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Gay & Bisex

Jacopo - cap. 1


di corsaro200
22.12.2023    |    91    |    0 9.0
"E poi voglio sentirla, gustarmi la prima sculacciata di papà..."
Jacopo – cap. 1

Chiara, la mia dirimpettaia, è una ragazza madre, il figlio Jacopo mi chiama zio.
È venuta ad abitare di fronte a me alcuni anni fa. Due giorni dopo il loro arrivo, di pomeriggio, era un sabato, sento suonare il campanello alla porta e mi trovo davanti Jacopo sorridente, bello come la luce, che mi dice.
- Chiara ha fatto il caffè, vieni.
Li avevo intravisti nei due giorni precedenti, ci eravamo anche scambiato un saluto e ora ero seduto nel loro salotto, ci guardavamo e Jacopo mi si era incuneato tra le gambe.
Tra le cose che Chiara mi disse quella prima mattina con sguardo fermo e sicuro fu che, quando risultò incinta, si chiese chi fosse il padre e, non essendo in grado di stabilirlo disse a sé stessa “mio figlio lo cresco da sola”. Poi scrisse i nomi e ciò che sapeva dei tre possibili padri e li conservò per un futuro non prevedibile. Aggiunse qualcosa di vago sul tipo di lavoro che faceva e aspettò che dicessi anche io qualcosa.
Le dissi che ero in pensione e che mi dedicavo ai miei hobby tra cui scrivere storie vere che mi venivano raccontate dai protagonisti. Dichiarammo l’uno all’altra la disponibilità per qualsiasi necessità e la prima visita si concluse così.
L’apertura avvenne subito e il tramite fu Jacopo che aprì le porte. In una delle prime visite, lui mi suonò, aprii e mi chiese.
- Posso stare con te?
- Lo hai detto a tua madre?
- Se dici di sì, vado a dirglielo.
- Perché non glielo dici prima.
- Perché tu non rifletti.
- Come?
- E sì. Quando ho fatto come dici tu, non ha sempre funzionato.
- Spiegami, furbacchione.
- Vedi, se dico a Chiara: posso andare da zio Pietro? Lei mi può risponde di no, con la storia che vengo a disturbarti. Se invece lo chiedo prima a te, la mia richiesta sarà: Posso andare da zio Pietro? Lui ha detto di sì.
- Sei furbo come un diavolo, è lui che ti suggerisce?
Non ci fu risposta ma un sorriso da sornione.
Fu questo l’inizio di un buon rapporto, confidenziale e affettivo specialmente tra me e Jacopo nel corso degli anni, in cui ha attraversato le fasi più delicate della sua crescita, passando dalla fanciullezza alla pubertà.
Impegnato a fare cose manuale o curando i miei hobby e lui mi sta a guardare, passo tante ore a casa, in sua compagnia, parlando di tutto, rispondendo a domande che non può fare a un padre perché non c’è. Parlandomi di sua madre, del rapporto che ha con lei, del perché la chiama per nome e del rapporto che sua madre ha con gli uomini. Tutto questo senza che la differenza di età ci condizioni e ci limiti. Il suo colloquiare a volte mi stupisce e gli chiedo se non abbia nella testa il suggeritore.
Arriviamo ad oggi, a questa mattina. Una chiamata di lavoro all’ultimo minuto ha obbligato Chiara ad uscire presto e, prima di farlo, sveglia Jacopo per salutarlo e, per non saperlo da solo tutto il giorno, gli suggerisce di venire a stare da me, cosa che capita frequentemente, con la raccomandazione di aspettare un po' “che è troppo presto”. Invece lui, ormai sveglio, sapendo dove sono le chiavi di casa mia, ce le siamo scambiate per il “non si sa mai”, le prende, silenziosamente entra in casa e mi si mette a fianco nel letto. Fatto questo, non se ne sta fermo ma, anche se con molta cautela, si muove. Questo mi fa svegliare e, non capendo subito quello che sta succedendo, resto immobile, come se stessi ancora dormendo. Dai movimenti del materasso e delle lenzuola capisco che qualcuno vi si è infilato proprio sotto e ha acceso una luce, sicuramente quella della torcia del cellulare. Non ci vuole un genio, come direbbe la pubblicità di EuroSpin, per capire che sotto le lenzuola dietro di me c’è Jacopo che mi sta guardando il culo, nudo, perché dormo senza il sotto del pigiama. Deve essersene accorto quando ha alzato il lenzuolo per ficcarsi sotto.
