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Gay & Bisex

Il personal trainer _ cap 5


di Membro VIP di Annunci69.it Beat
21.11.2022    |    13.108    |    20 9.8
"Capii che rimase poco tempo, leccai la cappella e la agguantai con le labbra..."
Il mercoledì mattina mi svegliai con in testa ancora le parole sussurrate all'orecchio dalla voce calda e profonda di Antonio, e le sensazioni che provai in quell'abbraccio mi tornarono alla mente in un momento.
"Sei davvero bello" mi rimbombò nella mente per tutta la notte e la mattina mi svegliai controvoglia e stanco per andare a lavoro.
In quel periodo a lavoro non brillai particolarmente, anzi, fui piuttosto scadente. I miei titolari diedero la colpa alla stanchezza pre ferie e non diedero molto peso alla cosa, ma avrei potuto giurare che il motivo rispondeva al nome di Carlo.
Mi svegliai coperto di sudore dovuto al gran caldo di quei giorni, andai nella cucina semi buia per le persiane chiuse ed accesi la fiamma del fornello sotto alla moka già carica di acqua e caffè. Vidi le fiammelle azzurre danzare e sparire coperte dalla moka Bialetti per una persona, aspettando il rumore simile ad un brontolio che assicurasse la completa fuoriuscita di caffè.
Immaginai come sarei apparso dall'esterno: un ragazzotto grosso e peloso, robusto, mezzo assonnato, in piedi nella cucina semi buia ad aspettare il caffè in slip con una visibile erezione mattutina trattenuta dal tessuto.
Aprii le mutande e ne studiai il contenuto. La mia dotazione non resse il confronto con quelle di Antonio o di Carlo ma, e ne fui fiero, potei vantare un cazzo di tutto rispetto. L'asta larga e ben dritta, la cappella gonfia e violacea, il pelo nero alla base, le vene in rilievo. Fui felice di constatare che possedevo davvero un bel cazzo.
La caffettiera iniziò a brontolare e spensi il fornello, versai il contenuto in una tazzina, misi il solito cucchiaino e mezzo di zucchero e iniziai a girare il liquido scuro fissando la luce del mattino filtrare attraverso le persiane chiuse.
Pensai a Carlo in quel momento, a quanto fosse bello il suo sorriso furbo...
Fui destato dal vibrare del mio telefono poggiato sul tavolo con il piano di vetro della sala, che ne amplificó il rumore.
Lessi sul display il numero dell'ufficio, schiarii la voce e risposi.
"Pronto Luca, tra quanto arrivi in ufficio?" Mi chiese senza troppi giri di parole e senza nemmeno scomodarsi a chiedere scusa per l'orario della telefonata o a proporre un educato buongiorno.
"Buongiorno, alla solita ora, un po' prima delle nove" risposi cercando di far apparire la mia voce il meno assonnata possibile.
"Bene, quando arrivi dobbiamo parlare. Cerca di arrivare un po' prima". Ci salutammo dandoci appuntamento di lì a poco. "Cosa avrà da dirmi Gianni?" pensai tra me e me, sentendo l'ansia salirmi in corpo come un demone. Guardai il grande orologio della sala e scoprii con orrore che erano già le otto meno venti. Trangugiai il caffè, mi precipitai in bagno a lavarmi e preparami, e venti minuti dopo ero pronto per uscire.
Inforcai gli occhiali da sole, presi le chiavi della mia vecchia Golf bianca, le chiavi di casa ed uscii veloce di casa. Scesi in strada e mi diressi verso la mia auto quando sentii una voce chiamare il mio nome alle mie spalle. Era Carlo.
Passeggiava tranquillo con un'Athena scondinzolante al guinzaglio. Indossava gli occhiali da sole anche lui, dei pantaloncini corti blu che poco riuscirono a coprire le sue grandi gambe muscolose e una canottiera bianca che fece contrasto con tutto il pelo del petto e la pelle abbronzata. Mi salutò con un sorriso e alzando il braccio, muovendolo a destra e sinistra come un naufrago che vede una nave in lontananza. Nell'agitare il braccio, il suo bicipite e il suo tricipite si mossero in maniera ipnotica insieme al petto, lasciando intravedere un'ascella pelosa e ben profonda delineata dai muscoli.
Ci salutammo con un abbraccio amichevole e fui pervaso dall'odore di buono e di pulito che il mio amico era solito emanare.
"Devo correre a lavoro che il capo deve parlarmi" dissi frettolosamente dando una carezza al grosso cranio coperto di pelo bianco e nero di Athena.
