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Prime Esperienze

"Prove di accostamento alla trasgressione 3"


di quartofederico
03.04.2023    |    8.662    |    26 9.6
"Certo, mia moglie aveva scelto bene..."

In casa, l'inferno: dormivamo ancora nello stesso letto, ma non ci sfioravamo nemmeno più. Avevo preso l'abitudine di scendere presto, senza nemmeno far colazione e, se avessi potuto, non sarei tornato nemmeno per pranzo. Cenavamo assieme, ma sempre una cosa velocissima. Poi mi alzavo da tavola e mi rifugiavo nel mio studio. Non si poteva continuare così, non erano litigate, ma discussioni per un nonnulla che non finivano mai e, una sera, veramente infastidito dall'ennesima polemica, presi il soprabito e, sbattendo la porta, la lasciai da sola a borbottare.
Era la prima volta che succedeva, ma cosa fare? Mi diressi verso il mare e l'aria della sera mi riportò una tranquillità, che non provavo da parecchio. Mi fermai e mi sedetti sul muretto che limitava la strada dalla spiaggia.
Era una bella serata d'aprile, tanta gente passeggiava e vedere pure tante coppie felici, non so perché mi fecero tornare in mente Tania e Raffaele. Erano mesi che non li sentivo e pure con loro avevo centrato e raggiunto l'obiettivo.
"Ma sì - dissi tra me e me - perché non tentare"
Il problema era come dirglielo e ammettendo, per assurdo, che lei accettasse, a chi rivolgersi.
Mi ero calmato e con questa idea in testa, tornai a casa.
Da fuori vidi la luce accesa in salotto e, entrando, la trovai sul divano, stava piangendo!
Vederla in lacrime, mi procurò una rabbia irrefrenabile. Una donna come lei, ancora piacente e davvero ben fatta, meritava di piangersi addosso per cose facilmente risolvibili? Non lo potevo permettere, per cui mi avvicinai e prendendole le mani la strinsi a me.
"Scusami, scusami" ripeteva, abbandonandosi tra le mie braccia.
Mi staccai da lei e guardandola negli occhi lucidi:
" Senti, va anche a te di salvare il nostro matrimonio?"
Fece cenno di sì con la testa.
"E come? Lo psicologo sei tu, che devo fare?" chiese singhiozzando.
"Vuoi davvero saperlo? - chiesi e, senza tanti preamboli - Credo che tu debba incontrare un altro".
Si staccò da me ed esordì:
"Ma sei ammattito? Sei un porco, vorresti che mi scopassi un altro e..."
Si allontanò e, senza nemmeno rivolgermi uno sguardo, si chiuse a chiave in camera da letto.
Per un attimo fui tentato di andar via, poi capii che dovevo restare e cercare di gestire come meglio potevo la situazione.
Per diversi giorni non mi rivolse nemmeno la parola, ma, non so perché, ebbi la sensazione che qualcosa dentro di lei stava maturando.
Difatti, una sera, a letto, chiese:
"Davvero vorresti che io facessi sesso con un altro maschio? E, secondo te, questo potrebbe far migliorare il nostro rapporto? Scusa, ma per il mio modo di pensare queste sono "corna", belle e buone."
Non risposi, ma lei comprese che, forse, quella era la chiave giusta per riaprire le porte della nostra felicità.
Si girò, dandomi le spalle, ma non prese sonno. Come, d'altronde. neanch'io!
Poi, fu lei a riprendere il discorso:
"Ma, ti rendi conto, alla mia età, pensare ad una relazione che potrebbe anche diventare amorosa, con te che mi aspetti a casa, sapendo che sto con un altro? E' assurdo, non ci pensare proprio, scordatelo!"
"E se - ripresi - fra me e te ci fosse complicità? E gestissimo il tutto come un gioco seppur erotico? Pensaci. Oppure potremmo far entrare tra di noi una donna e, nel gioco, sempre a tre, diventeresti tu la spettatrice?"
"Non pensarci nemmeno, se solo ti permetti, ti butto a calci fuori della porta" rispose con voce dura e carica di gelosia.
Si rivoltò di nuovo su un lato e non parlò più.
Capii che qualcosa si stava muovendo nel suo animo. Dovevo esser paziente ed aspettare. Difatti non successe nulla subito, ma ottenni di vederla più ammorbidita.
Riprendemmo la mattina seguente, a fare colazione assieme e anche la sera, sul divano, seduti accanto, si rilassava stando distesa con la testa sul mio grembo.
Un paio di sere dopo, mi chiese di andar fuori per una pizza, cosa che non succedeva da almeno un anno e poi, sottobraccio, passeggiammo lungo la via dello shopping.
Questo improvviso cambiamento, la mise di buon umore e, addirittura, dopo qualche settimana, ci fu una vera e propria trasformazione.
Cambiò completamente il suo out-fit: riprese a vestirsi in maniera più attraente, capelli di nuovo in ordine ed un filo di trucco che la rendeva affascinante. Ma la cosa che mi sorprese davvero, fu vederla riprendere a sorridere.
La svolta definitiva avvenne un sabato pomeriggio. Eravamo in cucina, dopo pranzo, mentre prendevamo il caffè, esordì:
"Ho conosciuto un uomo - disse con gli occhi bassi e quasi sussurrando - mi sta facendo la corte".
In quel momento tutto il mio entusiasmo si smorzò di colpo. Mi sentii franare il terreno sotto i piedi, ma dovevo e volevo sapere.
