Racconti Erotici > orge > "Carnalità...ovvero sperduti in campagna nel caldo torrido di fine luglio"
orge

"Carnalità...ovvero sperduti in campagna nel caldo torrido di fine luglio"


di quartofederico
25.04.2020    |    12.337    |    13 10.0
"Poi “Accompagnami in bagno, per favore” Ci alzammo senza far troppo rumore; mettemmo ai piedi le nostre ciabattine e procedemmo con lei che si teneva..."

Ultimo fine settimana di luglio, caldo torrido, hai insistito per trascorrerlo fuori.
Hai detto a tuo marito che volevi stare un poco da sola. Ci accordiamo, e venisti a prendermi sotto casa con la tua Smart. Solo un cambio di biancheria ed una camicia.
Io pantalone di lino chiaro e camicia blu; tu vestitino leggero, come sempre senza reggiseno, con le tue stupende tette sode, dritte e capezzoli duri, che si ergevano da sotto la stoffa.
Per scherzo ti chiesi che mutande portavi, mi dicesti "Un tanga".
“Vuoi vederle?” chiedesti “Anzi, aspetta... me le tolgo”
“Sei matta?” le sussurrai
“Aspetta che lo faccio per davvero” fu la tua risposta.
Rallentasti, accostasti al ciglio della strada e, senza nessun ripensamento, ti alzasti il vestito e. sollevando appena appena il culo dal sediolino. ti sfilasti l’indumento e me lo buttasti in faccia. Mettesti la freccia, guardasti dallo specchietto e ripartisti.
Il vestitino era appena scivolato sulle gambe, coprendo solo in parte qualche centimetro sotto l’inguine. Allungai la mano sinistra e ti carezzai la coscia. Guidavi in modo spedito con la solita aria decisa che ti ha sempre contraddistinta.
Hai preferito strade secondarie per evitare il traffico.
Ti guardavo: la freschezza dei tuoi 30 anni contrastavano con il mio essere maturo. Ma a te andava bene così; mi sei sempre piaciuta molto e mi facevi sentire ringalluzzito.
Ci conosciamo da poco più di un mese, ma già dalla prima sera ci siamo piaciuti e siamo andati a letto assieme.
E dire che a quella manifestazione doveva venirci il mio collega.
Io al destino ci credo. Comunque questo è il nostro primo fine settimana assieme.
Abbiamo percorso una quarantina di chilometri ed abbiamo appena attraversato un centro abitato (si fa per dire: quattro case ed un negozio), trovandoci, praticamente, su una strada provinciale costeggiata dalla campagna a destra e a sinistra.
Ad un tratto la macchina cominciò a fare le bizze, prima due o tre sobbalzi, poi si fermò. Provasti a farla ripartire, niente da fare: il motorino di avviamento girava a vuoto e non ne volle sapere.
Ad un tratto imprecasti; ti ricordasti che la spia del carburante non funzionava.
“Accidenti! Siamo senza benzina, come cazzo si fa in mezzo a questa campagna sperduta?”
Io sorrisi; vederti arrabbiata era uno spettacolo.
“Che hai da ridere? Proprio non lo capisco” poi ti calmasti, spingemmo l’auto e la fermammo in una lieve rientranza della strada. Avevamo tutti e due i cellulari con lo stesso gestore, e, in questa zona, non c’era campo.
L’unica cosa da fare? Io presi il mio zainetto, tu la tua borsa, chiudemmo l’auto e ci incamminammo nella speranza di incrociare qualcuno.
Percorremmo a piedi un paio chilometri, ad un tratto vedemmo in lontananza un casolare in mezzo alla campagna.
Decidemmo di raggiungere quella casa per chiedere aiuto. Camminammo per un altro quarto d’ora, e ci accorgemmo che la casa era più una cascina, che una abitazione vera e propria.
Bussammo alla porta, ma non ricevemmo risposta.
Guardando dalle imposte, semi aperte, si vedevano delle luci accese, ma non notammo nessuno dentro.
Ad un certo punto ci sentimmo chiamare:
“Ehi, voi” e, da dietro un albero, apparve una donna, che ci si avvicinò.
Ci raggiunse fuori del patio. Aveva un telo da bagno che copriva il suo corpo. Evidentemente aveva fatto la doccia o il bagno, ma dove? Poteva avere una quarantina di anni, alta circa un metro e sessanta, abbastanza in carne, un fisico giunonico e un viso abbastanza gradevole.
Si dimostrò immediatamente gentile e ci chiese, con modi garbati, di cosa potessimo aver bisogno.
Le spiegammo la situazione e lei, sorridendo ci fece capire che, di sabato pomeriggio, non sarebbe stato facile trovare un carro attrezzi per far rimorchiare l’auto e, quindi, avremmo dovuto aspettare il lunedì. Oppure..…Forse poteva anche esserci una soluzione diversa.
“Aspetto amici stasera, sicuramente essi potranno esservi d’aiuto.”
