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Margherita


di Dreamfree
29.10.2022    |    460    |    1 9.4
"Un giorno dovevo caricare delle persone in una piazza per una gita al mare in giornata e in mezzo a quelle persone vidi Margherita, bella e sexy come la..."
Avevo 16 anni quando lavoravo in un bar. Avevamo una cliente che passava un paio di volte alla settimana, una bella donna di 35 anni non tanto alta direi su 1,60 ma con un bel fisico minuto, capelli corti e ricci rossicci naturali, occhi azzurro chiaro, un velo di lentiggini sul viso e portava un leggero rossetto rosa sulle labbra carnose il giusto. Portava sempre jeans stretti che le mettevano in evidenza un bel sedere, due belle gambe sottili ed indossava sempre scarpe con almeno 10 cm di tacco che la slanciavano un pò. Il seno prorompente, direi una 4° misura con i capezzoli sempre in rilievo che offriva allo sguardo altrui con delle belle camicette strette e sbottonate.
Io alto 1,80 in piedi sulla padana dietro al bancone del bar riuscivo a insinuare lo sguardo nella fessura di quel bellissimo seno, la guardavo negli occhi azzurri e di nuovo giù sul seno passando per la bocca. Lei si divertiva a stuzzicarmi mettendosi davanti a me mentre lavavo i bicchieri. Mi guardava con sguardo erotico infilare le dita nel bicchiere e fregare in modo rotativo muovendo le dita su e giù per raggiungere bene il fondo e mi diceva “sei veramente bravo con quelle dita, so io cosa ti farei fare”, e si metteva a ridacchiare con la mia titolare che stava alla cassa la quale ribatteva “Margherita, smettila di stuzzicare il barista che è giovane”, poi si rivolgeva a me dicendo: “Tu smettila di perdere tempo e vai a prendere le bottiglie in magazzino”. E così facevo, andavo in magazzino e mi facevo un gran segone.
Passarono 6 o 7 anni e non facevo più il barista ma guidavo un pullman da turismo. Avevo trovato il modo di viaggiare che mi piaceva molto, le occasioni di divertimento sessuale non mancavano mai e mi pagavano pure bene.
Un giorno dovevo caricare delle persone in una piazza per una gita al mare in giornata e in mezzo a quelle persone vidi Margherita, bella e sexy come la ricordavo e quando salì sul pullman la salutai con un bel sorriso. Lei mi guardò e disse: “non lavi più i bicchieri al bar?!” ed accennò un sorrisetto sarcastico.
La giornata la passammo io e lei a chiacchierare della tristezza del suo matrimonio ed aspettative deluse, seduti qua e là sulle panchine del lungomare, con la scusa che con i tacchi alti le facevano male i piedi, intanto che il gruppo visitava la cittadina.
Venne l’ora di rientrare e dopo 2 ore di viaggio arrivammo casa intorno alle 22.00. Scesero tutti in piazza dove ogni gitante aveva qualcuno che lo aspettava. Lei rimase per ultima, nessuno l’aspettava e mi chiese se avessi potuto scaricarla a casa visto che ci saremmo passati davanti. Ormai avevo capito dove voleva arrivare e l’assecondai.
Si mise in piedi vicino al sedile di guida e partimmo. Ad ogni curva e ad ogni frenata trovava il modo per fregarmi il seno morbido sulla spalla chiedendo scusa.
Quel tratto di strada da percorrere di circa 6 o 7 km passava davanti a dei capannoni industriali i quali avevano degli spazi davanti per l’attesa dei camion. Arrivato lì mi fermai. Tirai il freno a mano, girai il sedile di guida rotante verso di lei e mi trovai davanti agli occhi il suo bel seno con i capezzoli in evidenza compresso in una camicetta semi sbottonata. Alzai la testa e la fissai in quei bellissimi occhi azzurri che quasi supplicavano e senza distogliere lo sguardo decisi di giocarmi il tutto per tutto. Sempre rimanendo seduto iniziai a slacciargli la cintura dei jeans. Non ci fu reazione avversa, così continuando a guardarla negli occhi le abbassai lentamente la lampo, abbassai i jeans fino al ginocchio e poi le mutandine. Le infilai la mano tra le gambe sfiorando una peluria corta probabilmente color carota ed iniziai a muoverla a dita unite come quando lavavo i bicchieri al bar. Lei chiuse gli occhi, alzo la testa ed iniziò a gemere. Intanto il dito medio della mia mano si era insinuato tra le grandi labbra e lei aveva iniziato con modo ondulatorio a strofinare la figa scivolosa sul palmo della mia mano gemendo sempre più ritmicamente finchè con forti contrazioni mi venne in mano. Tolsi la mano dal suo sesso, gliela avvicinai grondante al viso e lei leccò e succhiò avidamente le dita dicendo “lo sapevo che eri bravo a lavare i bicchieri”.
Il mio cazzo stava esplodendo nelle mutande. Sempre da seduto, delicatamente gli tolsi una scarpa rossa con il tacco alto e poi l’altra, la aiutai a sfilarsi i jeans stretti e le mutandine. Mi alzai dal sedile e ci feci adagiare lei in ginocchio la quale inarcò la schiena mettendo in evidenza il culo ed i suoi buchi e abbracciò la spalliera del sedile come in attesa di essere penetrata. Mi slacciai i pantaloni, li calai leggermente, estrassi il mio cazzo gonfio e rigido come un palo e lentamente glielo spinsi da dietro nella figa calda, umida e scivolosa. Ricordo di essere rimasto sorpreso di come una donna di 40 anni avesse una figa così stretta. Un piacere enorme mi provocò un brivido tanto intenso che credetti di venire all’istante. Mi fermai qualche secondo per calmarmi poi lentamente iniziai a pomparla, dapprima lentamente e man mano con colpi sempre più forti per tutta la lunghezza del mio cazzo, sembrava quasi che volessi infilargli dentro anche le palle. Lei premeva la faccia contro al poggiatesta del sedile ansimando e cercando di morderlo, tenendosi con forza alla spalliera. Mi accorsi che venne di nuovo quando la sua figa iniziò a pulsare ritmicamente stringendomi il cazzo all’interno come in una morsa. Stavo per venire anch’io, ero proprio al limite, tolsi il cazzo da dentro di lei, la girai velocemente, la sedetti sul sedile e glielo appoggiai sulle labbra che lei socchiuse e se lo fece scivolare in bocca, dopo qualche colpo di reni venni anch’io. Lei lo teneva stretto in bocca ed io non smettevo più di sborrare, continuava a succhiare, ingoiare e succhiare, succhiare e ingoiare fino a svuotarmi completamente. Si alzò dal sedile e in punta di piedi mi baciò sulla bocca con le labbra ancora umide della mia sborra. In silenzio con un sorriso di soddisfazione iniziò a vestirsi ed io feci lo stesso. Mi chiese una caramella alla menta e ripartimmo. Un paio di chilometri ancora ed arrivammo a casa sua. Il marito l’aspettava fumando fuori dal cancello. Mi fermai, aprii la porta per farla scendere. “Come mai così tardi?” chiese lui. “Ho fatto il giro lungo per scaricare altre persone in diversi posti” risposi. “Com’è andata?” chiese ancora lui. “Bene, ci siamo divertiti” rispose lei. “Meno male” ribatte lui. Lei si voltò e mi guardò con i suoi bellissimi occhi azzurri: “Buonasera” mi disse. Lei scese, diede un bacetto sulla bocca al marito e si incamminò verso casa. Lui mi guardo e mi disse “Arrivederci”. “Arrivederci” risposi e ripartii con il mio bel ricordo di Margherita.
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