"Come l'hai conosciuto?" chiesi in un misto di curiosità e gelosia
"Lavora in banca, quella vicino al mio ufficio. L'avevo notato già qualche volta nella pausa caffè, poi, una mattina, i nostri sguardi si sono incrociati e senza volerlo ci scambiammo un sorriso da lontano. Così, giorno dopo giorno, dall'iniziale sorriso, siamo passati prima al saluto, poi abbiamo preso a sorseggiare il caffè al banco, assieme. Ci siamo scambiati qualche parola di prassi, convenevoli e poi, ieri, mi ha chiesto di prendere un caffè assieme di pomeriggio. Che devo fare?" chiese.
Il suo sguardo mi comunicò che aveva già deciso e mi resi anche conto che non mi restava altro che assentire. Non sarebbe stata più solo mia, ma, del resto, il gioco consiste in questo.
"Quando l'hai conosciuto?" chiesi ancora.
"Diciamo una decina di giorni fa, credo, ma se non vuoi..." rispose tagliando corto..
Feci risalire l'accaduto a quella sera, a letto, quando lei riprese il discorso delle corna e del mio invito ad esser più complici.
In effetti glielo avevo suggerito io, per cui non era per niente il caso che ne fossi amareggiato.
"No, affatto! Devi accettare l'invito, a patto che lui ti piaccia, ti intrighi, e che sia una persona degna di averti. Io aspetterò il tuo ritorno, qui a casa."
La presi tra le braccia e le baciai la bocca. E il lunedì si incontrarono. Io rimasi nello studio fino alle diciannove e, quando rincasai lei era appena rientrata. Era in cucina ad aspettarmi. Mi venne incontro, quando sentì aprirsi l'uscio di casa.
Mi tese le braccia e la strinsi a me. Voleva parlare, ma le misi il dito sulla bocca. Non era il momento. Mi misi comodo e, dopo aver lavato le mani, preparai un leggero aperitivo, mentre lei mi seguiva con uno sguardo quasi adorante.
Le porsi il calice e, dopo aver toccato il mio bicchiere con il suo, chiesi:
"Allora?"
"Abbiamo preso un caffè e chiacchierato di varie cose, sempre in modo vago senza mai affrontare argomenti scabrosi, però mi ha fatto tanti complimenti - abbassò lo sguardo ed il tono di voce - Vorrebbe conoscermi meglio. Per quanto mi riguarda, sono molto titubante; non riesco a capire: se per un verso il sentirmi desiderata, mi ha fatto piacere, dall'altro ho avvertito il timore che lui mi considerasse una sua preda. Allora mi son chiusa ed ho preso tempo. Che dovrei fare? Comprendo bene di esser piuttosto complicata."
" No, amore, non sei complicata e, secondo me hai fatto bene a prendere tempo. Il consiglio è di rivederlo e capire se davvero potrebbe esser l'uomo giusto da accogliere nel "nostro gioco" E ricalcai in modo significativo quel “nostro”.
"Ma, secondo te, è il caso che lo riveda ancora da sola?"
"Sì, non é ancora il momento di coinvolgermi, è troppo prematuro! Dovrai prima tu, esser certa di ciò che vorrai; ne dovrai esser sicura..."
"Ma... quando le parole avranno tratteggiato a sufficienza quelle che sono le nostre intenzioni, i nostri desiderata, sarai tu a parlargliene, vero?"
Feci di sì con la testa, mentre bevevo l'ultimo goccio di aperitivo.
Uscirono assieme altre tre o quattro volte e, nell'ultima uscita, lui le prese la mano e la strinse a sé, baciandola.
Ritornò a casa rossa ed agitata: quel bacio se l'aspettava, ma l'aveva anche un po' turbata.
Mi raccontò l'accaduto e, questa volta, senza mezzi termini:
"Lo rivedrò dopodomani. Vorrei che mi accompagnassi. Io non riuscire a dirglielo. Tu hai architettato tutto e tu devi portare a termine questo progetto" disse in modo quasi perentorio, attribuendomene la colpa.
La rasserenai e, mentre si avviò in cucina per apparecchiare, riflettei sul bacio che si erano scambiati.
Mia moglie che baciava un altro? Certo me ne sarei dovuto far una ragione, perché, di sicuro, le cose si sarebbero evolute, e anche velocemente.
Mi sovvenne un aforisma di V. Cannova, letta su una rubrica, qualche giorno prima, che recitava così:” La donna si lascia corteggiare solo da chi ha già scelto”.
Comunque, la complicità che si stava sviluppando con mia moglie era concreta e questo significava una cosa sola: voleva provare.
Il problema da risolvere, ora, era come approcciare il tizio per spiegargli cosa volevamo. Lei doveva per forza darmi una mano e, quindi, concordammo che mi sarei fatto trovare nel bar dove loro avevano appuntamento. Poi, al momento, qualcosa avrei escogitato.
E così, quel lunedì, annullai tutti gli appuntamenti e, alle sedici, mi sedetti ad un tavolino del bar che loro frequentavano. Arrivarono dopo circa mezz'ora, camminavano fianco a fianco e l'allegria era dipinta sui loro volti. Si sedettero pure loro ed ordinarono. Prima che il cameriere arrivasse con le ordinazioni, mi alzai e, avvicinatomi:
"Disturbo" chiesi, mentre mia moglie faceva finta di stupirsi.
"Ciao, che ci fai qua - poi - scusa Giovanni, lui è mio marito!" disse.
Ovviamente lui, leggermente disorientato e guardando mia moglie:
"Credo che dobbiamo spiegarle che siamo soltanto amici e..."
"Tranquillo - dissi, porgendogli la mano - sicuramente è così, mi trovavo a passare di qua e mi son fermato a prendere un caffè. Qua lo fanno molto buono. Ora vi lascio tranquilli a chiacchierare."