Consapevole di quello che sta accadendo, il cuore mi balza in gola. Devo decidere come reagire:
Fare uno scatto, girarmi, col rischio che così faccio vedere a Jacopo oltre al culo anche il cazzo?
Aprire un dialogo in cui faccio domande, per ricevere risposte?
Mi pongo anche un altro genere di domande.
Si interessa al mio culo?
Saprà che sono gay?
Ha già un preciso orientamento sessuale?
È alla ricerca di esperienze, un buco vale l’altro?
Alla sua età io non solo sapevo che ero gay ma avevo fatto già le mie esperienze, ma ognuno ha il suo percorso.
Pur con queste domande in testa non faccio niente e prendo tempo continuando a restarmene immobile, fingendo di dormire.
Ed ecco che la luce si spegne. Quel corpo piegato su sé stesso a guardarmi il culo, piano piano fluidamente si distende e, quasi scivolando, si avvicina e si posiziona a cucchiaio dietro di me. Sulle mie natiche che, data la posizione, sporgono anche di più, sento un contatto con la protuberanza, contenuta nei pantaloni del pigiama di Jacopo.
La tentazione a lasciar fare è grande ma tanti, troppi tabù, mi stanno spingendo a sottrarmi. Con movimenti, i più naturali possibili per uno che finge di dormire, potrei passare dalla posizione su un fianco a quella a pancia sotto.
Senza neanche allontanarmi troppo, sposterei così il contatto in un punto meno compromettente, potrebbe essere considerato casuale, potrei condividerlo ed esercitare anche da parte mia una leggera pressione. Questo mi darebbe l’occasione per uscire dalla finzione di essere addormentato, e recitare la parte di chi, inaspettatamente, si sente toccato e si sveglia. Ma attardandomi dietro questi pensieri la situazione si evolve, l’esuberanza giovanile esplode e mi sento, non bagnato perché la stoffa dei pantaloni del suo pigiama ha trattenuto tutto, ma sento l’umidore là dove c’è stato il contatto, non troppo lontano da dove è nascosta la mia porta di ingresso.
Ora che tutto è già accaduto, coi battiti del cuore che iniziano a calmarsi, il cazzo mi si sta svegliando, mi piacerebbe dargli soddisfazione ma continuo a fingere di dormire, mentre Jacopo appagato si addormenta.
Intanto, come Penelope, faccio e disfo la mia tela e, senza aver trovato la decisione giusta da prendere, mi alzo dal letto per sottrarmi a qualsiasi tentazione.
Dopo che mi sono calmato, all’ora giusta, faccio il caffè. Il profumo arriva alle narici di Jacopo e lo vedo arrivare in cucina.
- Buongiorno zio
- Jacopo, che bella sorpresa svegliarmi con te a fianco.
- Non hai sentito niente?
- Quando mi prendo la pillolina dormo come un ghiro in letargo, mi puoi girare sotto sopra, non me ne accorgo.
- Buono a sapersi.
- Jacopo, cosa hai in mente, qualche diavoleria?
- Niente, niente zio Pietro. Anzi, dato che siamo soli, posso chiederti una cosa, una cosa seria?
È tanto che ci penso.
- Certo che puoi.
- Per tutti, anche per te sono il figlio di Chiara, ma tutti hanno anche un padre. Io no. Lo vorrei anche io e vorrei fossi tu il mio papà.
