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Prime Esperienze

"Prove tecniche di "trasgressione" 3


di quartofederico
29.03.2021    |    7.197    |    1 9.9
"Andrea si allontanò per ordinare..."
Mi svegliai al suono della radiosveglia, mentre Gennaro entrava in camera con il caffè.
"Buongiorno principessa, ti ho portato pure il latte" disse, sedendosi sul letto dal mio lato e sfiorandomi le labbra con le sue.
Velocemente facemmo colazione e mi alzai per andare in bagno.
"Fai con comodo - mi disse dall'uscio - vado più tardi in ufficio"
Comunque, in mezz'ora ero già pronta e entrai in camera mentre lui si era disteso di nuovo sul letto.
"Vieni subito a darmi un bacio" ordinò, scherzando.
Mi avvicinai e ci baciammo in modo tenero, ma mi staccai subito, perché la faccenda poteva degenerare pericolosamente ed io dovevo essere in orario in ufficio.
"Fammi vestire; vado di fretta, lo sai il lunedì il capo ci vuole in riunione, prima dell'inizio lavoro".
In men che non si dica indossai pantaloni e camicetta e inviandogli un bacio con la mano, mi tirai la porta alle spalle e mi avviai verso la mia Smart.
Impiegai una decina di minuti a raggiungere lo studio dove lavoravo e, mentre scendevo dall'auto, squillò il cellulare: era Maria.
"Pronto, come va? - chiese la donna - Ho finito da poco, ora vado a casa: dove sei?"
"Sono in ufficio, scusa ma mi aspettano per una riunione; penso che andrai a riposare, a che ora posso chiamarti?" chiesi.
"Verso le tredici per me va bene" e, dopo un veloce saluto, chiudemmo la conversazione.
All'una in punto composi il numero e dopo tre o quattro squilli:
"Pronto, Camilla, che stai facendo?" domandò Maria.
"Sono in rosticceria, sotto l'ufficio, mangio un tramezzino e fra mezz'ora riprendo; tu hai pranzato?"
"Non ancora, mangerò qualcosa velocemente, poi stasera qualcosina di più con Cesare; comunque, a che ora finisci?"
"Se non ci sono problemi, alle cinque marco il cartellino, perché?"
"Ti va di prendere un aperitivo assieme, così parliamo liberamente, senza le orecchie indiscrete dei nostri mariti?" propose.
Ci pensai un attimo, poi risposi:
"Ok, alle cinque e un quarto, in Piazza Municipio, va bene?".
Il suo "certamente" e poi il reciproco "ciao", concluse la telefonata.
La trovai già là quando arrivai sul posto. Stava passeggiando sul marciapiedi vicino al bar indicato per l'appuntamento.
Mi scorse e mi venne incontro.
"Ciao, camminiamo un po', ti va? Guardiamo qualche negozio" mi disse, prendendomi sotto braccio.
"Come è andata al lavoro, notte tranquilla in ospedale?"
"Sì, dopo il giro per le terapie, sono riuscita anche a chiudere gli occhi per un paio d'ore; invece a te, con Gennaro?"
Le raccontai per sommi capi quello che c'eravamo detti io e Gennaro, accennando anche a quello che avevamo fatto.
"Non mi ero sbagliata, anche lui come Cesare vorrebbe vederti tra le braccia di un altro. Hai fatto bene a chiarire che l'amante vuoi e devi cercartelo da sola. Dai, sediamoci al tavolino di quel bar" sbottò tutto d'un fiato.
La seguii e ci accomodammo in un angolino tranquillo della tenda veranda e, mentre aspettavamo il cameriere per ordinare, chiesi curiosa:
"Ma tu, davvero, già terresti l'uomo giusto per accontentare tuo marito...e te"?
"Ascolta: me l'ha presentato una mia collega; lui è uno dei tecnici di laboratorio, lavora al piano di sotto, e ti dico che è davvero un bel figo.
