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L’ho tradito ed è stato stupendo (racconto)


di Membro VIP di Annunci69.it ToroRm2020
19.12.2020    |    37.646    |    12 9.9
"Un uomo probabilmente non l’avrebbe notato, ma fra donne un’occhiata in tralice equivaleva a una TAC ad alta risoluzione..."
Quella mattina Laura si svegliò vagamente agitata. Aver ottenuto la promozione, con tanto di riconoscimento come migliore manager addetta alle vendite, era stato un grande successo personale, ma aveva anche comportato un cambiamento di sede e responsabilità molto maggiori.
Per fortuna era aumentato anche lo stipendio, anche se non tanto da compensare del tutto la perdita di quello di suo marito, che era stato licenziato dalla sua ditta alcuni mesi prima.
Il nuovo ufficio e i nuovi colleghi, tutti più in alto nella gerarchia aziendale di quelli con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento, le mettevano addosso un po’ di ansia da prestazione. Non voleva fare brutte figure, quindi aveva cominciato a curare l’abbigliamento in modo maniacale.
Appena saputo del trasferimento nella sede più prestigiosa si era presa un paio di pomeriggi per rivedere il proprio guardaroba, partendo dall’intimo. Già da tempo aveva abbandonato le classiche mutande a favore dei perizoma, più ridotti e meno visibili sotto le gonne, ma si serviva da Victoria’s Secret perché non le piaceva la biancheria troppo provocante. Non era quello lo scopo per cui la comprava. Voleva solo evitare di sfigurare con le colleghe, sempre impeccabili e laccatissime.

Quando uscì dal bagno Carlo la guardò con espressione accigliata.
«Che c’è, amore?» gli chiese aprendo l’armadio per scegliere i vestiti. «Come mai quella faccia scura?»
«Da quando vai in ufficio con l’intimo sexy?»
«Non è sexy, è solo comodo e non mi segna. L’elastico delle mutande che si vede attraverso i vestiti è antiestetico da morire. Oggi chiami quel tuo amico per il posto?»
Il solo accenno al lavoro fece calare un’ombra ancora più scura sul volto di Carlo. Non del tutto inconsciamente, Laura aveva messo fine alla discussione con un colpo sotto la cintura.
«Devo sentirlo a fine mattinata. Prima è in riunione.»
«Che dici?» chiese Laura tenendo un appendiabiti in ciascuna mano. «Questa nera o quest’altra?»
Anche se di classe, il suo guardaroba non era molto fornito perché aveva preferito puntare più sulla qualità che sulla quantità. Presentarsi al lavoro con un abito H&M, per quanto carino potesse essere, non sarebbe stata una mossa saggia.
Un manager della Castell Estate era un ambasciatore dell’azienda ovunque andasse, e doveva trasudare successo e buon gusto da ogni poro, in modo da impressionare i clienti. L’abito, alla Castell, era molto più importante del monaco che lo indossava. E se per gli uomini potevano essere sufficienti il carisma e un completo Armani, per le donne il discorso era completamente diverso.
«Qui alla Castell», aveva sentito dire con amarezza alla collega di cui aveva preso il posto, «se sei un uomo puoi anche essere un cesso, basta che ti vesti bene, ma se sei una donna devi essere capace di far rizzare tutti i cazzi nel raggio di duecento metri, se vuoi anche solo sperare di fare carriera. E se non vuoi oppure non ci riesci, bye bye.»
Nonostante i suoi capi firmati non fossero poi molti, l’impegno economico per essere all’altezza degli standard era stato notevole, ma sperava che l’investimento, sul lungo termine, fruttasse i suoi interessi.
«Lo sai che non ci capisco niente di vestiti. Vado a preparare la colazione per le piccole.»
Carlo la lasciò alle prese con la decisione e andò in cucina. Dal giorno del trasferimento di Laura si occupava lui delle faccende domestiche quotidiane e della cura delle loro due figlie, anche se non c’era stata una vera e propria discussione in merito. Aveva sempre dato una mano in casa, ma da quando aveva perso il lavoro si era fatto carico di quasi tutto.
Per un attimo le attraversò la mente il pensiero che nel delegargli l’intera gestione domestica avesse approfittato della sua momentanea situazione di subalternità, ma lo allontanò con fastidio. La dedizione al lavoro, con annessi e connessi, sedute trisettimanali in palestra per tenersi snella e in forma comprese, era necessaria per farsi strada e migliorare la condizione di tutta la famiglia. Era anche per loro che lo faceva, non solo per se stessa, si ripeté.
