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Gay & Bisex

Transincesto 1 - Papà


di TheStoryteller99
28.06.2023    |    611    |    1 8.3
"Non posso dire di essere stato bene, papà..."
Mi chiamavo Giulia, ma ora sono Sebastian.
Sono un ragazzo trans che ha seppellito da anni Giulia e ora si gode la sua nuova vita da uomo, come lo sono sempre stato dentro.
Ma questa storia non tratta della mia transizione.
Parla di come ho iniziato ad apprezzare il cazzo nella mia fica solo dopo essere diventato un ragazzo.
Prima non mi è mai andata a genio l'idea di fare sesso con un uomo, il pensiero di essere penetrato mi faceva vomitare. Infatti le ragazze e le donne con cui mi intrattenevo mi adoravano, perché so penetrare il corpo femminile meglio di qualunque uomo, grazie alle mie mani.
Oh e grazie al mio strap-on.
Ma di nuovo, non è di questo che voglio raccontare.
Dovete sapere che i miei genitori sono divorziati, io abito con mia madre che mi ha sostenuto dall'inizio alla fine della mia transizione e lo fa tutt'ora, proteggendomi da ogni attacco transfobico.
Lo fa da anni, ormai, da quando ha divorziato da mio padre perché lui non era disposto ad avere un figlio trans.
Mio fratello, Cristian, era del suo stesso parere e ora, infatti, vive con lui.
Capite?
Sono la rovina della mia famiglia, il motivo per il quale si è distrutta da sola.
Perciò, non biasimatemi se un giorno, dopo la fine della scuola, ho deciso di voler passare l'estate da mio padre.
Mamma ovviamente si è opposta, ma io ho puntato i piedi e ho insistito per andare da lui. Volevo ricucire lo strappo che io stesso avevo causato e non ero disposto a fermarmi.
Perciò ora eccomi qui, in macchina con mamma, mentre parcheggiamo sulla via davanti a casa di papà.
Apro lo sportello.
- Sei veramente sicuro di voler stare con lui? - chiede mamma per l'ennesima volta.
Io annuisco - Sì, voglio che faccia parte della mia vita e se devo costringerlo, così sia.
So che mamma è orgogliosa del mio coraggio e della mia determinazione, ma vedo la paura nei suoi occhi. Paura che papà e Cristian possano farmi del male.
- Ti prego, chiamami ogni giorno - mi saluta abbracciandomi.
Le dico che lo farò e poi mi dirigo verso l'edificio in cui abita papà.
Suono al citofono. Lui risponde. Gli dico che sono io e mi dice di salire al quarto piano.
Sbaglio o la sua voce si è fatta nervosa dopo aver saputo chi era stato a suonare?
Entro dal portone e saluto mamma con la mano, i miei borsoni rischiano di cadermi ma riesco a riassestarli.
Salgo le rampe di scale che mi dividono dal quarto piano e noto subito qualcosa di strano: l'aria è pervasa da suoni bizzarri, come gemiti o ansimi, provenienti dagli appartamenti.
Sono certo che sia la mia immaginazione, ma non posso fare a meno di ascoltare la melodia.
Un brivido caldo mi solletica il clitoride.
Arrivo al quarto piano e ci sono due porte.
Una si apre e Cristian viene fuori in tenuta da palestra.
Wow è diventato un gigante. Il fisico plasmato dagli allenamenti, ma agile e longilineo, non troppo pompato come i bodybiulders fissati. I capelli sempre ricci come li ricordavo che gli ricadono sugli occhi verdi, uguali ai miei e a quelli di mamma.
Rimaniamo a fissarci sbalorditi, anche lui stupito di vedermi.
- Giulia! O scusami... Sebastian!! Che ci fai qui?
- Passo l'estate con te e papà, non te lo ha detto? - istintivamente mi allungo ad abbracciarlo, facendomi stringere dai suoi muscoli già caldi per l'afa.