Ha quarantasei anni, separato da poco da una moglie isterica, alto poco più di un metro e settantacinque, due occhi neri che ti fulminano; senza il camice e con i pantaloni stretti, se la vista non mi inganna, nascosto nelle mutande, ci deve essere un affare minimo di venti centimetri" tenne a riferire.
"E tu, hai posato gli occhi in mezzo alle sue gambe e lui non se ne è accorto?"
"Se ne è accorto e come! Me l'ha detto la mia collega e, ogni volta che mi vede, mi fa certi sorrisetti ammiccanti, che dicono davvero tanto. Credimi, se debbo mettergli le corna, lui è il mio uomo giusto. Volevo poi confermarti che tu, a Cesare, piaci moltissimo" si fermò per l'arrivo del cameriere, che scrisse la comanda e si allontanò.
"Tuo marito, scusami, non mi interessa. Cerco pure io qualcosa di trasgressivo. Vorrei trovare pure io uno che mi faccia sentire coinvolta, come ti senti tu quando vedi il bel dottorino. Maria, se debbo farlo, voglio innanzitutto uno che mi deve far sciogliere e poi, scusa l'espressione, lo voglio con un cazzo grosso: mi deve riempire, sconquassare, sia davanti che..."
"Credo allora che quel plug lo devi usare assiduamente, così da preparare al meglio il buchino stretto... - disse ridendo e facendo ridere pure me e proseguì - Allora guardati attorno, amica mia, e cerca al più presto il tuo bull, in modo da concretizzare velocemente il nostro, ma, soprattutto, il loro desiderio"
"Tu non potresti aiutarmi?" buttai là con un sorrisetto nervoso.
"Dai, una cosa alla volta; ora che ho incontrato te, mi sbilancio con il mio tecnico e poi cercherò di ampliare gli orizzonti. Va bene?"
"Sei un tesoro - dissi alzando il calice dell'aperitivo - sono sicura che ci riuscirai."
Volarono i minuti; erano già le sei e mezza e, con la promessa di sentirci l'indomani, ci salutammo.
Ritornai al parcheggio del mio ufficio, presi la mia auto e arrivai a casa dopo una mezz'ora.
Gennaro era già tornato e mi stava aspettando in cucina, davanti ad un calice di vino rosso.
"Così tardi? - chiese venendomi incontro - come mai?"
"Ho visto Maria, ci siamo fermati a prendere un aperitivo, e..."
"E...."? Chiese incuriosito.
"Abbiamo parlato del "vostro" desiderio", ricalcando quel "vostro" come se fosse solo per esaudire un desiderio dei rispettivi mariti.
Mi strinse tra le braccia e mi sfiorò le labbra:
"Lei ha già qualcuno?" domandò.
"Forse" replicai in modo evasivo.
"E tu?" sollecitando una risposta, che non diedi.
Mi svincolai e, dopo essermi lavata le mani, seguita dal suo sguardo entrai in cucina per preparare la cena.
C'era del roast beef in frigo e velocemente preparai una salsa con la maionese e broccoletti sfritti per contorno.
Lui mise la tavola e mi versò un calice di vino rosso.
Mangiammo un po' chiacchierando e un po' guardando il telegiornale e poi, dopo aver messo in ordine in cucina, ci spostammo in salotto.
"Cosa c'è da vedere di buono, stasera?" chiesi.
"Un film giallo vecchiotto, ma non c'è altro di meglio - rispose - ... oppure ce ne andiamo a letto".
Sinceramente, andare subito a letto, non mi andava, certa che saremmo scivolati subito sull'unico nostro argomento di attualità e, siccome dovevo riflettere ancora su tante cose, non mi andava proprio di sbilanciarmi.
Fortuna volle, che venne in mio aiuto "Morfeo" e a metà film.
"Tu continua pure a guardare questa lagna - mi disse riferendosi al film - Io mi lavo i denti e me ne vado a letto. Buonanotte".
