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La ragazza con l'orecchino di Perla - Capitolo 15


di Bellastronza69
30.04.2022    |    3.206    |    4 8.0
"
Martha rideva di gusto, mentre Sophia provava ad abbaiare..."
ATTENZIONE: IL CAPITOLO È UN CAPITOLO DA UNA FORTE IMPRONTA BDSM.
IL GENERE RIMANE TRANS E TRAV PERCHÈ GLI ALTRI CAPITOLI SONO QUI, MA QUESTO POTREBBE URTARE LA SENSIBILITÀ DI QUALCUNO.
BUONA LETTURA!

Io e Mallory ci baciammo teneramente.

“Mi sei mancata” mi disse. 
Io sentii il cuore riempirsi di emozione.
Un calore intenso mi persuase e la baciai ancora.

“Ehi!” disse lei sorpresa.
“Non me l’aspettavo” sussurrai.

Mi porto le sue dita leggere al volto e mi accarezzò. Poi mi baciò avidamente, stavolta palpandomi il culo con fermezza.

“Ma che belle ragazze che siete” disse Sophia.

Mallory le sorrise.

Il sole iniziava a tramontare e la temperatura si faceva ancora più fredda.

“Mallory, tesoro. Che ne dici? Penso sia arrivato il momento.”
Disse Martha.

“Direi di si. Ho i capezzoli completamente turgidi per il freddo” rispose lei.

Si alzò in piedi e mostrò il suo fisico perfetto, reso ancora più tonico dal freddo.
La nota negativa della temperatura era che quel cazzo enorme e succoso era diventato molto più piccolo.

“Ehi, ci siamo ristrette un po’” dissi accarezzandole i testicoli che a malapena sfioravano lo specchio dell’acqua.

Mallory raccolse tutti i vestiti da terra e piegandosi mi mostrò il suo ano perfettamente circolare e depilato. Poi mi guardò e disse. “Vado a cambiarmi. 
Avete dieci minuti.”
“Ehi! Ti stai portando i nostri vestiti!” Urlò Henrietta.
“Stasera, comando io” rispose.

Obbedimmo agli ordini. Dieci minuti dopo, completamente nude, rientrammo in casa.
Una sensazione piacevole di calore pervase me, Henrietta e Sophia non appena valicammo l’uscio. 
Henrietta starnutì per lo sbalzo termico.

“Ehm. Entrate, non potete rimanere mica sull’uscio” era la voce di Mallory.
Mi girai verso di lei e la vidi. 

Mallory aveva un vestito di lattice nero che a stento le copriva il sedere.

Il suo meraviglioso arnese era tornato di dimensioni normali, e vedevo la cappella ben esposta spuntare dalla gonna.
Ai piedi indossava degli stivali vertiginosi che le arrivavano alla coscia mentre le mani erano avvolte da dei guanti di lattice nero che le coprivano tutto l’avambraccio.

Il mio cazzo divenne marmoreo e il mio culo si dilatò da solo.

“Bene bene bene. Qui abbiamo una troietta che ancora non ha capito come si usa la sua vagina.” Mi disse. 
“Cosa?” Dissi.
“Zitta, troia.” Disse. E mi schiaffeggiò sul viso.
Lo schiaffo fu forte, tale da lasciarmi un segno sulla guancia destra.
Iniziai a piangere.
“Mallory! Ma che cazzo” disse Henrietta. “Le hai fatto male!”

Mallory sorprese Henrietta afferrandole le palle con la mano avvolta dal lattice.
“EHI!” Urlò. 
“Cos’hai, puttanella? È questo che sei, vero? Una puttanella. Anzi no, mi piace di più frocetta, visto che è questo che sei.”.

Vidi la mano stringere più forte.
“Guarda che cazzetto. Ci credo che tua moglie ora si sta facendo scopare da dei neri. Il tuo pisello è inutile.” Disse con un tono di voce cattivo che non aveva mai usato.

Henrietta iniziò a piangere. Forse era per le sue parole, forse era per il dolore fisico, fatto sta che Mallory leccò via le lacrime, si abbassò e le tirò un forte morso sulla cappella. 

Henrietta urlò in maniera straziante e cadde a terra sulle ginocchia.

“Mallory ma sei impazzita?” Disse sua madre. “Le hai fatto malissimo!”

“Tu, brutta madre puttana. Hai abbandonato tua figlia per anni.”
Disse, mentre iniziava ad avvicinarsi a lei.

