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Gay & Bisex

Mauro e Franco Cap. 1


di Discobolo
12.02.2023    |    3.327    |    2 9.8
"Ad un certo punto me ne resi conto e, senza che lo avessi voluto, un enorme senso di eccitazione fisica mi pervase..."
Questo racconto è molto lungo. Suggerisco di leggerlo poco alla volta. In ogni caso l'ho suddiviso in più parti.

Mauro e Franco
Prima parte: la sorpresa.
Cap. 1
Mi chiamo Franco, ho quasi sessant’anni e sono un professore di storia e filosofia. Sposato, ho due figli ormai grandi: Caterina di trent’anni e Pierluigi di ventisei.
Conosco Mauro da alcuni anni. Frequentiamo una medesima associazione culturale i cui soci si incontrano con cadenza settimanale, ogni venerdì sera, per discutere su un argomento diverso di volta in volta, ma sempre avente una solida valenza culturale, che viene di solito proposto da una trattazione che, a turno, uno dei soci espone agli altri. I temi spaziano in ogni campo dello scibile umano. Ogni socio porta agli altri i frutti della sua specifica cultura o esperienza perso-nale. Avevamo ascoltato sociologi illustrare le problematiche attuali dei giovani, insegnanti di lettere illustrare i significati allegorici dei poemi omerici, della Divina Commedia, del Decamerone, del Satyricon, ecc.; qualche scienziato ci aveva illustrato la bellezza delle galassie, la complessità della struttura dell’atomo, le meraviglie della natura nell’infinita-mente grande e nell’infinitamente piccolo. Dopo la relazione, si lascia ampio spazio agli interventi degli ascoltatori, che possono essere solo richieste di ulteriori delucidazioni od anche nuovi contributi all’argomento trattato. La serata si conclude sempre, salvo occasionali impedimenti, in una pizzeria vicina alla sede dell’associazione, dove si continua a chiacchierare, a coppie o piccoli gruppi, sia del tema trattato sia di altre cose.
A tavola non c’è una sistemazione dei posti predisposta, e ci si siede dove capita. Siamo tutti amici, per cui si sta bene, chiunque ci sieda vicino, e con tutti si possono scambiare discorsi assai gradevoli ed interessanti.
Era capitato altre volte che Mauro, un insegnante di pittura del Liceo Artistico, sedesse al mio fianco. Ci eravamo tante volte intrattenuti insieme a discutere non solo delle nostre specifiche materie (a me piace molto l’arte in genere e la pittura in particolare, anche se sono solo un amatore dilettante – Mauro si interessa sovente alle mie interpretazioni filosofiche della storia, materie che insegno in un liceo classico).
I nostri incontri settimanali e le nostre non infrequenti conversazioni, che qualche volta escono dai soliti temi per soffermarsi su problemi contingenti, della vita quotidiana, dei generici rapporti sociali, dei fatti di cronaca talvolta eclatanti, si sono sempre svolti nel più schietto cameratismo e con la più ampia panoramicità di vedute, senza che tra noi intervengano contrasti né su argomenti attinenti alla politica, né su temi morali o religiosi, o semplicemente culturali.
Direi che andiamo molto d’accordo, che ci stimiamo a vicenda ammirando, ciascuno, l’altro quale persona assai preparata, di vasta ed eclettica cultura.
Abbiamo l’abitudine, tutti i soci, quando ci si incontra o ci si lascia, di salutarci con molta cordialità, abbracciandoci affettuosamente e baciandoci sulle due guance; abitudine che non ha mai dato adito a pensieri strani o, peggio, a reazioni non amichevoli.
Quella sera, però, accadde qualcosa di inaspettato, che né Mauro né io pensavamo potesse mai accadere.
Vorrei premettere che in tutta la mia vita passata, al di là di qualche esperienza giovanile dettata più che altro dalla curiosità, avevo sempre avuto un comportamento esclusiva-mente eterosessuale. Anzi, poco soddisfatto delle prestazioni erotiche di mia moglie a causa di una sua sensibilità esclusivamente clitoridea, ho assai spesso … pascolato fuori di casa, soprattutto tra le colleghe insegnanti, specialmente in occasione di gite scolastiche o quando mi sono capitati incarichi fuori dalla mia residenza, il che è accaduto assai di sovente. Perciò, fino a quella sera, non sapevo di possedere anche una grossa carica erotica di natura omosessuale, come accadde di accorgermi in maniera inattesa.
Eravamo a tavola, seduti, Mauro ed io, uno accanto all’altro, come era accaduto decine di altre volte. Era accaduto che quella sera eravamo in numero leggermente maggiore del previsto, per cui la tavola che aveva preparato Tonino, il proprietario della pizzeria, mancava di alcuni posti. Poiché gli altri tavoli erano tutti occupati o prenotati, ci adattammo lo stesso, facendo aggiungere le sedie ed i coperti che mancavano, stringendoci un poco.
In tale situazione si verificava che, se uno di noi si volgeva verso destra o verso sinistra col busto, inevitabilmente le gambe venivano a contatto con quelle dei vicini. Mauro ed io stavamo parlando di pittura: egli mi stava illustrando alcuni dettagli dell’Ultima Cena di Leonardo da Vinci, evidenzian-done i significati esoterici mirati ad illustrare la cosmogonia spirituale dell’uomo.