"Ok, chiudo tutto e ti raggiungo" mandandogli un bacio con un cenno della mano.
Lasciai passare una decina di minuti e spensi la tv .
In bagno feci la pipì, me la sciacquai con la doccetta e mi lavai i denti.
Doveva essere davvero stanco perché quando entrai in camera, lui già dormiva.
Mi stesi al suo fianco senza fare il minimo rumore e, abbracciata al cuscino, cercai di prendere sonno.
Avevo tanti dubbi. Forse avrei dovevo accettare l'aiuto di Gennaro... magari me lo trovava lui l'amante giocattolo... e se non mi piaceva? Avrei sempre potuto fargliene trovare un altro. No, lo conoscevo molto bene; mi avrebbe mandato a quel paese e invece, non era per niente quello che volevo.
Potevo aspettare Maria, ma anche lei difficilmente...
Giorgia, la mia collega fedifraga... era il caso di farmi coraggio e parlarne con lei?
Con questo pensiero, finalmente riuscii a prender sonno.
L'indomani mi alzai più presto del solito, mio marito era in cucina a preparare il caffè.
"Già alzata?" mi chiese meravigliato.
"Sì, voglio prepararmi meglio - risposi sbadigliando e stiracchiandomi - voglio vestirmi più sexy... che ne pensi di quella gonna grigia stretta e camicia bianca? Devo pur cominciare a guardarmi attorno e... farmi notare".
E senza altro aggiungere, bevvi il caffè e mi rinchiusi in bagno.
Uscii nuda dal bagno, già truccata, e stavo per vestirmi, quando mi tornarono in mente le parole di Maria, riguardo al plug. Lo presi dal comodino e, dopo averlo cosparso di una buona dose di lubrificante, me lo feci scivolare nel culo.
Misi un tanga nero ed un reggiseno a triangolo dello stesso colore. Anche se faceva ancora caldo, misi pure delle calze autoreggenti nere a rete e preparai le mie decolleté con il tacco alto. La gonna e la camicia già le avevo scelte e, guardandomi allo specchio, restai affascinata pure io per come mi ero abbigliata.
Due gocce di profumo dietro le orecchie ed ero pronta per uscire, quando incrociai Genny in corridoio. Rimase decisamente di stucco...
"Fatti guardare - mi disse prendendomi per mano e facendomi fare una piroetta - sei uno schianto! Stasera torna vincitrice... desidero la buona notizia."
Era proprio compiaciuto, gratificato, voleva che trovassi qualcuno ed io ce l'avrei messa tutta... contento lui?
L'abito non fa il monaco? Forse, ma sicuramente qualcosa farà.
Dal custode del parcheggio, dove di solito lascio la mia auto, al portiere dello stabile dove è ubicato il mio ufficio, per poi continuare con i tre o quattro colleghi che incrociai, non mi ero mai sentita tanto osservata e, mentre entravo nel mio studiolo, una mano mi si posò sul braccio:
"No, fermati, fatti guardare - era Giorgia, la solita impicciona - Ho notato che, da qualche giorno, sei cambiata; ti si legge nello sguardo, ma una trasformazione così repentina non me la sarei proprio aspettata. C'è qualcosa che dovrei sapere e che ancora non so? Sono qua per dispensare consigli e risolvere problemi"
Abbassai lo sguardo, in effetti avevo proprio voglia di parlare con lei.
" Non sparire, vado dal capo e poi..." le dissi.
"Sono nei paraggi, un fischio e ci imboschiamo" e si allontanò subito dopo avermi di nuovo esaminata da capo a piedi.
Anche il mio direttore, mi guardò stupito ma, allo stesso tempo, ammirato; non disse nulla ed affrontò subito l'argomento lavoro.
Mi trattenni nel suo ufficio un po' più del solito e mi fiondai subito nel mio, per cominciare ad evadere la pratica affidatami.
