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Etero curioso


di corsaro200
04.12.2023    |    3.175    |    2 7.8
"Quando scrivi fisting passivo devi sapere che, nella ricerca di un partner, stai comunicando che hai il buco del culo sfondato o che desideri fartelo..."
Una foto, sicuramente datata, di quelle che accompagnano un profilo, mostra un bel seno di donna, coperto da due triangoli di un tessuto a strisce, che ne disegnano bene la forma. Il profilo, in sintesi, dice “coppia di coniugi cinquantenni cerca coppie di coetanei per vera e sincera amicizia che porti a scambio completo”
Il messaggio che mi viene inviato invece propone altro.
“Sono il lui di coppia, sono bisex e sposato ma vorrei provare i vostri due cazzi, vi interessa?”
Due cazzi perché anche io sono in coppia e siamo due maschi.
Pur non avendo interesse per il genere femminile e, capito il senso preciso della richiesta, chiedo:
“Porti anche lei?”
La risposta è ovvia.
“No, da solo, lei non sa delle mie voglie bisex”.
Il mio compagno e io siamo gay e mal sopportiamo quelli che si nascondono dietro l’ambigua parola della bisessualità. La usano come una bandiera a fare da paravento alle loro brame esclusivamente passive. Una necessità questa per nascondere anche a sé stessi i loro desideri. C’è chi, facendo pure di peggio, inserisce nei discorsi, attribuendoselo, anche il termine etero, il messaggio viene appunto da uno di questi, come se per definirsi etero è sufficiente aver scopato almeno una volta una figa.
Ma quello che è nella mente di un altro non è affare mio, lo diventa quando chiede di interagire con me e mi chiede il cazzo, anzi ne chiede due.
Una volta eravamo più avvezzi a soddisfare richieste di questo genere, necessitava la conferma di un fisico ben fatto, senza effeminatezza, un’età compresa in un ampio raggio, la disponibilità a spostarsi, siamo sempre stati noi a ospitare, e dicevamo sì. Oggi, più per me che per il mio compagno la disponibilità è cambiata. Non accetto più gli andamenti a senso unico, sono versatile e cerco chi si definisce alla stessa maniera. Se ci tiene ad aggiungere il segno + al termine versatile, deve essere seguito dalla lettera a e non p.
Così nel rispondere faccio una precisazione.
“I ruoli a senso unico non ci interessano. Se vieni con la voglia di prendere due cazzi, lascia perdere. Se vieni invece per scopare con due maschi ne possiamo parlare”.
Risponde con un mezzo sproloquio per assicurarmi che è disponibile a tutto. Aggiunge poi un particolare, che farebbe inorridire la gran parte dei frequentatori del sito dove è avvenuto l’incontro, non che i lettori a qui questo racconto è destinato. Precisa che è alla ricerca di cazzi piccoli per il suo culo vergine e raccomanda anche un’abbondante lubrificazione.
Sono cominciati così i tentativi per arrivare a un incontro. La distanza, parecchi chilometri, non ci favorisce. Il tempo però non è stato sprecato, ci siamo soffermati di più sui gusti reciproci e partendo da un profilo di coppia scambista, mi trovo a chattare con uno che cerca sadomaso, sesso dirty e non solo pissing.
Queste pratiche, a cui mi piace aggiungere per completezza anche il fisting, non mi lasciano indifferente e differenziano i miei gusti da quelli del mio compagno che è, come dire, tradizionalista.
Sono pratiche non rigorosamente legate al sesso a cui, nei profili delle chat, puoi trovare in risposta il monosillabo “sì”, senza specificare altro. Ma se alla pratica “sadomaso” scrivi sì non sei stato niente affatto chiaro, perché quel sì non specifica se sei sadico o masochista e la cosa non è proprio un dettaglio. Lo stesso dicasi per il sesso dirty, c’è differenza se pisci in bocca o cerchi chi ti ci piscia. La confusione che c’è poi sul fisting è anche maggiore, è una pratica estrema di cui tanti, pur dando risposte affermative, ne ignorano anche il significato. Quando scrivi fisting passivo devi sapere che, nella ricerca di un partner, stai comunicando che hai il buco del culo sfondato o che desideri fartelo sfondare, a dirlo chiaro, che sei alla ricerca di una mano stretta a pugno che vi entri.