"No, fermati con noi. Mi farebbe piacere che voi due diventaste amici. Sai - rivolgendosi a Giovanni - si lamenta sempre di non aver un amico vero, suo alleato. A te dispiacerebbe?"
Un sorriso sul volto del "nostro" amico, ci fece intendere che la cosa era fattibile.
Il gioco stava per iniziare, mi trattenni con loro una decina di minuti, poi strinsi la mano all'uomo e conclusi:
"Amore, ci vediamo stasera a casa"
Sicuramente al prossimo incontro gli avrei chiarito le idee!
Feci passare tre giorni e il giovedì, all'ora di riapertura pomeridiana delle banche, entrai, come un normale cliente, in quella dove lavorava Giovanni.
Mi guardai un attimo intorno, poi lo vidi.
Il suo box-ufficio era l'ultimo e, quando mi scorse, si alzò e con una espressione stupita sul volto, mi venne incontro.
"Prego - mi disse - a cosa debbo la tua visita?" dandomi confidenzialmente del tu
Non volevo, né potevo esser diretto: non era il caso di spifferargli subito come stavano le cose, mi sembrava troppo aggressivo nei suoi confronti.
"Ho bisogno di cambiare dei titoli in scadenza e volevo un consiglio tecnico da parte di un consulente... amico. Passavo di qua e mi son ricordato di te" mentii.
"Non li hai appresso? - domandò - dovrei vederli per valutare".
Era ovvia la sua risposta, ma questo mi diede la possibilità di prendere un po' di tempo e, prima che lui continuasse:
" Te l'ho detto: passavo per caso, potrei portarteli domani pomeriggio: pensi sia possibile?"
Dopo un veloce sguardo alla sua agenda:
"Certo" e mi diede l'appuntamento. Si era alzato dalla sedia per salutarmi, quando io:
" Ah, un'altra cosa - dissi sfuggevolmente - Quanto ti piace mia moglie?"
Si risedette di botto e rosso in viso: "Tantissimo: perché me l'hai chiesto?"
Non gli risposi e tendendogli la mano. lo salutai.
Uscii soddisfatto dalla banca. Avevo buttato l'amo e, sicuramente, il nostro amico avrebbe abboccato. Certo, mia moglie aveva scelto bene. Un bell'uomo, alto più di me e anche più giovane e, se sia lei che io, non sapevamo granché della sua vita privata, meritava davvero di esser attenzionato. Mi ero proposto di indagare e l'indomani mi sarei sbottonato di più. A passo svelto raggiunsi la mia auto e, velocemente, arrivai allo studio. L'ultima paziente, alle diciotto e quindici e, dopo circa una ora, chiusi baracca e burattini e tornai a casa.
Mi accolse con il sorriso sulle labbra, che mi apprestai a baciare e, seguendomi nel mio itinerario in casa, mi aiutò a riporre il soprabito.
Ma fu in cucina, mentre preparava la cena, che:
"Perché non me l'hai detto?" esclamò in tono calmo, ma deciso.
"Cosa?" facevo finta di non capire.
" Lo sai bene, invece. Comunque, perché avresti incontrato Gianni?"
"Mamma mia, sei già passata al diminutivo - ironizzai - Mi è venuta l'idea in mattinata - ovviamente non era vero - e ci sono andato. Vi siete visti, oggi pomeriggio?"
"Sì, ha insistito, solo cinque minuti in macchina. Era turbato. Gli ho detto che non ne sapevo nulla. Chissà se mi ha creduto" disse dubbiosa.
"Lo rivedrò domani. Amore mio, prima di portarcelo a casa, dobbiamo proprio sapere qualcosa in più di costui. Questo deve esser il mio primo compito. C'è una cosa che non ti ho chiesto, pensando che me l'avresti detta da sola: che successe quel lunedì, quando vi ho lasciati soli?"
"Vuoi sapere se l'hai messo in crisi? Ebbene sì, poi oggi, la sua ansia di sapere è salita alle stelle. Domani usa tutta la tua professionalità, se non vogliamo perdercelo."
E sorridendo, mi porse il cucchiaio di legno per farmi assaggiare il sugo.
Quel "non vogliamo perdercelo" mi provocò un moto di ilarità. Voleva raggiungere lo scopo e anche velocemente.
In effetti, davvero avevo dei titoli di stato in scadenza che la sera stessa raggruppai in una cartellina e li misi in borsa. L'indomani tornai in banca, mi accolse con il solito sorriso e stretta di mano e, mentre visionava le carte:
" Giovanni, sono qui anche per parlarti di un'altra cosa" e mi fermai.
Alzò gli occhi dalle cedole e sicuramente, aspettandoselo:
"Dimmi. Sono tutt'orecchi!"
"Io e mia moglie abbiamo attraversato un periodo di profonda crisi, iniziato da un bel po' e che ci stava portando inesorabilmente alla separazione e, solo l'amore che c'è tra noi, e verso i nostri figli, ci ha trattenuto dal giungere all'irreparabile.
Non ti dico le cause, se vuole te ne parla lei.
Io insegno, ma sono uno psicologo e lavoro molto con le coppie, specie quelle in crisi. In questi casi, non sempre, ma spesso, basta un pizzico di trasgressione per ravvivare il fuoco della passione. Inizialmente lei
respinse con veemenza la mia idea, ma poi... - mi fermai un attimo - sei arrivato tu. Ieri, non a caso, ti ho chiesto se mia moglie ti piaceva, però, scusami, prima dovrei sapere un po' di più di te."
Capì a volo quello che intendevo dire, e così:
"Fra mezz'ora finisco, ti va di prendere un caffè io e te da soli?"
"Ti aspetto fuori" gli strinsi la mano e me ne andai.
Mi misi in auto e, mentre attendevo il suo arrivo, squillò il cellulare.