"Tutto ok?" chiese Carlo, visibilmente preoccupato.
"Ma si! Sarà sicuramente qualche cazzo da risolvere che danno a me che sono l'unico stronzo che li risolve" dissi sforzandomi di sorridere per non farlo preoccupare, anche se dentro fui in preda all'ansia .
Vidi che Carlo non sembrò così sicuro della mia versione ma stette al gioco per rispetto del mio riserbo a proposito e si limitò a dire " Allora stasera vieni da me così ci facciamo una birra e mi racconti com'è andata?"

Arrivai in ufficio venticinque minuti prima del solito, entrai e percorsi il corridoio sui cui affacciano i vari uffici arrivando davanti alla porta di Gianni. Bussai ed entrai.
L'ufficio del mio capo era una grande stanza delimitata da pareti di vetro che, tra noi dipendenti, venne spontaneo soprannominare "l'acquario", arredato con un mobilio di pregio e lineare.
Gianni aveva uno sguardo torvo e, salutandomi, fece cenno di accomodarmi su una delle due sedie Wassily poste davanti alla grande scrivania.
"Ti ho fatto venire prima perché devo parlarti, Luca" iniziò il discorso il mio titolare "Purtroppo ciò che devo dirti non sarà piacevole".
Notai che il mio interlocutore teneva le mani aggrappate al bordo della scrivania, il suo nervosismo non fu un presagio di buone notizie.
" Gli utili in questo momento non sono molto alti per la nostra azienda, la pandemia ci ha dato una bella mazzata. Le vendite sono calate e mi ritrovo a far quadrare i conti con margini sempre più miseri" disse a mo di scusa.
Capii dove voleva andare a parare tutto quel discorso e cercai di rimanere calmo.
"Per questo il Consiglio è intenzionato a rivedere alcune posizioni di lavoro, di fare alcuni tagli al personale" disse infine, guardandomi negli occhi.
I suoi occhi furono carichi di colpa e il suo sguardo imbarazzato. Notai anche che gli occhi del mio capo sembrarono troppo lucidi rispetto al solito. Provai anche della tenerezza.
Ma ciò che provai maggiormente fu la sensazione che le pareti vetrate dell'ufficio si chiudessero intorno a me, soffocandomi come l'acqua gelata del Polo.
"Pensavo di concludere il tuo contratto dopo le ferie di agosto, cosicché tu possa usufruirne" disse Gianni a mo' di premio e come se fosse un regalo che mi stesse facendo, o una grazia.
"No Gianni!" Risposi con più veemenza di quanto avessi voluto "col cazzo! Se devo andarmene, e non per scelta mia, non me ne starò qui un altro mese a vedervi ogni giorno. Tu e quelli del Consiglio avete ritenuto che io sia superfluo, bene. Ma almeno lasciatemi la dignità di andarmene senza dover vedere ogni giorno le vostre facce di merda per un altro mese!".
Sbottai, lo attaccai con una rabbia che non riconobbi.
Mi alzai davanti ad un Gianni incredulo, e ripresi a parlare "ma poi non potevamo parlarne prima che prendeste questa decisione??" Continuai con un tono più alto del mio tono usuale, misurando avanti e indietro a grandi falcate lo studio vetrato del mio titolare, o ex titolare a quanto sembrò.
"Luca, calmati un attimo! Capisco che sia un notizia dura da digerire e capisco la tua rabbia, ma chi dovevo licenziare? Paola che ha due figli piccoli? Claudio che ha 56 anni? Tu mi sei sembrato il candidato più idoneo in quanto sei giovane e, detto fra noi, hai tutte le capacità per trovare un altro lavoro in un baleno".
Sorrisi amaramente di fronte a quella subdola mossa di farmi un inutile complimento per indorare la pillola. Mi fermai dal mio camminare avanti e indietro e fissai per quelli che sembrarono eterni minuti il panorama fuori dalla finestra dell'ufficio di Gianni.
L'azienda, situata sulla prima collina, godeva della vista del lido e del mare sconfinato inondato di luce del mattino d'estate. Mi sentii particolarmente caldo in viso, sentii le lacrime bruciare ai lati degli occhi, ma le rispedii indietro per non dare la soddisfazione a Gianni di vedermi piangere.
"Facciamo così" dissi dando le spalle al mio interlocutore, con gli occhi ancora fissi sul panorama "ferie anticipate a subito e licenziamento per agosto"così avrei potuto salvare almeno l'assegno di disoccupazione che, insieme al TFR, mi avrebbe garantito qualche mese di autonomia. "E non contestabile" questa volta mi girai di nuovo verso il mio interlocutore, e notai che sul volto di Gianni apparve una singola lacrima a rigarne il viso. "Ok Luca, va bene" disse rivolto al piano della sua scrivania di pregio anziché a me "Mi mancherai davvero tanto" aggiunse poi guardandomi con i suoi occhi lucidi.