Stranamente Giorgia non era ancora apparsa all'appello. Evidentemente pure a lei era stata affidata qualche pratica urgente da sbrigare e, ad onor del vero, seppur in apparenza molto farfallona, lei sul lavoro era competente ed affidabile.
Ci ritrovammo, comunque, alle dieci al bar, per la pausa caffè.
"Allora - tirandomi in disparte - mi dici come posso aiutarti"?
"Vieni nel mio ufficio e ne parliamo" risposi, mentre qualche collega, anch'egli intrigato dal mio modo d'essere quel giorno, guardava con concupiscenza.
"Guarda quello... ti sta spogliando con gli occhi, dai allontaniamoci" e mi prese per mano.
Ancora la pausa non era finita e scappammo via per rifugiarci nel mio ufficio.
"Chiudi la porta a chiave" le dissi avvicinandomi alla scrivania e, senza tanti preamboli, mi alzai la gonna e piegandomi in avanti mi sfilai il tanga.
"Anche tu? - disse vedendo il plug nel culo - allora ti sei trovato pure tu un...."
Non ebbe il coraggio di dire "amante".
"Non ancora, mi aiuti a cercarlo?" chiesi quasi supplicando.
"E Gennaro, il tuo amore?"
"E' lui che lo vuole!"
Spiegai per sommi capi quello che ci stava succedendo, e lei, incredula, ascoltò il tutto senza mai interrompere.
"Allora da oggi, a pranzo, abbandona la tua rosticceria, frequentata solo da sfigati e vieni con me, senza preoccuparti di niente".
Mi rialzai le mutandine e mi abbassai la gonna, mentre lei si avviò alla porta e, voltandosi, tenne a precisare:
"Alle tredici in punto nell'androne, ok? e scomparve chiudendosi l'uscio alle spalle.
Prima di mezzogiorno mi chiamò pure Maria: si era fatta mettere nel turno del pomeriggio, più tranquillo e, se possibile, avrebbe cercato di incontrare il suo analista.
"Oggi, purtroppo, niente aperitivo e tu che mi racconti"?
Le dissi di Giorgia e del suo programma e concluse:
"Poi stasera, se mi riesce, ti chiamo e ti ragguaglio"!
"Certo, chiama dopo cena, sarò senz'altro più libera. Un bacio, ora debbo proprio scappare" e chiuse il telefono.
Un'ansia mi assalì: andai in bagno a fare la pipì per tre o quattro volte e quasi di seguito; non facevo altro che guardare l'orologio e riuscii a mala pena a completare metà del lavoro affidatomi.
Comunque, verso le tredici meno cinque. dopo essere andata di nuovo in bagno, chiusi l'ufficio e mi fiondai per le scale.
Giorgia arrivò dopo un paio di minuti; mi prese sottobraccio e uscimmo dal palazzo.
"Ma che fai tremi? Dai fai un bel respiro e calmati, stiamo andando a fare colazione e niente di più" disse per rassicurarmi.
La tavola calda distava un trecento metri dal nostro ufficio ed era dislocata in una zona dove si serviva il personale di tre istituti bancari e una sede periferica del nostro ateneo.
L'interno, molto ampio, era pieno di gente, uomini e donne seduti al banco oppure a tavolino.
"Giorgia - sentimmo chiamare - vieni a sedere qua". Evidentemente era l'amico della mia collega e, facendoci spazio tra la gente, raggiungemmo il suo tavolo.
"Andrea ti presento Camilla, la mia collega - e rivolta a me - e lui è il mio amico del cuore"
Lo disse con enfasi e, facendogli gli occhi da gattina innamorata, gli si sedette accanto.
"Cosa prendete? - chiese con tanto garbo - Per me ho ordinato un ripieno fritto"
Noi ordinammo due tranci di pizza al forno ed acqua minerale.
Andrea si allontanò per ordinare.
"Ti piace il mio boy friend? Credimi, mi fa sentire una ragazzina innamorata".
