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spesa al supermercato


di maktero
27.01.2023    |    704    |    2 8.7
"Io ricambio, loro hanno delle gonneline senza mutande ogni tanto infilo la mano sotto gli agguanto le loro delicate labbra e gliele strizzo il più forte..."
Io, Luisa e Giovanna siamo al supermercato a fare la spesa, io porto il carrello mentre le donne scelgono gli alimenti.
Si attardono nel reparto ortofrutticolo dove scelgono ortaggi come zucchine, carote e melanzane, ridacchiando si esprimono dicendo che finiranno per essere cucinate nei nostri culi e nelle fighe.
Comprano diverse cose che senz'altro serviranno a soddisfare la nostra depravazione.
Di tanto in tanto le ragazze mi infilano le mani sotto la mia leggera maglietta e mi strizzano i capezzoli, oppure mi mettono le mani dentro i pantaloni e mi strizzano i coglioni facendomi contorcere per il dolore.
Tutto in vicinanza, ma di nascosto agli altri clienti.
Io ricambio, loro hanno delle gonneline senza mutande ogni tanto infilo la mano sotto gli agguanto le loro delicate labbra e gliele strizzo il più forte possibile.
Si inarcano per il dolore, qualche cliente forse si accorge della cosa, ma non si interessa più di tanto.
In fila alla cassa pesto i piedi di Luisa scalzi nei suoi leggeri sandali estivi.
Anche Giovanna si diverte a schiaccire i piedi di Luisa.
Lei cerca d trattenersi nelle manifestazioni di dolore per non allarmare gli altri clienti.
Io e Giovanna ci divertiamo molto in questo giochetto, scambiandoci divertenti sguardi di intesa.
Luisa intercettando i nostri sguardi di intesa,esclama a bassa voce; stronzi!
Usciamo dal supermercato, carichiamo la spesa in macchina, Giovanna si mette alla guida.
Luisa mi chiede di sedermi nel sedile posteriore insieme a lei; immagino che abbia in mente qualcosa di divertente, sono entusiasta.
Spero di divertirmi.
Giovanna avvia la macchina e parte, Luisa mi chiede di calarmi i pantaloni, io eseguo immediatamente; Luisa prende in mano i miei coglioni e comincia a strizzarmeli.
Io mi contorco per il dolore, Luisa aspetta che mi ripreda appena e poi riprende a strizzarmi le palle.
Mi agito e gemo, attorno a noi ci sono gli altri automobilisti, che senz'altro notano le mie contorsioni; chissà cosa avranno pensato.
Giovanna non prese la strada di casa e si diresse verso la campagna; io lì per lì tormentato dal laoro ai testicoli non ci feci caso.
E Luisa impegnata a maltrattarmi cercando con attenzione i miei testicoli da schiacciare il più possibile non notava la strada.
Inoltre tra una pausa e l'altra del mio trattamento ci abbandonavamo a profondi e lunghi baci in cui io infilavo la mano sotto la sua gonnellina, toccando e stimolando una figa fradicia.
Con sorpresa scoprimmo che Giovanna fermò la macchina in una piccola radura di campagna circondata da alti alberi ed arbusti.
Giovanna ci disse che eravamo arrivati, ci ordinò di scendere e di spogliarci, noi eseguimmo liiberandoci rapidamente dei nostri pochi vestiti.
Ad un lato della radura c'era una pozzanghera prodotta dalle recenti piogge estive.
Giovanna ci ordinò di buttarci dentro; eseguimmo senza esitazione.
Io e Luisa ci trovammo nudi in quei pochi centimetri di acqua putrida e viscida, ridevamo stendendoci nella fanghiglia e rotolandoci eravamo felici come bambini.
Giovanna prese qualcosa dal bagagliaio era un rosso pacco di pop corn, lo aprì e getto il contenuto nella pozzanghera.
La grossa quantità di pop corn in parte affondò nell'acqua viscida in parte rimase a galla.
Giovanna brutalmente ci disse di mangiare i pop corn.
Avemmo qualche attimo di esitazione ma dopo qualche istante ci gettammo su quel cibo infangato, ingoiando i pop corn bagnati, sporcati dall'acqua lurida e dal fango.
Facevano schifo e sentivamo in bocca la sensazione granulosa della sabbia o la la viscida presenza del limo.
Mentre mangiavamo quello schifo io e Luisa interrompevamo di tanto quel lurido pasto per baciarci; con la bocca fangosa ci attorcigliavamo le lingue intrise di grumi di sabbia, di pezzetti di pop corn, di viscido limo.
Fù un momento molto intenso, Giovanna si accorse dell'intensità della nostra passione e ci ordinò di smettere.
Ci ordinò di uscire dalla pozzanghera, ci diede degli stracci per pulirci, ci rivestimmo e risalimmo in macchina.
Giovanna guidò verso casa,ci disse che la prossima volta ci avrebbe legati gettati dentro la pozzanghera ed abbandonati lì per tutta la notte.
Esprimemmo dei vigorosi apprezzamenti a questa idea, dichiarando che non vedevamo l'ora.





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