Uscii dall'azienda senza salutare nessuno, non volevo addii. Presi la macchina e guidai senza una meta precisa, percorsi la collina, arrivai fino al posto dove un grande albero di pioppo carico di foglie grandi e verdi facevano ombra su di un grande masso rivolto verso il mare.
Fermai l'auto, scesi e sbottonai la camicia per la gran calura.
Mi posizionai sulla grande pietra, seduto a gambe incrociate fissando il panorama. Le cicale cantarono senza sosta mentre una leggera brezza mosse le foglie del grande pioppo regalando danzanti giochi di luce. La brezza accarezzò il mio volto e i peli neri del petto lasciati liberi dalla camicia.
In quel momento di solitudine e di pace, mi abbandonai ad un intenso pianto.

"Oh allora???"
Il messaggio di Carlo arrivò puntuale in quella pomeriggio di metà luglio. Non volli rispondere, decisi quindi di non visualizzare il messaggio e continuai a rimanere sdraiato sul fresco pavimento dell'ingresso, in mutande.
La casa in penombra accolse il secondo pianto della giornata.
Presi la coscienza di essere senza lavoro. Come avrei fatto? Sarei tornato a vivere con i miei? Avrei trovato un altro lavoro? Avrei dovuto lasciare la palestra per non pagare l'abbonamento? Dire addio a quel bel legame nato con Carlo, alle seghe insieme in doccia, alle visioni del corpo di Antonio?
Il ricordo della doccia del giorno prima riaffiorò alla mente, mi sembrò passato un secolo anziché solo ventiquattro ore. Ripensai al corpo perfetto di Antonio e al suo pelo, del suo cazzo premuto duro premuto contro il mio corpo, alle sue parole sussurrate al mio orecchio...
Un altro messaggio di Carlo arrivò all'improvviso
"Oh non farmi preoccupare bro, tutto ok?".
Non so perché, ma non volli rispondere, desiderai tenere Carlo lontano da questa realtà.
Decisi che sarei uscito per svagare la mente, mi ficcai in doccia e presi a lavare il mio corpo peloso e sudaticcio dell'afa estiva. Sotto la doccia ripensai al colloquio avuto quella mattina in ufficio con Gianni, mi vennero in mente molte risposte diverse che avrei potuto dargli, ma ormai i giochi erano chiusi.
Mi vestii ed uscii di casa. Non sapevo dove andare ma sentii che non sarei potuto rimanere ancora a casa solo con i miei pensieri, perciò presi via Quattro Novembre e camminai per diversi minuti. Le luci dei negozi aperti per la stagione estiva mi incantarono, mentre il vocìo delle persone con accenti diversi mi accompagnò nella mia passeggiata.
Passeggiai per un'oretta quando mi ritrovai nel parco davanti casa di Carlo, quello dove ci demmo quel bacio per un fortuito errore. Guardai in direzione della villetta a schiera, la flebile luce azzurrina che uscì dalle finestre mi fece presupporre che il mio amico fosse intento a guardare la TV.
Andai nella direzione della luce, attratto da essa come una falena. Presi il telefono e notai altri messaggi di Carlo carichi di preoccupazione. Aprii la chat e vidi che era online.
"Dormi?" Scrissi velocemente. Le due spunte divennero subito azzurre e comparve la scritta "sta scrivendo..." sotto il nome di Carlo.
"Bro che cazzo di fine hai fatto? No non dormo..." rispose il mio amico.
Andai alla porta e bussai. Carlo arrivò scocciato alla porta, ma quando l'aprì un'espressione di sollievo insieme ad un sorriso apparvero sul suo viso. Era in slip bianchi, e il suo corpo era stupendo. Molte volte avevo visto quel corpo nudo sotto le docce, a volte lo vidi anche godere, ma non mi abituai mai alla bellezza del mio amico.
Mi abbracciò sulla porta dicendo "Cazzo Luca, do' stavi? Mi hai fatto prendere un colpo!"
Mi fece strada nella grande sala di casa sua, salutai Athena mentre Carlo mi disse che l'aria condizionata era fuori uso dal giorno prima e per questo se ne stava in mutande sul divano.
"Se senti caldo spogliati anche tu" disse Carlo, forse notando le gocce che imperlarono la mia fronte.
