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Prime Esperienze

La temerarietà


di lecap
20.11.2018    |    9.474    |    10 8.2
"Tuttavia, dentro di me, quel mio coraggio, spavalderia e, perché no, illogica follia, mi faceva sentire orgogliosa del mio essere..."
(liberamente tratto da "Le verità riflesse")

Mi chiamo…
...boh, come mi chiamo non ha alcuna importanza.
Non è necessario neppure che conosciate la mia età, quella, potrebbe essere la stessa di voi che state leggendo.
Mi piace il sesso ed ho le mie fantasie; alcune vissute realmente, altre sicuramente irrealizzabili ed ulteriori, che attendono le giuste circostanze.
Ne parlo spesso con Angelo, un amico cui riesco a dire tutto della mia sessualità senza, per questo, aver mai fatto sesso con lui.
Mi piace e gli piaccio; ma scoparci, per ora, non ci ha interessati; forse un giorno potrebbe accadere, magari vivendo una delle nostre fantasie sessuali cui spesso ci confidiamo, ma la nostra complicità si spinge oltre il semplice atto sessuale.
Quell'estate ci incontrammo per caso mentre completavo gli ultimi acquisti prima delle ferie.
“Dove vai di bello? Pensavo fossi già partita.”
“Parto domani per Lanzarote. Ho finito le ultime cose e non mi rimane che l'estetista per lo stringato bikini che ho preso, anche se la ceretta mi terrorizza.” Risposi, tranquilla per la nostra confidenza.
“Vai laggiù col bikini? Là, in spiaggia, si sta nudi.”
“Se anche praticherò nudismo, e a maggior ragione, meglio sia ordinata là sotto.” Risposi ridendo.
“Glabra vorrai dire. Le nudiste son depilate totalmente.” Affermò.
“Ceretta dappertutto? Sei matto? Troppo dolore per i miei gusti e col rasoio, temo di tagliarmi.”
“Conosco un posto, fuori città, dove non sentirai nulla. Peccato che dovresti avere, però, molto coraggio.” Mi sfidò, con la solita espressione di quando aveva qualcosa in mente.
La parte razionale di me, urlava di lasciar perdere, quella illogica, invece, determinò di ritrovarmi nella sua auto, mentre la città si allontanava alle nostre spalle.
Era tardo pomeriggio quando, parcheggiato in un paesino, percorrevamo una stradina; chiacchieravamo del più e del meno quando il cuore mi balzò in gola, vedendo che mi indicava il negozietto di un barbiere da uomo.
“Sei pazzo? E poi ci son altre persone dentro.”
Senza una parola, deciso, entrò mentre le mie gambe, disobbedendomi, lo seguirono.
Il parrucchiere, di età indefinita ma sicuramente non giovane, stava chiacchierando con due uomini, probabilmente suoi amici e clienti. Angelo bisbigliò qualcosa al suo orecchio e dopo alcuni attimi di stupita espressione, quello, pregò gli amici di uscire.
La voce di Angelo mi percosse le orecchie come l'esplosione di un aereo che supera la barriera del suono:
“Non è indispensabile che escano, è una normale prestazione della sua bottega, forse è più opportuno impedire la visuale dall'esterno.”
Il frastuono della saracinesca che veniva abbassata e tutte le luci accese nel locale aumentarono la stretta alla gola ed il tumulto delle mie tempie.
L'imbarazzo aumentò ulteriormente quando mi resi conto di indossare un abito intero estremamente attillato, impossibile da sollevare oltre i fianchi.
Gli occhi sgranati dei presenti mi fissavano, il battito del mio cuore aumentava a dismisura mentre le mani decise di Angelo, dietro di me, abbassavano lentamente la lunga zip del vestito. In pochi secondi ero solo con gli slip e poco dopo, completamente nuda. Pallida, bloccata, priva di logica, ero seduta sulla poltroncina del piccolo negozio.
La voce del barbiere aumentò quella straziante ma seducente angoscia:
La sedia è fissata a pavimento accanto al bancone e non contempla un lavoro di fronte ad essa, ma solo al fianco. Temo dovremo rotearla di 180 gradi.”
Sentivo l'invisibile peluria delle braccia ergersi per l'adrenalina; mi ritrovai di fronte ai due sconosciuti che, con gli occhi spalancati, mi osservavano, completamente nuda e indifesa.
Dietro di me sentii il rumore dell'acqua scorrere qualche istante finché, nel mio campo visivo, riapparve l'uomo con la giacchina bianca sostenere con la mano una scodellina mentre, con l'altra, vi girava un pennello da barba denso di schiuma bianca.
“La poltrona è troppo verticale e anche le gambe... dovrebbero...essere tenute...più scostate possibile...” Balbettò.
In pochi istanti, gli altri presenti, solerti, abbassarono il più possibile lo schienale e dolcemente posero le mie cosce sui rispettivi braccioli, come fossi su un lettino ginecologico.
Così, con la mia intimità indecentemente esposta, socchiusi gli occhi mentre le setole spargevano la schiuma sui peli del monte di venere e, più sotto, ai lati delle labbra fino ad arrivare all'ano.
Un miliardo di secondi dopo, i polpastrelli dell'uomo, poggiati sulla mia pelle, la stesero per consentire al rasoio di eseguire il suo lavoro.
Le vene delle tempie mi martellavano, il cuore percuoteva il mio petto come un tamburo mentre la mia bocca, era più secca del deserto del Sahara.
Ascoltavo il sordo rumore dei miei peli che venivano inesorabilmente falciati dalla lama impietosa.
Così, con le cosce spalancate, venni ripulita sommariamente dalla schiuma e dal pelo reciso. Fui nuovamente insaponata e, sempre al centro di quell'interessato e sconosciuto pubblico, il barbiere, sapientemente e delicatamente, passò l'affilato ferro in senso contrario, a rifinire l'opera.
Mai, nella mia vita, mi sentii così indifesa, mortificata, esposta e, anche se volontariamente, umiliata. Tuttavia, dentro di me, quel mio coraggio, spavalderia e, perché no, illogica follia, mi faceva sentire orgogliosa del mio essere.
La mattina seguente all'aeroporto Guglielmo Marconi, attendevo il check-in ansiosa della vacanza, con addosso una tuta sportiva e gli slip che proteggevano, discreti, la mia fica, liscia e morbida come la pelle di un neonato.
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