- Un segreto tra noi due?
- Perché un segreto, agli altri cosa gliene importa se tu sei o non sei il mio papà, importa solo a me.
- E Chiara?
Lei deve saperlo.
- Magari non glielo diciamo subito. Facciamo una prova noi due e poi decidiamo. Ti va, papà.
Mentre succedono queste cose, suona il telefono.
- Pronto.
- Pietro, per le dodici e mezza mi libero, raggiungetemi, vi porto a pranzo.
- Ok, Chiara.
Chiudo la telefonata e lo informo.
- Tua madre ci ha invitato a pranzo fuori. Per quello che mi stavi chiedendo, di passare da zio a papà, per ora ne possiamo parlare tu e io.
Quando ci incontriamo Chiara mi chiede.
- Ti ha svegliato Jacopo questa mattina?
- Proprio no, quando prendo la pastiglia, dormo come un ghiro e il risveglio è stato piacevole.
- Mamma, una volta sveglio, quando sei uscita, ho preso la chiave, sono entrato da zio Pietro senza far rumore e mi sono infilato nel suo letto, mi sono riaddormentato e svegliato col profumo del caffè.
La risposta di Chiara è un monosillabo “ah” emozionata come è dal sentirsi chiamare mamma.
Andiamo al ristorante e Chiara mi dice.
- Pietro scegli tu per noi.
Do una guardata al menù, arriva il cameriere e faccio le ordinazioni.
- Per la signora (e scelgo), per me (scelgo e faccio una pausa per la pietanza di Jacopo)
- E per suo figlio?
Sollecita il cameriere.
Come fosse la cosa più normale e naturale, dico.
- Per mio figlio (Jacopo e io ci guardiamo intensamente anche con un mezzo sorriso) (e scelgo).
Chiara a cui non sfugge niente, interviene.
- Cosa vi fa sorridere, sembrate due cospiratori.
- Ma mamma, non hai sentito, il cameriere rivolgendosi a Pietro gli ha detto “e per suo figlio”.
- Ho sentito anche che mi hai chiamato mamma e non Chiara.
- Chiara, consideriamolo un gioco. Chiamo te mamma e Pietro papà. Ti va?
- A me sì, e tanto, lo sai. Ti ho lasciato chiamarmi per nome, ma ci sto male.
- Anche io sto male a non avere qualcuno da chiamare papà.
Intervengo con prontezza.
- Bhe, bhe, ora posso dire la mia?
- Sì Pietro, salvami.
Dice Chiara.
- Il cameriere ha visto giusto. Anche se sono un po' vecchio per fare il marito di una donna così bella e giovane, possiamo essere come una famiglia e continuare a essere quello che siamo.
- Bravo zio Pietro, d’ora in poi papà.
- Ci vuole un brindisi, cameriere.
- Dica.
- Una bottiglia di spumante e quattro calici.
- Quattro?
- Sì, se vorrà accettare, il quarto è per lei.
- Con vero piace, anche se non so perché.
Finito il pranzo che ho poi offerto io, un figlio vale molto di più, Chiara torna a lavorare, ne ha per tutto il giorno, e noi torniamo a casa. Chiedo al cameriere di mettere la bottiglia di spumante in un sacchetto, è piena a metà, e me la porto a casa.
Non avrei mai immaginato come, anche una finzione, possa dare tanta gioia a noi tre.
Arrivati a casa mi stravacco sul divano e mi attacco alla bottiglia, fossi stato da solo avrei cominciato a bere anche per strada, ma non potevo dare un così brutto esempio a un figlio appena trovato. Jacopo, felice perché si è subito realizzato il suo desiderio, mi viene addosso e mi bacia da per tutto, anche in bocca dove ho un sorso di spumante che passa dalla mia alla sua. Solo quando la bottiglia è vuota, la lascio rotolare sul pavimento e mi abbandono, l’euforia sta scemando, il sonno mi prende e inizio a ronfare.
