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Lui & Lei

Michela va in agenzia viaggi


di massimocurioso
08.03.2024    |    558    |    0 7.1
"Godo del desiderio che lui scarica su di me con movimenti vigorosi..."
Tutto questo parlare di vacanze con le colleghe di ufficio mi ha fatto venire voglia di andarci. Non mi prendo una pausa degna di questo nome da quando ho lasciato Riccardo: non ho più avuto una compagnia che valesse la pena di trascinare all’estero, e ritenendo triste andarci da sola, fino ad oggi mi sono limitata a trascorre qualche giornata nelle località turistiche vicine a casa. Un giorno, camminando per il centro, sono attratta da una offerta appesa sulla vetrina di una agenzia di viaggi che pubblicizza delle soluzioni dedicate ai single e a coppie senza figli o animali. La cosa mi stuzzica al punto che entro. Ci sono un paio di ragazze impegnate con dei clienti, sono accolta da un uomo che mi viene incontro e mi saluta.

“Posso esserti utile?”.

Mi dà la mano, è abbronzato, testa rasata e una barbetta che mi ricorda il mio ex Riccardo quando pigiava il taglio mattutino. Non si è presentato, quindi rubo il suo nome dalla targhetta apposta sulla scrivania davanti la quale mi fa accomodare: Simone.

“ A dire il vero non lo so, vorrei andare in vacanza, solo single ma non ho idee. Sono stata attratta dal foglietto in vetrina.”.

Lo guardo sorridendo ma non mi muovo dalla sedia. Se fossi io al suo posto, mi riempirei di dépliant rimandandomi a casa per studiare e tornare preparata. Lui invece butta l’occhio sul monitor, per vedere se ha appuntamenti in agenda, poi inizia a snocciolare una quantità incredibile di idee e posti riuscendo a renderli tutti interessanti. Dopo quasi mezz’ora mi accorgo che è lui quello interessante, non i prodotti che mi sta propinando, e capisco dal modo in cui le altre due lo guardano che mi sta offrendo un trattamento speciale. Ma è solo quando mi lascia il biglietto da visita, appuntando il suo numero di cellulare, che mi rendo conto che ha flirtato con me.

Non accadeva da un sacco di tempo che un uomo facesse ricorso ai metodi classici per cercare di farmi entrare nelle sue grazie. Dopo Riccardo sono sempre stata io a fare la prima mossa, o almeno così credo. E comunque se anche ce ne fossero stati, il fatto che non me ne ricordi indica che erano stati tentativi pietosi. Persino con Riccardo non c’era stato un vero corteggiamento: quando mi fu presentato da un amico comune, ci bastò uno sguardo per capire. Non furono necessari corteggiamenti, scuse per rivedersi o nobili gesti per ingraziarmi; sembrava tutto già scritto, in attesa solo che ci incontrassimo.

Simone un paio di giorni dopo mi chiama per sapere se ho deciso la meta. Una parola tira l’altra e fissiamo un mezzo appuntamento al bar Zip. Quando arrivo nel locale, lui è già seduto su un tavolo e gioca col telefono, alza lo sguardo quando sono a un paio di metri da lui, mi riconosce subito e scatta in piedi, quindi sposta la sedia per farmi sedere: galante.

“Scusa per il ritardo, un imprevisto al lavoro.”.

In realtà sono in perfetto orario, coi soliti dieci minuti tattici. Lui minimizza.

“Vero, e dovrai farti perdonare.”.

Sorride ma l’espressione affabile non riesce a nascondere il tono freddo della sua voce. Sto al gioco.

“A tempo debito. Adesso però parlami di te.”.

Lui incassa soddisfatto la promessa e inizia a raccontarmi del suo lavoro in agenzia che lo porta a girare il mondo.
Simone è simpatico e affabile, ci sa fare e mi coinvolge nel racconto delle sue avventure più strane chiedendo se ne ho avute di simili. Mentre sono io a parlare, ascolta sorridente guardandomi fisso negli occhi. A un certo punto rompe uno dei rari momenti di silenzio e mi chiede.

“Sei impegnata?”.

Sposto lo sguardo sulla mano sinistra e faccio cenno di no, se ho chiesto una vacanza da single ci sarà un motivo … magari lo chiede solo per essere certo di non occupare pause di riflessione o relazioni informali.

“Libera.”.

Non dico single per rimarcare che sono disponibile, più del fatto che sono sola.

“Tu?”.

Esita, forse teme che la risposta possa vanificare un approccio fin qui da manuale.

“Relazione aperta. Lei fa il mio stesso lavoro.”.

“Adesso è in viaggio?”.

Fa un cenno di assenso. Lo provoco.

“E nel frattempo tu ci provi con le clienti.”.

Lui rettifica.

“Sbagliato.”. Pausa a effetto. “Tu non sei una cliente.”.

Impeccabile, carino, galante, spiritoso, resta solo da capire quale sia il lato oscuro per cui la sua ragazza lo lascia a briglia sciolta.

“Adesso devo andare.”.

Si alza per aiutarmi a scostare la sedia, poi incalza.

“Vorrei rivederti.”.

Lo desidero anch’io ma preferisco andare cauta, c’è qualcosa nel suo modo di fare che non mi convince. Meglio in compagnia di un paio di angeli custodi femmina.

“Domani sera in agenzia?”.

Annuisce anche se non nasconde una certa delusione. Non mi chiede se ho deciso la destinazione della mia vacanza, e questo mi fa ben sperare che, come mi pare di capire, il suo non è mero interesse professionale.


Mi presento il giorno dopo, mentre entro butto l’occhio su un’offerta in vetrina e lo saluto sentenziando.

“Canarie!”.

Lui mi saluta con un paio di baci sulle guance, segno piacevole di un’avanzata che non si arresta, poi annuisce.

“Ottima scelta! Ci sono stato lo scorso Settembre, siediti che ne parliamo.”.

Mi fa vedere alcune soluzioni per volo e alloggio, coprendomi d’informazioni che ascolto distratta dal movimento della sua bocca e delle sue mani.

Simone svolge il proprio lavoro con entusiasmo, mi sembra di sentire la brezza dell’aria tiepida della spiaggia, i profumi dei cibi disposti sul buffet del resort che mi sta facendo vedere in foto. Mi ha fatto venire la voglia di partire subito, con lui. Quando s’interrompe un attimo per salutare le due colleghe che escono, mi accorgo che sono quasi le otto di sera.
“Scusa! Non mi sono resa conto che si è fatto così tardi, se preferisci, puoi inviarmi tutto nei prossimi giorni con calma.”.
Lo dico con la stessa convinzione di una bambina con la bocca sporca che nega di aver mangiato la cioccolata.

“No, figurati.”.

E vedo che sta combattendo per chiedermi una cosa, magari andare a cena insieme e poi farmi vedere la collezione di farfalle a casa sua.

“Posso invitarti a cena? Se vuoi poi, possiamo andare a casa mia. Ho un sacco di foto della visita che ho fatto in questo resort l’anno scorso.”.

Da manuale, e meno male: odio vedere le farfalle morte.

“Volentieri.”.

Un paio di ore dopo è al terzo giro di aneddoti sulle Canarie, e questo mi fa capire due cose: è a corto di argomenti ed è nervoso, anche se lo nasconde molto bene. Siamo seduti a fianco a fianco sul divano di casa sua e guardiamo nella televisione le foto che si susseguono in automatico. Mi sembra un uomo cui piace il sesso di ruolo, con il maschio dominante e la donna che asseconda, per questo ho indossato una maglia con un profondo scollo a “V”, un reggiseno push-up e una gonna lunga con spacco anteriore, chiuso con dei bottoni. Mi giro e lo guardo con le labbra socchiuse, seria. Lui finisce una frase e capisce. Non è stupido e apprezzo che attenda un segnale chiaro prima di sferrare l’attacco. Si gira verso di me e mi accarezza una guancia, poi mi bacia. Io lo lascio fare e capisco che ho visto giusto: a lui piace la mia remissività.

I bottoni della gonna si aprono, uno alla volta, sembra quasi un conto alla rovescia. Ha una mano pesante e poco delicata, mi spoglia come si scarterebbe un regalo atteso per tanto tempo con ansia, appallottolando i vestiti per terra alla rinfusa. Non mi lascia il tempo per fare altrettanto con lui, mi accontento di infilare le mani sotto la sua camicia appurando che il petto è villoso, poi mi fa mettere in ginocchio sopra il divano e mi prende da dietro, tenendo le mani sulle mie spalle. Godo del desiderio che lui scarica su di me con movimenti vigorosi. I suoi affondi sono maschi, forse troppo per uno che voglia anche dare piacere, oltre a stimolare il proprio. Su due piedi penso che la cosa finisca così, poi però mi propone di andare a letto e m’illudo che voglia dedicarsi al mio di piacere.

“Sei una figa incredibile, mi fai impazzire.”.

Sorrido, non è certo una poesia d’amore in endecasillabi ma mi accontento. Poi però la cosa prende una brutta piega.

“Dai, fammi vedere quanto sei troia.”.

Tira fuori da un cassetto un vibratore e un laccio.

“Che intenzioni hai?”.

Lui sfoggia un sorriso sadico.

“Ti avevo detto che meritavi una punizione.”.

Al ragazzo piacciono i giochini estremi. Mi guardo intorno e non vedo fruste o altri oggetti di tortura. Mentre lui si spoglia, apro il cassetto di Mary Poppins dal quale ha tirato fuori i toys e conto una decina di altri oggettini interessanti, ma niente di estremo, e questo mi tranquillizza, anche se rimango sul “chi va là”.

“Dai stenditi, troia.”.

E siamo a due, lo guardo torva, alla terza me ne vado.

“Non ti piace che ti chiami così?”.

“No, coglione.”.

Gli metto una mano sui testicoli e stringo abbastanza per fargli capire che deve darsi una regolata ma non al punto da giocarmi la scopata.

“E adesso scopami decentemente, stronzo.”.

Mi stendo sul letto e allargo le gambe, stendendo le braccia sopra la testa. Speriamo bene: mi sto facendo legare da uno sconosciuto, senza avere chiare le sue intenzioni. Mi eccita sentire i polsi uniti tra loro dal laccio, lui manipola il vibratore sul mio sesso in un modo che mi fa rimpiangere Roger, il mio dildo, poi mi viene sopra.

Simone è un pessimo amante, una vera delusione. Questa specie di brutta copia di Mr Grey delle famose sfumature mi scopa e poi mi spruzza sullo stomaco, almeno lui è soddisfatto, io non mi premuro neanche di fingere. Vado a pulirmi e poi mi rivesto in silenzio, mentre la televisione del salotto mostra una foto in cui lui è abbracciato a una ragazza che mi guarda sorridente. Mentre sto per uscire mi dice.

“Allora ci vediamo presto.”.

“Ok.”.

Adesso ho capito chi ha aperto la relazione.

[da “Michela e gli uomini”, Kindle store]

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