Ci presentammo e lei, tendendo la mano:
” Marisa, molto piacere”
“Io sono Federico e lei è Sara”
Ci fece accomodare in casa; uno stanzone con un camino in un angolo e un tavolo lungo, al centro, che poteva ospitare una decina di persone. Su una parete una credenza e, sull’altra, un divano vecchio e sdrucito, coperto da un lenzuolo stranamente candido. Tutto sommato era tutto molto pulito.
Senza tanti preamboli, si tolse il telo da bagno e rimase nuda.
Accidenti! Due tette giunoniche, di certo una quarta abbondante, ed una gnocca piena di peli: un cespuglio serico, che partiva dal monte di venere e arrivava alle grandi labbra, proseguendo e assottigliandosi, fino al buco del culo, che potemmo ammirare per bene, dato che, per meglio asciugarsi, si voltò dall’altra parte, si piegò in avanti, poggiando un piede su uno sgabello. Sì, i peli si arricciavano nel solco delle natiche e lambivano il buco del culo. La cosa si faceva veramente intrigante, anche perché Marisa fece tutto questo senza preoccuparsi minimamente di noi, ostentando il proprio corpo nudo con una assoluta naturalezza.
Poi prese dalla sedia un vestito e lo indossò, senza mutande e senza reggipetto. Ancora con la massima semplicità, ci chiese se avessimo bisogno di andare al bagno e, al nostro assenso, ci indicò l’albero da cui l'avevamo vista provenire.
Eravamo perplessi, ma anche curiosi ed eccitati: forse, quella che ci aspettava, sarebbe stata una serata piuttosto intrigante.
“Che ne pensi?" chiesi a Sara, ella rispose:
“Non lo so! Credo che dobbiamo aspettare i suoi ospiti, poi valuteremo”
Ci allontanammo dalla casa e arrivammo dove lei aveva indicato.
Dietro l’albero c‘era un capanno in muratura con il tetto coperto di paglia e rami di alberi; il tutto, forse, un metro per un metro e mezzo, con un finestrino quasi ad altezza d'uomo e una porta, che si chiudeva a stento.
All’interno c’era la tazza del wc. Fuori una doccia pensile, riparata ad occhi indiscreti, da una specie di paratia.
Niente sciacquone e, per ripulire la tazza, bisognava riempire un secchio alla fontanina che si trovava anch’essa fuori. Diversamente da quello che uno poteva aspettarsi, anche qui tutto pulitissimo.
Sara mi guardò perplessa, ma dovendo fare la pipì, entrò lasciando la porta socchiusa e con me fuori di guardia. Non indossando intimo, le bastò alzare il vestito e, senza sedersi, cominciò ad urinare. Per non metterla in imbarazzo, mi voltai dall’altro lato e solo quando terminò lo scroscio, capii che aveva finito.
“Federico, hai dei fazzolettini” mi chiese; gliene passai un pacchettino intero, si asciugò e, riabbassandosi il vestito, uscì.
“Che schifo! Come fanno a vivere in questo modo; tu non devi farla?"
Difatti anche a me scappava, ma sicuramente la cosa, per me, fu più facile.
Presi, poi, un secchio d’acqua alla fontanina e lo riversai nel gabinetto. Dopo un rapido lavaggio delle mani, tornammo verso il casolare.
La padrona di casa ci riaccolse con uno smagliante sorriso e con una genuina cortesia.
Stava preparando la cena e un buon odore giungeva dal focolare: doveva trattarli molto bene i suoi ospiti.
Mise sul fuoco una teiera e preparò un tè per noi, che, nonostante facesse un gran caldo, ci fu molto gradito.
“Che prepari di buono?” chiesi a Marisa.
“Stasera, senza primo piatto, solo salsicce e patate al forno, poi ci sono affettati e formaggi” rispose.
Ella, intuendo che eravamo curiosi di sapere chi fossero gli ospiti, disse:
“Vedete, è una cosa che facciamo un paio di volte al mese; siamo tre mogli e a turno una di noi partecipa, oggi tocca a me, insieme a mio marito ci saranno tre nostri amici. Ci riuniamo, ceniamo, beviamo e ci divertiamo”
“Scommetto che vi divertite ad ascoltare musica e, forse, ballare?” osò Sara.
“Veramente anche qualche cosina di più, mia cara; ci divertiamo ad eliminare ogni inibizione”.
Io e Sara ci guardammo perplessi; dove eravamo capitati? E quindi, visti i nostri sguardi interrogativi e comprendendo le nostre perplessità, continuò:
“Siete i benvenuti, ma, se non vi va di partecipare, vi do due sacchi a pelo e, dopo cena, potrete trascorrere la notte fuori, ammirando le stelle”.