Il suo abbraccio si fa debole mentre parlo e poi si scioglie. - Ehm... No, non mi ha detto niente.
Cristian sembra... imbarazzato e impaurito.
Si gratta la nuca a disagio, sfoggiando un nuovo cespuglio riccioluto sotto l'ascella.
Anch'io non so che dire e solo l'arrivo di papà ci salva.
- Oh è vero, Cris, Sebastian starà da noi fino a Settembre. Come stai cucciolo?
La seconda frase è per me.
Di nuovo, non riesco a trattenermi, butto le mie borse a terra e corro ad abbracciare papà.
Sono tre anni che non vedo questo lato della mia famiglia e ora finalmente posso fare si che torni a essere parte della mia vita.
D'accordo sono un po' freddi e imbarazzati, o magari i loro abbracci mi paiono rigidi per via di tutti i muscoli che hanno messo su in tutto questo tempo, ma papà mi ha chiamato "cucciolo"! Non sentivo la sua voce pronunciare quella parola da anni, aveva smesso di usarla ancora prima del divorzio.
Affondo il viso nel suo petto, odoroso di ammorbidente per via delle polo fresca di lavatrice, e gliela bagno con delle lacrime che non riesco a trattenere.
- Mi sei mancato - sussurro contro la stoffa.
A quelle parole le sue braccia si fanno più morbide e mi stringono con vero affetto.
Mi dà un bacio sulla testa. - Anche tu.
Persino la sua voce è rotta dal pianto.
Alzo gli occhi e incrocio i suoi, rossi di lacrime. Guardo Cris e anche lui è commosso, si avvicina per strofinarmi la testa con una mano.
Non sarò più la loro Giulia, ma evidentemente l'amore che provano per me è andato oltre la loro transfobia.
E tutto ciò mi riempie il cuore di gioia.
Il momento viene interrotto da dei colpi che sentiamo contro l'altra porta del pianerottolo, accompagnati da gemiti strani.
Cris e papà tornano rigidi, come spaventati e papà mi spinge dentro l'appartamento, invitandomi a disfare i bagagli.
Cris riprende il suo borsone da palestra - Scusatemi, ma devo proprio andare. Giu... Sebastian, ci vediamo dopo, promesso.
Io annuisco e lo saluto.
Papà chiude la porta, chiudendo fuori quei suoni strani e fastidiosi.
Non sono stupido, riconosco i suoni del sesso, ma non mi sembra il caso di fare domande a papà.
Mi giro, piuttosto, a guardare la casa.
È piena di mio padre e di Cris. I pochi ricordi che mamma ha permesso loro di portare via da casa nostra si uniscono alle loro foto più recenti.
Sembra di essere davanti a un album strappato a metà, percepisco che manca un pezzo di storia in questa casa.
Manca un pezzo della famiglia.
- Come stai, Seba?
Mi giro verso papà. Prima di rispondere lo osservò per bene, giusto per avere un'immagine più recente di lui casomai il mio esperimento non dovesse andare a finire come spero.
Anche lui ha messo su più muscoli, evidentemente il rapporto padre-figlio tra lui e Cris passa per la palestra (chissà se fanno anche altro insieme), e sembra molto più... modaiolo, meno trasandato di quanto ricordo.
È sempre stato un bellissimo uomo, ma tendeva a trascurarsi. Ora è curato, affascinante nel suo ritrovato stile, con polo e pantaloni sportivi.
- Io... Non posso dire di essere stato bene, papà. Tu e Cris mi siete mancati ogni giorno. Credo che starò bene solo il giorno in cui la nostra famiglia si riunirà.
Un'ombra triste passa sul suo volto, un'ombra che gli contorce il viso e mostra quanto complicata sia la faccenda. - Sai io e tua madre non abbiamo perso i contatti, mi scrive regolarmente per farmi sapere come stai. E mi ha detto che senti sulle tue spalle il peso del nostro divorzio.
Sì, è vero.
Le lacrime che mi escono lo confermano.
