povera creatura. Terrà il broncio per giorni, se ne rende conto?”
Irene guardò la segretaria con un’espressione incredula. “Lei.., lei non avrà …. la pretesa che...”
“Ah, capisco... la signora de Sentier non vuole presentare le sue scuse ad un povero cagnolino, non è così?”
disse Mirella in filandosi il biglietto da visita nella scollatura. “Non importa, dirò al signor Bonsal che lei non era in casa.”
Irene guardò la ragazza alzarsi, prendendo il cappotto per dirigersi verso l’uscita, per un istante, ebbe l’impulso di gettarsi su quella puttana e lacerarle il volto con le unghie ma riuscì a controllarsi.
“No... non se ne vada.”
Senza dissimulare il suo giubilo, Mirella le si avvicinò e le posò la bestiola sulle ginocchia. Umiliata, Irene si piegò a questo capriccio imbecille e carezzò l’animale che cercava di infilarle il naso sotto la vestaglia. Lo sguardo della segretaria le impedì di respinge il signor Delizia quando questo si mise ad annusare dentro le sue cosce.
“Il signor Delizia ama le belle signore profumate. Sono certa che diverrete amici. Forse addirittura degli amici intimi...”
Irene notò una luce viziosa nello sguardo della brunetta e si sforzò di contenere gli slanci del cagnolino che sì agitava sulle sue ginocchia. Il muso umido del signor Delizia si posò sui suoi slip. A questo punto lei stava proprio per allontanarlo ma la mano di Mirella la bloccò.
“Lo lasci fare. Apra un po’ più le cosce, invece, e si accorgerà come è eccitante farsi annusare da un cane...”
“No... no, ma cosa sta dicendo! Lei è pazza!” gridò Irene impallidendo dalla vergogna.
La segretaria abbozzò un sorriso desolato e poi fece il gesto di riprendersi il cane, “Vieni, Delizia. Decisamente questa persona non ti ama. Non abbiamo più nulla da fare in questa casa..”.
“La supplico, mi lasci il biglietto del notaio...”
Irene era sul punto di scoppiare in lacrime ma Mirella restò inflessibile. Intanto, sulle sua ginocchia, delizia si strangolava a metà nel tentativo di raggiungere il suo inguine. Non c’era niente da fare, solo se avesse ceduto, l’altra le avrebbe dato quel maldetto biglietto. Con un gemito di vergogna, Irene si decise ad al largare le cosce ed il cane si affrettò ad affondare il volto fra le sue gambe.
Quando l’animale le toccò le mutandine con il muso, Irene inarcò le reni. Intanto, Mirella le si era messa alle spalle e le aveva posato le mani sulle tette ansimanti stringendone i capezzoli fra il pollice e l’indice attraverso la seta della vestaglietta in maniera così viziosa che Irene gemette di eccitazione.
“Le ho detto di lasciarlo fare... il signor Delizia adora infilare il naso dove sente un buon odore”.
Irene soffocava di vergogna. Aggrappata alle sue cosce la sporca bestiola l’annusava furiosamente leccando le sue mutandine umide. Intanto, con orrore, si accorse che il sesso dell’animale si era drizzato.
“Ha visto Irene? Ha visto come gli piace, al signor Delizia ? Gli è venuto duro a questo vizioso... “
La segretaria le prese la mano e gliela guidò sotto il ventre peloso dell’animale.
“Lo tocchi.., a lui piace moltissimo”.
“No... no...” Ma le sue proteste erano inutili. Già Mirella le premeva le dita contro la verga del cagnolino.
“Non sente come ce l’ha duro. Su, lo masturbi in poco...”
Irene credette di svenire. Il contatto con il pene dell’animale la riempiva di disgusto. Cercò di ritirare la mano ma Mirella gliela
teneva saldamente imprimendole un odioso va e vieni. Intanto il cane si era alzato sulle gambe posteriori ed aveva preso a leccarle le tette. Irene si morse le labbra per non gridare mentre la segretaria continuava a farle andare su e giù la mano sulla verga del cagnolino dicendo,
“Su, masturbalo, puttana... Sì, così. Come se fosse un uomo, tirandoli in basso il prepuzio...”
La piccola punta rossa, acuminata, era scivolata fuori dalla sua guaina e il membro del cane, si era rizzato in tutta la sua lunghezza ed ora stava tutto nella sua mano, stillante umori. Sentì montare il turpe piacere di essere la puttana di un animale, e ciò le diede il capogiro. Per fortuna, quel va e vieni non durò a lungo. Il cane prese ad uggiolare e le saltò giù dal grembo schizzando il suo sperma sul pavimento. Irene era sconvolta si alzò di scatto mentre la risata di Mirella la colpì come un’altra frustata.
“Allora, porca, ti è piaciuto masturbare il signor Delizia, confessalo!”
Irene abbassò la testa senza rispondere ma già la mano della ragazza le era scivolata sotto la vestaglietta. Tirando in basso le mutandine fino a terra costringendo così la poveretta a liberarsene sotto i piedi per non inciampare. Mirella le palpò le natiche, poi scese con un dito dentro il solco del sedere fino a trovare la fessura umida.