Mentre si allontana per riporre le tazze vuote del tè, Sara, stringendosi a me, sussurra:
“Vediamo come evolve la cosa. Marisa è simpatica e, da subito, ti ha fatto gli occhi dolci. Vediamo i suoi maschi e poi decidiamo”
“Decidiamo? Vorrai dire: deciderai?” rispondo.
“Lo sai che le stelle mi angosciano e, poi, non mi va di dormire nel sacco a pelo” aggiunse, chiaramente scherzando.
Si mise a disposizione di Marisa, che, sorridendo, le diede una tovaglia e le indicò il cassetto delle posate, informandola di apparecchiare per sette.
Il tutto venne riferito, accompagnando le parole con una carezza sul viso.
“Tesoro, se ti va, stasera, potremmo diventare le star della festa; io e te a disposizione dei nostri uomini; anche se potrebbe sembrare che il gioco lo conducano loro, in realtà saremo noi ad utilizzarli per il nostro piacere”.
Sara non rispose, ma il rossore, che man mano avvampava le sue guance, dimostrava il suo coinvolgimento nell'avventura che si prospettava.
Sara ubbidiente? Non avrei mai scommesso su questo suo lato, comunque, vestendo i panni di una buona cameriera, cominciò ad apparecchiare la tavola.
“Senti, Sara, - la chiamò Marisa - togli le mutandine!” le disse.
“Non le porto, ma perché?” così dicendo, si alzò il vestito per dimostrare che era vero.
“Non ne hai con te?" Chiese ancora, Marisa.
“Certo che sì... le ho in borsa, ma mi dici perché?"
“Prendile e mettile sull’attaccapanni, vicino alle mie; questo è il segnale della tua disponibilità, per mio marito e per gli altri".
Sara eseguì le indicazioni impartitele e continuò ad apparecchiare.
I posti erano già stabiliti: le donne a capotavola; io alla destra di Sara, mentre il marito di Marisa, alla sua destra; gli altri, uno lo avrebbe stabilito Marisa, uno Sara e uno il marito di Marisa.
Tutta questa organizzazione mi faceva pensare ad un rituale già sperimentato, e, sicuramente, non ideato dalla mente di una contadina e da suo marito. C’era qualcosa che ancora non sapevamo, ma che poi avremmo sicuramente scoperto.
Mentre Sara finiva di apparecchiare, Marisa mi venne vicino.
“Posso?” e, senza aspettare risposta, cominciò a sbottonarmi la camicia, poi proseguii io, fino a sfilarla.
Nel mentre, abbassò la mano e cominciò ad accarezzarmi la patta con il palmo della mano, e si accertò della consistenza nascosta al disotto.
“Ah, però? “esclamò.
La lasciai fare e, supportato dallo sguardo complice di Sara, afferrai il suo culo, a due mani: decisamente bello, alto e sodo, da provare.
“Sara, sempre così pronto il tuo uomo?” chiese.
“Sta' in guardia - suggerì lei - se non stai attenta, si prende il dito con tutta la mano” disse ridendo e lanciandomi una occhiataccia d'intesa.
Comunque, la signora aveva intuito di aver trovato pane per i suoi denti.
Incurante dell’avvertimento di Sara e non sottraendosi al mio abbraccio, la sua mano, che inizialmente carezzava soltanto, cominciò a stringere il mio cazzo duro, coperto dalla stoffa dei pantaloni.
Strinse così forte da farmi male, e reagii dandole una pacca a mano aperta, che, se fosse partita a culo nudo, le avrebbe stampato le cinque dita sulla pelle.
Il gesto, invece di farla risentire, sembrò eccitarla di più, al punto che si girò e mi diede un bacio in bocca, con tanto di lingua esploratrice.
Questo, unito al sorriso di Sara, le fece intendere che eravamo in partita e, soprattutto, pronti a giocarla.
Verso le diciotto, sentimmo arrivare un'auto. Parcheggiò nell’aia e, dalla finestra, vedemmo scendere i quattro uomini.
“Eccoli” disse Marisa, aprendo l’uscio.
Vedendo me e Sara, restarono un attimino sorpresi, ma Marisa spiegò loro perché eravamo lì, sottolineando che l’invito a restare, oltre ad un gesto di cortesia, poteva rivelarsi come un cambio di programma ancor più piacevole. Così dicendo, con un gesto della testa, fece cenno di guardare sull’attaccapanni.
Una risata generale, cui seguirono strette di mano e presentazioni.
Marisa, sollecitando i presenti a darsi una mossa e, con un tono autorevole, ma pur sempre scherzoso, invitò i nuovi arrivati:
“Avanti, togliersi le camicie e, chi vuole, anche pantaloni, poi fuori a lavarsi le mani”.
Il suo era un tono che non ammetteva repliche soprattutto nello sbrigarsi.
Il marito invitò anche me e, con un fare goliardico, ci avviammo al capanno, mentre le donne finirono di preparare.