Per l’etero scambista, che cerca cazzi piccoli, escludiamo per il momento il fist, per le altre due pratiche dichiara esplicitamente che vuole essere la nostra latrina, sostituirsi alla tazza del cesso, e per il sadomaso è pronto ad essere schiavizzato anche con pratiche severe che evitino però il sangue e segni permanenti.
Chi è sensibile a queste pratiche saprà che questi desideri, espressi da “etero curioso”, non fanno rizzare il cazzo, non è quello l’organo che viene stimolato, ma eccitano il cervello. Immediatamente mi si presentano alla mente le cose che ho già fatto con altri schiavi e ne immagino altre mai fatte, per i limiti imposti dai partner, che questa volta sembrerebbe non ce ne siano.
Per essere ben chiaro ed evitare incomprensioni e malintesi al momento poi di metterli in pratica, descrivo nei dettagli, quella che chiamo “tecnica di schiavizzazione con impiego di oggetti e ritualità”.
Il primo segno della riduzione in schiavitù è il collare. L’ho ricavato da una mia cinghia di pelle rovinata dall’uso, vi ho praticato il primo foro sulla misura del mio collo e gli altri prima e dopo li ho fatti abbastanza ravvicinati. Devo poter scegliere quello che stringa la gola in modo che, il pomo di Adamo, quando per necessità va su e giù, deve essere premuto dal collare, deve evocare, in modo esplicito, un senso di soffocamento, ma non troppo. Vi ho inserito anche un anello a cui si può agganciare una catena, per farne un guinzaglio da cane.
Il secondo oggetto è il morso, un pezzo di legno cilindrico da mettere tra i denti, ai cavalli ne ho visto mettere uno di acciaio, ma non esageriamo, potrebbe, mal usato, richiedere un intervento del dentista sempre molto salato. Due lacci alle stremità o un elastico, passati dietro la nuca, lo tengo fermo nella bocca. Chi porta questo oggetto emette suoni incomprensibili, non parole, udibili a breve distanza e non gli consente di gridare.
Per terzo, uso le manette, applicate ai polsi, dopo aver portato le braccia dietro la schiena e, per completare anche le cavigliere per consentire solo movimenti piccoli e regolabili.
Preparato così il soggetto, per meglio fargli prendere coscienza della sua volontaria riduzione in schiavitù, lo faccio inginocchiare, tutto nudo, davanti a uno specchio. La mia disciplina di sottomissione inizia facendogli vedere riflessa in questo la sua immagine e quella del suo padrone. La faccia del padrone è coperta da una maschera che gli copre tutto il viso e nell’abbigliamento, secondo il caso, manifesta con oggetti il ruolo che andrà a ricoprire.
A questa sottomissione direi di carattere psicologica aggiungo quella fisica. Ai capezzoli applico delle mollette con dentini di acciaio che, una volta applicati fanno già male e se, per aumentare la pressione, vengono strette con le dita, gli farà strabuzzare gli occhi per il dolore. Due strisce di carta smeriglio, misura P40, vengono messi sotto le ginocchia. Dei genitali, intendendo cazzo e palle, me ne occupo se mi ispirano, il che non avviene quando sono raggrinziti e senza peli, ma quando sono fuori misura. E lo faccio sia se, mostrano vigore, desiderio e voglia di fare, sia se, dando uno schiaffo alla natura che ne aveva fatto dei super dotati, sono completamente morti. In questo caso glieli lego stretti con una fettuccia nera, come si fa con un inutile peduncolo della pelle che man mano viene stretto sempre di più, nell’attesa che cada. Se dovessero essere vigorosi, aprire un capitolo a parte.