" Allora? - era mia moglie - gli hai parlato?"
" Solo accennato, ma sto aspettando che finisca di lavorare, in macchina, fuori della banca. Tu sei a casa?"
" Sì, sto stirando, poi preparo la pasta per le pizze, così tengo la mente impegnata" rispose nervosa.
Era davvero coinvolta e:
" Quanto ti piace?! - chiesi sadicamente a bruciapelo - Vuoi che te lo porti già stasera a casa?"
" Te lo dico stasera" rispose ancor più sadicamente e chiuse la telefonata.
A dire il vero, anche per me quell'attesa che si stava prolungando, cominciava a dare sui nervi. Stavo pensando di ritornare in banca, quando lo vidi arrivare. Girava lo sguardo attorno per individuarmi e dovetti scendere dall'auto per farmi notare. Attraversò, mi raggiunse e:
"Metti in moto, andiamo al bar dove ho conosciuto tua moglie. Ha i tavolini sul retro e là possiamo parlare tranquillamente"
A quell'ora il bar era praticamente vuoto: un paio di avventori al banco e nessuno ai tavolini. Ci sedemmo, mentre giunse il cameriere che prese l'ordinazione.
"Fece un lungo respiro".
"Cosa vuoi sapere? Chiedi pure".
"Dimmi di te: sei sposato?"
"Il mio matrimonio è finito da tempo e, solo l'anno scorso, ho deciso di riprendere in mano la mia vita. Siamo separati legalmente ed ora vivo da solo, nell'appartamentino dei miei genitori."
" Come mai la vostra unione è fallita?" chiesi, più per curiosità.
" Mi sentivo trascurato: lei era molto presa dal suo lavoro, poi venivano i figli e la casa e infine, se c'era spazio, un pochino era per me. Se, poi, vuoi sapere della nostra vita intima, potrei dirti che, inizialmente, non era affatto male, ma, dopo la seconda gravidanza, divenne completamente piatta. Forse, se ti avessi conosciuto prima..." non finì la frase.
"Hai mai sentito parlare di Cuckoldismo - chiesi guardandolo negli occhi, e notando un leggero segno di assenso, aggiunsi - noi vogliamo sperimentare questa pratica: sareste assieme, tu e mia moglie, mentre io vi guardo. Se pensi che questo sia troppo per te, o se ci vuoi etichettare come cornuto e puttana, dillo subito e, ovviamente, ognuno per la propria strada. Per noi, anche se è la prima volta, si tratta di un gioco erotico, che serve a stimolare la nostra libido un po' affievolita."
"Saresti sempre presente?"
"In linea di massima, sì! Ma, se l'intesa con te, diventasse solida, qualche eccezione potrebbe esser presa in considerazione".
Solo allora mi resi conto che stavo parlando anche a nome di mia moglie.
"Siete davvero persone eccezionali - disse - Spero solo di esser all'altezza"
"Un periodo di "fidanzamento", o corteggiamento, è necessario; continuate a prendere il caffè assieme, cercate di conoscervi "meglio" e, quando lei si sentirà pronta e sarà sicura di volerlo veramente, io sarò il primo ad esserne felice. Quando vi rivedrete?"
"Domattina le telefono, ma tu, stasera, le dirai tutto?"
"Ovviamente! Vuoi, a tua volta, farmi qualche domanda, per sapere di noi, di lei?"
"Solo una: a casa vostra, potremmo incontrarci, sempre soli noi tre?"
"I nostri figli vivono lontani, uno per lavoro, l'altro per studio, quindi, nessun problema di massima. La camera da letto vi ospiterà, il nostro letto diventerà il vostro campo di battaglia. Altro?"
Stava dicendo nient'altro, ma ci ripensò e chiese:
"Il sesso le piace...?"
"E' molto clitoridea, per cui la manipolazione di quella zona le provoca una grossa eccitazione, ma devi cercar di capire quando è il momento di fermarti, perché, altrimenti, dal piacere, passa al dolore. Per altro, "chiedi e ti sarà dato", intesi?"
Aveva gli occhi lucidi, di sicuro era eccitato, ma non lo diede a vedere.
Il mio l'avevo fatto, ora dovevo aspettare che potesse riflettere su quanto ci eravamo detti.
Mi alzai e, stavo per andare alla cassa per pagare i caffè, quando lui mi precedette.
Ci salutammo, stringendoci la mano.
"Fammi sapere" conclusi, porgendogli il mio biglietto da visita. Entrai in macchina restando fermo per un paio di minuti per riordinare le idee. Vidi Giovanni farmi cenno ed aspettai che mi raggiungesse. Aveva il mio biglietto tra le mani e:
"Ma debbo chiamare te?" chiese concitato.
"Se mi tenessi informato, te ne sarei grato. Potrei organizzare meglio il tutto. Tu, comunque, sii sempre sincero con mia moglie... dobbiamo, con una certa riservatezza, creare complicità tra di noi".
Mi salutò di nuovo e si allontanò, a passo svelto.
Ero eccitato mentalmente, e non fisicamente. Uno stato d'animo, una sensazione, che spesso mi avevano riferito pazienti che stavano facendo il mio stesso percorso. Il desiderio di veder realizzato questo sogno, si stava ingigantendo nel mio cervello. Fantasticare non mi bastava più, bisognava concretizzare. Ma... sarebbe stato all'altezza? Come aveva detto l'uomo?
Arrivai a casa e, mentre parcheggiavo, mi sembrò, cosa davvero insolita, di scorgere mia moglie dietro la finestra. Fatto sta che non ebbi il tempo di infilare la chiave nella toppa, che la porta si aprì.