Marcello, così si chiama il marito di Marisa, poco più che cinquantenne, un metro e ottanta di altezza, con un po’ di pancetta, capelli neri, con qualche filo di argento, occhi scuri, molto villoso e un bel pacco nelle mutande, attirò subito lo sguardo ingordo della mia dolce Saretta.
Poi Eddy, un po’ più vecchio, sui 55 anni, leggermente più basso e più snello, occhi castani e capelli di un bel colore argento, anch'egli bel messo tra le gambe.
Poi Filippo, il più giovane, sulla quarantina, un vero colosso, un metro e ottanta per cento chili, ma tutto muscoli, depilato e si vedeva, biondino: Marisa se lo mangiava con gli occhi.
Infine, Lorenzo, 50 anni veramente un bell’uomo, alto, fisicamente prestante, testa rasata, con gli occhi chiari, che, a detta di Sara, ti spogliavano.
Ormai era ora che si rompesse il ghiaccio; qualcuno doveva proporre di denudare le donne, e siccome tutti si guardavano e non osavano, ci pensai io. Mi avvicinai alla mia donna e, da dietro, le abbassai la lampo del vestito, facendoglielo scivolare dalle spalle.
Lei si girò, mi guardò incantata e mi baciò in bocca.
Risposi al bacio con lo stesso ardore che ci stava mettendo lei, per poi finire il lavoro iniziato.
Tutti i maschi la guardavano con gli occhi famelici; anche Marisa la osservava con ammirazione e, oserei dire, forse con un pizzico di invidia e, perché no, anche di desiderio.
Era un vero spettacolo della natura: la pelle liscia e leggermente abbronzata. Il viso bellissimo, le labbra carnose gli occhi scuri che ti accendeva e si accendevano di passione. Le tette piccoline, ma ben fatte, con le areole smunte, ma su cui si elevava un capezzolino che, appena sfiorato, si ergeva imperioso. Il ventre piatto, liscio, con il buchetto dell’ombelico ben fatto e appena appena sporgente. Un corpo meraviglioso, tenuto su da due gambe ben tornite, lunghe e affusolate che, da un lato terminavano con due piedini perfetti e ben curati, e dall‘altra parte si legavano al bacino, al cui centro si trovava il vero "Paradiso Terrestre": una figa piccola e stretta, rasata e lucida che era sovrastata da un ciuffetto di peli neri, anch'essi ben curati. Nella posizione in cui si trovava, non si riusciva a vedere bene l’interno, ma le grandi labbra, ben in mostra, molto turgide, lasciavano immaginare la perfezione di tutto il resto. La feci girare verso la platea, da dove partì uno strepitoso applauso. Io, inorgoglito, mostrai anche il suo didietro: il culo, bello alto e ben tornito, completava l’opera d’arte della natura.
Finito con Sara, mi avvicinai a Marisa, che ancora indossava il vestito e, con un’operazione analoga alla precedente, lo feci scivolare sul pavimento.
Una breve giravolta ed anche in suo omaggio si sollevò un sonoro applauso
Marcello si alzò dal divano, tolse lo slip e lo lanciò a Sara, che lo afferrò al volo e se lo portò al viso, per annusarlo.
Un gesto che provocò non poca eccitazione in tutti i noi, ma anche Marisa, non fu da meno, e si accaparrò
quello di Eddy, di Lorenzo ed il mio.
Sara con la velocità di una pantera si fiondò sull’ultimo a disposizione. Quello di Filippo, il più giovane.
Ormai era l‘ora dell’aperitivo. Un prosecco bello freddo, che Marcello stappò e versò nei flute presi dalla credenza; per scherzo feci notare che mancava qualcosa di stuzzicante per accompagnare l’aperitivo e, senza mezzi termini, tirai a me Sara, la feci piegare in avanti e le leccai la sua bellissima e succosissima gnocca.
Praticamente creai uno scompiglio! Tutti e cinque, prendemmo le nostre donne e le leccammo ben bene e, quando giunse il mio turno con Marisa, indugiai molto di più sul buco del culo che, oltre ad essere profumato, si rivelò pure molto disponibile alla dilatazione.
A Marisa e Sara che reclamavano, offrimmo le nostre ”fave”.
Quando mi si avvicinò Sara, per il suo stuzzichino, non si limitò a leccarlo e baciarlo, ma, mordicchiandomi la cappella, mi disse sottovoce “Sei un porco”.
“CHE STRANE LE DONNE” mi venne da pensare.
Ormai al caldo afoso di quella sera di luglio, si era unito quello della nostra passione.
Marcello prese per mano Sara e le chiese di accompagnarlo giù in cantina a prendere il vino:
Un attimo di esitazione nello sguardo della mia donna, mi fece percepire che attendeva il mio consenso, ma Marisa, con fare rassicurante, la spinse tra le braccia del marito. Prima di varcare la porta, Sara mi rivolse un'occhiata che definirla maliziosa mi sembrò pleonastico.
