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Il tatami


di Membro VIP di Annunci69.it Alchimista980
23.05.2023    |    13.886    |    18 9.5
"Lei era la feroce dominatrice e l’avversaria era alla sua mercè..."
Il kimono non consente di apprezzare la fisionomia corporea di chi lo indossa. Maniche e pantaloni sono troppo larghi per far cogliere i dettagli e non riescono a risaltare la fisicità. Ma, in fondo, ciò che conta nello sport è la determinazione, l’atleticità e la strategia dell’atleta.
Questi erano i miei pensieri mentre, seduto in disparte nella grande sala della palestra, osservavo Roberta impegnata nel combattimento.
I movimenti erano felpati, dava l’idea di essere un rapace che volteggiava attorno alla preda in attesa di cogliere il momento giusto per sferrare il colpo decisivo, quello vincente, quello mortale.
Lo sguardo era carico di determinazione, la bocca era socchiusa, la concentrazione era massima.
I piedi saltellavano velocemente, alternando passi brevi a larghe falcate; le braccia mantenevano l’equilibrio e cercavano di confondere l’avversaria con movimenti circolari.
Tutti questi gesti facevano volteggiare la coda con cui aveva raccolto i lunghi capelli castani.
Mentre ammiravo la sua tecnica, la sua capacità di studiare l’avversario e la sua fame di vittoria mi chiedevo se lei avesse le medesime capacità al di fuori del tatami.
Era un po’ di tempo che la tenevo d’occhio in palestra.
Sin dalla prima volta che la vidi mi aveva colpito, oltre che per la sua bellezza non comune, per la sua determinazione e imperturbabilità: nonostante gli atteggiamenti seriosi, a volte algidi e scontrosi, dava l’impressione di sapere perfettamente cosa volesse e, soprattutto, di avere la capacità di prendersi ciò che voleva.
Era la tipica donna oggetto dei desideri di molti: ma era evidente che Roberta non si faceva scegliere, sceglieva lei. Non dava mai l’impressione di essere attratta da qualcuno, guardava tutti, uomini e donne, indistintamente e allo stesso modo.
Mentre continuavo ad osservarla muoversi agilmente, nella mia testa la immaginai senza il kimono, chiedendomi se anche nel sesso lei avesse l’atteggiamento dominante che mostrava in pubblico; sorridendo, mi risposi che, sicuramente, non avrei mai avuto la possibilità di appurarlo.
Intanto il combattimento era terminato e, ovviamente, Roberta aveva annientato l’avversaria.
La vidi effettuare il tipico saluto finale per poi girarsi verso di me e scendere dal tatami.
Per un attimo il suo sguardo incrociò il mio e fui pervaso da una scossa di desiderio.
Tutti gli spettatori iniziarono ad uscire dalla sala e anche io mi accodai, rientrando nello spogliatoio maschile per farmi una doccia e vestirmi.
Mi infilai sotto il getto di acqua bollente e il pensiero di Roberta mi tornò in mente, tant’è che iniziai a toccarmi il cazzo immaginando che la mano che lo stringeva fosse la sua. Mi masturbai ferocemente, il mio cervello non pensava ad altro che a lei.
Mi eccitava tutto di quella donna, il suo corpo, il suo atteggiamento, il suo modo di fare.
Arrivai all’apice del piacere schizzando il mio sperma sulle mattonelle della doccia. Rimasi ancora qualche minuto sotto la doccia, esausto e mi sentii un cretino: un quarantenne che si segava come un adolescente in piena tempesta ormonale.
Mi asciugai, mi rivestii e uscii dallo spogliatoio.
Mentre mi avviavo verso l’uscita della palestra notai che da sotto la grande porta della sala dei combattimenti filtrava una debole luce. Ciò mi parse strano perché erano passati più di quaranta minuti e, vista l’ora, ormai la palestra era quasi deserta.
Incuriosito, afferrai la maniglia e l’abbassai, aprendo la porta quel tanto da poter gettare il mio sguardo all’interno.
Le grandi luci della sala erano spente, mentre erano accesi solo i due fari che illuminavano il tatami al centro del locale.
I miei occhi impiegarono qualche secondo per abituarsi alla penombra e rimasero stupiti da ciò che vedevano.
Adagiati sul tappeto c’erano due corpi nudi, aggrovigliati tra loro. Da lontano apparivano quasi immobili.
Subito ebbi l’istinto di richiudere la porta e di andarmene, ma esitai fin tanto che la mia curiosità mi spinse ad entrare furtivamente, sperando di non essere sentito e visto dalle due persone.