Era in ansia per sapere ed io, tirandola a me, la strinsi tra le braccia e le sussurrai
" Tranquilla, è andata benissimo; dai, andiamo a sederci in salotto."
Mi tolsi il soprabito e prendendola per mano, ci avviammo verso il divano. Le raccontai tutto minuziosamente, lei mi guardava fisso negli occhi e, alla fine:
" Che vergogna! Gli hai detto pure..." riferendosi a quello che avevo affermato della sua particolare sensibilità.
" A questo punto non bisogna aver nessuna vergogna. Ora sta a lui farsi avanti. Ti ha chiamato?" chiesi.
Scosse la testa e aggiunse: "Sicuramente lo farà domani mattina, o al massimo lo vedrò lunedì al bar."
Speriamo, pensai, anche perché, se ci avesse ripensato, sarebbe stata una brutta batosta per il mio amore.
Cenammo e, mentre l'aiutavo a sparecchiare:
"Stiamo facendo bene? - lei chiese - Se qualcuno venisse a sapere, che penserà di noi?"
" Che dobbiamo far attenzione, è indiscusso. Poi, se non proviamo, non lo sapremo mai se stiamo agendo nel giusto modo. La cosa importante è che nessuno ci costringe e, in qualsiasi momento possiamo sempre interrompere il tutto, sia io che tu. Deve esser un gioco; Giovanni, o chiunque altro, diventi il nostro "Cavalier Servente". Quindi..."
Sembrò convincersi, anche perché, se per me era solo eccitazione mentale, per lei, il coinvolgimento era molto di più fisico.
Lo si notava da tanti piccoli particolari. Aveva cambiato pettinatura, glielo aveva chiesto lui? Anche le gonne strette, che adesso mettevano in risalto il suo culetto pieno, costituivano una novità. E poi, le calze a rete e le scarpe con i tacchi... Sicuramente voleva provare.
Ma, ero sicuro di non perderla? Questo lo avrei scoperto, solamente, vivendo questa fantasticata esperienza.
Quella sera eravamo tutti e due particolarmente agitati. Io volevo, ad ogni costo, sentirmi pronto a gestire la situazione, anche se non sapevo ancora da dove iniziare. Lei, al contrario, si girava e rigirava nel letto, facendomi sentire tremendamente in colpa. Certo glielo avevo chiesto io, lei si era solo fatta coinvolgere.
Allungai le braccia per stringerla a me, ma lei si scostò.
"No, ti prego, non è il momento, non voglio!" rispose stizzita.
"Che hai? Volevo solo abbracciarti" replicai in tono sommesso.
"Perdonami mi sento ..." e si girò dall'altra parte.
Poi il suo respiro si fece regolare, si era addormentata, mentre io, con gli occhi sbarrati, cercavo di immaginare quello che poteva succedere.
L'indomani, come ogni sabato, l'accompagnai al supermercato per far provviste per la settimana ed eravamo in macchina per il ritorno, quando suonò il suo cellulare.
" È lui" disse, portandosi il telefono all'orecchio.
Lui parlava dall'altra parte, mentre lei rispondeva a monosillabi e, quando chiuse:
"Vuole incontrarmi oggi, da sola, gli ho detto che ci vado"
"Bene, ma rilassati, sei tutta tesa come una corda di un violino! - esclamai - Se ti vede così agitata, sicuramente lo farai scappare" ironizzai.
"A che ora dovete vedervi?"
"Mi muovo da casa alle quattro, perché?"
"Voglio che oggi ti mostri più affascinante del solito, deve capire che anche tu sei decisamente coinvolta".
Mangiammo una pizza rustica acquistata al supermercato e scappò in bagno. Sparecchiai io e, mentre saliva il caffè, allungai il collo verso la toilette. Lo scrosciare della doccia durò pochi minuti e, quando finì, mi allontanai per preparare le tazzine. Le riempii e ne portai una a lei in bagno. Era in accappatoio e si era tirati i capelli sulla testa.
"Grazie - mi disse, mentre a piccoli sorsi beveva il suo caffè - che dici, me li stiro i capelli?"
"A me piacciono un po' ondulati, poi fa come vuoi" e la lasciai sola.
Impiegò un'ora e mezzo e, quando fu pronta, mi venne a salutare in salotto: la vidi ed esclamai
"Sei bellissima!" Indossava una gonna pantalone grigio chiaro, camicia bianca, un maglioncino con scollo a "V", calze a velo color grigio scuro e stivaletti con tacco. Solo i capelli erano come, forse, piacevano a lui, lisci.
"Come sto?" chiese.
"Già te l'ho detto: sei bellissima e stai benissimo. Solo una cosa: perché la gonna pantalone?"
"Ho pensato che era meglio mettere una specie di barriera" rispose, mentre si ritoccava il leggero trucco.
"Vai, altrimenti fai tardi. Non correre e, per qualsiasi cosa, chiamami: arrivo subito"
Mi mandò un bacio con la mano e si chiuse la porta alle spalle.
Ricaddi sul divano, mentre una ridda di pensieri affollavano la mia mente:
"E se lui gli mette le mani addosso? Ma ci può stare, specie se lei ci sta! Smettila di fare il coglione - dissi a me stesso - deve succedere e tu te ne devi fare una ragione e, ancora di più, devi rassegnarti e aspettarti ben altro. Dai, aspetta e saprai"
Accesi la televisione e cominciai a fare zapping, cercando qualcosa che potesse interessarmi. Niente, così spensi e chiusi gli occhi. Non so se fu il cervello, stanco di pensare, o la stanchezza per il poco dormire della notte, ma caddi in un sonno ristoratore che diede sollievo non solo alle membra, ma, soprattutto, alla psiche. Dormii profondamente, tanto che non mi accorsi del ritorno di mia moglie.
