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SMS ( post scriptum: vediamo se vi frego)


di lecap
19.03.2018    |    7.411    |    10 8.8
"Impensabile fino a qualche ora prima..."
Ero nel letto di quella stanza d'albergo, nuda e ansimante. Il mio corpo contro il suo, mi stava trasmettendo sensazioni mai provate e neppure ipotizzate.
Ma ero io; davvero io. Impensabile fino a qualche ora prima. Urlavo, gemevo, volevo dare, volevo ricevere. La mia carne spudoratamente a disposizione della sua bocca, della sua lingua e delle sue mani. Il suo corpo bollente, altrettanto, era mio e di qualunque mio capriccio.
Il mio corpo e i miei sensi, inspiegabilmente, zittivano ogni mia razionalità.
Pazza.
Completamente fuori controllo, donavo piacere.
Completamente fuori controllo, mi sentivo ricettiva come non mai.
In quel turbine di follia lussuriosa, la mia mente tornò al mese scorso quando
il breve trillo del cellulare mi avvisò dell'arrivo di un sms, interrompendo la revisione della relazione che avevo appena terminato.
“Arriverò in Roma alle diciassette e trenta, puntualità dei treni permettendo. Sarò nel suo ufficio appena possibile. Saluti. Avv Maenza.”
Ovvio si trattasse di uno sbaglio; non solo non conoscevo alcun avvocato Maenza ma anche il numero di cellulare, apparso sul display invece che il nome, mi confermò che non esisteva nella rubrica. Per mera cortesia, decisi di rispondere:
“Sono desolata avvocato, ma ha sbagliato numero. Fausta”
Pochi secondi dopo:
“Scusi il disturbo signorina, devo aver trascritto male il numero che mi era stato dato. Per pura curiosità, in quale parte d'Italia, il mio goffo errore, ha inviato il messaggio?”
“Reggio Emilia” Risposi senza dargli modo di proseguire una conversazione che non mi interessava.
Qualche giorno più tardi appena rientrata in casa dopo un'odissea nel traffico per colpa della nevicata che colpì la città, arrivò un altro messaggio:
“Son in camera dell'albergo a Parigi e anche il telegiornale francese sta trasmettendo le notizie della copiosa nevicata che ha colpito la sua regione. Mi auguro non le abbia portato molto disagio. Avv Maenza.”
Intirizzita dal freddo e furiosa per la perdita di tempo occorsa per rientrare, neppure risposi: ci mancava, quella sera, anche quel rompiscatole che si divertiva a fare il cascamorto. Dopo cena, annoiata dalla mancanza di programmi piacevoli alla televisione, più per ingannare il tempo che altro, risposi:
“Traffico bloccato e inaudita lentezza per rientrare a casa. Per il resto tutto ok. Grazie. Prima Roma adesso Parigi, lei è un tipo che gira molto.”
“I lati negativi di essere consulente commerciale e amministrativo di aziende a carattere multinazionale. Si è spesso in giro invece che nel tepore domestico della propria casa. La invidio.”
“Invidiare un monolocale di Reggio Emilia, trovandosi a Parigi, mi sembra per lo meno azzardato.” Replicai.
Continuammo a messaggiarci per qualche tempo senza scendere in particolari personali, quasi fosse una delle tante conversazioni tra sconosciuti che avvengono, per esempio, nei treni a lunga percorrenza.
Passò quasi un mese da quel giorno; devo ammettere che quando ricevevo un suo messaggio, ero contenta di scambiare due parole anche se di circostanza. Era comunque un tipo simpatico e riusciva sempre a mettermi di buonumore col suo modo di scrivere pur se, necessariamente, telegrafico.
“Ciao Fausta. Ho un appuntamento domani a Bologna ma ho dato incarico di fissarmi una stanza per stasera a Reggio Emilia. Mi farebbe piacere conoscerti personalmente e ringraziarti per la piacevole compagnia durante le nostre conversazioni via messaggi. Sarò all'Hotel Imperial. Facciamo alle diciannove? Baci.”
Rimasi impietrita; un conto erano due chiacchiere a distanza, ben altro interagire de visu.
Osservai improvvisamente che neppure mi ero mai posta il quesito di come fosse effettivamente di persona. Non presi in considerazione la possibilità che fosse giovane, bello e aitante cosa che, tra l'altro, non mi interessava dato che non c'era neppure amicizia tra noi; probabilmente era un ometto sui sessant'anni, minuto e con lo sguardo arguto. Oppure un omone grasso e flaccido che sperava in un'avventura diversa da quelle con professioniste del piacere. Mille congetture e alla fine la decisione: era sicuramente un vecchietto minuto, simpatico e brillante.
Alle diciotto ero alla reception del lussuoso albergo:
“Ho un appuntamento, qui nell'atrio, con un vostro cliente. L'avvocato Maenza.”
L'uomo in livrea dietro il bancone, mi sorrise gentile rispondendomi:
“L'avvocato la stava aspettando signorina Fausta. Si scusa del ritardo e la prega di salire in camera sua. Stanza 416, quarto piano. L'ascensore è sulla sua destra.”
Mi ritrovai al piano indicatomi, seccata da quella mancanza di riguardo: farmi salire in camera una come se fossi, insomma si, fossi una di quelle. Ormai però, la curiosità di sapere se avevo intuito correttamente il suo aspetto fisico, mi indusse a bussare alla sua stanza.
Rimasi imbarazzatissima appena la porta si aprì, rivelandomi una donna bionda di corporatura robusta, pur se non grassa, avvolta in un accappatoio. Accidenti, magari lo aveva raggiunto inaspettatamente la moglie e adesso si trovava davanti me, che bussavo alla stanza.
“Buongiorno signora, mi scusi, credo proprio di aver sbagliato camera.” Dissi prontamente.
“Sei Fausta?” Rispose sorridendo.
“Si” Balbettai sorpresa.
“Entra, che aspetti? Finalmente.”
“Ma, veramente, io credevo di trovare l'avvocato Maenza.”
Lei rise di gusto e dopo aver richiuso la porta alle nostre spalle, domandò:
“Devo mostrarti la carta d'identità e l'attestato di laurea Fausta?”
Arrossii come una bimba.
“Pensavo fossi un avvocato...cioè... insomma, si. Un uomo.”
Continuò a ridere, divertita dal malinteso e continuammo comunque a scambiarci frasi di circostanza finché il suo sguardo si fece più concentrato:
“Io, invece, ti immaginavo proprio così: minuta, magra, carina, simpatica e oltremodo interessante.”
Subito dopo, avvicinando il viso al mio, mi sfiorò le labbra.
Mi scostai immediatamente, precisando:
“Forse ti ho dato un'impressione diversa dalla realtà. Sono etero, non bi sex e tanto meno lesbica.”
“Etero - bi sex - lesbica. Son solo delle parole. La sola differenza è amare il sesso o non amarlo. Tu a quale categoria appartieni?”
Non risposi limitandomi ad affermare:
“Non son salita, comunque, per fare l'amore con nessuno.”
Non rispose, ma riprese a passare delicatamente le labbra sul mio collo. Ero paralizzata dalla vergogna e dall'imbarazzo. Non risposi a quei baci ma neppure ne rifuggii e neanche, inspiegabilmente, mi ribellai mentre iniziava a spogliarmi.
Inquietudine, turbamento e confusione si rincorrevano dentro di me finché le mie mani mi sorprendettero quando le vidi, quasi non fossi io a comandarle, afferrare i lembi della cintura del suo accappatoio e sciogliere il nodo che lo chiudeva.
Di lì a poco...
...beh, il resto, lo sapete già :-)

nota dell’autore:
i nomi dei personaggi sono del tutto immaginari. Ogni riferimento a persone esistenti o fatti realmente accaduti è da ritenersi del tutto casuale.
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