Marisa, vedendomi dubbioso, mi si avvicinò e mi sussurrò:
“Sta tranquillo... non sbrana” e, mimando con la mano la zampa di un animale feroce, aggiunse: “Dopo
gli renderemo pan per focaccia”.
Erano scesi giù in cantina da un bel po’ ed io, con un po' d'ansia, avrei voluto raggiungerli, ma di nuovo mi trattenne la padrona di casa.
“Aspetta... lasciali stare... te l’ho detto, avremo modo di vendicarci”.
“E come?" risposi.
Si girò e si strinse a me di schiena.
“Il culo, a lui, non lo do da un secolo”.
Comunque, la famigerata porta si riaprì, lasciando passare i due. Dal viso purpureo di Sara e dal cazzo duro e bagnato di Marcello, era chiaro che qualcosa era successo.
Me lo rivelò Sara il giorno dopo: appena giunti giù in cantina, Marcello l’attirò a sé e le diede un bacio in bocca. Ella, inizialmente, voleva sottrarsi all'abbraccio, ma, poi, sentendo il cazzo duro e grosso dell’uomo a contatto con il suo ventre, si sciolse fino a vacillare. Marcello, notando il suo stato di eccitazione, la spinse in avanti, facendola appoggiare allo scaffale dei vini. Così offerta, il maschio in calore non perse tempo, ed in un solo colpo la penetrò; bagnata come era, il cazzo scivolò completamente dentro di lei e cominciò a chiavarla. Lei, allora, aprì di più le gambe e, per meglio sostenere i colpi di Marcello, poggiò le mani alla parete. Il suo orgasmo sopraggiunse dopo poco quasi urlando, e l'uomo, dopo averla baciata con passione, le spinse la testa verso il suo cazzo.
Il cazzo in bocca per Sara è sempre stato un invito a nozze: è la cosa che ama di più. Cominciò a leccare l'asta dai coglioni fino a raggiungere la cappella turgida e bagnata dei suoi umori, poi lo accolse tutto in bocca e lo succhiò prima piano piano, per poi aumentare il ritmo come solo lei è capace di fare. Non riuscì a completare l'opera; l’uomo si fermò in tempo per non sborrare. Volle conservare la carica erotica e la cartuccia per il dopo cena.
Nonostante la delusione, Sara comprese e prese le due bottiglie di vino, che, nel trambusto e solo per fortuna non si erano rotte.
A questo punto non ci restava che sederci a tavola: le donne a capotavola, con alla destra di Marisa suo marito Marcello e Filippo (per intenderci quello che Sara aveva adocchiato fin dal primo momento), e, alla destra di Sara, io, Eddy e Lorenzo.
Le salsicce davvero buone ed il vino ancora meglio, non fecero altro che accrescere l'allegria stimolando ancor più il desiderio.
Marisa, da perfetta padrona di casa, ci avvertì che, per dolce, ci sarebbero state loro due.
Sparecchiamo alla meglio e passammo il gioco alla conduzione delle donne.
Sara, senza alcuna vergogna, attirò a sé Marcello e il cazzuto Filippo che, oltre ad essere il più giovane, era anche quello meglio dotato della compagnia: di certo il suo cazzo superava i venti centimetri ed era adeguatamente grosso; per questo motivo la temeraria Sara se l'era accaparrato e già se lo immaginava tutto dentro a sconquassarle la fighetta.
Marisa avrebbe fatto fronte a me e gli altri due.
Stendemmo per terra tre grossi materassini e noi maschi vi ci stendemmo, attendendo le due ninfe in calore.
Sara prese posto tra Marcello e Filippo, che subito la strinsero tra le loro braccia. Marcello prese la mano della donna e se la portò sul cazzo, mentre le carezzava il seno. Lei, senza attendere alcuna richiesta e, sbavando passione, si impossessò anche dell’altro cazzo.
Un trio che fra poco avrebbe fatto sicuramente scintille.
Intanto Marisa, venendo verso di me, aveva preso dalla borsa un tubetto di gel lubrificante.
Marcello notò la cosa e strabuzzò gli occhi; ma lei, sorridendogli, afferma:
“Mi dispiace, caro! Il culo l'ho promesso a Federico”.
Poi si mette in ginocchio, si piega in avanti e apre le gambe.
Eddy, già steso sulla schiena, l’attirò a sé e scivolò sotto di lei. Anch'egli non era da meno di Marcello, con la dotazione in evidenza e Marisa, con il culo offerto, mi chiese di prepararle la figa. Mi misi dietro e, in ginocchio, cominciai a leccarle la figa, già tutta bagnata e, con l’ulteriore stimolazione della mia lingua, le già abbondanti secrezioni aumentarono notevolmente. Oltre ad avere un profumo inebriante, il suo sapore lo era ancor più.