Mi spogliai intanto che Carlo si diresse verso il frigorifero e ne estrasse due birre fredde. Le stappò, me ne passò una che subito dopo fece cozzare contro la sua a mo' di brindisi. Bevve un sorso di birra ed una goccia di condensa si staccò dalla bottiglia per finire nel mare nero del suo pelo del petto, poi si sedette sul tavolinetto della sala, dinanzi a me. I suoi occhi neri profondi erano dolci ma preoccupati, e mi guardarono con curiosità senza mettermi fretta.
"Che succede Luca?" Mi chiese con una dolcezza che mi spiazzó.
RaccontaI della telefonata, del colloquio a lavoro, dei tagli al personale e della mia sfuriata. Carlo ascoltò attento dicendo di tanto in tanto "che stronzo!" quando parlai di Gianni.
Raccontai delle lacrime del mio ex capo, del grande ufficio vetrato che sembrò chiudersi attorno ai miei polmoni. Raccontai del grande pioppo che accolse le mie lacrime e le mie paure.
Carlo aspettò che finissi di parlare, si sedette vicino a me e mi passò un braccio dietro le spalle.
"Cazzo, che situazione di merda" esordì "mi dispiace tanto Lù. Capisco che tu ti senta smarrito, deluso e incazzato, lo sarei anch'io. Ma non pensare nemmeno per un secondo che resterai disoccupato a lungo, sei troppo in gambe per questo!" Disse con veemenza e mi guardò con un sorriso. La sua mano passò sulla mia guancia per raccogliere la lacrima che scese lungo di essa. Guardai Carlo e mi sforzai di sorridere a mia volta, poi lo abbracciai come a non volerlo più lasciare andare.
Sentii il suo petto peloso e forte a contatto con la mia guancia, mentre mi accarezzò la nuca e mi diede dei baci sulla fronte.
In quel momento ogni emozione negativa sparii, ci fu solo serenità in me, protetto da quell'abbraccio.
"Ti voglio bene" sussurrai a Carlo, poi mi sdraiai accanto a lui, con la testa sulle sue cosce pelose mentre continuò ad accarezzarmi la nuca. Mi girai supino e lo guardai nei suoi profondi occhi neri. Non ci fu imbarazzo in noi per quella dimostrazione di affetto così intensa, mi restituì lo sguardo tenendo una mano sul mio petto e l'altra continuò ad accarezzarmi la nuca.
"Anche io te ne voglio, tanto" rispose il mio amico dopo diversi minuti, e passò la sua mano sul dorso della mia.
Fu come se il tempo si cristallizzò, non sentii nemmeno più il caldo appiccicoso. Realizzai che ero con la testa sulle grandi cosce pelose di Carlo, con il viso a pochi cm dal suo pacco. Che la mia mano era nella sua e i suoi occhi neri fissi nei miei.
Restammo così per qualche minuto a guardarci e sorridendo l'uno all'altro. Poi mi sollevai senza mai staccare lo sguardo da Carlo e lo abbracciai di nuovo.
La sua mano passò sulla mia schiena con lentezza e decisione, mentre io accarezzai i suoi possenti bicipiti. Sentii l'erezione spingere nelle mie mutande ma non mi interessò "che Carlo veda pure quanto lo desidero" pensai tra me e me.
Il mio amico si avvicinò al mio orecchio e sussurrò "so che non c'è l'aria condizionata ma mi farebbe davvero piacere che tu dorma qui stanotte, non mi va che rimani solo stanotte".
In quell'istante una doccia fredda mi investí in pieno: non mi desiderava, era solo preoccupato e spaventato.
Risposi di sì con poco entusiasmo e Carlo mi abbracciò forte. Tornai giù e sentì la sua erezione premere contro la mia guancia.

Dopo un altro paio di birre, ci spostammo in camera da letto. Fu la prima volta che entrai in camera di Carlo: le pareti erano dipinte di un bel colore azzurro simile a quello della sala, arredi bianchi disposti tutt'intorno diedero la sensazione di avere uno spazio più grande, mentre un grande letto ad una piazza e mezza troneggiò sulla parete di fronte alla porta.
Qua e là foto delle diverse fasi della vita del mio amico trovarono posto sulle mensole e sulla scrivania, mentre poster di gruppi rock e metal erano stati attaccati con scotch ormai ingiallito sulle ante del grande armadio bianco.
Notai che una foto sulla mensola ritraeva lui e la sua ex Elisa a Barcellona. Carlo mi vide indugiare su quella foto e si avvicinò, mi guardò con uno sguardo dolce e tenero, abbassò la foto e disse "prima o poi la leverò" e cercò anche lui di sorridere.