Richiusi la porta e lentamente mi incamminai lungo il muro rimasto nell’ombra, avvicinandomi sempre più al tatami.
Ebbi un sussulto: ora potevo vedere bene quei due corpi.
Erano due donne.
Una era Roberta, nell’altra riconobbi la sua avversaria nel precedente combattimento.
Protetto dal buio mi sedetti in un punto oltre il quale non potevo spingermi senza essere visto, appoggiai la schiena alla parete e osservai in silenzio.
L’avversaria era sdraiata, le gambe spudoratamente aperte, le mani che stringevano i propri seni, grandi e gonfi, la schiena inarcata, la testa reclinata all’indietro, mentre Roberta era inginocchiata e aveva la testa affondata sulla sua fica.
Sentivo i sommessi gemiti di piacere dell’avversaria, alternati al suono della lingua e della bocca di Roberta, impetuosa e famelica.
Dal mio punto di osservazione potevo vedere il corpo di Roberta solo di profilo. Il seno, piccolo e ben tornito, restava immobile nonostante i movimenti ondulatori della schiena e del collo, le gambe erano un fascio di muscoli, la coda volteggiava come avevo visto fare poco prima.
Il suo corpo nudo luccicava sotto le flebili luci dei fari.
Era evidente: anche questa volta era Roberta a condurre la lotta.
Lei era la feroce dominatrice e l’avversaria era alla sua mercè.
Improvvisamente Roberta si alzò, rimase qualche secondo a guardare il corpo ansimante che giaceva sotto di sé, poi fece tre passi e si posizionò sopra alla testa dell’altra donna. Si girò velocemente per poi abbassarsi, come se volesse urinare, posizionando la sua fica sopra la bocca dell’avversaria.
Voleva farsela leccare così.
Rimasi impietrito davanti a questa scena così spudorata e porca.
La donna sotto di lei iniziò a leccarle la fica, mentre Roberta aveva gli occhi chiusi, persa nel godimento del momento.
Rimasero in questa posizione per un po’ e mi gustai ogni minimo gesto: le dita di Roberta che strizzavano i propri capezzoli, una mano che scendeva a stuzzicare il clitoride, un dito che si insinuava nella propria bocca, le mani dell’avversaria che si alternavano nel toccare le ginocchia di Roberta e la propria fica.
Nonostante mi fossi masturbato qualche minuto prima, il mio cazzo stava esplodendo nei pantaloni.
Tutta la situazione sembrava irreale, anche i sommessi gemiti delle due donne sembravano provenire da un'altra dimensione.
Concentrai il mio sguardo sul volto di Roberta: era in preda al godimento, gli occhi chiusi, la bocca aperta e la lingua che leccava le labbra e il dito.
Vederla godere e dominare era uno spettacolo sublime.
I suoi occhi si aprirono all’improvviso e la sua testa si girò, fermandosi, nella mia direzione. Vidi i suoi occhi stringersi, nello sforzo di scrutare nella penombra.
Mi si gelò il sangue.
Ero stato sicuramente scoperto.
Già immaginavo la sua reazione.
Ma la reazione non fu quella che temevo.
Mentre il suo sguardo rimaneva fisso su di me, sulla sua bocca apparve un sorriso sorpreso ma compiaciuto, provocatorio, beffardo, quasi irriverente.
Rimase a guardarmi così per qualche minuto, sempre accovacciata sul viso dell’altra donna, fino a quando non raggiunse l’orgasmo lanciando un urlo di piacere che rimbombò nella sala.
Anche nel pieno del godimento non smise di fissarmi.
Poi si alzò di scatto e con un movimento elegante si mise carponi lungo il fianco dell’avversaria, in modo da mostrarmi il culo mentre le baciava la bocca.
Nella penombra vedevo le sue cosce imperlate delle gocce del suo godimento. Tra le sue gambe spuntò una mano che iniziò a massaggiarle la fica ancora gonfia, lentamente e con movimenti circolari. Riuscivo a sentire il suono della sua fica fradicia che veniva stimolata.
La sala piombò nel silenzio più assoluto.
Le due amanti avevano terminato l’amplesso.
Il combattimento era terminato. Anche questa volta Roberta aveva annientato l’avversaria.
Mi alzai e, senza preoccuparmi di non fare rumore, mi avvicinai alla porta e uscii, lasciando Roberta a banchettare sui resti della povera preda.

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