“Ma sì... guarda come si bagna la nostra borghese. Mi senti signor Delizia. Hai fatto bagnare la signora Irene de Sentier”.
Irene non cercò neppure di ribellarsi a questo ultimo affronto e lasciò che la segretaria si dilettasse dei rumori osceni che faceva la sua fica quando lei ci infilava dentro le dita. La ragazza le masturbava abilmente la vagina e lei, con terrore, si accorse che si stava eccitando. Intanto, come impazzito, il cagnolino le correva intorno alle gambe. Era una situazione fra le più assurde ed avvilenti che le fossero capitate in tutta la sua vita. Mirella continuava a masturbarla così bene che lei non riusciva più a controllare i
movimenti del proprio bacino. Si offriva, in assoluta passività, arcuando le reni, a questo piacere infame che saliva dal suo basso ventre. Le sue gambe avevano preso a tremare. Sentendosi sul punto di godere, gemette ansimando ma, all’ultimo momento, Mirella ritirò le dita.
“Ooohhhhhhh……noohhhhhooo…”.
La segretaria la fissò con aria cattiva. “Sei proprio una viziosa, ammettilo. Una vera cagna in calore!”
Irene abbassò gli occhi tremando di vergogna. Si disprezzava per essersi eccitata in quel modo. Si sforzò di ritrovare il controllo e cercò di chiudersi la cintura della vestaglia ma Mirella glielo impedì. Con un gesto brusco le afferrò i bordi dell’abito e tirò verso il basso. La vestaglia cadde al suolo ed Irene restò in piedi completamente nuda.
“Sì... una cagna in calore. Il signor Delizia sarà molto contento”.
All’improvviso le unghie affilate di Mirella perforarono la nuca di Irene che, con un urlo di dolore, cadde in ginocchio, i seni che ballonzolavano oscenamente. Senza allentare la pressione, la segretaria la colpì sul sedere a mano aperta
lasciandole un marchio rossastro su una natica.
“Gambe divaricate... ed alza bene il culo, che si veda tutto.,. più in alto, andiamo!”
Uno sculaccione più violento la costrinse ad ubbidire. Irene arcuò la schiena e sentì la sua vulva aprirsi oscenamente ed un soffio d’aria fredda carezzarle le carni umide. Subito, il signor Delizia si insinuò fra le sue gambe agitando la coda e si mise ad odorare. Irene si lasciò sfuggire un gemito disperato. Intanto Mirella, dopo averle mostrato il guinzaglio come per minacciarla se lei avesse provato a ribellarsi, glielo annodò intorno al collo allacciandolo il moschettone. Irene, sconvolta, cercò di alzarsi in piedi ma l’altra le affondò il tacco dei suoi stivaletti nelle reni minacciandola.
“Docile, cagnolina... non tirare il guinzaglio. Su, cammina... facciamo una piccola passeggiata”.
Irene, però, non si mosse. Nonostante l’eccitazione malsana che si era impadronita di lei, un soprassalto di dignità le impediva di eseguire questo ordine umiliante. Per due o tre volte il guinzaglio si tese tirandola all’indietro e quasi soffocandola. Ad un tratto sentì la punta affilata del tacco dello stivaletto di Mirella insinuarsi fra le sue natiche e posarsi sul rigonfio del suo ano. La segretaria fece finta di spingerlo dentro e l’ano si aprì interamente. Irene sentì che la sua vulva colava. Di colpo, la ragazza le spinse il tacco più in basso, dentro la sua grande fessura bavosa e Irene, suo malgrado, si lasciò sfuggire un gemito dì piacere agitando i fianchi per impalarsi più a fondo possibile su quello spunzone che la perforava. Il suo ventre era in fiamme.
“Ti piacerebbe che ti masturbassi, eh, troietta? Ma non contarci... non ho alcuna intenzione di rovinare i miei stivaletti nuovi inzuppandoli nella tua lurida fica”.
Mirella ritirò il tacco dalla sua vagina e, con il capo del guinzaglio, la percosse violentemente sulla schiena. Ormai completa mente succube, Irene cominciò ad avanzare carponi tenuta a laccio dalla segretaria. Il signor Delizia, intanto, correva di qua e di là come impazzito. In quella condizione umiliante, la giovane borghese fu costretta a fare numerosi giri della biblioteca mentre l’altra la sfotteva crudelmente.
“Va bene... sei una brava, simpatica cagnolina... ho deciso di premiarti. Su, vieni qui...”
Irene si avvicinò a testa bassa. Mirella la carezzò come si accarezza un animale e quando il signor Delizia si insinuò, da dietro, fra le sue gambe e si mise ad annusarle il pube lei si sentì veramente come un animale. Il muso umido e freddo della bestiola le sfiorò la vulva indifesa e Irene ebbe un piccolo singhiozzo di rivolta ma non fece nulla per sottrarsi all’oltraggio. Intanto, il signor Delizia, sempre più eccitato dall’odore della sua passera si era spinto, con il muso, fra le sue grandi labbra muovendolo come se fosse alla ricerca di un osso. Irene avrebbe forse voluto ribellarsi ma non ne aveva le forze. Un’eccitazione la paralizzava.