A seguito del mio primo colpo di lingua sul clitoride, Marisa ebbe un balzo in avanti; la trattenni appena in tempo per non farla crollare su Eddy, intento a stuzzicarle i capezzoli. Era pronta e, fradicia come era, si accasciò sul cazzo di Eddy e lo fece scomparire dentro il ventre. Con gli occhi fuori dalle orbite, dopo le prime due o tre pompate, si accorse di Lorenzo presente al nostro fianco: ne afferrò Il cazzo e se lo portò in bocca. Lo leccò in punta, lo baciò e, infine lo fagocitò tutto, fino alle palle. L'unico, non ancora coinvolto nel gioco, ero io. Non mi persi d’animo; presi il tubetto di gel, lo puntai su quell'anelante buco di culo, ne cosparsi un bel po’ e cominciai a massaggiare l ‘ano. Con gran facilità. il dito medio le scivolò dentro. Proseguii l'operazione per circa 30 secondi e poi eseguii un veloce ditalino nell’ano di quella magnifica femmina in calore.
Con il dito nel didietro e con il cazzo di Lorenzo in bocca, cominciò a non esser più coordinata nei movimenti, per cui Eddy prese l‘iniziativa e la scopò sempre più veementemente. Marisa è ormai era partita per la tangente: cavalcava un cazzo, ne succhiava avidamente un altro; aveva gli occhi lucidi per la libidine che l'aveva travolta; la saliva, abbondantissima, le colava dalla bocca ed io, a quel punto, le sfilai il dito dal culo per sostituirlo col cazzo.
La cappella fece forza sulla rosellina, e lo sfintere, sufficientemente dilatato dal dito e lubrificato dal gel, si aprì alla mia prima spinta, accogliendomi al suo interno con la stessa disponibilità mostrata dalla sua padrona.
Il suo primo impulso fu quello di cacciarmi fuori, ma appena riuscii a coordinare i movimenti con quelli di Eddy, le cose sembrarono andare meglio. Io entravo tutto in lei, quando l’altro si ritraeva e viceversa.
Pompavamo senza mai lasciarla priva di cazzo e lei assecondava i nostri colpi.
Anche Lorenzo non smetteva di darle la giusta razione di cazzo e il tutto portava alle stelle l’eccitazione di noi quattro.
Ma cosa stava succedendo agli altri? Come se la stava cavando Sara?
Sara non era il tipo che si faceva crescere l’erba sotto i piedi!
Aveva preso l’iniziativa e pure lei era a pecora, ma, posizionata al contrario rispetto a Marisa, aveva offerto la propria gnocca alla bocca di Filippo, che si era steso, nella posizione del 69, sotto di lei.
Marcello l’aveva offerto il cazzo per farselo succhiare. Veramente brava la mia donna, che alternava i due cazzi in bocca, con una maestria e un ardore degno di una pornostar.
Filippo, dal canto suo, leccava, baciava e sorbiva, tutto il nettare che fuorusciva da quella figa gonfia ed eccitata.
Sara mi fissava, e in quegli occhi leggevo il piacere che la travolgeva. Fu lei stessa a supplicare Filippo di scoparla. L’uomo si ritrasse da sotto e si posizionò dietro Sara; le aprì le gambe, puntò il cazzo e spinse.
Scivolò dentro come una lama calda nel burro ed in un sol colpo le fu tutto dentro.
“E’ enorme! - strillò la mia Sara - ma mi piace; dai..., spingi più forte” gridò ancora.
A queste parole, Filippo, inorgoglito, cominciò a chiavarla senza pietà, con colpi sempre più decisi. Marcello si era beccato un morso sulla cappella, quando l’altro aveva spinto il cazzone nella pancia di Sara, per cui si era spostato e cercava di lenire l'inaspettato dolore. Quando si accorse che la chiavata si era normalizzata, osò di nuovo poggiarlo sulle labbra di Sara, che, sempre come in estasi, lo accolse tutto in bocca e riprese a succhiare.
Intanto io e Eddy avevamo raggiunto un sincronismo perfetto: io navigavo nel culo di Marisa e Eddy le rovistava la fica.
Che sensazione! Sentivo il cazzo dell’altro quando entrava e, avendo poco spazio, aspettava che io mi ritraessi: sembravamo due treni che viaggiano su un unico binario.
Lorenzo, dal canto suo, guidava la testa di Marisa e lei succhiava: era udibile il rumore che produceva con la bocca.
Ormai eravamo tutti prossimi all’orgasmo, anche se Marisa doveva esser venuta già più di una volta.
Il primo fu Eddy che, con un profondo mugolio, manifestò il suo orgasmo. Lo sentii distintamente sborrare; sentii la sua cappella pulsare una, due, tre volte e il suo movimento rallentare, per poi fermarsi completamente nella vagina di Marisa.
Quasi contemporaneamente, aumentarono le contrazioni dell’utero della donna che, trasmettendosi all’ano, mi provocarono l'orgasmo e non mi riuscì di trattenermi dallo scaricare tutta la sborra nella sua pancia.