“L’hai lasciata sola” disse e fece un altro passo verso di lei.

“Mentre tu non facevi altro che prendere cazzi in bocca” il suo voltò arrivò a cinquanta centimetri dalla faccia di sua madre.

“Chissà se papà sarebbe fiero di te. Una vera puttana.”

Con la mano le strinse la gola e la strangolò.

Sophia sussultò e Mallory iniziò a fare sempre più presa.

“Inginocchiati, andiamo.” Disse.
Sua madre ubbidì e si inginocchiò. 
Mallory si alzò la gonna. Le infilò due dita in bocca e gliela spalancò.
Poi le mise dentro il cazzo barzotto.
“Andiamo, succhia. Fammelo diventare grosso come quelli che ti prendi di solito, lurida troia.”
Sophia iniziò a lacrimare mentre succhiava il cazzo di sua figlia.
Una volta raggiunta la solita dimensione, Mallory strinse forte le narici di Sophia. Poi portò un’altra mano alla gola e riprese a strangolarla. 

“Adesso soffoca.” Le ordinò.
Sophia provò ad allontanarsi, ma Mallory tirandola dalla gola la riportò ad avere la gola completamente occupata dal suo cazzo.

Sophia piangeva. Ad un certo puntò tirò indietro gli occhi e svenne.
Cadde a terra svenuta.
“Portatela in camera da letto. Vestitela. Voi venite da me nude, voglio avere io l’onore con voi due."

Sophia nel frattempo aveva ripreso conoscenza, sebbene non fosse ancora completamente lucida. Io ed Henrietta ci caricammo il suo corpo in spalla e la portammo in camera.
Camminava a fatica. 
Sul letto c’erano un body di latex completamente aperto sotto e palesemente non in grado di contenere i seni di Sophia, delle calze velate autoreggenti e un paio di décolleté in vernice. 

Le facemmo indossare il body e sotto trovammo delle pompe per capezzoli.
Gliele applicammo e il dolore la fece risvegliare del tutto.

“Mamma! Come stai!” urlai.
“Sto bene, sta tranquilla.” Mi disse sorridendo.
“Ma che cazzo! È impazzita!” Risposi.

Henrietta rise.
“Tranquilla! Io e Mallory facciamo BDSM con la mamma da quando avevamo diciotto anni. E a giudicare dalla sceneggiata anche la nuova mamma deve essere una fan” disse sorridendo.
“Beh, ammetto che una volta provato è difficile tornare indietro. Conoscendo Martha deve aver messo qualcos’altro, qui.” Disse.
“BINGO” continuò.

Sotto le calze velate c’era un’altro tubo trasparente, leggermente più largo.
“Ragazze, mi aiutate?” Disse.
Si sedette e aprì le gambe.
Henrietta posizionò il tubo sul clitoride e lo avvitò.
Sophia portò la testa all’indietro e sussurrò: “Mio dio, ogni volta mi uccide”

“Ragazze, questa cosa è lancinante. Dovete darmi una mano a camminare fino alla sala, vi dispiace?”
La prendemmo sottobraccio e ci dirigemmo verso il soggiorno.

“Ma guarda un po’ chi abbiamo qui! La più grande troia che abbia mai conosciuto” disse Martha. Sentii la sua voce ma non riuscì a vedere lei.
All’improvviso tutte le luci si spensero. Poi, con un sonoro “Tlack” si accese una luce rossa proveniente da una striscia di LED posizionati sul soffitto.

“Lasciatela a me” disse Martha. 
Noi la lasciammo andare. 
Illuminata dalla sola luce rossa, la figura di Martha finalmente apparve. Era vestita come sua figlia e in mano reggeva il dildo con cui ci eravamo divertite prima.

“Piegati, schifosa sodomita.” Disse.
Sophia si piegò e Martha le infilò quell’enorme dildo nel culo, senza nemmeno inumidirlo.

Sophia gettò un grido lancinante ed iniziò ad ansimare.
Mentre le teneva fermo il dildo sul culo, Martha le disse: “Piegati, adesso”
Sophia si piegò ansimando. Martha recuperò dal tavolo quella che sembrava essere una gag ball e gliela mise in bocca.

Sophia iniziò ad ansimare e a mugolare.

“Voi due andate avanti. La padrona vi aspetta. Io invece mi divertirò con la mia schiavetta. Vero, piccolina?”

Sophia biascicò qualcosa.
Martha si slacciò una cinta che non avevamo notato avesse in vita.
La piegò. 
“Allora, come ti chiami” disse Martha
“Pohphia” biascicò Sophia.
“NON HO CAPITO BENE!” Urlò Martha tirandole una sonora cinghiata sul culo.
“FOFIAA” urlò.
“ANCORA NON È CHIARO!” E le tirò un’altra cinghiata, questa volta colpendole l’ano.
Sophia disse ancora una volta il suo nome, questa volta in maniera sempre più simile ad un latrato di un cane.
“MA SEI UN CANE?” E le tirò un’ulteriore cinghiata, questa volta sulla vagina.
“Se sei un cane, allora, a cuccia!” E la frustò ancora.
Sophia molto lentamente si girò e si sedette emulando un cane che si mette a cuccia e guardò con gli occhi pieni di lacrime Martha.

“Abbaia, cagna!” Disse.
Provò ad emulare un cane anche con la voce, ma non riusciva a parlare.

“Che cane di merda!” E la cinghiata colpì il viso.
Poi si girò verso di noi e colpì con violenza prima sua figlia, poi me.

“CHE CAZZO ASPETTATE”
Noi indietreggiammo ed andammo in fondo al soggiorno.
Mallory apparve da dietro una tenda, in mano aveva un flacone e due cinture di castità.

“Mettetele, puttanelle. Avete goduto troppo in questi giorni, non credete?”
Ce le porse. Henrietta prese la sua e iniziò ad indossarla. Quando feci per prendere la mia, lei me la tolse.

“Ah ah” disse in tono canzonatorio.
“Bella mia, sei troppo protetta. Siediti.”
Così feci. Poi lei mi rovesciò il contenuto del flacone sul seno. Iniziò a massaggiare e i miei seni si sganciarono come per miracolo.

“Apri le gambe.” Disse.
Seguii i suoi ordini. Mi scappellò l’uccello e me lo bloccò all’interno di una gabbietta che mi stringeva tantissimo.

Ritornò dietro la tenda e tirò fuori una busta.

“Vestitevi, brutte schifose.” Disse, porgendoci delle cinghie.
Le indossammo.

“Chi di voi due sarà la mia assistente?” Disse.
“IO IO!” Urlò Henrietta. 
“Ma brava! Come siamo volenterose. Allora ho qualcosa per premiarti.” 
Prese un flûte da terra e ci mise il cazzo dentro.
Iniziò a pisciare.
Si contenne, perché non lo riempì nemmeno per metà.
Tirò fuori il pene, lo puntò verso Henrietta ed iniziò a pisciarle addosso.
Poi, iniziò a masturbarsi con violenza e venne dopo nemmeno un minuto nel flûte.
Lo porse ad Henrietta. 

“Tieni, mia piccola schiava. Ecco il premio che ti meriti.”
“Grazie, padrona” disse mentre prendeva il flûte.
“Facciamo un brindisi. Alla nostra nuova schiava” disse Mallory.
Henrietta alzò il flute e bevve tutto il contenuto.

“Ma come sei brava. Ci sono altri vestiti per te sul divano. Indossali, abbiamo del lavoro da fare. Quanto a te invece…” e portò pollice ed indice al mio mento.
“Siediti.”

Mi chinai, cercando di trovare un punto dove non fosse sporco di piscio.

“Oh no, brutta troia.” Urlò Mallory dandomi un calcio in faccia.
Io rotolai a terra, cadendo di schiena nel piscio. 
Con il suo stivale dal tacco 20, Mallory iniziò a premere sulle mie palle. Sembrava volesse bucarmele.
Iniziai a piangere.

“Oh, la piccola piange? Peccato.” Disse.

“Padrona, come posso esserle utile?” Henrietta apparve di nuovo al suo fianco.
Oltre alle vecchie cinghie, adesso indossava un grembiule da cameriera e delle autoreggenti. Ai piedi, anche lei delle scarpe di vernice.

“Schiava, puliscila e asciugala, possibilmente con la lingua. Poi vestila. Torno tra qualche minuto. Prima mi devo dedicare a quella gran puttana che sta gemendo di lì. Se non è pronta, sai cosa succederà, vero?”