A causa del vocìo della sala, per sentire meglio quello che diceva, stavo girato verso di lui e la mia coscia sinistra aderiva insistentemente a quella destra di lui. Ad un certo punto me ne resi conto e, senza che lo avessi voluto, un enorme senso di eccitazione fisica mi pervase. Mi accorsi che il mio pene si era gonfiato ed indurito, dandomi anche parecchio fastidio perché imprigionato verso il basso dentro i pantaloni, mentre avrebbe voluto distendersi verso l’alto.
Dal momento in cui me ne resi conto, persi il filo del discorso che Mauro mi stava facendo: la mia attenzione era tutta dedicata al contatto delle nostre cosce ed alla meravigliosa sensazione che esso mi provocava.
Non avevo la più pallida idea dei gusti sessuali di Mauro. Non riuscivo ad immaginare come avrebbe reagito il suo organismo, e soprattutto il suo cervello, se si fosse reso conto della valenza erotica che quel contatto stava assumendo. Ma la mia eccitazione, ed il desiderio di trasmettergliela, continua-vano ad aumentare.
Ad un certo punto, accompagnando una mia osservazione con un gesto apparentemente casuale, appoggiai la mia mano sinistra sulla sua coscia destra per qualche istante; poi la ritrassi subito. Egli parve non essersene neppure accorto, per cui, dopo qualche minuto, approfittando di un’altra mia osservazione che voleva essere riservata e confidenziale, mi accostai a lui ancora di più, appoggiando in maniera del tutto naturale la mano sulla sua coscia, e ve la tenni per qualche minuto.
Stavolta ebbi la sensazione che lui l’avesse notata, ma non fece una grinza. Anzi, subito dopo, rivolgendomi un’altra frase di tipo confidenziale, fu lui ad appoggiare la sua mano sulla mia coscia.
La mia eccitazione era allo spasimo. Sentivo il pene (che con molte acrobazie ero riuscito a porre nel suo giusto verso, appoggiato al ventre) che pulsava maledettamente. Pensavo che un fiume di liquido genitale premesse dai testicoli con l’intenzione di slanciarsi verso l’orifizio uretrale, ed avevo il terrore di avere un orgasmo che mi avrebbe inondato di sperma le mutande e, attraverso di esse, l’interno dei pantaloni. Forse anche la macchia di umidità sarebbe finita visibile addirittura dall’esterno, ed allora la situazione, da imbarazzante, si sarebbe fatta addirittura tragica.
Stavo fermo, per evitare che un eccessivo movimento, provocando lo sfregamento della stoffa sul glande, aumentasse l’eccitazione ed accelerasse l’eiaculazione.
Non potevo, però, interrompere la strategia che mi ero prefisso per cercare di capire se Mauro avesse capito, se gradiva le mie attenzioni o meno.
Ancora una volta allungai la mano verso la sua coscia, e stavolta la spinsi un poco più avanti, sicché con il dorso delle dita riuscii a sfiorare i suoi genitali. Potei così constatare che anche il suo pene era gonfio e sull’attenti.
Mauro, questa volta, non poté fare finta di niente, per cui si girò verso di me e mi gratificò di uno splendido sorriso di complicità. Poi, a sgombrare il campo da ogni possibile equivoco, allungò la sua, di mano, non proprio verso la mia coscia, ma direttamente sul pene. A questo punto toccava a me dichiarare il mio gradimento, e, rivolgendogli un ampio sorriso di sollievo, gli dissi: “Grazie, Mauro, avevo avuto paura di offenderti.” Al che lui rispose: “Macchè! Era da tempo che aspettavo un gesto di incoraggiamento da parte tua.”
Mi sentivo felice, lusingato. Mi sembrava di toccare il cielo con un dito. Prima di quella sera non mi sarei mai aspettato uno sviluppo in tal senso dei nostri rapporti, e ne ero enormemente soddisfatto e gratificato.
Mauro, infatti, è un bellissimo ragazzo, poco più che trentenne, alto, robusto senza un briciolo di pinguedine. Chiaro di carnagione, porta i capelli molto corti e veste sempre in maniera sobria ma assai elegante. Qualche volta mi era capitato di notare che il suo fondo schiena era accentuato, quasi come quello di una donna, ma non ne era scaturita nessuna sensa-zione erotica, solo una osservazione di carattere oggettivo.
Io sono, come dicono, ancora un bell’uomo, ma ho già sessant’anni. Non potevo aspettarmi, e tanto meno pretendere, che un ragazzo così giovane e così bello accettasse le mie attenzioni erotiche, anche se le mie prestazioni fisiche non sono degradate da quando avevo trenta o quaranta anni. Però un po’ di pancia, qualche ruga e qualche acciacco denunciano la mia età.
La serata proseguì in un tumultuoso accavallarsi di sentimenti e di sensazioni: alla felicità di avere scoperto il feeling che ci univa già da tempo, ma che si era manifestato solo quella sera, e per puro caso, faceva da contrasto la sofferenza di dovere contenere i nostri atteggiamenti, di dovere rinviare le effusioni che sentivamo di volerci scambiare, per non fare notare agli altri quello che era accaduto e che stava accadendo tra noi due. Gli dissi: “Il supplizio di Tantalo!” Mi rispose: “Soffro anch’io! Appena finita la cena, andiamocene via.”
Per distrarci, riprendemmo l’argomento di Leonardo, ma le considerazioni di carattere profondamente culturale che stavamo facendo (veramente era lui che le faceva), non riuscivano a distrarre né me né lui, e ci veniva da ridere anche a fronte delle affermazioni più serie.
Come Dio volle, la cena ebbe termine. Salutammo “affettuosamente” tutti gli altri soci e ci avviammo verso le nostre macchine. “Andiamo a casa mia”, disse Mauro, “voglio offrirti un buon digestivo.”
Prendemmo ciascuno la propria macchina e ci dirigemmo verso la sua casa.


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