Ci accasciammo tutti e tre, mentre Lorenzo, involontariamente scacciato dalla bocca della donna, stava finendo da solo il lavoro, sborrandole in faccia una enorme quantità di crema.
Va detto e precisato che quando Sara si accorse che stavo prendendo il culo di Marisa, si fermò di colpo e, agguerrita come non mai, esordì:
“Marisa passami quel gel!.... Questa guerra la si combatte ad armi pari”
La donna, senza alzare lo sguardo, le allungò il tubetto e mi sussurrò:
“Voglio sperare che scelga bene, se non vuole trovarsi squartata”
La mia femmina, da temeraria qual' era si liberò del cazzo di Filippo dalla vagina e, girandosi a pecora gli porse il gel, e senza parlare si tenne aperte le natiche offerte.
L’uomo incantato ammirò la rosa brunita dell’ano di Sara e fece scivolare in un solo colpo e fino in fondo, un dito pieno di crema nel suo budello.
Un sommesso lieve lamento, a cui non poté sottrarsi, anticipò un urlo non soffocato di Sara che ci fece capire che lui era entrato tutto nelle sue viscere.
Filippo, comunque, si era fermato per farla adeguare alle sue dimensioni e, quando fu pronta, fu lei stessa a muovere il bacino per fargli comprendere che poteva continuare.
Marcello comprendendo l’antifona si era allontanato dalle labbra fameliche di Sara e, solo quando la smorfia di dolore della donna scomparve dal suo volto, osò riavvicinare il cazzo alla bocca calda della mia femmina.

Anche Sara ed i suoi uomini stavano completando l’opera. Marcello le scaricò in gola una bella sorsata di crema bollente, mentre l’altro le venne nel culo.
Anche loro, come noi, si accasciano sul tappetino stanchi, ma soddisfatti.
La prima, a destarsi dalla catalessi che ne seguì, fu Marisa.
Si era distesa sul fianco destro, con me dietro che le carezzavo le tette e, con il cazzo ancora barzotto, poggiato nel solco delle natiche.
Mi chiese dei fazzolettini; glieli allungai.
Poi “Accompagnami in bagno, per favore”
Ci alzammo senza far troppo rumore; mettemmo ai piedi le nostre ciabattine e procedemmo con lei che si teneva tamponati con i kleenex buco del culo e fica, pieni di sperma dei suoi uomini.
Era goffo vederla camminare con le gambe strette per non farsi colare i liquidi sulle cosce e si appoggiava a me, per esser aiutata.
Raggiungemmo la tazza e lei di corsa ci si siede. Accesi la luce e la guardai bene in viso. Un rivolo, ormai quasi secco, disegnava una specie di crosta tra la fronte e le sopracciglia e, forse, anche i capelli erano stati investiti dalla notevole spruzzata di Lorenzo.
Ella, con un osceno rumore, liberò il suo intestino dall’aria e dalla sborra che le avevo pompato dentro. Solo allora udii lo scroscio della piscia, lunga ed abbondante, che seguì, naturalmente, le altre fuoruscite.
Dopo essersi liberata, uscì all'aria fresca della sera; aprì l'acqua della doccia e ci si catapultò sotto.
Si pulì senza sapone e, nel farlo, attirò anche me.
Ci lavammo assieme contemporaneamente: io pulii il mio cazzo, per poi aiutare lei a lavare figa e culo, che si presentava ancora dilatato.
Ci asciugammo alla meglio con un rotolone di carta poggiato sul banchetto, là fuori e, abbracciati, tornammo al casolare.
Io e Marisa, di ritorno dalla doccia verso il casolare, fui da lei baciato sull'uscio e mi sussurrò che ero un porco, che aveva il buco del culo in fiamme, ma le era piaciuto tanto che avrebbe ricominciato tutto d'accapo.
Entrammo e il nostro stupore fu grande, quando vedemmo Sara seduta su uno sgabello, bendata e con i quattro maschi che l’attorniavano con i loro cazzi duri davanti alla sua bocca.
Si erano inventati un gioco: così bendata, doveva riconoscere i cazzi di ognuno.
Due già li aveva provati, gli altri due, per non partire svantaggiati, glielo avevano fatto assaggiare prima che la bendassero.
Io e Marisa restammo perplessi, ma certo non potevamo stare lì a guardare.
Mi avvicinai anch'io al gruppo e mi stesi in terra; mi spinsi fino ad arrivare con la testa sotto la figa della mia donna.
Come sentì il contatto, lei aprii le gambe.
Avvicinai la bocca al clitoride, mentre Marisa dal canto suo si stese vicino a me e mi prese il cazzo, di nuovo durissimo, in bocca.
Mentre io leccavo e Marisa succhiava, Eddy si era avvicinato e poggiò il glande sulle labbra socchiuse della mia femmina. Lei aprì la bocca e ne fece entrare solo la capocchia. Lo succhiò, lo leccò, lo insalivò, ma era fortemente indecisa, voleva pensarci e dare la risposta, magari in un secondo tempo. A questo punto si avvicinò Marcello, stessa tecnica, succhiatina, leccatina, insalivata per farlo meglio scivolare in gola, un paio di avanti indietro con la testa, poi sentenziò:
“Sei Marcello” il primo fu indovinato.