Comunque, anche nel bar, non ero passata inosservata e, sia io che Giorgia, notammo il movimento di due uomini che lasciarono il loro posto per sistemarsi di fronte a noi.
Uno bello, ma troppo giovane: forse non aveva nemmeno trent'anni, l'altro sui quarantacinque, niente affatto male.
"Li conosci?" chiesi, facendo segno con la testa
"No, dopo chiediamo ad Andrea; ma, a te, quale intriga?"
"Certamente quello bruno, l'altro è troppo giovane" risposi con il cuore che ormai andava a mille.
Rivolsi lo sguardo verso quello che mi interessava e lui, sorridendomi, alzò il calice come a brindare.
Andrea ritornò con le tre pizze ed io mi alzai dal tavolo, chiedendo al cameriere dove potermi lavare le mani.
"In fondo sulla sinistra ci sono i bagni delle signore" rispose correndo per i tavoli.
Speravo fossi stata seguita, invece fu solo il suo sguardo ad accompagnarmi.
Velocemente tornai al mio tavolo e lui era ancora là.
Nel sedermi, lo feci di proposito, feci scivolare la gonna in alto, fino a mostrare il bordo delle calze e, una volta seduta, invece di ricompormi, rimasi così a farmi ammirare. Bastò un leggero movimento delle gambe ed una loro leggera apertura per mostrare all'ignoto spettatore anche il nero del mio tanga.
La manovra ebbe il suo effetto: oltre agli occhi sgranati, si stava affogando con l'ultimo sorso di birra, che gli andò di traverso.
Non mollai e, mentre mangiavo la pizza e parlavamo tra noi tre, non mancavo di lanciare, di tanto in tanto, uno sguardo al mio interessato ammiratore.
Fu Giorgia ad aggirare l'ostacolo.
"Camilla hai fatto colpo, guarda come ti scruta quello alla tua destra".
Mi girai facendo finta di non averlo notato.
"Lo conosci?" chiesi rivolgendomi a Giorgia.
"No - rispose - e tu?" deviò la richiesta ad Andrea.
"Si chiama Tullio; è un collega del meccanografico, brava persona, dicono; io, per lavoro lo frequento poco, ma se vuoi - questa volta rivolto solo a me - lo chiamo e te lo presento".
Morivo dalla voglia di dire sì, ma preferii non sbilanciarmi troppo, non potevo dimostrarmi troppo sfacciata e soprattutto allupata.
Forse intuendo il mio disagio, non insistette e finimmo la nostra colazione con un caffè, che prendemmo in piedi proprio accanto al mio "corteggiatore".


Questa volta avvertii davvero l'insistenza dei suoi occhi su di me; mi sentii guardata e desiderata, mentre uno strano movimento nello stomaco e poi, un po' più giù, mi fece muovere qualcosa nella pancia. Anche il buchino di dietro fu coinvolto e il suo stringersi attorno al plug, mi stava facendo venir meno.
"Scusate, torno subito" sussurrai e mi allontanai verso il bagno.
Mi chiusi dentro e, alzatami la gonna, feci scendere la mia mutandina a mezza coscia.
Mi sfilai il plug dal culo, facendo rilassare completamente il mio sfintere.
Lo sistemai in un fazzolettino di carta e poi lo riposi in borsa. Uscii dal gabinetto e, mentre mi lavavo le mani, lo vidi.
Mi aveva seguito e mi stava aspettando sull'uscio dei bagni degli uomini.
"Signora, vorrei avere il piacere di averla domani a pranzo con me" lo disse tutto d'un fiato e, senza aspettare la risposta, mi diede un bigliettino che, senza troppo pensarci su, presi. Si allontanò velocemente e uscì dal locale, salutando solo il cameriere che gli stava aprendo la porta.
Ero rossa in viso e se ne accorsero. Comunque, presi il caffè, ormai freddo e, salutato Andrea, io e Giorgia uscimmo dalla tavola calda.