Senza sapere se sono passati minuti o ore, mi ridesto perché qualcuno mi sta spogliando. Mi ha già tolto le scarpe e a fatica, dopo avermi slacciato la cintura e abbassato la lampo, sta cercando di sfilarmi i pantaloni. Allora come fossi un sonnambulo scivolo sul tappeto a faccia in giù e culo in aria, una posizione più favorevole per abbassarmi i pantaloni e Jacopo, che ci sta riprovando, ci riesce. Dopo di che mi tira per una spalla e un braccio e mi fa mettere sul fianco.
Sono a culo nudo, nella stessa posizione di questa mattina a letto ma ora, per l’effetto dello spumante, veramente non so se dormo o fingo di dormire. Avendoci già provato prima, ora Jacopo è più deciso e osa di più. Prima di allungarsi al mio fianco si sbottona i pantaloni, se li cala insieme alle mutande, si prende in mano il cazzo, c’è anche luce per vedere dove puntarlo, e inizia a spingere.
Voi cosa avreste fatto?
Ho continuato a dormire e, pensando stessi sognando, ho dilatato il culo e l’ho lasciato entrare, ignorando tutti i tabù.
Non mi sarei mai più mosso, sarei rimasto così per sempre, addormentato o sveglio, all’inferno o in paradiso che fosse. Solo dopo che Jacopo ha goduto dentro di me e si risistema i pantaloni, decido di svegliarmi e inizio la recita.
- Cosa è successo, ero vestito e mi trovo mezzo svestito. Sei stato tu?
- Sì e no papà. Ti sei addormentato tutto vestito, per farti stare più comodo, ti ho tolto le scarpe e slacciato i pantaloni. Il resto lo hai fatto tu, dormendo hai iniziato a smaniare, sei scivolato sul tappeto e ti si è scoperto il culo. Sarà stato sicuramente l’effetto della bottiglia di vino che ti sei scolato.
- Ah, mi stai dando dello sporcaccione e dell’ubriacone.
- Ma no, papà.
- Meriti una punizione. Hai nella testa qualcuno che ti suggerisce questa tua impertinenza, quando sarò più sveglio e capace di farlo, ti sculaccerò.
- Sììì, papà. Lo desidero tanto, desidero un papà che mi punisce, ma non forte.
- A sì, allora vieni qua.
Ancora lì per terra, sul tappetto, mezzi svestiti sia io che lui, poggio la schiena al divano, me lo tiro addosso, gli scopro il culo e lo metto a pancia sotto sulle mie gambe.
Jacopo ha un culo delizioso, dal solco delle natiche escono peli che, meno fitti, ombreggiano tutto intorno. È la prima volta che lo vedo nudo, non vorrei picchiarlo, preferirei accarezzarlo. Ma lui vuole essere sculacciato e lo accontento. Non voglio fare finta, ma neanche fargli male, così cerco di dosare il colpo. Gli suggerisco di stringere i denti e vado giù col primo colpo.
Le chiappe guizzano e si contraggono, nessun suono gli esce di bocca. Alzo il braccio per il secondo colpo e la mano va giù. La reazione è più o meno simile alla precedente e, guardandogli il culo con attenzione, vedo che sta affiorando il rossore del primo colpo e ha la forma della mano. Mi affretto a dargli il terzo colpo meno pesante dei due precedenti e mi fermo, lasciando la mano lì dove ho percosso. Si inizia a vedere il rossore anche del secondo colpo, che ha colpito l’altra chiappa.
- Beh, tre può bastare. Ti ho fatto male?
- No, no, mi brucia un po'.
- Ora che il padre padrone ha punito l’impertinenza di suo figlio, lo stesso padre gli spalmerà la crema per attutire il bruciore.
- Papà mi sa che non c’è tempo, sta per arrivare Chiara. E poi voglio sentirla, gustarmi la prima sculacciata di papà.


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