Indossò una gonna a tubino nera e una camicetta bianca che esaltava la sua quarta di seno. Si mise di lato davanti allo specchio e fu abbastanza soddisfatta del risultato. Mancavano solo le scarpe. Essendo alta 1,75 preferiva evitare i tacchi, che la facevano svettare su molti suoi colleghi maschi, mettendoli in soggezione e innescando rivalità inconsce di cui non sentiva assolutamente il bisogno.
Scelse invece un paio di ballerine Gucci, con un pizzico di rabbia per l’impossibilità di scegliere un bel tacco 12.
“Altezza mezza bellezza”, si consolò. Dedicò al trucco una cura particolare. Per fortuna aveva una carnagione naturalmente scura che non richiedeva troppo fondotinta. A differenza di molte delle sue colleghe, di solito riusciva a ottenere un bell’effetto senza dover ricorrere a chili di make up.
Sì controllò allo specchio per un’ultima volta e si sorrise, pronta ad affrontare un’altra giornata alla Castell Estate.

«Buongiorno dottoressa» la salutò la sua segretaria quando entrò in ufficio. «Le porto il caffè?»
«Sì grazie, Sonia, ne ho davvero bisogno. Il traffico oggi era bestiale.»
«Arriva subito. Trova l’agenda di oggi sul tavolo, ho spostato un paio di appuntamenti per fare posto a Davoli, che ha chiesto se poteva incontrarla oggi.»
Laura annuì. Davoli era un cliente importante e averlo nel suo portafoglio era un onore, anche se comportava parecchi oneri.
Sonia tornò con un vassoio sul quale c’erano solo una tazzina posata sul suo piattino, un cucchiaino di metallo e una bustina di dolcificante ipocalorico. Nell’appoggiarlo sulla scrivania fece in modo di mostrarle il seno sodo inguainato in un balconcino di pizzo nero. Portava sempre Alien di Thierry Mugler, un eau de toilette che ormai associava a lei anche quando lo sentiva per strada.
«Oggi è davvero splendida» le disse, versandole il dolcificante nel caffè, mezza bustina, come tutte le mattine da un mese a quella parte. «Non sa quanto le invidio quella carnagione. Ucciderei per averla.»
Laura aveva l’impressione che la stesse corteggiando in modo molto discreto e, per quanto non avesse tendenze bisex, doveva ammettere che la cosa non le dispiaceva affatto.
Sonia la guardò bere con un lieve sorriso stampato in volto, le labbra piene evidenziate da un rossetto carminio steso con un pennellino. Poi, inavvertitamente, urtò una cartellina blu, che cadde dal ripiano della scrivania. Laura istintivamente fece ruotare la poltroncina a rotelle per raccoglierla, ma Sonia la precedette e si chinò di fronte a lei. Seguendo la direzione del suo sguardo, Laura si rese conto che era puntato direttamente in mezzo alle sue gambe e arrossì, per fortuna in modo impercettibile, grazie al fondotinta che aveva applicato quella mattina. Avrebbe potuto chiuderle o girarsi di nuovo, ma non lo fece. Aspettò invece che Sonia, con molta calma, finisse di raccogliere i fogli sparsi sul pavimento godendosi con agio il suo perizoma di pizzo nero. La osservò inspirare profondamente, come se avvertisse un profumo molto gradevole che a lei sfuggiva.
Quello strano momento passò e Laura si mise al lavoro con un impegno perfino superiore al solito, spinta dall’imbarazzo e da un vago senso di colpa.
All’ora di pranzo smise per un attimo di studiare i documenti che le sarebbero serviti per l’incontro con Davoli e si rese conto di essere affamata. Di solito mangiava al volo un’insalata seduta alla scrivania, stando bene attenta a non macchiarsi i vestiti, ma quello che era accaduto con Sonia quella mattina, a scanso di equivoci, le consigliava di non rimanerle troppo accanto, almeno per il momento.
In mensa incontrò Andrea, un collega un po’ più giovane di lei ma già lanciatissimo, con cui aveva fatto amicizia appena arrivata.
«Ciao bellissima» la salutò, «come mai una dea oggi è scesa tra noi comuni mortali?»