Percorremmo una trentina di metri e, appena svoltammo nella traversa laterale, Giorgia mi chiese:
"Allora?"
Tirai dalla tasca il foglietto e glielo porsi.
"Che c'è scritto?" chiesi, non avendolo ancora letto.
"Tullio e il suo numero di telefono: se ti piace, hai fatto bingo"
Ripresi il biglietto e, a passo svelto, ritornammo in ufficio.
Mi sedetti alla scrivania e mi presi la testa fra le mani.
Che mi sta succedendo? Non facevo altro che ripetermi.
Gennaro stava scomparendo dalla mia mente; poteva uno sconosciuto procurarmi tanta eccitazione? Mi alzai e mi rifugiai in bagno.
Provai a bagnarmi le tempie e la fronte con acqua fredda, ma il calore che tenevo dentro non riusciva a sminuire. Come un automa, ripresi dalla borsa il mio fidato cazzetto e, dopo averlo sciacquato, me lo rimisi nel culo.
Girai e rigirai tra le mani il foglietto e lo riposi nel portafogli. Stasera chiederò consiglio a Maria, ora debbo concentrarmi sulla pratica e consegnarla al mio capo prima delle cinque.
Non credevo fosse possibile, ma ci riuscii e, dopo aver ricontrollato il lavoro fatto, lo consegnai alla segretaria del capufficio.
Durante il tragitto per casa, in macchina, cercai di non pensare, né al tizio né al biglietto, e giunsi a casa un quarto d'ora prima dell'arrivo di mio marito.
Udii lo scatto della serratura e:
"Sei tu amore?" chiesi dalla camera da letto, dove mi stavo mettendo comoda.
Venne da me e da dietro mi baciò sul collo.
"Sono affamato, oggi... ho saltato il pranzo; se vuoi preparo io una spaghettata, ti va?" chiese, mentre si stava togliendo le scarpe.
Annuii e tirai un sospiro di sollievo, in quanto mi sarei aspettata un'altra richiesta.
Comunque quella arrivò mentre stavamo cenando.
"Come è andata?" ed era sottinteso che la domanda era riferita alla caccia.
"Al lavoro? Abbastanza bene" risposi svirgolando.
"Dai, che hai capito cosa intendevo!”
Posai la forchetta nel piatto e guardandolo fisso negli occhi, per non perdere il contatto, gli raccontai dettagliatamente quello che era successo.
"Che ne pensi? Che debbo fare? Come faccio a dire a quella persona quello che tu, cioè noi, desideriamo?"
Rimase pensieroso e comprendendo la mia angoscia, riprese:
" Hai ragione! Comincia a conoscerlo... ma lui, ti piace?"
Annuii e quasi a darmi la sua benedizione, aggiunse:
"Domani telefonagli e poi vedi cosa succede".
Avrei dovuto esser incavolata per quello che mi aveva detto, invece mi sentii confortata.
Mi alzai e mi sedetti sulle sue gambe e, solo allora, mi resi conto che il plug si trovava ancora nel mio popò.
L'anello finale del cazzetto urtò sulla sua gamba e sentii un pizzico di dolore.
"Ahi" esclamai.
Mi alzai e, piegatami in avanti, feci salire la corta vestaglietta oltre il mio sedere.
"Lo tolgo?" propose quasi a chiedermi il permesso.
"E poi hai qualcos'altro da metterci"? Risposi con tono impertinente.
Non se lo fece dire una seconda volta; quasi strappandomi il tanga, mi sfilò il dildo e si inginocchiò dietro di me, baciando e leccando l'ano aperto.
Impiegò poco a sbottonarsi i pantaloni ed a farli scivolare ai suoi piedi.
