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Lui & Lei

La villetta ereditata


di Membro VIP di Annunci69.it Alchimista980
25.05.2021    |    14.808    |    17 9.8
"Passarono vari giorni e un pomeriggio ricevetti una chiamata sul mio cellulare da un numero non memorizzato in rubrica..."
La telefonata del mio amico Luigi arrivò inaspettata.
Lui – commercialista - ed io – avvocato - siamo amici di vecchia data ma da circa un paio di mesi non ci sentivamo più per via di alcuni attriti lavorativi.
Parlammo per un po’ del più e del meno come se le vecchie ruggini non ci fossero mai state e, poi, finalmente, Luigi palesò il vero motivo della sua chiamata: “Senti, ho una mia cliente che ha un problema relativo ad un immobile che ha ricevuto in eredità e le ho dato il tuo numero. La puoi aiutare?”.
Lo ringraziai per la potenziale nuova cliente e chiudemmo la conversazione.
Passarono vari giorni e un pomeriggio ricevetti una chiamata sul mio cellulare da un numero non memorizzato in rubrica.
Risposi distrattamente ad una voce femminile che immediatamente mi colpì: era una voce giovanile, fresca, senza alcuna inflessione dialettale, elegante ma cortese e simpatica.
“Buonasera, l’Avv. XXXX? Mi scusi il disturbo, sono la Sig.ra Celeste, mi ha dato il suo numero Luigi, il commercialista”.
Feci fatica a ricollegare perché avevo completamente rimosso la telefonata con Luigi di qualche giorno prima.
La Sig.ra Celeste mi disse che aveva ricevuto in lascito da una vecchia zia una villetta in una zona di campagna fuori città e che, appena entrata in possesso dello stesso, i proprietari del terreno adiacente l’avevano contattata perché c’erano dei problemi di confini che, a detta loro, dovevano essere urgentemente risolti.
Le risposi che, per poterle dare una consulenza dettagliata, avrebbe dovuto farmi visionare i documenti catastali dell’immobile ereditato.
“Avvocato, mi dispiace, non ho nessun documento. Mia zia mi ha lasciato questa casa ma non ho nessun documento. Non saprei proprio dove cercare”.
Le spiegai che sarebbe dovuta andare al Catasto per estrarne copia ma, dalle sue risposte, capii che ignorava di cosa stessi parlando e percepii che non aveva il coraggio di chiedermi di occuparmene personalmente in sua vece.
Dentro di me sbuffai maledicendo il mio amico Luigi: non avevo davvero alcuna voglia di andare a infognarmi negli uffici del Catasto che, è notorio, sono luoghi non particolarmente piacevoli da frequentare.
“Va bene Sig.ra Celeste. Però preferirei che lei mi accompagnasse”. Mal comune, mezzo gaudio, pensai.
Lei fu felicissima della mia risposta e mi chiese di fissare subito un appuntamento a breve termine.
Approfittando di una mia udienza il giorno successivo in un Tribunale vicino, le diedi appuntamento per la tarda mattinata davanti l’entrata del Catasto.
Il giorno dopo, alle 12, giunsi puntuale sul luogo dell’appuntamento e, mentre cercavo sulla rubrica del telefono il numero della Sig.ra Celeste per avvisarla del mio arrivo, sentii alle mie spalle la stessa bella voce ascoltata il giorno precedente: “Avvocato, eccomi, sono Celeste!”.
Mi girai di scatto e vidi una bellissima donna dai capelli neri, sui 45 anni, vestita in modo sobrio con un jeans e una camicetta bianca che lasciavano intravedere un fisico niente male. Ma, soprattutto, il suo sorriso ed il suo sguardo mi colpirono piacevolmente.
“Ero sicura fosse lei. Solo un avvocato può venire vestito così elegante al catasto!”, esclamò con tono cordiale e senza malizia.
Ci stringemmo la mano ed entrammo nella sala d’attesa del Catasto, dove fortunatamente riuscimmo a richiedere e ritirare velocemente la documentazione che ci interessava.
Usciti, le proposi di prendere qualcosa da bere visto il gran caldo.