«Perché la dea ha fame» rispose, ridendo, «e lassù nell’Olimpo al massimo può trovare un’insalata scondita.»
«Vieni, oggi offro io» la invitò. «Prometto che non ti proporrò niente di verde.»
Fu di parola, e Laura si concesse una mezza porzione di spaghetti alla bolognese, lasciando a lui il resto.
«Mangiare qualcosa che ha toccato la forchetta che le tue labbra hanno accarezzato è quasi come baciarti» disse Andrea, portando alla bocca l’ultima forchettata di spaghetti.
«Be’, allora fattelo bastare, visto che sono una donna felicemente sposata» ribatté Laura con un sorriso.
«Saresti la prima che conosco.»
«La prima cosa? La prima donna sposata?»
«La prima donna felicemente sposata.»
«Scemo. Ci sono uomini che vogliono qualcosa in più di una femmina nel proprio letto, sai?»
«Allora sono uomini bugiardi. A proposito di mariti, Carlo è riuscito a trovare qualcosa?»
«Non ancora. Ho paura che si stia scoraggiando, ed è sempre nervoso. Pensa che stamattina mi ha quasi fatto una scenata per via dell’intimo che ho messo» rispose, rendendosi conto con un attimo di ritardo di aver inavvertitamente portato il discorso su un terreno potenzialmente scivoloso.
«Mmmm, e che intimo era?»
«Niente di che» tentò di minimizzare lei, ma Andrea non sembrava intenzionato a mollare l’osso.
«Perizoma?»
«Sì, ma sicuramente non striminzito come quello delle nostre colleghe.»
«Sullo striminzito ti do ragione» ridacchiò lui. «Ne ho visti diversi, e qualcuna poi non lo mette proprio.»
«Devo tornare in ufficio» tagliò corto Laura. «Oggi pomeriggio devo vedere Davoli.»
«Ah, già, il famigerato Davoli. Non prendi neanche il caffè?»
«Quello che fanno qui è schifoso. Lo prendo su da me» rispose, e il pensiero del caffè, per associazione, le fece tornare in mente lo sguardo di Sonia fisso tra le sue gambe. Sentì le guance arrossarsi e, non senza sorpresa, un certo languore al basso ventre. Era da tanto che non faceva l’amore con Carlo e ne sentiva la mancanza.
“Sono solo ormoni”, si disse, “posso tenerli a bada.”
«Un cliente mi ha regalato una macchina a cialde che fa un espresso spettacolare» propose Andrea. «Una caffè al volo e poi torni alle tue cartacce.»
Laura rimase in dubbio per qualche istante, poi accettò. Andrea le era molto simpatico e, anche se non l’avrebbe mai ammesso neanche con se stessa, con il fisico atletico che aveva, l’abbronzatura da surfista, il suo metro e ottantotto e gli occhi alla Paul Newman, lo trovava alquanto attraente. Ma era comunque decisa a tenerlo a distanza. Amava Carlo, anche se ultimamente si era lasciato un po’ andare, e non sarebbe stato un ragazzino ben vestito e viziato, pur carino e simpatico, a farle mettere in discussione il suo matrimonio. Uno dei due ascensori era in manutenzione, quindi nel salire trovarono molta più gente del previsto. Suo malgrado, Laura si trovò a strettissimo contatto con Andrea, che finì col mettersi dietro di lei.
La salita al quindicesimo piano le sembrò infinita, anche per via delle soste che però non riuscivano a svuotare la cabina. Ma non era quello il problema. Ciò che la sconvolgeva era la potente erezione di Andrea che, nonostante lui cercasse di tirarsi indietro, le premeva con forza tra i glutei. Non era la prima volta che le accadeva di sentire un uomo eccitato dietro di lei, dato che spesso viaggiava con i mezzi pubblici, ma fino a quel momento non le era mai capitato di bagnarsi tutta in quel modo indecente.
Arrivati al loro piano uscì di corsa dalla cabina e si voltò a guardare il collega, cercando con tutte le forze di non guardargli la patta dei pantaloni del completo Armani, riuscendoci solo in parte.
“Oh mio Dio” pensò, “che clava…”
Andrea appariva imbarazzato almeno quanto lei. Era il momento di chiudere la faccenda.
«Senti» esordì, «Forse è meglio se torno subito in ufficio. Devo rivedere un mare di carte.»
Stava per voltarsi e andare via quando Andrea le prese la mano. Sentì quasi una scossa elettrica, ed ebbe il timore che le secrezioni vaginali cominciassero a colarle lungo le cosce.
«Solo un attimo da me» mormorò lui, a voce bassissima. «Ti prego.»
Consapevole di stare facendo un grosso errore, Laura si limitò ad annuire perché non si fidava della propria voce.
L’ufficio di Andrea era arredato con molto buon gusto: c’era dietro la mano di un bravo architetto, probabilmente una donna, decise. I vetri che davano sul resto del piano erano polarizzati per garantire la privacy, e la vista che si godeva dalle vetrate esterne a tutta parete era spettacolare.
«La tua segretaria non c’è?» chiese, allarmata.
«Oggi pomeriggio no, ha chiesto un permesso. Come lo vuoi il caffè? Ho un sacco di tipi di cialde.»
«Come lo prendi tu» rispose. «Ma sono io o qui dentro fa caldissimo?»
«Non mi pare, ma se vuoi aprire un po’ la camicetta, io non protesterò di certo. Anzi, ti dispiace se mi tolgo la cravatta? Dopo un po’ che la porto mi sento soffocare.»
«Fai come se fossi a casa tua» ribatté lei, tentando di essere spiritosa. Ma con il fuoco che sentiva ardere nel basso ventre, ridere era l’ultima cosa di cui aveva voglia.
Andrea impiegò un paio di minuti per preparare i caffè e quando torno aveva la camicia aperta fino a metà torace. La vista dei pettorali scolpiti le provocò una fitta tra le cosce. Aveva sempre avuto un debole per i fisici palestrati e Andrea era il perfetto rappresentante della categoria.
“Pensa a Carlo e alle piccole” si disse, “ce la puoi fare a uscirne pulita.”
Ma quando lui le fu vicino tutti i buoni propositi furono spazzati via. Andrea lesse dentro di lei come in un libro aperto e la strinse con forza, lasciando i caffè a raffreddarsi sulla scrivania.
Le infilò con dolcezza la lingua in bocca, e Laura sentì il suo sesso che si bagnava ancora di più. Andrea aveva un’erezione impressionante, che l’abbraccio le faceva sentire perfettamente.
Lo spinse via quasi con rabbia.
«Non posso» disse con voce roca. «Io… io sono sposata e lui non merita questo.»
«Tu però lo meriti» rispose lui, centrando il suo punto debole con un colpo da maestro.
Laura era una donna calda e passionale ma, da quando a Carlo le cose sul lavoro avevano cominciato ad andare male, i loro rapporti erano diventati freddi e monotoni. Aveva sofferto e soffriva ancora molto per questo, e soprattutto sapeva di volere, sapeva di meritare più di 10 minuti al mese di distratta posizione del missionario.
Quando Andrea si fece di nuovo avanti le resistenze di Laura vennero giù di schianto, e si abbandonò tra le sue braccia.
Lo baciò con bramosia, leccando e mordendo le sue labbra morbide, strofinando il pube contro quello di lui, caldo e durissimo.
In quel momento il cellulare di Laura la avvertì che era arrivato un messaggio Whatsapp.
«Lascia perdere» la pregò lui. «Lo guardi dopo.»
«Lo uso anche per lavoro» rispose lei, con il respiro corto. «Ci metto un attimo.»
Era un messaggio di Sonia che la avvertiva che si stava allontanando un attimo dall’ufficio.
Silenziò la suoneria e lasciò il telefono su un tavolino sistemato vicino a un divano in pelle, poi tornò da Andrea, incollando di nuovo la bocca alla sua. Sentiva colare tra le cosce. Era un lago.
Andrea la sollevò e la portò fino al divano, su cui la posò con delicatezza. Poi le tirò su la gonna scoprendo l’intimo fradicio di umori.
«Tuo marito è un idiota a non apprezzare la tua biancheria» disse, afferrando il perizoma con l’intenzione di strapparlo.
«No, per favore» lo bloccò lei, «toglile senza romperle. Ci tengo molto.»
Lui obbedì e scoprì il sesso perfettamente depilato di Laura. Le grandi e le piccole labbra erano scure e turgide, rese lucide dalle secrezioni.
Andrea cominciò a leccare piano l’interno coscia, strappandole gemiti di piacere puro.
Stava giocando con lei, tenendola sul filo del rasoio senza darle la soddisfazione cui il suo corpo anelava. Per un attimo pensò a quello che stava facendo, al fatto che stesse tradendo Carlo con un altro uomo, ma le sensazioni che provava erano troppo intense per resistere, anche se avesse desiderato farlo, e non voleva. Voleva godere. Voleva la lingua di Andrea dentro la fica.
«Leccamela» lo implorò. «Leccamela, ti prego. Sto impazzendo.»
Lui non la ascoltò, e continuò a girarci intorno per un tempo che le parve infinito. Quando finalmente arrivò al clitoride Laura ebbe un primo, travolgente orgasmo. Ma lui non si fermò, continuando a leccare, a baciare e a mordere senza risparmio.
«Oh… mio… Dio…» ansimò, al ritmo sincopato del respiro, mentre un secondo orgasmo la scuoteva tutta come un salice in un uragano.
Due orgasmi di fila: non le era mai successo in vita sua.
Andrea si staccò dall’interno delle sue cosce e si alzò in piedi. Con gesti veloci e bruschi slacciò la cintura, i pantaloni e abbassò i boxer. Laura ebbe un ulteriore shock quando vide cosa nascondevano le sue mutande.
“Oddio, è enorme” pensò. “Con quell’affare mi farà male…”
«Fai piano, ti prego, è tanto che non lo faccio.»
Andrea si inginocchiò tra le sue cosce e appoggiò delicatamente il glande sulle piccole labbra, cominciando a carezzare il clitoride.
“Non posso crederci, se continua così verrò di nuovo senza neanche averlo preso dentro” si disse. Era il più intenso rapporto sessuale che avesse mai avuto, ed era solo all’inizio. Forse sarebbe morta per il troppo piacere.
«Continua così ancora un po’, sto per venire di nuovo.»
Andrea non se lo fece ripetere, e rese più profonda la carezza, facendo scorrere il glande lungo tutta la fessura fradicia di umori.
Laura si morse le labbra per non urlare ed ebbe un terzo, stupefacente orgasmo. Stava tradendo suo marito, si stava comportando da puttana, e non aveva mai goduto tanto.
Quando, prima che gli spasmi si fossero calmati del tutto, Andrea lo spinse dentro per qualche centimetro, Laura rimase a bocca aperta per la sorpresa. Ma lui non affondò, lasciandola affamata e prossima al delirio. Continuò a entrare e uscire dalla vagina pochi centimetri alla volta, facendole appena intravedere il piacere che avrebbe potuto darle senza permetterle di gustarlo appieno.
La stava torturando. Laura voleva che il supplizio finisse, e allo stesso tempo che durasse il più a lungo possibile. Una cosa era chiara: era nelle sue mani, e avrebbe fatto di lei ciò che voleva. La cosa sconvolgente era che Laura la manager di successo, Laura la donna libera e indipendente, in quella situazione di totale perdita di controllo stava godendo come non le era mai successo prima.
«Lo voglio dentro, mi fai morire così» lo supplicò. «Ti scongiuro, farò tutto quello che vorrai, ma fammelo sentire. Fammelo sentire tutto…»
Il tempo si dilatò come cera fusa, mentre colate di secrezioni sempre più abbondanti scivolavano sulla pelle marrone del divano.
Quando ormai pensava che non l’avrebbe mai penetrata, finalmente affondò dentro di lei, lasciandola senza fiato per l’inedita sensazione di pienezza che le provocò. Aveva spalancato le cosce per accoglierlo meglio, ma lui era veramente grosso. Quando lo ebbe preso per intero le sfuggì un gemito, che si intensificò quando Andrea cominciò a pomparla con decisione.
Dio, quant’era bello.
D’un tratto sentì la vibrazione del telefono posato sul tavolino, ma a quel punto non le importava più sapere chi la stesse chiamando. Andrea allungò un braccio e, senza interrompere neanche per un attimo quel delizioso va e vieni, spense il cellulare.
Laura non riusciva a smettere di guardare il corpo possente dell’uomo che la stava letteralmente sfondando, e quella vista rappresentava un afrodisiaco potentissimo.
Sì chiese come avrebbe fatto d’ora in poi a rinunciare al sesso di quel tipo, ma scacciò subito il pensiero.
«Tuo marito ti ha mai scopata così?» le chiese, spingendo sempre più forte.
«No, mai… mai…»
«Scoperai ancora con me?»
«Sì, sì, sì, mille volte sì! Continua, non ti fermare. SFONDAMI!»
«Sarai sempre mia?»
«Sempreeeoohhhhhh…»
Il quarto orgasmo fu talmente forte che Laura quasi perse i sensi, e pochi secondi dopo venne anche Andrea, dentro di lei, riempiendola con un numero incalcolabile di schizzi di sperma caldissimo.
Quando l’ondata di piacere calò un po’, Laura si rese conto di cos’era accaduto.
«Mi sei venuto dentro» disse, allarmata. «Porca miseria, sono in ovulazione.»
«Non prendi la pillola?»
«Non lo facciamo quasi mai, e quelle rare volte usiamo il preservativo.»
«Mi dispiace» mormorò Andrea, «ma era così bello che non sono riuscito a trattenermi.»
Pure se preoccupata, Laura annuì. «Non pensavo si potesse fare l’amore così. Credevo fosse roba da film.»
«Invece è tutto vero, e possiamo farlo tutte le volte che vogliamo.»
«Sono sposata, Andrea. È stato bellissimo, ma questo non cambia le cose.»
«Avevi mai goduto quattro volte di fila?»
«No, ma non è questo il punto» si alzò e, dopo aver raccolto da terra il perizoma umido, lo infilò in fretta. «Io ho una famiglia che amo.»
«Poco fa amavi altre cose.»
Laura arrossì. «Ti prego, non farmi pentire di quello che ho fatto. È stato stupendo, ma la cosa deve finire qui.»
«Sai che non sarà così.»
«No, non lo so. Quello di cui sono certa è che stasera tornerò a casa da mio marito e dalle mie figlie.»
Lo baciò su una guancia, quasi a sottolineare che erano solo amici, e uscì dal suo ufficio. Incrociò due colleghe di un altro reparto che nel vedere in che stato era si guardarono e ridacchiarono, probabilmente intuendo cosa stesse facendo fino a pochi minuti prima. Un uomo probabilmente non l’avrebbe notato, ma fra donne un’occhiata in tralice equivaleva a una TAC ad alta risoluzione.
Si sentiva addosso l’odore del sesso e la sua vagina era ancora dilatata a causa del grosso arnese che l’aveva riempita. Lo sperma stava colando fuori, inzuppando le mutandine. Prese un appunto mentale di procurarsi entro sera la pillola del giorno dopo. Non poteva rischiare una gravidanza, e se gli spermatozoi di Andrea erano vitali la metà di lui c’era senz’altro quella possibilità. L’aveva letteralmente inondata e, anche se era molto preoccupata, doveva ammettere che era stata una sensazione incredibile.
Appena entrò in ufficio Sonia la guardò con un ombra di sospetto, come se intuisse cosa aveva appena fatto.
“Probabilmente è solo il senso di colpa” si disse. “Mi sono fatta scopare a morte da un collega più giovane di me e devo assolutamente cambiare le mutandine.”
«Sonia, posso chiederti un favore veramente grande?» esordì.
«Certo, dottoressa.»
«È un po’ imbarazzante.»
«Qualunque cosa dirà rimarrà tra noi, glielo giuro su mia madre. Può fidarsi di me.»
«Sono andata in bagno e ho sporcato le mutandine. So che è una richiesta strana, ma non è che ne avresti un paio di ricambio?»
«No, mi dispiace tanto. Però ho la gonna parecchio più lunga della sua.»
«Non ti seguo» disse Laura, confusa.
«Se non le crea problemi, una soluzione ci sarebbe.»
«Quale?»
Sonia sorrise e infilò la mani sotto la gonna lunga fino al ginocchio, tirandosi giù gli slip fino alle caviglie e poi togliendoli del tutto.
«Se vuole può mettere le mie» spiegò, tendendogliele. Si trattava di un perizoma nero di microfibra, molto sexy.
«Io… grazie, ma non posso accettare. Sarebbe…»
“Inopportuno? Sconveniente? Sporco? Eccitante?”
Ognuna di quelle parole le attraversò la mente, che poi rimase inchiodata sull’ultima, come un mulo, rifiutandosi di proseguire.
«Mi scusi» mormorò la ragazza, arrossendo, «probabilmente la sto mettendo in imbarazzo.»