Henrietta annuì. 
Mentre Mallory andava da sua madre, Henrietta mi fece alzare.
Iniziò a leccar via il piscio dalla mia schiena. Poi le cosce, i polpacci, i piedi.
Sentivo la sua lingua passare tra le dita dei piedi.
Tornò su e con un panno morbido mi asciugò i capelli.

“Indossa queste, ti prego.” Disse porgendomi delle autoreggenti a rete.
Ubbidii. 
“Ecco le scarpe.” Anche per me, décolleté di vernice nera. Ma quante ne avevano comprate.
Le misi.
“Scusami Paola. Devi mettere questo attorno al collo.” Lo agganciai leggermente.
“Non ci siamo.” Disse e lo strinse fino a farmi male.
Adesso respiravo a fatica.
Agganciò un guinzaglio al mio collare e mi disse: “Andiamo, la padrona aspetta.”

Andammo da Mallory e le sue due mamme.
Quello di Sophia era uno spettacolo macabro dal quale non riuscivo a distogliere lo sguardo.
Martha rideva di gusto, mentre Sophia provava ad abbaiare.
Ad ogni tentativo fallito, Martha la prendeva a frustate mentre Mallory le faceva colare dello sperma finto sugli occhi, divertendosi mentre Sophia si agitava per riprendere a vedere qualcosa.

“Oh, siete qui, finalmente. Mamma, basta così. Non ha senso dedicarsi ad una troia consumata. Abbiamo carne fresca. 
Schiava, te la sei meritata. Divertiti”

“Grazie padrona” disse Henrietta.

Mallory tirò via dal culo di sua madre quel dildo enorme. Il culo di Sophia era diventato una voragine, ci sarebbe entrato tranquillamente un braccio. 
Le tolse la gag ball dalla bocca. 
Sophia respirò affannosamente.
Henrietta si avvicinò a lei come un gattino spaventato ed iniziò a leccarle il buco del culo con movimenti piccoli e veloci.

“Ti piace quello che vedi? Oh, ma tu non lo meriti, perché sei una puttana vera e propria.” Mi disse.
Mi prese dal guinzaglio e mi portò vicino la parete.
Non mi accorsi di nulla, ma all’improvviso mi ritrovai ammanettata al muro.
Posizionata in maniera da non essere facilmente individuabile con così poca luce, c’era una specie di quadro svedese, al quale erano legate quattro manette.
Due occupavano già i miei polsi, le altre due le sganciò e me le attaccò alle caviglie. 
Poi arrivò anche Martha ed entrambe presero le mie gambe e attaccarono l’altra estremità delle manette legate alle caviglie, alla parte sporgente del quadro svedese.
Io ero praticamente inerme, appesa come un salame.

Mallory iniziò a leccarmi il buco del culo.
“Oh, ti piace, brutta sgualdrina” disse. “Rispondimi”
“Sì” dissi.
“Bene.” 

Mi tirò un pugno tra il pisello e l’ano. Il colpo mi fece oscillare e colpì la testa. Urlai dal dolore.

“ZITTA!” Disse colpendomi ancora.
Con la coda dell’occhio vidi una luce di colore diverso dal rosso carminio che pervadeva la stanza.
Era Martha con una candela tra le mani.
“Adesso, dimmi se ti piace.” Disse iniziando a farmi colare la cera sul petto.
“No, ti prego, no” dissi.
“Non credo di aver sentito.” Disse Martha.
La cera bollente mi entrò nell’ombelico. 
“Ti prego, basta!” Dissi piangendo.
“Mamma la zittiamo?” Disse Mallory mentre teneva in mano sorridente la gag ball che aveva usato con sua madre.
“Vai pure tesoro.” Disse.
Mallory mi infilò la ball in bocca, adesso per me era impossibile respirare, se non con molta difficoltà, con il naso.
La cera mi ricopriva il petto, le spalle, le mani.

“Mamma? Che ne dici? Manca un pezzettino” disse Mallory guardando sua madre.
“Si tesoro, hai ragione. Me la apri?”
Mallory aprì la cintura di castità.
Sua madre versò tutta la cera sulla mia cappella che finalmente respirava  aria di libertà.
Il bruciore era fastidioso, ma iniziava a diventare piacevole.
Mi lasciai andare al dolore.