Inaspettatamente lei mi rispose: “Avvocato, mi perdoni, le va di accompagnarmi nella casa che ho ereditato? Si trova veramente a cinque minuti da qui. Così le faccio vedere qual è la parte del confine controverso e con l’occasione ci beviamo qualcosa di fresco lì. In questi giorni mi sono trasferita lì per stare al fresco ed ho il frigorifero ben fornito”.
Rimasi un po’ spiazzato da questa proposta che, comunque, non celava alcuna malizia e, in cuor mio, ammisi che era veramente piacevole trovarsi in compagnia di questa bella donna e che c’era qualcosa di lei che mi attraeva fortemente.
Accettai. Ognuno salì sulla propria macchina ed io la seguii fino alla villetta, dove arrivammo veramente in cinque minuti: era una graziosa casetta immersa nella campagna, con un bel porticato che la circondava.
Ci accomodammo seduti intorno ad un piccolo tavolo e, sorseggiando entrambi una birra fresca, iniziammo a parlare del più e del meno.
La spontaneità della situazione e la piacevolezza della chiacchierata spinsero entrambi a lasciare i convenevoli e passammo dal “Lei” ad un più confidenziale “Tu”.
Appresi che Celeste faceva l’infermiera, che era separata da molto tempo e che aveva avuto una vita abbastanza complicata che l’aveva forgiata nella persona che era adesso.
Rimasi piacevolmente colpito: era una donna che aveva avuto delle difficoltà ma, nonostante tutto, era sempre sorridente ed aveva un tono ed un modo di fare sempre cordiale e calmo.
E, poi, era davvero una gran bella donna, ed il sottoscritto non rimane mai immune al fascino di una bella femmina.
La camicetta leggermente sbottonata faceva intravedere un seno piccolo ma ben tornito ed un collo elegante, sul quale i capelli neri scendevano leggeri. Notai, poi, che i jeans mettevano in risalto un bel sedere e delle bellissime gambe.
Ero al cospetto di una donna che mi piaceva tantissimo e iniziai a pensare che eravamo anche soli, lontano da tutti.
Immediatamente ricacciai indietro i primi pensieri maliziosi che la mia testa aveva iniziato a partorire, decidendo di proseguire nell’informalità della chiacchierata ma senza esagerare, anche se dentro di me aumentava il desiderio di osare.
All’improvviso Celeste si alzò: “Vieni Andrea, ti faccio vedere il confine col terreno dei vicini, così puoi constatare di persona qual è il problema”.
Mi alzai anche io e la seguii nel giardino, ricevendo la conferma, camminando dietro di lei, che Celeste era dotata di una bellissimo sedere.
La casa non era abitata da tempo e la vegetazione non era curata, sicché c’erano grandi cespugli e l’erba alta non consentiva un agevole passaggio.
Lentamente arrivammo alle spalle di un canneto, che costituiva la linea di confine col terreno adiacente, e, notando che Celeste camminava con difficoltà sul terreno sconnesso, istintivamente le porsi una mia mano per aiutarla.
Lei accettò senza indugio l’aiuto inatteso e, mentre le nostre mani si toccarono, i nostri sguardi si incrociarono.
Avvenne tutto in un attimo: Celeste lanciò il proprio corpo su di me e ci baciammo con foga. La sua lingua era calda, vellutata, le sue labbra erano morbide, saporite ed avide di piacere.
Il suo corpo era attaccato al mio, con una mano le tenni la testa mentre l’altra non resistette e si intrufolò nei suoi jeans per palpare, finalmente, quel bel sedere.
Sentii che anche le mani di Celeste non riuscivano a stare ferme e, improvvisamente, una scivolò sui miei pantaloni all’altezza del pube, scoprendo che il mio membro non era rimasto indifferente dinanzi al vortice di passione nel quale entrambi stavamo precipitando.
D’un tratto Celeste si staccò da me, come se nel suo cervello fosse scattata una molla improvvisa, mi guardò seria per pochi secondi per vedere la mia reazione.
I miei occhi le risposero con uno sguardo bramoso, la volevo.