Laura non si rese quasi conto di aver preso le mutandine dalle mani di Sonia finché non le ebbe tra le dita. Erano calde e leggermente profumate.
«Grazie» disse, stupendosi di se stessa. Quella folle giornata stava diventando ogni minuto più strana. Tirò su la gonna a tubino e abbassò il perizoma, mostrando a una sbalordita Sonia il pube liscio. Poi indossò gli slip della ragazza e tirò di nuovo giù la gonna. Sonia diede un’occhiata al perizoma di Laura, intriso di sperma e secrezioni vaginali, e un’ombra di tristezza le scese sul volto.
«Gliele lavo, se vuole, così stasera potrà rimetterle» propose, in tono un po’ freddo. «Suo marito non si accorgerà di nulla.»
Laura arrossì violentemente, ma consegnò alla ragazza il suo perizoma Victoria’s Secret che sapeva di Andrea e di sesso clandestino.
L’appuntamento del pomeriggio con Davoli la tenne impegnata fino a tardi. Quando finalmente il cliente se ne andò, lei e Sonia erano le uniche rimaste in ufficio.
Prima di uscire, la ragazza le riconsegnò le mutandine lavate e stirate, e Laura si chiese dove avesse trovato il tempo e il modo di farlo.
«Se aspetti un attimo ti ridò le tue.»
«Se vuole può andare a cambiarsi in bagno.»
Il tono era sempre freddo, e Laura temette di averla ferita in qualche modo.
«Tu vuoi che vada a cambiarmi in bagno?» le chiese, stupendo se stessa per prima. Cosa diavolo le stava succedendo?
Sonia sembrò pensarci su un attimo prima di rispondere.
«No» disse infine.
«Chiudi la porta» chiese alla ragazza, anche se ormai non c’era più nessuno in giro. Sonia lo fece.
Temendo di perdere il coraggio, Laura si tirò la gonna sopra la vita, poi abbassò il perizoma ridottissimo di Sonia fino alle caviglie. Si appoggiò sulla sedia per gli ospiti e lo tolse, rimanendo a gambe aperte e offrendo a Sonia una vista panoramica del suo sesso. Si accorse di essere leggermente eccitata, ed ebbe il timore di fare qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi.
«Che bella che sei» mormorò la ragazza, passando inconsapevolmente al tu. «Mi scusi dottoressa, non volevo mancarle di rispetto»
«Non l’hai fatto» rispose Laura, alzandosi per tenderle le mutandine. «Anzi, ti sei comportata come una vera amica.»
«Lei è importante per me, dottoressa» replicò Sonia, prendendole dalle sue mani. Rimase a fissarle per un momento, poi le portò al naso e ne inspirò il profumo. «Sanno di lei. Se non le dispiace, non credo che le laverò. Ora vado, a domani.»
Rimasta sola, Laura indossò nuovamente il suo intimo e andò a recuperare la macchina.
Quando rientrò a casa, Carlo la aggredì accusandola di avergli riattaccato il telefono in faccia, quel pomeriggio.
«Capisco gli impegni, ma non richiamarmi nemmeno è proprio da stronza.»
Era successo mentre faceva l’amore con Andrea, si rese conto, e anche se in quel momento non le era sembrato importante, ora era pentita di non aver risposto.
«Scusami, ero nel mezzo di un grosso affare» si giustificò, cadendo in un involontario doppio senso che la fece arrossire. “Un affare molto molto grosso”, le sussurrò una vocina maligna.
«Quando ho finito ero cotta e mi sono scordata di richiamarti.»
“Cotta? Io direi sfondata e riempita al punto da lasciare una scia sul pavimento” aggiunse la sua coscienza, mordendola con denti affilati. “Senza Sonia il tuo intimo di classe sarebbe ancora inzuppato di sperma.”
La motivata rabbia di Carlo innescò in lei un potente senso di colpa che la portò a subirne lo sfogo senza cercare ulteriori giustificazioni.
Al di sotto di questo, però, sentiva agitarsi l’eccitazione provocata dal sesso più incredibile della sua vita e da quello che era successo dopo con Sonia.
Resistere ad Andrea era il compito più difficile che avesse mai affrontato, e temeva che anche la sua segretaria presto o tardi sarebbe diventata un problema, ma doveva impegnarsi duramente per mantenere l’equilibrio se voleva impedire la distruzione della sua famiglia.
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