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Mannaggia al malocchio


di adad
17.11.2022    |    10.470    |    18 9.7
"Nella destra reggeva una candela nera e nella sinistra un incensiere, che faceva oscillare, spandendo intorno un denso fumo profumato d’incenso..."
“E tu sei convinto che ti hanno fatto il malocchio?”, disse l’uomo, un quarantenne dalla cupa bellezza fascinosa, seduto dietro l’ampia scrivania, ingombra di strano oggetti scaramantici.
“Sì, dotto’.”, rispose il giovane seduto davanti a lui, che intanto si guardava attorno con occhio smarrito.
“Non sono dottore, non nel senso medico, per lo meno.”
L’altro sollevò le spalle e fece un gesto con le mani, a significare “Allora?”
L’uomo sorrise bonariamente:
“Io sono un guaritore, - precisò – guarisco grazie ai miei poteri.”
“E' un mago, lo so.”
“Appunto, sono il Mago Assuero e traggo i miei Poteri dall’Antica Misteriosofia dei Sacerdoti Esoterici Babilonesi.”, disse compiaciuto Mago Assuero, indicando con un ampio gesto delle braccia le pareti cariche si simboli astrali, magici e demoniaci.
Il giovane si guardò attorno con aria spaesata, poi riportò l’attenzione sull’uomo, che gli sedeva di fronte, dall’altra parte della scrivania.
“Ma dimmi come ti chiami, giovane amico.”, riprese l’uomo.
“Mi chiamo Gualtiero, signor Mago…”
“Gualtiero… nome importante… e quanti anni hai?”
“Trenta, appena compiuti.”
“E perché sei venuto da me, Gualtiero caro.”
“Ho paura che qualcuno m’ha fatto il malocchio…”, balbettò il giovane.
“Il malocchio?... sei venuto dalla persona giusta. E come te ne sei accorto? che mali effetti ti produce?”
“Ecco… - fece il giovane, imbarazzatissimo – dotto'… il fatto è che non mi si addrizza più!”
“Cosa non ti si addrizza più?”
“Come, cosa? Dotto'… non mi si addrizza più… qui sotto.”
“Vuoi dire che non hai più erezioni?”
“Eh, quella roba lì…”
“Ma forse dovresti andare dal medico… ci sei andato?”
“E come, no? ci sono stato. Prima dal mio medico curante, che m’ha dato una scatola di pillole… e niente. Allora m’ha mandato dallo specialista… l’antro…coso, che manco so che è…”
“L’andrologo, - precisò il Mago – lo specialista dei problemi maschili. E che ti ha detto?”
“Dotto’, mi ci voleva infilare una cannuccia dentro… Ho detto: no! Allora m’ha fatto pi… orinare, mi scusi, in un bicchiere, ha guardato, analizzato e ha detto che non c’è niente. Allora, m’ha fatto prendere una pastiglia azzurra e m’ha dato una rivista con donne nude, per vedere se succedeva qualcosa… ma niente ancora. Alla fine, m’ha prescritto una scatola di pillole… ma non come quelle del mio medico, diverse… che però non m’hanno fatto niente manco loro! Dotto’, sono disperato... mannaggia a me e mannaggia a chi m’ha fatto sto malocchio!”, e il povero Gualtiero quasi scoppiò a piangere.
Mago Assuero stette a guardarlo con aria compunta, probabilmente chiedendosi quanto sarebbe riuscito a spillargli.
“Mi chiamavano il toro della Ravicella… Ravicella è il mio paese, dove sono nato, - riprese Gualtiero – signor Mago, tante ne vedevo e tante…”
“Finché te ne sei fatta una di troppo e il marito o il fidanzato ha detto basta e ti ha messo il lucchetto all’uccello. Dev’essere proprio andata così… Ma vediamo, prima di tutto se questo malocchio, questa affatturazione ce l’hai per davvero. – e allungò la mano a prendere un grosso mazzo di carte – Vediamo… vediamo… - e cominciò a mischiare le carte, fissando il vuoto – Alza… con la sinistra… sempre con la sinistra…”
Gualtiero tagliò il mazzo, il Mago prese il mazzetto rimasto sulla tavola e cominciò a disporre le carte secondo un certo sistema.