"Ehi, amore, ma stai dormendo?" Era buio fuori, guardai l'orologio a muro, erano le sette e mezza.
Mi stiracchiai, mentre lei mi si sedette vicino.
"Scusa, ho preso sonno. Come è andata? Solito bar?"
"Sì, ma davvero vuoi sapere tutto?"
"Perché, che è successo?" chiesi allarmato.
"Mi sono fidanzata: contento?" "Non é quello che hai chiesto a Gianni? - disse in tono di sfida - Lui mi si è dichiarato!"
" E tu? Gli hai detto sì, ovviamente?"
" Ovviamente! Comunque mi ha raccontato quello che vi siete detti e, a dire il vero, mi è sembrato entusiasta: voleva addirittura concretizzare subito. Ho preso tempo, volevo prima parlarne con te."
"Hai fatto bene, certo difficilmente diventerà mio complite - dissi pensieroso - troppo impulsivo e forse anche inesperto"
"L'importante è la nostra di complicità, lui deve esser solo il mezzo per unirci ancor di più, amor mio" e mi sfiorò le labbra.
C'era ancora qualcosa che doveva dirmi, ma la vedevo incerta e, conoscendola, non insistetti. Si allontanò e si diresse in camera da letto. Mi alzai dal divano dopo qualche minuto e la seguii. Si stava spogliando e, come faceva tutte le sere, si tolse il reggiseno e indossò la maglia del pigiama. Mezza nuda si avviò verso il bagno e io le andai dietro.
Lei mi lasciò fare, si abbassò gli slip e si sedette sulla tazza per far la pipì.
" Perché mi guardi - chiese mentre si spostava sul bidet - vuoi sapere se mi sono eccitata?" E mi passò lo slip umido di umori. Lo tenni tra le mani e poi lo annusai. Odorava di lei, ma solo di lei.
Capì che aspettavo il resto e, a cena:
" Versami un bicchiere del tuo vino, così mi sbronzo - scherzò - e ti racconto il resto. Ti conosco troppo bene, come nessuno altro!"
"Mi ha proposto di far un giro e, con la sua macchina, mi ha portato nel parco, quello vicino al laghetto..."
Si fermò per creare "suspense", ma io aspettai con calma che continuasse.
"Mi ha baciato e stretta a lui, la sua idea era quella di osare di più, ma io non ho voluto, ricordandogli che eravamo solo "fidanzati" e non amanti. Era eccitato e mi ha preso la mano, poggiandosela sulla sua patta. Credimi, sono stata forte. Mi sono ricomposta e gli ho chiesto di andar via."
"Come ricomposta, ti eri spogliata?
"Gelosone... avevo solo la camicetta un po' sbottonata" disse, ridendo.
Sì, "gelosone", ci stava proprio, ma era una sana e dosata gelosia.
"Comunque domani facciamo l'aperitivo assieme; - e vedendo i miei occhi sbarrarsi - ho preteso che ci fossi anche tu, ricordandogli chi fosse il reale ideatore di tutto!"
"Un'altra cosa: credo che non abbia nulla da invidiarti. Bacia bene e solo un pochino, l'ho pure tastato ed ho appurato che non é niente male". Disse questo mentre si alzava da tavola con il bicchiere ancora pieno.
Quella notte prese subito sonno e dormì tranquilla e, forse, pure io. In effetti mi ero riappacificato sia con il corpo che con la mente e, addirittura, mi sentivo pronto a svolgere il compito che mi ero assegnato: quello del Cuck.
L'appuntamento per le undici e mezzo, al solito bar, ci fece partire da casa mezz'ora prima. Guidai tranquillo, poco traffico e trovai posto per parcheggiare dietro l'auto di Giovanni.
Ci aspettava ad uno dei tavolini esterni e ci salutò porgendo la mano verso di me e con un bacio su quella di lei.
Arrivò il cameriere, due spritz per noi maschietti ed un analcolico per mia moglie. Beveva poco, non reggeva bene l'alcool e, volendo stare completamente lucida, aveva bisogno di esser completamente sobria. Brindammo a noi e poi fu il nostro amico ad entrare, senza mezzi termini, nell'argomento.
"Ieri dicevo - rivolgendosi a me - che mi sarebbe piaciuto farvi una visita a casa. Credo e, forse anche tu - guardando questa volta mia moglie - che sia il fidanzamento, ma anche il corteggiamento, possa considerarsi concluso e passare alla fase successiva. Cosa pensi? Ora tocca a te."
Guardando negli occhi prima lei o poi anche me, non potei far altro che condividere la sua proposta e:
" Ok, quando vuoi, io sono pronto!"
Il sorriso gioioso della mia sposa mi convinse che era giunto il momento e fu proprio lei ad invitarlo a cena per quella stessa sera.
Mentre Giovanni si spostò per andare a pagare il conto:
"Ho sbagliato ad invitarlo? - chiese - Forse era meglio aspettare ancora?"
Feci cenno di no con la testa ed aggiunsi:
"Lo sa pure lui che dovrai esser sempre tu quella che deve decidere e sono convinto che hai fatto bene."
L'amico tornò.
"Perché non pranziamo assieme, conosco un buon ristorante..." e questa volta fui proprio io ad accettare, mentre lui aggiungeva:
"Lascia l'auto qua, andiamo con la mia."
E così iniziò il gioco. Mi sistemai dietro, mentre mia moglie prese posto, davanti, accanto a lui.