Lei lo percepì.
Fulminea si inginocchiò e, senza proferire parola, abbassò la lampo del mio pantalone.
Un attimo dopo il mio pene eretto si trovava stretto nella mano destra di Celeste, mentre con la sinistra si reggeva in equilibrio alla mia gamba destra.
La sentii mugolare di piacere e iniziò a leccare con abile maestria: la sua lingua calda si muoveva lungo tutto il mio pene aiutandosi con lenti movimenti della mano.
La lasciai fare gustandomi il momento.
La frequenza dei movimenti della sua lingua aumentò sempre più, fino a quando Celeste accolse tutto il pene nella bocca.
Abbandonò la presa con la mano destra e la porse sulla mia gamba sinistra: ora Celeste si teneva avvinghiata alle mie gambe mentre continuava la fellatio senza mani.
Era bravissima e mi stava portando all’apice del piacere.
Ma non era ancora il momento, non volevo ancora godere.
Con violenza la staccai dal mio pene e la alzai, lei mi guardò incuriosita, quasi infastidita, per averla interrotta.
“Ora tocca a me!” esclamai ad alta voce.
La baciai assaporando la sua saliva intrisa del sapore della mia verga. Poi la voltai, le misi la mia mano destra sul viso e le baciai il collo, mentre l’altra si faceva spazio sotto il jeans fino a raggiungere la sua intimità: la sua vagina, completamente depilata, era fradicia e iniziai a masturbarla con ferocia.
Celeste iniziò a gemere: l’azione combinata della mia mano tra le sue gambe e dei miei baci sul collo iniziavano a produrre i primi goduriosi effetti.
Le mie dita erano impregnate dei suoi umori. Sfilai la mano dai suoi pantaloni e la portai sul suo viso, infilando due dita nella sua bocca per fargliele leccare.
Improvvisamente mi allontanai dal suo corpo, mi inginocchiai alle sue spalle e con un movimento repentino e deciso le abbassai il jeans, portando giù anche le mutandine che indossava.
“Ora sarai mia!”, urlai rialzandomi e contemporaneamente abbassandole la schiena.
Gustai per qualche secondo quel bel sedere completamente nudo e, senza alcun preavviso, penetrai con forza la vagina di Celeste mentre con la mano destra le tenevo schiena abbassata.
Entrai con così tanta violenza che il suo corpo ebbe un sussulto, mentre lei lanciò un grido misto di dolore e piacere.
Iniziai a scoparla con foga, il mio pene si faceva spazio agevolmente nella sua vagina completamente bagnata.
I colpi si facevano sempre più frenetici, eravamo come due animali nell’atto dell’accoppiamento.
Il mio respiro era sempre più ansimante, mentre Celeste tratteneva a stento le proprie grida di piacere. Sentivo le sue gambe tremare.
Stavo giungendo all’apice del piacere, mi staccai con forza, la girai e con un movimento deciso la feci inginocchiare ai miei piedi.
Vidi il viso di Celeste completamente trasfigurato, arrossato dalla calura ma, soprattutto, dall'eccitazione: i suoi occhi mi imploravano di regalarle il mio nettare e aprì la bocca in attesa.
Strinsi il mio pene e, lanciando un grugnito animalesco, esplosi indirizzando il getto nella sua bocca.
Celeste ricevette tutto il mio sperma e, non soddisfatta, riprese a pompare la mia verga e a leccarla con avidità.
Ero esausto, ma Celeste era ormai in trance, con gli occhi persi nel vuoto.
La rialzai e la baciai. Sentii il sapore del mio sperma.
Ci abbandonammo in un abbraccio che sembrò durare un’eternità.
L’aiutai a rivestirsi e, come se nulla fosse, ritornammo nel fresco del porticato.
Celeste faceva fatica a guardarmi, era soddisfatta ma imbarazzata: “Perdonami, non so cosa mi sia capitato. È la prima volta che mi succede una cosa…del genere!”
“Anche a me non era mai accaduto” risposi, “ma è stato bellissimo!”.
I nostri corpi si riavvicinarono e ci baciammo dolcemente.

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