“Uhmm… uhmm… - grugniva osservando le carte e la loro disposizione – Eh, già… ce l’hai il malocchio, ce l’hai… e pure bello grosso!”
“Oh, mamma mia!”, gemette il povero Gualtiero.
“E pure bello grosso… - ripeté il mago, continuando a scrutare le carte – Ma… un momento… Giovanò, qui risulta… Ma niente, niente te la fai pure con gli uomini?”
“Io, con gli uomini? – saltò su Gualtiero – Ma scherza, dotto’ ? E che sono ricchione, io? ma quando mai! Il toro della Ravicella, mi chiamavano! Lei si sbaglia.”
“Io, sbagliarmi? Ma cosa dici, giovanotto? Qui c’è chiaramente un cavallo di bastone vicino alla figura che ti rappresenta! Il che significa commercio carnale contro natura, che tu e un altro, insomma, avete fatto l’inchiappo. E che le carte si sbagliano, adesso?”
“Dotto’, ma io le giuro che mai… Sono un uomo normale, io! Mai e poi mai mi è passato per la testa di andare con un uomo… Ma scherziamo?
“Le carte dicono così! – tagliò corto il Mago – E le carte non mentono!”
Gualtiero fece per protestare ancora la sua assoluta ortodossia sessuale, ma il mago gli fece cenno di tacere.
“Non è questo il problema, - disse – il problema è il tuo malocchio, che c’è ed è serio. Tranquillo, però, io posso intervenire e risolverlo… ma tu capisci che devo fare un intervento impegnativo…”
“Quanto… quanto pensa che mi costerà?”, balbettò Gualtiero, capendo l’antifona.
Il mago ci pensò su, fece mentalmente quattro calcoli… si lisciò il pizzetto sul mento, si grattò la mano…
“Tenendo conto del tempo e delle sostanze che dovrò usare… - iniziò – sostanze pregiate… direi un migliaio, tanto per cominciare.”
“Un migliaio?...”, anelò Gualtiero, inghiottendo a vuoto.
“Mille euro, sì. Ovviamente in anticipo. Ma si intende, giovanotto: soddisfatti o rimborsati, questa è la mia politica, se la cura non andrà a buon porto, ti verrà restituito tutto, tolte naturalmente le spese vive. Pensaci, e quando vuoi, torna da me, così vediamo quello che si può fare.”
Gualtiero si alzò per andare via… mille euro erano mille euro… Ma nello stesso tempo, gli premeva liberarsi di quel problema… Giunto alla porta, si decise.
“Dotto’, - disse, tirando fuori il portafoglio dalla tasca – ormai sono qui… possiamo farlo subito?”
Il Mago cercò di nascondere l’esultanza, consultando l’orologio.
“Al prossimo appuntamento mancano quattro ore… sì, dovrebbe essere possibile… Vieni.”, e lo accompagnò in uno stanzino buio, senza finestre.
Nell’aria si respirava un odore di incenso e altri profumi, così intenso che diede a Gualtiero un leggero giramento di testa, non appena vi ebbe messo piede. Si fermò sulla soglia, mentre il Mago, muovendosi al buio con sicurezza andava ad accendere quattro candele, una per angolo. Poi lo prese per mano e lo condusse al centro dello stanzino, le cui pareti erano interamente coperte da tendaggi scuri ricoperti da simboli astrali e altri disegni misteriosi.
“Togliti i pantaloni e le mutande, - gli disse il Mago – e aspettami qui. Devo preparare il necessario.”
Detto questo, uscì, mentre Gualtiero, dopo essersi guardato attorno con aria spaesata, si tolse le scarpe e si sfilò prima i pantaloni e poi le mutande, andando a riporli in disparte. Poi tornò al centro della stanza, sentendosi vagamente a disagio, con il culo di fuori e il grosso cazzo, che penzolava inanimato.
Ad un tratto, la porta si riaprì con uno scricchiolio e ricomparve il mago vestito di una lunga tunica ricamata di simboli magici, che pareva il mago Merlino; in testa aveva una mitra, come gli antichi sacerdoti esoterici di Babilonia. Nella destra reggeva una candela nera e nella sinistra un incensiere, che faceva oscillare, spandendo intorno un denso fumo profumato d’incenso.