Si avvicinò Filippo, però questo fu subito individuato, in quanto, appena glielo toccò per portarlo alle labbra, era il più grosso e non poteva sbagliare, comunque anche lui fu gratificato da una bella succhiata.
A questo punto mi fecero cenno di andarci io, per cui mi staccai dalla figa di Sara ed il mio posto fu subito rimpiazzato da Marisa. Avrei volevo fermarla, non ero certo come avesse potuto prenderla Sara, ma nulla potei per arrestare la frenesia di quel momento. Marisa si mise a leccarla mettendosi in ginocchio davanti a lei:
Io fui spinto da parte e si riavvicinò Eddy, che era già stato esaminato. Stranamente Sara, che aveva capito, non disse nulla della peccaminosa leccatrice di figa; permise che continuasse, e, per vero, cominciò a torcersi e a dimenarsi sullo sgabello, fino a cadere sul materassino.
A questo punto si tolse la benda e guardando l’amica che leccava e baciava, affondò le mani nei suoi capelli, e le fece sollevare la testa. Si guardarono negli occhi e la fece continuare.
Si risedette sullo sgabello e disse che la gara non era valida:
“Il premio mi spetta” che altro non era che la sborra di tutti in bocca.
Un hurrà si alzò al cielo, e tutti ripresero a farsi sbocchinare.
Io fui escluso, ma mi stesi su Marisa e me la chiavai con grande passione.
Risultato finale: Sara ricevette la sborra di Marcello, che già aveva assaggiato; quella di Filippo, che con il suo cazzo lungo e doppio le aveva sconquassato la vagina ed il culo; quella di Eddy, che aveva chiavato Marisa; e quella di Lorenzo che, invece, aveva scaricato la crema sul viso della padrona di casa.
Anche a me era andata bene: il culo della donna che avevo sfondato nel primo round e la figa bella e carnosa che mi stava venendo offerta ora.
Marisa una doppia penetrazione e un pompino nella prima manche, e ora una leccata di figa della mia Saretta in contemporanea ad una chiavata con me.
Sara squirtò letteralmente in bocca alla padrona di casa, che lappava e ingoiava tutto.
Questa volta veramente eravamo esausti; non so chi spense la luce, ma ci abbracciammo in un groviglio di braccia, che stringevano, e mani che carezzavano.
Credo di aver dormito una eternità, e quando riaprii gli occhi un odore di caffè aleggiava nella stanza.
Sara dormiva ancora, solo Marisa si vedeva in giro. Il buongiorno fu affettuosissimo, un bacio mozzafiato in bocca, poi il caffè bollente ben zuccherato.
Gli altri quattro: che fine avevano fatto? Non feci in tempo a fare la domanda, che la porta si spalancò.
Entrarono i quattro in fila indiana. Erano completamente trasformati. I vecchi stracci che indossavano la sera prima erano scomparsi, ora tutti e quattro vestivano a modo, con una certa eleganza.
Capirono la mia perplessità per cui vollero dirci veramente chi erano. Marcello, un medico, e Marisa (ancora mezza nuda) un'insegnante; Filippo aveva una concessionaria di automobili, Lorenzo e Eddy, uno ingegnere e l'altro architetto, soci in uno studio di progettazione.
Si riunivano ogni tanto per donarsi una nottata di bagordi; Filippo, era single e considerato lo stallone del gruppo; Lorenzo e Eddy erano sposati e, a turno, compreso Marcello, mettevano a disposizione la propria donna. Le due mogli che non partecipavano, si tenevano compagnia tra di loro. Comunque, tutte e tre le coppie più Filippo, erano uniti dalla stessa passione: il sesso.
Sara in tutto questo teneva ancora gli occhi chiusi e volle essere Marisa a svegliarla. Le si avvicinò con una tazza di caffè e la svegliò con un bacio in bocca che lei, inizialmente, stava rifiutando, ma raggiunta dalla mano di Marisa, fu carezzata sul seno, per poi scendere, pian piano, fino a raggiungere la figa. A quel punto Sara si abbandonò e rispose al bacio con tanto di lingua in bocca, con una immensa passione e voluttà. L’ultima sorpresa fu la Smart di Sara fuori nell’aia: ci avevano pensato gli uomini a recuperare l‘auto e a rifornirla di carburante.
Ci preparammo, salutammo i nostri compagni di bagordi, ma prima di andare via, ci scambiammo i numeri di cellulare con tutti loro.

Forse era possibile organizzare un nuovo incontro “Campagnolo”
Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 10.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per "Carnalità...ovvero sperduti in campagna nel caldo torrido di fine luglio":

Altri Racconti Erotici in orge:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni