Racconti Erotici > Lui & Lei > Patrizia - Il cimitero
Lui & Lei

Patrizia - Il cimitero


di Dreamfree
07.10.2023    |    129    |    0 8.0
"Mi slacciai la cintura dei jeans e li feci cadere a terra insieme alle mutande lasciando il membro duro come quel granito libero di muoversi nell’aria, la..."
Patrizia – Il cimitero
Tornai dal tour dei castelli della Loira e Parigi una domenica sera. I tre giorni successivi coprii servizi di linea, mentre quel giovedì di metà giugno ero di riposo perché sarei ripartito venerdì mattina. La guida turistica di Parigi, una ragazza bruna con il caschetto stile anni ’70, un bel profilo francese, labbra carnose e fisco sportivo molto sexy mi aveva stuzzicato l’appetito per due giorni, perciò avevo una gran voglia di fare sesso porco, decisi così di andare al paese a trovare Patrizia. Le telefonai e la avvisai che sarei arrivato per le 21. Avevo acquistato il mese prima una grossa moto da 850cc e decisi di andare con quella visto che ormai anche alla sera faceva caldo. Così arrivai al solito bar, il punto d’incontro del paese era quello e poi da lì si partiva per fare qualcosa.
Quando arrivai al bar Patrizia era lì che mi aspettava con una birra in mano ed una sigaretta nell’altra. Gli immancabili anfibi leggeri, una gonna corta nero lucido di raso e tulle con gli sbuffi a forma di tazzina rovesciata, una maglietta bianca corta con il ritratto di Madonna brillantinato in rilievo sul seno che lasciava scoperto l’ombelico e un “chiodo” di pelle rosso. Senza calze ne reggiseno. Soliti fronzoli al collo e braccia in metallo argentato e cuoio mentre i capelli sul lato quasi rasato avevano iniziato a ricrescere. Aveva uno stile punk che mi piaceva molto. Mi raggiunse e mi diede un bacio sulla bocca alzandosi in punta di piedi mentre i soliti amici uscirono dal bar per guardare la moto come era consuetudine quando qualcuno del paese arrivava con qualche mezzo nuovo; e indovinate?! Mi toccò offrire da bere per festeggiare l’acquisto. Ma questa cosa mi piaceva, mi metteva al centro dell’attenzione e poi guadagnavo bene, almeno il doppio della maggior parte di loro e mi piaceva vantarmene.
Bevemmo un paio di birre poi qualcuno tirò fuori uno spinello e poi un altro che facemmo girare tra tutti ed un’ultima birra per salutarci. Verso le 23 proposi a Patrizia di andare a fare un giro in moto. Il casco da pochi anni era diventato obbligatorio ma nel nostro paesello nessuno ci guardava, tanto meno di notte e tanto meno dove saremmo andati, perciò legai il mio casco all’ammortizzatore sul fianco della moto, salimmo sulla sella e partimmo. Era bellissimo sfrecciare con il vento tra i capelli lunghi fino alle spalle che sventolavano. Gli odori della campagna di notte sanno di terra, erba e legno. L’aria tiepida e umida della notte in aperta campagna a tratti più calda e a tratti più fredda (insieme ad insetti vari) si infilava nella camicia di jeans leggermente aperta sul petto che sventolando sbatteva sui capezzoli provocandomi un leggero dolore e facendoli indurire. Lei inizialmente mi strinse le braccia intorno alla vita premendomi il seno sulla schiena. Imboccai una strada a curve su per la valle che percorremmo per una decina di chilometri, poi girai a sinistra in una strada più piccola. Una sua mano mi aveva slacciato quasi completamente i bottoni automatici della camicia e si era insinuata all’interno per pizzicarmi un capezzolo turgido mentre la sentivo sghignazzare. Il cazzo iniziava ad indurirsi. Qualche chilometro ancora e girai su un’altra stradina ancora più stretta in salita diretta ad una borgata quasi disabitata. Con l’altra mano aveva iniziato a palparmi il cazzo, ormai duro, attraverso i pantaloni mentre io cercavo di trattenerla ma inutilmente; fin quando passammo lentamente davanti ad un piccolo cimitero sulla nostra sinistra che aveva il cancelletto socchiuso, e lei mi disse all’orecchio “Voglio scopare su una tomba”. “Non scherzare” risposi. Percorremmo qualche decina di metri ancora e mi fermai, dissi a me stesso “Ma perché no! in fondo la vita va goduta in tutte le sue follie”. Girai e tornai indietro. Mi fermai davanti al cimitero, “Ho cambiato idea” dissi, scendemmo, misi la moto sul cavalletto ed entrammo in punta di piedi quasi come per non disturbare.
La luna quasi piena in un cielo limpido illuminava la scena quanto bastava per vedere dove mettere i piedi, mentre le vecchie croci di ferro battuto e di pietra disegnavano la loro ombra sul selciato di ghiaia. Lei mi precedeva ridacchiando, e tirandomi per un braccio si voltava di tanto in tanto guardandomi con gli occhi strizzati in uno sguardo di sfida, eccitazione e desiderio cercando la mia complicità in questa follia. Passando tra una lapide e l’altra guardava le foto sui marmi aiutandosi anche con la luce di un accendino, dicendo “Questo no, questo non mi piace, questo si potrebbe svegliare” ridendo in preda al leggero stato di euforia dato dalle birre e dal fumo. Vi erano anche diverse cappelle, alcune aperte, altre con la cancellata davanti. Quelle dietro a noi erano in ombra mentre quelle davanti erano illuminate dal fascio tenue della luce lunare. La tirai da un lato e l’appoggiai al muro di una di esse, si alzò in punta di piedi e cominciammo a mordicchiarci le labbra con bramosia e desiderio. Misi una mano sotto la gonna e come la volta precedente trovai le mutandine bagnate fradice; conclusi che fosse normale che la sua eccitazione producesse grandi quantità di umori. Pensai di scoparla appoggiata al muro ma la differenza di altezza mi avrebbe fatto fare una fatica dell’accidenti così ci spostammo alla ricerca di un posto migliore. Camminando si fermò un attimo e la superai, mi voltai e vidi che si stava togliendo le mutande, ridendo le infilò nella tasca del “chiodo”, poi mi raggiunse di corsa e mi bacio di sfuggita, ridemmo. Notai una cappella in particolare, senza il cancello, in fondo al cimitero la quale aveva al centro un sarcofago in granito dell’altezza di un tavolo. La tirai lì. Sempre con l’aiuto dell’accendino guardammo le foto dei morti attaccate sui marmi a parete nell’interno, fino a che trovò un moccolo rosso e lo accese; ci guardammo e ridemmo in senso di approvazione, si tolse il “chiodo” e lo appese ad un portafiori su una lapide; la presi per la vita, la alzai di peso e la sedetti sul sarcofago. Fece un gridolino per il freddo che la pietra le trasmise al culo e alla figa nudi. Le alzai la maglietta scoprendo i seni con l’aureola chiara e la spinsi con la mano coricandola su quella pietra; gridò nuovamente per il freddo percepito sulla schiena, i capezzoli diventarono turgidi ed alti come due bulloni. Le aureole grandi e chiare si raggrinzirono e si ricoprì di pelle d’oca. Un brivido la scosse. Le presi i capezzoli tra le dita e li strizzai fino a provocarle un leggero dolore che si manifestò con l’inarcamento della schiena ed un ennesimo gridolino di piacevole sofferenza. Mi slacciai la cintura dei jeans e li feci cadere a terra insieme alle mutande lasciando il membro duro come quel granito libero di muoversi nell’aria, la tirai a me per le gambe facendola strisciare con la schiena sulla pietra fredda e ruvida fino a che il culo uscì dal bordo, gridò nuovamente per l’abrasione, la afferrai per gli anfibi le allargai ed alzai le gambe, appoggiai il cazzo all’ingresso della figa grondante e di scatto la penetrai a fondo. Emise un rantolo di piacere e rimase a bocca aperta ad aspettare di godere. Iniziai a pomparla con forza e lei ricominciò ad ansimare e rantolare aumentando di volume ed intensità “Ssst… - dissi - non gridare che ci sentono” ridendo. “Sono tutti morti qui”, sussurrò lei con voce tremolante al ritmo dei colpi. “Effettivamente” riflettei un attimo, la strada portava alla frazione dove probabilmente abitavano solo vecchi contadini che a quell’ora erano anche a dormire; e smisi di pensarci. Le tenevo le gambe aperte e alzate stringendo le caviglie coperte dagli anfibi e continuavo a pompare aumentando ritmo e forza. Era talmente bagnata che sentivo il cazzo scivolare dentro e fuori da solo senza il minimo attrito mentre lei continuava a godere sempre di più, fino a che ansimando e contorcendosi strinse i lati della lapide con le mani, inarcò la schiena, strinse ritmicamente il cazzo nella figa e girando rapidamente la testa a destra e a sinistra in preda al piacere ebbe un forte orgasmo. Era fantastico vederla godere così intensamente, si abbandonava completamente al piacere e durava pochissimo, durante una scopata riusciva ad avere più orgasmi a breve distanza uno dall’altro, inoltre sbrodolava come un rubinetto rotto e questo mi faceva impazzire. I coglioni mi erano saliti ed ero prossimo a venire anch’io. Diedi ancora qualche colpo poi tolsi il cazzo e mi inchinai a leccare gli abbondanti umori che gli grondavano dalla figa. Mi prese la testa tra le mani e mi tenne lì come a chiedere di continuare. Infilai la lingua tra le labbra ed iniziai a leccarla avidamente con forza fino all’interno per poi saettare sul clitoride, andai avanti per qualche minuto fino a che venne un’altra volta ed ingordamente leccai e bevvi tutto il suo piacere. Lei saltò giù dal sarcofago ed io mi alzai in piedi, “Voglio bere anch’io” disse, mi allargò la camicia di jeans e mi morse un capezzolo con tanta forza da farmi provare un acuto dolore, poi con la lingua mi percorse tutto il ventre mentre si inginocchiava e quando arrivò al cazzo lo prese tra le labbra carnose, diede poche succhiate veloci fino a quando non le riempii la bocca di sperma e continuando a ciucciare ingoiò tutto con gusto per poi leccarsi le labbra. Alzò lo sguardo e disse “Mi piace la tua sborra”. La tirai su per un braccio, le leccai le labbra grondanti e le infilai la lingua in bocca per limonare.
Al pallido bagliore della luna ci ricomponemmo, e recuperato il “chiodo” accendemmo una sigaretta e ci incamminammo verso l’uscita. “Le mutande?” Chiesi. “Non servono” rispose e ridemmo. Capii che per lei erano un optional trascurabile.
In punta di piedi come quando arrivammo per non disturbare, uscimmo dal cimitero, accostammo il cancelletto, misi in moto e partimmo. Per tutto il viaggio immaginai le sue grandi labbra sfregare sulla sella della moto e l’idea mi procurò un’altra erezione. Lei se ne accorse e mi palpò per tutto il percorso fin quasi a farmi venire di nuovo. La lasciai a casa poco dopo mezzanotte, non potevo fare tardi. Dovevo fare ancora quasi 50 chilometri per tornare al monolocale. 50 chilometri di felicità durante i quali presi consapevolezza di aver trovato una porca senza limiti, una porca con la quale ero sicuro mi sarei divertito un sacco, pregustando già il prossimo incontro. Il mattino dopo partivo per una 3 giorni a Firenze e Siena.

Disclaimer! Tutti i diritti riservati all'autore del racconto - Fatti e persone sono puramente frutto della fantasia dell'autore. Annunci69.it non è responsabile dei contenuti in esso scritti ed è contro ogni tipo di violenza!
Vi invitiamo comunque a segnalarci i racconti che pensate non debbano essere pubblicati, sarà nostra premura riesaminare questo racconto.
Votazione dei Lettori: 8.0
Ti è piaciuto??? SI NO


Commenti per Patrizia - Il cimitero:

Altri Racconti Erotici in Lui & Lei:



Sex Extra


® Annunci69.it è un marchio registrato. Tutti i diritti sono riservati e vietate le riproduzioni senza esplicito consenso.

Condizioni del Servizio. | Privacy. | Regolamento della Community | Segnalazioni