Gualtiero rimase a bocca aperta: indubbiamente, la cerimonia era suggestiva, il Mago sapeva il fatto suo. L’uomo gli si avvicinò, cantilenando in una lingua misteriosa; poi cominciò a giragli attorno, oscillando verso di lui l’incensiere e illuminandolo con la candela nera. Poi appese l’incensiere ad una catenella, che pendeva dal soffitto e riprese a girargli attorno, sfiorandolo con la candela, che ad un certo punto gli passò anche sotto il cazzo, che però era talmente morto, da non avvertire neanche il bruciore quando venne sfiorato dalla fiammella.
Alla fine, depose la candela su un tavolinetto e prese un vasetto, pieno di un unguento il cui profumo penetrante sembrò trapassargli le narici e scendergli direttamente nei polmoni, quando ne tolse il tappo.
“Togliti anche la maglietta, - sussurrò tornandogli vicino – la Dea vuole vederti nudo.”
Senza batter ciglio, Gualtiero si sfilò anche la maglietta, lasciandosela ricadere ai piedi, quasi in stato di trance. E in effetti i forti profumi dell’incenso e dell’unguento gli avevano un po’ gonfiato la testa.
Il Mago Assuero gli si fece accosto, intinse un dito nel vasetto e prese a spalmargli un velo d’unguento sui capezzoli, mentre borbottava:
“Ulukain derràs waiki mellopum… “, e altro nella lingua misteriosa dei Sacerdoti Esoterici Babilonesi.
Dopo avergli unto i capezzoli, il Mago si spalmò l’unguento su entrambe le mani e cominciò impiastricciarglielo sulle palle, sempre salmodiando la sua cantilena. Gli massaggiò lo scroto, finché l’unguento non su assorbito, lasciandogli una vaga sensazione di frescura; dopo di che, passò al cazzo: sorreggendo il biscio morto sul palmo di una mano, con l’altra prese a unguentarlo, borbottando formule misteriose. Andò avanti per un pezzo a manipolargli l’intero apparato genitale, passando con passione dalle palle all’uccello.
“Senti qualche segno di vita?”, chiese ad un certo punto.
Gualtiero scosse la testa sconsolato: l’organo risultava ancora più morto di prima. Reprimendo il suo disappunto, il Mago riprese a manipolargli prima lo scroto e poi l’uccello, con tanto di quell’unguento e di quella maestria da far pensare a qualche maligno che ci stesse prendendo un certo gusto. Il che è anche vero, del resto, considerando quanti sono gli uomini colpiti da malocchio all’uccello… soprattutto quelli sposati, che dopo un anno della stessa minestra, il malocchio se lo buttano da soli.
All’ennesima constatazione che era tutto inutile:
“L’affatturazione è più forte di quanto credessi… - ammise il Mago - Devi aver pestato i piedi a qualcuno molto potente. Non ti viene in mente nessuno?”
A Gualtiero venne in mente il maresciallo dei Carabinieri, di cui si era scopato la moglie e la figlia, ma non disse niente, anche perché i fatti risalivano a tre anni prima.
“Dobbiamo ricorrere ad un rito più forte. – disse allora il Mago – Chinati.”
Come ipnotizzato, il giovane si chinò, puntellandosi con le mani sui ginocchi.
Il Mago gli andò dietro, intinse il dito nel vasetto e cominciò a spalmargli l’unguento tutt’attorno al buco del culo, spingendo ogni volta il dito un po’ più dentro. Gualtiero stava per protestate, ma la voce, potente stavolta del Mago, lo ammutolì:
“Bleraim katanòs, zumì…Bleraim katanòs zumì…”, tuonava il Mago Assuero e ad ogni zumì, spingeva il dito tutto dentro, strofinandoglielo sulla prostata.
Ma per quanto il rituale andasse avanti e le dita nel culo di Gualtiero fossero diventate due e poi tre, non c’era nulla da fare: l’uccello gli rimaneva più moscio di quello di Matusalemme al compimento del novecentesimo compleanno.