Non so se lo fece apposta, ma, nel sedersi, fece scivolare la gonna fino a scoprire la striscia scura delle autoreggenti. Lui, pensando ad una provocazione, spostò la mano dalla leva del cambio e la poggiò sul ginocchio di lei, che non fece una piega, rivolse solo un lieve sguardo verso di lui e, ignorandomi del tutto, allargò le gambe, quasi ad invitarlo ad osare di più. L'altro non si fece pregare e la mano scomparì sotto il tessuto della gonna. Guidava bene, anche con una sola mano e dovette raggiungere la meta anelata, perché la femmina si irrigidì sul sediolino, stendendo le gambe e muovendo ritmicamente il culo, tre o quattro volte. Fu proprio lei che si sottrasse alla presa e lui, ritirata la mano, con la stessa si aggiustò il cazzo nei pantaloni. Il bozzo era evidente e lei, in un moto di gratitudine, riservò una carezza lunga e doviziosa a quel bozzo che si era generato grazie a lei.
Non posso negare che anch'io ero eccitato e, questa volta, non solo mentalmente. Se questo era l'inizio, cosa sarebbe successo stasera? Arrivammo al ristorante e lei, appena entrammo, chiese alla cameriera le chiavi per il bagno, mentre noi prendevamo posto ad un tavolo.
"Mi dispiace quasi di doverle lavare - esclamò mostrandomi le mani - Posso chiederti cos'hai provato?"
Meno male che sopraggiunse il mio (sig!) tesoro, così non dovetti ammettere quanto in realtà mi avesse eccitato quella prima schermaglia.
La cosa che maggiormente mi sorprendeva era la completa naturalezza con cui mia moglie stava vivendo quei momenti. La mia presenza non la turbava per niente, anzi, credo che la eccitasse maggiormente.
Pranzammo benissimo e, sia io che Gianni, così aveva precisato di esser chiamato, bevemmo poco per restare nella migliore forma possibile, lui per un motivo ed io per un altro. Erano le quattro del pomeriggio quando ci ricondusse alla nostra auto e, confermandogli l'appuntamento per la sera, ci salutammo.
Mia moglie era diventata stranamente silenziosa. Guardava fisso la strada in un punto imprecisato ed io non volli violare quella sua compostezza.
Eravamo a metà del percorso, quando mi poggiò la mano sulla mia, che stringeva il pomello del cambio. Mi girai e la guardai.
"Amo solo te - volle precisare - questo è solo un gioco" disse, cercando di convincere in modo particolare sé stessa.
"Anch'io ti amo ed ora tanto, tanto di più; tranquilla, godiamoci assieme questa esperienza trasgressiva".
Avevo bisogno di prendere un caffè, per cui, appena in casa, andai in cucina a preparar la moka. Mi seguiva con lo sguardo e, quando le porsi la tazzina, bevve a piccoli sorsi e poi:
"Cosa vuoi che indossi, stasera?"
"Mettiti comoda - consigliai - così toglierai sia me che lui da ogni tipo di imbarazzo." Non aggiunsi altro. Sapevamo dove dovevamo proseguire la serata, per cui non era proprio il caso di vestirsi elegantemente.
"Magari indossi quel completino intimo sexy, che ti regalai qualche anno fa" suggerii.
"Quale, quello con la catenella che entra nel solco del culo ed è aperto davanti?"
"Perché no? Magari indossi pure il reggiseno di pizzo che ti lascia fuori i capezzoli" incalzai.
"Non sembrerò troppo sfacciata - voleva solo esser convinta - Secondo te, cosa penserà?"
"Pensi quello che vuole, ma ricordo che quando avesti ad indossarlo per me, l'effetto fu pari ad uno tsunami!" forse lo dissi con un pizzico di rammarico.
Dopo di che, si chiuse in bagno, mentre io presi a preparare la frugale cena.
Frugale, proprio non lo era. Il roast beef cucinato per il pranzo era rimasto intatto in frigo, come pure l'insalata primavera.
Presi dalla mia riserva speciale un Rosso Nero d'Avola, che avrei aperto una mezz'ora prima di cenare. L'orologio in cucina segnava le sei meno un quarto, quando comparve mia moglie sull'uscio. Si era tirati i capelli a crocchia sulla nuca, lasciando il collo completamente scoperto. Aveva indossato un abitino da casa in jersey, abbottonato davanti. Scarpe comode e calze trasparenti.
"Che pensi, vado bene così? Dimmi la verità" chiese preoccupata.
"Stai benissimo, mi piaci da morire! Per l'intimo?"
"Ho fatto come hai suggerito tu, anche se mi sento ..."
Un mio sguardo bloccò il suo pensiero e:
" Scusa, non volevo dir questo: ti prego, abbracciami!"
E si venne ad accucciare tra le mie braccia.
" Tranquilla, fa un bel respiro, non voglio che lui ti trovi così rigida, tesa, vieni, siediti che ti faccio un massaggino". Si sedette sulla panca che avevamo in cucina: era rigida, ma la manipolazione delle spalle e del collo sortì subito un buon risultato. Si avvicinava l'ora del nostro appuntamento, la lasciai a preparare la tavola e mi rifugiai in bagno. Mi tolsi gli abiti che indossavo e mi diedi una buona rinfrescata. Non si sa mai, pensai, anche se non sapevo quando, avevo deciso che mi sarei gettato pure io nella mischia. Indossai, poi, una tuta fresca di bucato e raggiunsi mia moglie in salotto.
Una finta calma aleggiava nell'aria: io, in cucina, a dare gli untimi ritocchi al tavolo, lei, in poltrona, che si limava le unghie. Mancavano un paio di minuti alle sette, si alzò, mi venne vicino e:
"Che dici: perché ritarda? Ci avrà ripensato" disse, sorridendo, poi mi si addossò e mi fiatò sul viso per fare la prova alito. Feci finta di svenire, per sdrammatizzare e lei:
"Scemo! Lo sai che, nel baciarmi, l'alito cattivo potrebbe farlo scappare?"