A questi espedienti fissi e statici aggiungo un po’ di movimento e, ordinandogli di poggiare la fronte al pavimento e alzare il culo, gli assesto colpi sulle chiappe con un attrezzo di legno piatto “la cucchiarella”, in sostituzione delle mani che, se colpisci forte, ti fanno pure male. Dopo passo alla cintura di cuoio larga quattro centimetri e con quella accarezzo la schiena e lascio segni rossi sulla pelle visibili e doloranti per giorni.
È il momento di far entrare in gioco anche il mio compagno e, pur essendosi il soggetto dichiarato un etero curioso, trattarlo da gay passivo, che probabilmente, da come si è presentato, è quello che è. Insieme al mio compagno ci occupiamo della bocca e del culo, trattandoli alla stessa maniera, ficcando in uno quello che ci piace ficcare anche nell’altra. Viene così comodo essere in numero pari, due a due. Senza dover fare a turno, se io occupo il culo, il mio compagno, diamogli un nome Michele, occupa la bocca. La posizione ovviamente non è più quella in ginocchio ma in piedi con un angolo di novanta gradi tra piedi e busto. La chiamo la posizione del capretto allo spiedo con i due cazzi che si incontrano virtualmente nello stomaco. Volendo si può anche cambiare i buchi. State pensando al cazzo di Michele che passa dalla bocca dello l’etero curioso al suo culo, può anche non essere così. I buchi a disposizione di Michele sono più di uno, ci sono anche i miei. A me non piace prendere il cazzo in bocca, lo faccio, per amore, solo al mio compagno. Nel culo sì, mi piace, e tanto, ed è lì che Michele si appresta a metterlo. Ma ho bisogno di essere lubrificato, cosa è più adatta alla lubrificazione se non la saliva, messa in loco, vale a dire direttamente nel buco del culo dalla lingua dell’etero curio?
Così gli ordino di acquattarsi tra i nostri piedi e, dopo che mi sono messo in posizione, di mettermi abbondante saliva nel buco del culo. Ora che il mio culo è ben lubrificato, lo schiavo deve occuparsi del cazzo di Michele facendoglielo indurire bene bene con la bocca. Con il cazzo di Michele in bocca, anche lui, come il suo proprietario può sapere se è pronto per penetrarmi, e gli ordino di decidere lui quando metterli a contatto.
Il cazzo di Michele e il mio culo si conoscono molto bene, si attirano come la calamita e il ferro. Al primo contatto la capocchia, anche se un po' è entrata, non scivola bene, così stringo il culo per farla uscire e ordino più lubrificazione. Quest’operazione viene ripetuta più di una volta dall’etero che sta in posizione proprio per questo e, dopo ogni operazione il cazzo arriva più in profondità. Quando me lo sento tutto dentro, prendo la testa dell’etero, me la porto davanti e gli metto il cazzo in bocca ordinandogli di muoversi con ritmo promettendogli che, se lo fa bene, verrà ricompensato con una abbondante sborrata in bocca e, penetrato dietro e succhiato davanti, non tarda ad arrivare.
Una volta che ho goduto, chiedo a Michele di trovarsi un altro buco. Potreste ora immaginarlo ma ve lo scrivo anche che un cazzo esce dalla profondità del culo, che ci è stato dato per fare una certa cosa e non quella per cui i buongustai gay lo usano, non certamente pulito e profumato. Per cui quando l’etero viene costretto e metterci la bocca, vorrebbe sottrarsi pur avendo dichiarato di voler essere il nostro cesso, quattro mani però lo obbligano a farlo e non riesce a sottrarsi.
La sua ritrosia dura poco e la ricompensa di Michele, anche più abbondante della mia, non si fa attendere. Accasciatosi al pavimento dopo aver fatto il pieno, l’estasi in cui cade arriva al culmine perché una doppia pioggia dorata gli cade sulla faccia e gli gorgoglia in gola.


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