“A mali estremi, estremi rimedi!”, sbottò, allora, il Mago spazientito e, sfilatasi la tunica, sotto la quale per motivi rituali era nudo, si unse abbondantemente di unguento l’uccello turgido e lo schiantò d’un colpo solo nel retto di Gualtiero, urlando:
“Abissomen! Maralakai dianosper… katanòs zumì… katanòs zumì… katanòs zumì…”, e prese a zangolargli dentro avanti e indietro, urlando quel katanòs zumì, ogni volta che dava di cozzo.
Ma per quanto si sbattesse, per quanti “katanòs zumì” urlasse, per quanto, infine, il rituale fosse coronato da una copiosa offerta di sperma agli dèi dell’abisso, il cazzo di Gualtiero non ebbe neanche un fremito di vita.
“Mi dispiace, - disse mortificato il Mago Assuero, tirandosi indietro e rimettendosi la tunica – ma devo riconoscere che la fatturazione è troppo potente perfino per me. Rivestiti pure, non posso fare altro per te.”
Sconvolto dal fallimento, Gualtiero si rivestì e si avviò mestamente alla porta.
Prima che uscisse, però:
“Aspetta, - lo fermò il Mago – il rituale non è riuscito: come d’accordo, soddisfatti o rimborsati.”, e gli porse le dieci banconote da 100.
“Sono troppi, - disse onestamente il giovane – il suo tempo, le sostanze che ha usato…”
“Non fa niente, - disse l’altro – mi dispiace davvero tanto non averti potuto aiutare. Buona fortuna.”, e richiuse il portone.
Gualtiero si allontanò lentamente, si sentiva l’anima sotto i piedi: se neanche un mago così bravo era riuscito ad aiutarlo, a chi poteva rivolgersi? Lacrime di delusione gli velarono gli occhi, mentre camminava, mettendo meccanicamente un piede davanti all’altro, senza neanche rendersene conto.
Ma ecco che, fosse l’azione combinata dell’unguento magico e della sborra esoterica del Mago, ad un tratto Gualtiero cominciò a sentirsi tutto un calore nel fondo del retto, un fuoco che piano piano prese a diffonderglisi per tutto il basso ventre; le palle cominciarono a pesargli e dei brividi leggeri gli formicolarono lungo i ventricoli vuoti ed esanimi del cazzo…
Gualtiero si fermò sconcertato… cosa stava succedendo? Intanto il fuoco divampava, i fremiti lungo l’asta divennero incessanti, formicolanti come un arto che si sveglia, dopo essersi addormentato… Presto la mazza ebbe un fremito… le valvole si riaprirono… il sangue riprese ad affluire nei condotti… L’organo prese a crescere, a gonfiarsi, a inturgidirsi, fino a ritrovarselo duro e urlante nelle mutande, peggio che se avesse preso una scatola intera di Viagra.
“Ha funzionato!”, urlò in mezzo alla strada, dove si trovava.
“Ha funzionato!”, gridava in faccia alla gente che si girava a guardarlo.
Allora, tornò indietro di corsa e suonò il campanello al portone del Mago.
“Ha funzionato!”, disse esultante, buttandosi ad abbracciare il Mago sbalordito, non appena comparve sulla porta ancora con la sua tunica addosso.
“Calmati, - disse quello, sciogliendosi dall’abbraccio – che ti succede, racconta.”
“Dotto’, ha funzionato! Guardi.”, e gli mostrò il lungo profilo dell’uccello duro sotto i pantaloni.
“Tiralo fuori, vediamo questa meraviglia.”
Gualtiero non se lo fece ripetere due volte: si sbottonò i pantaloni e se li calò freneticamente assieme alle mutande, sfoderando una sleppa di cazzo, che non mostrava alcun segno di voler tornare a dormire.
“Oh!... – fece il Mago, leccandosi le labbra – sia lode alla Dea! Ma vieni, torniamo di là, diamo a questa superba Creatura la Benedizione Suprema…”, e afferratoglielo saldamente con mano rapace, lo condusse nuovamente nello stanzino, chiudendosi accuratamente la porta alle spalle.
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