“Ehi, sembra che le stia piacendo. Che ne dici? La roviniamo un po’?” Disse Martha.
“Direi di si.” Rispose sua figlia andandosene. 
Dopo un paio di minuti ritornò con un tavolino con le rotelle sul quale era posizionato uno strano affare. Ci poggiò sopra il dildo e lo portò vicino al mio culo.
Lubrificò il dildo per bene. Poi portò il dildo sul mio buco e lo fece entrare.
Accese la macchina. Iniziò a penetrarmi con colpi meccanici e ripetuti, sempre più violenti.
Io oscillavo, mentre il cazzo di gomma mi penetrava.
Mallory avvicinava il tavolino sempre di più, e sentivo il mio culo spaccarsi in due ogni volta che la macchina ritmicamente lo faceva entrare ed uscire.
Mallory spinse la ormai nota siringa all’estremità del dildo, facendomelo venire nel culo come la sera precedente.
Ormai ogni colpo della macchina portava la base metallica e fredda sulle mie chiappe.

Spense la macchina mentre il dildo era completamente dentro.

“Penso sia ora di riposare.” Disse Mallory.

“Schiava, tu rimani qui con il tuo giocattolo se vuoi.” Disse Martha.

“Mallory, tesoro, ho proprio voglia del tuo bel canzone nel culo. Ti andrebbe di farlo davanti a loro?” Continuò la mamma.
Martha si girò verso di me e si appoggiò alla spalliera alla quale ero appesa.

Sentivo il suo calore alla mia destra.

Mallory si alzò di nuovo il vestito e poggiò il cazzo sulle natiche di sua madre e la penetrò con violenza.

Le venne dentro e, quando sua madre si ricompose disse: “Bene, adesso basta così. Si è fatto troppo tardi.”

Mallory mi coprì gli occhi con una mascherina per dormire.

“A domani” sussurrò.

“Voi non potete dormire” disse Martha.

Sentii il rumore dei loro tacchi mentre si allontanavano, dirigendosi verso le camere da letto.

Io rimasi lì, appesa, incapace di muovermi, con circa un ettolitro di sborra finta che mi colava dal culo. 

Provai a dormire, ma non ne fui in grado.

Non ero in grado di muovermi per bene, mi sentivo morire.

Ormai il mio culo era diventato dello stesso diametro del bad dragon.
In sottofondo sentivo Henrietta che leccava Sophia.
Avrei voluto chiederle di liberarmi, di darmi dell’acqua, ma le parole non mi uscivano a causa del poco fiato e della gag ball.

Mi rassegnai.


Dopo qualche ora, sentii Mallory e Martha ritornare.

Io avevo gli arti completamente intorpiditi. 
All’improvviso mi tolsero il dildo dal culo.

Sentii una fortissima sensazione di vuoto, ma ormai avevo perso veramente ogni sensibilità. 
Sentii il rumore della sborra colare dal culo e cadere sul pavimento.
 Mi sganciarono le manette che mi tenevano i piedi bloccati.
Le gambe caddero pesanti. Tolsero le manette che mi tenevano i polsi.

I miei arti erano diventati completamente molli ed io caddi a terra, di faccia nella sborra finta, con ancora la gag ball in bocca.
 Me la tolsero.
 Mi tolsero il collare.
 Finalmente ripresi a respirare.


“Hai sete?” Disse Martha.

“Si, vi prego” risposi implorando.
Porsero un bicchiere alle mie labbra.
Non appena toccai ciò che c’era dentro capii che non si trattava di acqua.

“È di Mallory. L’ha raccolta in queste tre ore che tu sei stata lì appesa.”
Bevetti avidamente.
Mi porsero un altro bicchiere.
Questa volta il liquido era meno denso, ma comunque non era acqua.

“E questa invece è opera mia” disse Martha.
“Schiava, troia, venite qui, forza. Vi siete riposate fin troppo.”
Mi girarono sulla schiena. Sentii qualcosa colarmi sul corpo ancora ricoperto dalla cera delle candele.
All’improvviso vidi la luce.

Aprii gli occhi e la luce mi accecò, dato che erano al buio da ore.
Vidi Henrietta, Martha e Sophia pisciarmi addosso.
Mallory mi teneva la testa e sorrideva.

“Ti amo” mi disse.

“Ti prego, la prossima volta avvisami. Ti dirò no.” Dissi senza forze e, mentre le nostre madri e nostra sorella ci pisciavano addosso, lei mi baciò.


La mia vita era diventata quanto di più degenerato potesse esistere.



Lo adoravo.
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