Papà torna ad abbracciarmi. - Non sei mai stato tu la causa della nostra separazione. Sono sempre stato io, ti amo ancora ma...
- Ma non sono più Giulia, giusto?
- No - mi lascia andare per guardarmi negli occhi. - Non è mai stato questo.
- Che cosa allora?
Non mi risponde, gli si riempiono gli occhi di lacrime, ma resta zitto. Sembra che voglia dire qualcosa (la verità, magari?) ma sceglie di ricacciarla indietro.
- Ti mostro la tua stanza, vieni.
Vorrei restare qui a discutere, ma prendo le borse e lo seguo.
Mi porta in una stanza che sta di fronte alla sua camera da letto. Tra le due, oltre al disimpegno, c'è una terza porta che dovrebbe dare su un bagno a giudicare dalle piastrelle che intravedo passandoci davanti.
La mia stanza è colorata di lilla, un colore che non mi sarei aspettato qui, e trasmette la sensazione di sicurezza, come le braccia di un uomo o un ragazzo che riescono a farti rilassare dentro un abbraccio.
C'è un letto incassato in un grande armadio a muro sulla sinistra e al lato opposto una scrivania ampia. Il resto dello spazio è occupato da un paio di attrezzi per allenarsi stando a casa, una ciclette sta in fondo, vicino alla finestra, mentre dei manubri giacciono per terra al suo fianco.
- Questa è la stanza di Cris, in verità, ma ho deciso di liberarla per te.
Ah ecco, ora si spiegano gli attrezzi.
- Ma lui dove dorme, allora? - chiedo spontaneamente. La discussione di prima non mi è passata di mente, ma se papà vuole fare finta che non sia accaduta allora gli darò corda.
Starò qui per tre mesi, potremmo parlare quando vorremo, non è il caso di tormentarlo da subito.
- Starà con me in camera da letto, tanto spesso dormiamo insieme visto che tu e tua madre di solito non ci siete a farci compagnia.
- E non avete un secondo letto su cui posso dormire? Così almeno io e Cris potremo stare in stanza insieme.
Papà scuote la testa. - Purtroppo no e credo che lui si sentirebbe un po' a disagio.
Il cuore mi precipita nello stomaco.
- Be', ti lascio disfare le valige. Se hai bisogno del bagno, è proprio qui accanto.
Annuisco e lo guardo uscire.
Effettivamente oggi fa particolarmente caldo e dopo le emozioni di poco fa ho sudato un po', perciò una doccia mi farebbe bene.
Ho bisogno di riordinare i pensieri sotto l'acqua corrente.
Dopo la doccia torno in camera con solo un asciugamano attorno ai fianchi e tiro fuori gli abiti che io e mamma abbiamo spinto nei borsoni.
Mi metto una canottiera nera e inizio a cercare le mutande, quando l'asciugamano scivola via e cade per terra.
Faccio per riprenderlo, ma in quell'istante papà appare sulla porta.
- Ehi Seba, cosa ti va di mangia... - si blocca quando mi vede con le mie parti intime scoperte.
I suoi occhi guardano solo quelle, nient'altro.
Non mi dà fastidio, alla fine è sempre mio padre, ma è lo sguardo sofferente che ha a preoccuparmi. Sembra persino incazzato per il fastidio che prova.
Va via con la faccia rossa e pestando i piedi.
Ora basta, devo assolutamente parlarne con lui!
Tormento o no, se non riesce neppure più a guardarmi, dopo tutti i bagni insieme che abbiamo fatto io, lui e Cris quando eravamo più piccoli, lo costringerò a fissarmi finché la mia vagina non gli si ficcherà nel cervello.
Sono sempre io, ho solo trovato me stesso. Deve accettarlo e capirlo.
Decido di seguirlo senza indossare altro, rimanendo nudo dalla vita in giù, e lo raggiungo in cucina.
- Papà smettila. Non sono diverso da tutte le altre volte che mi hai visto nudo!!
Il mio esordio è un po' duro, ma noto che per lui guardarmi così è peggio di qualunque rimprovero.
- Lo so e, credimi, mi dispiace tantissimo reagire così. Ma... Non posso spiegarti.
Di nuovo quell'accenno di vergogna.
- Cos'hai che non va? Sei etero, una vagina non dovrebbe farti schifo. Perché guardare quella di tuo figlio ti disgusta così tanto?
- IO NON SONO DISGUSTATO! - Papà scatta in maniera improvvisa e mi spaventa.
Faccio dei passi indietro e casco su un divanetto lì presente, accanto all'isola su cui stanno i fornelli.
Lui mi guarda dall'alto in basso, gettando un'ombra su di me per via della luce che proviene da dietro di lui.
Un moto di inquietudine mi attorciglia lo stomaco e inizio a pensare se avessi dovuto ascoltare mamma più attentamente.
- È tutto il contrario, Seba! - la vergogna in lui sembra lottare contro la voglia di dirmi tutto.
E credo stia vincendo quest'ultima.
- Io ho... una perversione! L'ho sempre avuta, tua madre lo sa, l'ha saputo persino la prima volta in cui siamo stati insieme. Ma non posso sentirla scuotersi dentro di me mentre tu sei qui... in queste condizioni.
- Quali condizioni?
Non risponde. Si limita ad abbassare gli occhi sul mio inguine scoperto.
Anch'io lo faccio e mi sorprende vedere che la mia vagina luccicare di umori. Mi sono inumidito, potrebbe essere sudore data la tensione della situazione, ma le farfalle che sento svolazzare nel mio stomaco non suggeriscono la stessa cosa.
Faccio cenno a papà di sedersi accanto a me.
Lui si sforza di ignorare la mia vagina e si siede, curvando il busto in avanti e poggiando i gomiti sulle ginocchia. Si prende la testa fra le mani, distrutto dal peso di ciò che sente dentro di sé.
Non voglio lasciarlo solo coi suoi pensieri. Gli prendo la mano destra e mi avvolgo col suo braccio, facendomelo passare attorno alle spalle.
Lui si lascia andare e poggia la schiena al divano.
- Parlami di questa perversione. - È evidente che per lui è un grosso peso, ma ehi sono un ragazzo trans, chi meglio di me conosce pesi del genere?
Avevo bisogno di un padre fino ad ora e non ho mai pensato al fatto che mio padre potesse avere bisogno di me.
Papà mi guarda, per un momento sembra supplicarmi con gli occhi di non farlo parlare.
Poi sembra convincersi a tirare fuori tutto.
- Non so com'è iniziata, sin da piccolo ho sempre trovato il corpo maschile attraente, ma quello che mi mandava in subbuglio i sensi erano i frutti proibiti che le ragazze nascondevano tra le gambe. Quando ho avuto le prime erezioni, mi ammazzavo di seghe su foto di maschi a torso nudo o su riviste porno piene di donne da urlo. Una volta creai un collage: presi la foto di una vagina, la più bella che trovai, e la incollai al posto del pene di un modello che ammiravo all'epoca. Ci ho schizzato i miei migliori orgasmi su quella foto.
Si ferma, imbarazzato di aver raccontato delle sue prime seghe a suo figlio.
Io sorrido per incoraggiarlo a continuare.
- Poi, verso i venti o i venticinque anni, ho conosciuto meglio la comunità LGBT e ho scoperto l'esistenza dei transessuali. All'epoca non c'era tutta l'attenzione che c'è oggi, soprattutto gli FtM erano decisamente pochi rispetto agli MtF, ma io da subito mi scoprii attratto da loro. L'idea di un corpo maschile che si apre nell'umida caverna di una vagina è la completa rappresentazione della perfezione, per me. Un FtM ha tutto ciò che io potrei desiderare sul piano sessuale.
Si ferma e non accenna a continuare.