Con gli occhi pieni di lacrime vide Mirella spingere in avanti il pube, stretto nella minigonna di jersey nero.
“Oh sì, certamente, a questa bella signora borghese piace un sacco farsi odorare la figa dal signor Delizia.., non c’è che dire, nonostante il suo alto lignaggio in realtà si comporta come l’ultima delle troie”.
Senza quelle considerazioni ironiche ed insultanti Irene non si sarebbe forse resa conto dei contorcimenti grotteschi del suo culo. In realtà, il signor Delizia aveva preso a leccarle la figa con la sua lingua rasposa infilandogliela dentro con movimenti frenetici. Sconvolta dal piacere che questo trattamento le procurava, Irene arcuò suo malgrado la schiena e, proprio in quell’istante, la segretaria le si accostò dicendole:
“Su, cagnolina, vieni sotto la gonna della tua padrona. Vieni a leccarmi un poco con la tua lingua calda e rasposa!”
Mirella dovette soltanto alzare un poco la minigonna. Irene intravide la carne bianca delle sue cosce. La ragazza aveva delle calze autoreggenti e non portava mutandine. I peli neri della sua figa, tutto intorno alla fessura, erano lucenti di umori. Con un sospiro di impazienza afferrò la signora de Sentier per la nuca e la costrinse ad infilare il viso fra le sue gambe.
“Su, leccami, ti ho detto, cosa aspetti!”
Irene fremette di disgusto. La sua bocca ed il suo naso erano affondati dentro la carne tiepida della segretaria. Un odore acre le invadeva le narici. Fare una cosa così sporca ad un’altra donna l’avrebbe normalmente disgustata al solo pensarci. Ma non era più se stessa. Il signor Delizia, intanto, continuava a frugare con la lingua dentro la sua vulva aperta e lei stava già per godere mentre Mirella le premeva la figa bagnata conto la bocca.
“Avanti.., dammi la tua lingua, mettimela dentro a fondo che senta come lecchi bene! “
Sconvolta da un piacere abietto ma violentissimo, Irene spinse il naso nel foro peloso. Era ripugnante ma non poteva che ubbidire. Con la punta della lingua aprì le labbra della vulva insinuandosi fino alle pieghe più profonde. Leccava a grandi colpi, senza respirare, cercando di non pensare a ciò che stava facendo. Nel frattempo, quasi senza accorgersene, si era fatta scivolare un dito sulla clitoride e si masturbava furiosamente. Come in un sogno sentì Mirella chiocciare di soddisfazione.
“Sì... sì... mettimi la lingua nella figa... ancora!”
Poi, di colpo, tutto ondeggiò. Il suo corpo si irrigidì ed un velo rosso le calò sugli occhi e godette, la bocca piena di carne umida, spingendo la lingua più a fondo che poteva dentro la vulva della segretaria e poi si abbatté sulla schiena, a cosce divaricate, mentre il signor Delizia continuava a leccarla in mezzo alle gambe con la sua lingua rasposa. Di Mirella poteva scorgere soltanto l’inguine in mezzo al quale occhieggiava la fessura umida ed aperta della figa con le dita che si agitavano frenetiche sopra alla clitoride.
Affascinata, guardava la segretaria masturbarsi, gli ansiti della ragazza che si confondevano con i guaiti del cane. Fu il signor Delizia a riportarla alla realtà. L’animale si era alzato sulle zampe posteriori e sfregava la sua verga contro le carni umide della sua figa come se cercasse di penetrarla. Quel contatto le procurò un moto di orrore e lei allontanò il cane spingendolo via con stizza. In quello stesso momento, Mirella chiuse gli occhi e, con il corpo che tremava tutto, si appoggiò, quasi le mancasse l’equilibrio, alla scrivania dietro di lei godendo intensamente. Subito dopo, riaperti gli occhi, guardò in basso verso Irene dicendo con il solito tono insultante.
“Ah, ho visto bene! Ti piacerebbe farti infilare dal signor Delizia, confessalo! Purtroppo per te ce l’ha troppo piccolo per la tua grossa fica. Ma non preoccuparti, la prossima volta tornerò con un dobermann, hai capito troia!”
Irene si sedette sul pavimento mettendosi a singhiozzare.
“Basta, adesso... hai avuto ciò che volevi, no? Dammi il biglietto con l’indirizzo del notaio in maniera che possa recuperare i miei soldi e... vattene!”
“Andarmene? Certo. Ma prima.., prima vorrei bere un buon caffè...”
“Un caffè ..?”
Irene tirò su col naso lanciando alla segretaria uno sguardo lacrimoso.
“Il fatto è che oggi la donna di servizio ha il suo giorno libero”
“Non capisci, mia cara,” fece Mirella prendendola per il mento per obbligarla ad alzare la testa. “Sei tu che mi servirai... nuda si intende. E dato che ti piacciono le cose formali avrai il permesso di indossare il grembiulino bianco della tua cameriera. La tua cameriera ce l’ha un grembiule bianco no?”
“S... si..,” balbettò la poveretta sconvolta.
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