Sentii il suo cazzo duro percorrermi il solco delle natiche, che tenevo aperte con le due mani. Nella posizione in cui mi offrivo, poteva liberamente accedere sia davanti che dietro, ma per evitare equivoci:
"Ti prego inculami" dissi quasi urlando e un attimo dopo sentii la sua cappella poggiarsi sul fiorellino aperto. Lo spinsi sulla sedia e, senza perder tempo, mi impalai sul suo membro.
Ne scivolò dentro quasi la metà, ma io allargai di più le gambe e, sistemandomi meglio, lo accolsi completamente dentro di me.
Lo sentivo fin dentro la pancia; ero ferma su quel randello duro, mentre lui sollecitava con la mano destra la mia figa completamente spalancata.
Sentivo due dita dentro di essa che giravano lentamente e che cercavano il mio punto più sensibile. Lo trovò e sentii scoppiare un misto di piacevole dolore e di violente contrazioni.
Solo allora cominciai a cavalcarlo, mi alzai e feci uscire tutto il cazzo dal mio culo, per poi risedermi su di lui.
Il ritmo stava diventando scoordinato, anche perché un nuovo piacere si dipartì dal cervello per raggiungere i miei punti sovra eccitati.
Venni di nuovo, quasi pisciando un liquido denso che sicuramente non era pipì.
Ero stanca, esausta; avrei voluto fermarmi, ma lui invece reclamava ancora il piacere che si era meritato. Mi spinse in avanti, costringendomi ad appoggiarmi al tavolo. Riprese a fottermi con un fantastico vigore, facendo sbattere ritmicamente il mio addome sul freddo marmo del tavolo. Mi teneva aggrappata a lui un po' per i fianchi e un po' per le tette.
In quei momenti, avrei voluto che mi apostrofasse con le parole che spesso usava, invece emise solo degli ansimi.
Sentivo il suo respiro affannato soffiare sul collo, poi si irrigidì e un grido accompagnò la sua eiaculazione.
Venne dentro le mie viscere per poi accasciarsi su di me.
Fu in quel momento che temetti che quella potesse essere stata l'ultima volta che avrei goduto in quel modo solo con lui!
Si staccò e risedendosi sulla sedia mi riprese sulle sue gambe.
"Ti imbratto tutto" sussurrai, sentendo la sua sborra far capolino dal mio culo ancora aperto.
"Non ti muovere, non m'interessa" e mi girò la faccia per baciarmi in bocca.
"Ti amo - dissi - e qualunque cosa accadrà, resterai sempre il mio uomo".
"Idem" ebbi in risposta, ripetendo la frase di un vecchio film.
Il silenzio fatto di baci e carezze fu interrotto dallo squillo del mio cellulare.
Presi un tovagliolino di carta e poggiandomelo dietro, strusciai fino in salotto, dove aveva lasciato il telefono.
"Pronto, disturbo"? era Maria dall'altro capo.
"Affatto, come è andata"? chiesi curiosa e spostandomi in bagno dove mi sedetti comodamente sul water.
"Meglio non poteva andare, non stava nei panni; non essendoci nessuno nelle vicinanze ha tentato pure di baciarmi; credo proprio di piacergli molto. L'ho fermato giusto in tempo, la caposala è entrata all'improvviso, comunque non si è accorta di nulla. Domani l'invito per venerdì, alla festa del mio compleanno".
"Hai messo al corrente Cesare, di questo?" chiesi.
"Non sta nei panni; ora è in bagno a fare la doccia, credo che stasera abbia voglia di me. E tu"?
"Io ho già dato, mezzora di buon sesso; il cazzo di Gennaro ha preso il posto del plug e ora sto sulla tazza cercando di evacuare tutto quello che mi ha inoculato. Non mi prendeva da dietro da mesi e stasera gliel'ho imposto".
"Hai fatto bene, ma io intendevo se hai trovato qualcuno".
Le raccontai della pausa pranzo... di Tullio del bigliettino... e lei:
"Ottimo, domani chiamalo e pranza con lui. Se combini, siete invitati tutti e tre a cena venerdì per la mia festa."

(continua)
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