Prime Esperienze

Bruno


di Discobolo
12.02.2023    |    1.427    |    2 9.4
"E mentre quella esce dal buchino, Bruno freme tutto, sobbalza sul letto ed emette dei grugniti di soddisfazione, cose tutte che mi danno consapevolezza di..."
I fatti di questo racconto risalgono a moltissimo tempo addietro e penso che al giorno d'oggi sono praticamente irripetibili. Ma spero che esso sarà gradevole per i lettori di Annunci69.

Bruno
Se ricordo bene non avevo più di cinque o sei anni. Papà assente da casa per lavoro. Mamma, insegnante, impegnata a scuola per metà giornata e per l’altra metà dedita ai lavori di casa, con un parziale aiuto da parte delle due sorelle maggiori.
Tempi tranquilli, e famiglia molto ben conosciuta e stimata in paese, mi consentivano di trascorrere tutto il mio tempo libero fuori casa, giocando con i ragazzi del mio rione o stando semplicemente seduti sui gradini di una qualche casa a chiacchierare tra di noi, coi più grandi e smaliziati ad insegnare ai più piccoli ed ingenui fatti e comportamenti sessuali, magari deformati dalla fantasia infantile o tramandati con volontarie scherzose varianti, che i più piccoli magari accoglievano a bocca aperta.
Comunque, abbastanza precoci tutti su molti eventi della vita sessuale. Il che suscitava spesso curiosità morbose che si tentava di soddisfare anche con i fatti.
Tra i tanti contatti umani del quartiere, avevo fatto amicizia con un ragazzo forestiero poco più che diciottenne, di nome Bruno, che, figlio di un meccanico automobilistico, non solo aveva la patente, ma era in grado di fare l’ordinaria manutenzione di una macchina di grossa cilindrata. Come certe berline che solo persone di alto ceto sociale, ma soprattutto economico, potevano permettersi, con in più l’autista.
Io, bambino, ero affascinato dalle automobili, che allora erano molto rare, per cui presi a frequentare il garage dell’avvocato Guanella, dove era custodita la Lancia Aurelia affidata alla guida ed alle cure di Bruno.
Mi affascinava vederlo trafficare con il motore, con i meccanismi delle sospensioni e con tutti i congegni meccanici dell’auto, chiedendo continue spiegazioni a Bruno.
Nacque così una grande amicizia tra noi due, anche se con tanta differenza di età.
Quando non era in garage, capitava spesso che lo andassi a trovare nel suo alloggio, una piccola dependance della villa dell’avvocato, e lì gli facevo compagnia e stavamo a chiacchierare di tante cose.
Un giorno, non so come accadde, stavamo giocando un po’ manescamente sul suo letto. Ad un certo punto, non so quanto involontariamente, le sue mani finirono sul mio pisellino. Quel contatto me lo fece diventare duro e, avendo una buona dotazione fin dalla più tenera età, la punta se ne uscì fuori dal bordo dei pantaloncini che a quel tempo era il vestiario tipico dei bambini.
Lui, con la scusa di complimentarsi con me per le dimensioni abbondanti, rispetto alla mia età, del mio pisello ed anche per la facilità con cui diventava duro, cominciò a manipolarlo con delicatezza, tirandolo del tutto fuori dal pantaloncino, e carezzandolo con l’andirivieni della pelle esterna su e giù di tutta l’asta, specialmente la rossa punta arrotondata che possedeva la maggiore sensibilità.
Chiaramente il giochino mi procurava piacere, anzi molto piacere, per cui fui felice di lasciarlo fare.
Ad un certo punto, prese il mio bastoncino con tre dita (pollice, indice e medio) ed accelerò gradatamente il movimento di andirivieni, che prima di allora nessuno mi aveva fatto provare e che io non conoscevo.
Quella specie di solletico che fin dall’inizio mi aveva fatto immensamente piacere cominciò a diventare sempre più forte, più forte, più forte, finché una sensazione, anche se piacevolissima, però eccessivamente violenta tanto da diventare sgradevole, non colpì l’intero mio pisello, costringendomi a chiedergli per favore di smetterla, perché mi dava enormemente fastidio.
Lui smise, ma cominciò a descrivere quello che era successo, sottolineando come il movimento che aveva praticato sul mio pisello era proprio finalizzato a dare grande piacere all’organo ed a tutta la persona.
Mi propose, allora, se volevo provare a fare al suo pisello quello che lui aveva fatto al mio, dicendomi che anche lui, così, avrebbe raggiunto quel piacere che aveva fatto provare a me.
La curiosità che fin dall’inizio si era impadronita del mio cervello, ed il desiderio di ricambiare a lui il piacevole lavoro che lui aveva effettuato su di me, mi spinsero a prendere in mano il suo pisello, certamente molto più grande del mio, e, guidato da lui che mi fece adattare la mano intorno al tronco alla giusta altezza, guidando anche con le parole l’intensità della mia stretta, cominciai a masturbarlo (parola allora da me sconosciuta), ricavando un gran piacere sia fisico, per il fatto di tenere in mano quel coso duro come un muscolo in tensione, ma morbido come se fosse rivestito di seta, ed anche molto caldo e vivo, sia psicologico perché ero cosciente di procurargli il piacere che lui aveva procurato a me, ricambiando la cortesia.
Dopo alcuni minuti di quel movimento ormai divenuto meccanico, sento dentro la mano che il suo pisello comincia a pulsare. Lui mi incoraggia a continuare trasformato in viso e con voce roca. Io continuo con maggior lena e… pluff, pluff, pluff, dalla punta di quel cannolo di carne comincia a sputare una cosa liquida, densa e bianca, come il latte condensato. E mentre quella esce dal buchino, Bruno freme tutto, sobbalza sul letto ed emette dei grugniti di soddisfazione, cose tutte che mi danno consapevolezza di averlo fatto godere immensamente e che mi rendono felice del risultato.
Dopo quella volta, con Bruno ci incontrammo diverse volte ancora nel suo alloggio e ripetemmo il giochetto in cui prima lui faceva godere me e dopo io facevo godere lui.
Qualche volta lo facemmo anche nel garage, quando potevamo chiudere la porta, perché lui aveva una grande paura che qualcuno se ne accorgesse e lo andasse a dire a casa mia, nel qual caso lui sapeva di rischiare molto. Ma per fortuna non accadde mai nulla di spiacevole.
Solo che dopo qualche mese lui lasciò quel lavoro, non ricordo perché, ma probabilmente perché il suo papà aveva bisogno del suo aiuto nell’officina del paese dove si trasferì.
Non ho più rivisto Bruno, ma ho sempre conservato di lui un piacevolissimo ricordo.

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