Sento che vuole togliere il suo braccio da intorno alle mie spalle, ma io insisto perché rimanga lì. Sono perso nei miei pensieri e quel contatto mi impedisce di essere fagocitato da loro.
- Hai detto che mamma lo ha sempre saputo, giusto? - Chiedo cercando di guardarlo negli occhi.
Lui li tiene fissi sul pavimento e annuisce.
- Perciò... Tu non volevi che facessi la transizione...
- Perché avrebbe voluto dire essere attratto da te per il resto della mia vita. Sì. - Papà ha il tono duro come il ferro e pesante come il piombo. Ora mi guarda negli occhi attraverso una cortina di lacrime.
Una gli sta scendendo sulla guancia e gliela asciugo.
- Sono andato via perché mi fa schifo sapere che tu puoi eccitarmi meglio di chiunque altro. - Quando finisce di parlare sposta la mano dal cavallo dei suoi pantaloni (non ci avevo fatto caso prima) mostrando la sagoma del suo pene in erezione che spinge contro la stoffa.
È enorme, ma ancora più di quello sembra essere duro più del ferro e del piombo messi insieme.
La vagina mi formicola e sento che si unimidisce di più. Ho l'istinto di solleticarmi il clitoride con le dita, ma lo trattengo.
- Non sono mai stato transfobico. Ho solo cercato di essere il miglior padre che tu potessi avere.
Ma ora non ce la fa più.
Lo percepisco. Il suo voler essere un ottimo padre combatte contro la sua libidine.
Sento che la sua mano vorrebbe toccarmi, accarezzarmi, massaggiare le labbra umide del mio inguine.
Allunga la mano e io non lo fermo.
Non so se sia vero, ma credo di supplicarlo con lo sguardo. Perché io voglio che lo faccia, voglio sentire le sue dita.
Il primo contatto fra le mie labbra e le sue dita accende una scintilla impetuosa che mi fa aprire la bocca.
Lui sembra rinsavire e toglie le dita, ormai già umide dei miei umori, ma io glielo trattengo li con la mano.
- Non lasciarmi, ti prego. Non di nuovo.
- Cosa vuoi che faccia, allora?
Spingo le sue dita contro la mia vagina e lui torna ad accarezzarmi.
- Entra - dico afferrando la sua bocca con la mia.
In quel momento, lui spinge con due dita dentro di me e il mio umido antro si apre come burro per lui.
La scintilla diventa fiamma che mi fa gemere. La fiamma sembra voler diventare un incendio.
- Non ti lascio, cucciolo. Papà è qui - sussurra lui contro la mia bocca.
Muove l'altro braccio e li porta ad accarezzarmi il pube depilato. Con l'indice inizia a solleticarmi il clitoride.
E la fiamma diventa incendio mostruoso, che mi consuma e per il quale ho bisogno di un unico pompiere: mio padre, adibito a farlo bruciare più forte, invece che spegnerlo.
Catturo di nuovo la sua bocca, cacciandoci dentro la mia lingua. Mi aggrappo alla sua polo, spiegazzandogliela.
Dopo poco, urlo contro le sue labbra e dalla mia vagina escono degli spruzzi chiari che macchiano il pavimento.
Lui si stacca da me per guardarmi squirtare e rimane estasiato da quella visione.
- Squirti peggio di tua madre. - Dice intanto che continua a ruotare le sue dita dentro di me, ora bagnate fradice dai miei umori.
I mi sto contorcendo dal piacere tra le sue braccia. - Allora trattami peggio di come trattavi lei.
Sono io a baciarlo, adesso, e allungo una mano per stringere tra le dita il pacco indurito dalla sua erezione.
Se io sono preda di un incendio senza fine che mi consuma dall'inguine fino ai punti più estremi del mio corpo, la mia mano sta avvolgendo il vulcano che aspetta solo di eruttare la sua lava candida sopra o dentro di me.
Ora capisco perché non ho mai voluto essere penetrato da un uomo.
Mio padre doveva essere il primo.
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