Istintivamente lo abbracciai di nuovo e lui rispose subito a quell'abbraccio. Sentii una sua grande mano sulle scapole e l'altra sulla schiena, mentre i nostri petti pelosi si fusero in un tutt'uno e le nostre erezioni cozzarono prepotenti.
Lo desiderai, lo desiderai con ogni cellula del mio corpo.
Le nostre labbra si incontrarono di nuovo, e questa volta non per errore.
Fu come salire su un fuoco d'artificio un istante prima che esplodesse, fui trasportato nel cielo in pochissimi secondi.
Le nostre lingue si incontrarono e niente di ciò che abbia mai mangiato o bevuto sembrò buono come il sapore di quel bacio.
Le possenti braccia di Carlo mi strinsero ancora di più mentre io poggiai entrambe le mani sul suo petto peloso.
Ci staccammo da quel bacio dopo diversi minuti, sorridemmo l'un l'altro e ci sdraiammo sul grande letto, abbracciati e nudi senza dire una parola.
Continuammo a baciarci, poi baciai il suo collo taurino e il suo petto peloso.
Carlo prese la mia mano e vi intrecciò le sue dita, poi salì sul mio corpo continuando a baciarmi e ne sentì tutto il suo peso che mi eccitò parecchio. Sentii la sua erezione premere contro la mia, il suo desiderio montare.
Gli feci capire che lo volevo, così staccai la mano dalla sua e inizia a stuzzicare i suoi capezzoli duri e pelosi con una mano, mentre l'altra scivolò lungo l'addome e si fermò sui suoi peli pubici.
Il boschetto di peli neri fu ispido ma morbido allo stesso tempo, Carlo mi guardó e fece un cenno con la testa che mi fece capire che voleva che continuassi.
Strinsi il suo grande cazzo durissimo nella mano e ne sentii tutta la forza. Lo studiai bene con la mano, lo accarezzai e sentii il mio amico gemere di piacere.
Carlo si sdraiò al mio fianco e mi diede un altro bacio mentre strinsi il suo cazzo e iniziai a masturbarlo. Scoprii che volevo dargli piacere, volevo godesse anche se volevo quel momento non finisse mai.
Mi staccai dal bacio e guardai Carlo dall'alto. Fu una visione bellissima, completamente nudo e con l'obelisco di carne svettante verso il soffitto.
Mi posizionai tra le sue gambe pelose e continuai a segarlo e ne studiai il cazzo che fu a pochi cm dal mio viso. Le vene in rilievo disegnarono una fitta mappa di piacere, la cappella violacea e turgida pulsava forte, mentre una grossa goccia di umore scese dalla cappella, lungo l'asta e mi bagnò la mano.
Presi a segarlo forte, mentre il mio amico ansimò di piacere. Volevo sentire il suo sapore, volevo averlo dentro di me.
Iniziai a leccare le sue palle e l'asta, mentre Carlo ansimò ancora più forte e fu percosso da alcuni spasmi. Capii che rimase poco tempo, leccai la cappella e la agguantai con le labbra. Fu una sensazione stupenda, sentii la pelle liscia e turgida della sua cappella ed il sapore vagamente salato dei suoi umori. Sentii il contrasto con la morbidezza della pelle dell'asta e delle sue vene in rilievo, con la durezza del muscolo sotto pelle.
Fu sufficiente passare la lingua sulla cappella che Carlo mugugnò un "aspè..." e venne copiosamente nella mia bocca. Diversi fiotti di piacere invasero la mia gola con liquido denso e vischioso dal sapore di maschio. Decisi di mandarli giù, non volli perdere niente di quel momento e del mio amico. Ripulii il cazzo di Carlo, poi mi alzai e mi misi a cavalcioni del mio amico e presi a segarmi sul suo petto peloso, mentre lui stanco e appagato posò le sue mani sul mio culo peloso e lo accarezzò. Venni anche io in maniera copiosa sul petto peloso del mio amico, poi crollai su di esso che mi accarezzò la testa finché i nostri respiri non tornarono calmi. Ci alzammo e lavammo senza dire una parola, ma non ce ne fu bisogno.
Ogni tanto Carlo mi regalò un sorriso fugace, in piedi davanti al lavandino del bagno intento a lavare via il mio piacere dal suo petto.
Ci addormentammo così: Carlo disteso supino con un braccio intorno alle mie spalle ed io con la guancia sul suo petto peloso mentre lo cinsi in vita con la mia gamba.
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