Magari! Pensai tra me e me, ma il dado era tratto e il gracchiare del citofono mi fece capire che non si poteva più tornare indietro!
Mia moglie scattò e, dopo aver aperto il portoncino pedonale, gli andò incontro.
" Scusate il ritardo, ma, per trovare un fioraio aperto, sono dovuto andare al centro commerciale" e porse un bouquet di fiori di campo a lei, mentre a me una bottiglia di prosecco, che teneva nell'altra mano.
Poi abbracciò mia moglie e la baciò sulla bocca.
Fiori nel vaso e spumante nel freezer e ci dirigemmo, tutti e tre, in salotto.
"Amore, accendi sotto la moka per favore" mi chiese.
Per lasciarli un po' da soli, mi trattenni in cucina fino a che non salì il caffè, poi, con il vassoio in mano, li raggiunsi e loro stavano letteralmente avvinghiati sul divano e, senza nemmeno pensare al caffè, si alzarono e si diressero verso la camera da letto. Fu mia moglie a farmi cenno a seguirli.


EPILOGO:
In corridoio il tenero... Gianni assunse il ruolo di bull. Si staccò dalla donna che cingeva per i fianchi e la prese in braccio. Volle così marcare il territorio e arrivarono in camera da letto come sposi in luna di miele. L'adagiò sulla sponda del letto, dal lato dove di solito dormo io e le si sedette accanto. Sempre abbracciati, l'aiutò a sbottonare il vestitino e, quando lei si alzò per sfilarselo, restò frastornato nel vedere il suo intimo. Credo che quello fu l'ultimo sguardo che lei mi rivolse. Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene. Il cuore andava all'impazzata, la gelosia galoppava nella mia mente.
"La mia donna che si fa chiavare da un altro? Ma come puoi permetterlo? Intervieni!" e stavo quasi per interrompere tutto. Quando lei offrì il seno alla voluttà di quell'altro uomo, rimasi impietrito. Era in piedi e lui, in un attimo, si sfilò calzoni e braghe e le mostrò un cazzo duro e scappellato, lucido dei suoi umori preliminari. Gli si sedette accanto e lo sfiorò con le dita, poi si piegò su di lui e, senza alcun invito, avvicinò le labbra socchiuse. Dal bacio alla lingua e poi alla bocca aperta, il passo fu davvero breve. Ne divorò più della metà e lo riportò fuori per cominciare ad andare su e giù con la testa. Lui lasciava fare, le teneva stretti i capezzoli e con gli occhi socchiusi si beava di quel trattamento.
Il pompino durò ancora qualche minuto e lei dimostrò la sua delusione quando la fece smettere. Comprese che il gioco non poteva ridursi solo a quello, ma doveva evolversi in movimenti e posizioni molto più intime ed oscene. Mi fece cenno di passargli l'altro cuscino e, allungato il braccio lo presi dal posto dove dormiva di solito mia moglie. Sollevò il bacino di lei e glielo pose sotto il lato B. Si inginocchiò e si tuffò tra le gambe spalancate della donna, poggiò la bocca sulle grandi labbra e spinse la lingua dentro, con un prolungato risucchio. Il punto debole era il clitoride: lui, memore dei miei consigli, per far durare più a lungo il piacere, lo sfiorava senza soffermarsi a lungo. A mia moglie, evidentemente, non bastò e, con un movimento deciso, gli pose una mano sulla testa e lo costrinse a non abbandonare quella suzione: doveva proseguire a leccare e baciare il suo bottone del piacere.
Il sopraggiungere improvviso delle sue prime contrazioni vaginali, lo fermarono giusto in tempo, mentre lei gli riempiva il viso dei suoi liquidi.
Si distese sul letto e l'attirò a sé. Una gamba da un lato, l'altra dall'altro, prese il cazzo duro e scappellato con la destra e vi si impalò sopra. Il fallo scivolò tutto dentro, senza alcun ostacolo e, ben presto, le palle dell'uomo si trovarono schiacciate dal culo sodo della "nostra" femmina.
Fu lei che guidava, cavalcava quell'uomo e lui, da sotto, poteva solo dare violente spinte con il bacino. Mi ero denudato e seduto al loro fianco a guardare quel film hard di cui era protagonista principale mia moglie. I colpi divennero più incisivi e ravvicinati, lei si lasciava riempire e svuotare con gli occhi socchiusi, fino ad emettere un rauco sospiro, che uscì dalla sua gola seguito da un "vengo " del maschio. Si accasciò su di lui, che la strinse forte, in un abbraccio appassionato, mentre le baciava il collo. Quando il cazzo, ormai barzotto, uscì dal suo ventre, un rivolo biancastro comparve tra le labbra della fica di mia moglie.
Avevo assistito alla sua prima monta e, forse, in un atto di ribellione, senza domandare nessun permesso, mi avvicinai alla mia donna e la penetrai facendola sobbalzare. La figa piena di caldi umori fu un afrodisiaco naturale. Lei girò il capo e questa volta la bocca la aprì per me. Venne di nuovo: la mia donna non sembrava ancora sazia e quindi sborrai anch'io.
Fu così che Gianni divenne nostro amico. Il venerdì sera, veniva a cena da noi e il rituale del ménage å trois si ripeteva puntualmente.
Purtroppo, però, come tutte le cose belle, quell'avventura non durò a lungo. Pure loro due ebbero una crisi e, un bel giorno, mia moglie (a proposito si chiama Giuliana) mi comunicò che non si sarebbero più visti.
Non ci crederete: lui ora è in terapia con me.




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