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Gay & Bisex

Mauro e Franco Cap. 2


di Discobolo
12.02.2023    |    1.439    |    2 9.8
"Mauro mise la sua auto nel box e mi raggiunse davanti al portone; aprì ed entrammo nel vasto atrio d’ingresso, dirigendoci sollecitamente verso l’ascensore..."
Cap. 2
Mauro è scapolo e, da quando ha perso la mamma, vive da solo in un appartamento di proprietà, al terzo piano di una palazzina condominiale in pieno centro. Trovare un parcheggio, alle undici e passa di sera, fu un’impresa, ma alla fine trovai un invitante divieto di sosta nel quale, data l’ora, piazzai l’auto senza eccessive preoccupazioni.
Mauro mise la sua auto nel box e mi raggiunse davanti al portone; aprì ed entrammo nel vasto atrio d’ingresso, dirigendoci sollecitamente verso l’ascensore. Forse in altro momento, con altro stato d’animo, non avremmo avuto alcuna preoccupazione a farci vedere insieme, ma i nostri intimi pensieri ci davano quel tanto di senso di colpa che ci faceva desiderare di non essere visti o notati da nessuno.
Dentro l’ascensore non ci riuscì di trattenerci. Mauro mi abbracciò teneramente appoggiando le sue labbra sulle mie, con estrema dolcezza e delicatezza.
Sia per me che per lui era la prima volta che baciavamo un uomo in maniera non semplicemente amichevole. Provavo una strana sensazione: da una parte si riaccendeva l’eccitazione che mi aveva perseguitato per quasi l’intera serata; dall’altro la mia mente era attraversata da una sensazione di dolce abbandono, di languida serenità; un sentimento di affetto profondo e senza secondi fini, di un amore puro ed innocente, come se fossimo due bambini che giocavano bene insieme senza le preoccupazioni ed i bassi istinti degli adulti.
Non provavamo neppure, né lui né io, a modificare quel tipo di bacio pudico che, nella sua casta platonicità, diceva tutto della bellezza e della purezza dei nostri sentimenti. Non eravamo, di certo, due froci smaniosi di incularsi e spompinarsi a vicenda.
L’ascensore arrivò al piano fin troppo velocemente. A malincuore staccammo le nostre bocche da quel dolcissimo bacio ed uscimmo. Ci dirigemmo verso la casa di Mauro ed, accomodatici nell’ampio salotto, ci sdraiammo su due poltrone d’angolo tra le quali stava un bel tavolinetto intarsiato, sovraccarico di ninnoli e cornicette d’argento con fotografie, oggetti che erano stati assai cari alla signora Letizia, la mamma di Mauro.
Lui andò in cucina da dove tornò con due bicchieri appannati di ghiaccio, appena tolti dal frizer, ed una bottiglia, anch’essa gelata, di Vecchio Amaro del Capo. Ce ne versammo due dita per ciascun bicchierino e ce lo centellinammo in perfetto silenzio, evitando di incrociare gli sguardi.
Ognuno aspettava che fosse l’altro a prendere l’iniziativa, preoccupato di non esordire con una frase o con una mossa sbagliata, che potesse risultare sgradita all’amico. Trascorsero così alcuni minuti senza che nulla accadesse.
Poi, per mera necessità e non per rompere quella cappa di silenzio, chiesi a Mauro di indicarmi il bagno. Mi ci accompagnò davanti ed andò via.
Quando fui dentro, mentre facevo pipì, una accozzaglia di pensieri e di dubbi mi assalirono: come mai da quando eravamo entrati in casa non era accaduto niente? Forse mi ero sbagliato sulle vere intenzioni di Mauro ed egli aveva manifestato solo un affetto fraterno nei miei confronti che io avevo male interpretato? “Ma no”, mi dicevo, “se così fosse, al ristorante non mi avrebbe accarezzato il pene sotto la tavola”. In effetti ero io che, completamente ignorante sul come affrontare la situazione, mi costruivo pensieri problematici che mi consolassero della mia totale incapacità a predisporre una strategia d’azione. D’altro canto, mi accorgevo che anche Mauro era nelle mie stesse condizioni: anche lui privo di esperienza al riguardo, forse non aveva la più pallida idea di come cominciare.
Prima di uscire dal bagno, ebbi comunque l’accortezza di lavarmi ben bene il pene, adoperando anche la saponetta; poi lo asciugai, ma prima di ricompormi per uscire la mia attenzione fu attratta da una scatola di crema emolliente per le mani. “Non si sa mai”, pensai, e me ne spalmai un poco sia sul glande che intorno allo sfintere anale.
Quindi mi ricomposi e tornai in salotto.
Trovai Mauro con indosso una bellissima vestaglia di seta verde, a disegni damascati, che faceva risaltare la bellezza dei suoi lineamenti e del suo corpo. Sul divano, accanto a lui, c’era un’altra vestaglia, di colore rosso scuro, anch’essa di seta ed arabescata.
“Ho pensato che sia meglio metterci a nostro agio, visto il caldo che la notte non vuole ancora attenuare”, mi disse; “Ti ho portato una vestaglia, così potrai metterti comodo anche tu.”
Presi la vestaglia e lo guardai interdetto. Il mio sguardo esprimeva chiaramente la mia perplessità sul dove avrei dovuto “mettermi comodo”. Lui capì al volo e disse: “Non preoccuparti, non mi metterai certo in imbarazzo se ti spogli in mia presenza. Anzi, vieni che ti do io una mano.”
Molto più spigliato e concreto di me, Mauro aveva risolto il problema. Riappoggiata la vestaglia sul divano, cominciai a sfilarmi la giacca. Intanto Mauro si pose davanti a me e mi slacciò la cravatta; poi cominciò a sbottonarmi la camicia.
La riunione alla quale avevamo partecipato aveva richiesto una bardatura completa di giacca e cravatta, anche se eravamo in piena estate. Ma sotto la camicia non c’erano altri indumenti.
Mauro la tirò delicatamente fuori dai pantaloni, sbottonò i polsini e me la sfilò di dosso.
Rimasi a torso nudo, mentre lui era sempre protetto dalla sua vestaglia: mi sentivo a disagio. Ma Mauro mi riportò subito alla più grande serenità e distensione. Appoggiò entrambi i palmi delle mani sui miei seni e cominciò a massaggiarmeli con energia e delicatezza insieme, girando i due palmi in senso circolare, l’uno in senso orario, l’altro in senso inverso. Intanto mi sorrideva, quasi un invito a godermi quel trattamento rilassante ed eccitante al tempo stesso. Non potei trattenermi a lungo: ricambiai prima il suo sorriso, quindi avvicinai il mio viso al suo ed appoggiai le mie labbra sulle sue. Questo mio avvicinamento lo costrinse a fermare il moto delle mani, che invece scivolarono lentamente intorno al mio torace fino a ritrovarsi dietro la mia schiena.
Avevo notato che anche le mani di Mauro erano state trattate con una crema che le rendeva morbide e vellutate, permettendo loro di scivolare sulla mia pelle vellicandola dolcemente senza dare alcun fastidio. Mi abbracciò e mi strinse a sé. Il mio bacio si fece più audace, e con le labbra cominciai a mordicchiare il suo labbro inferiore, inducendolo a ricambiare il gesto. Presto le labbra di entrambi si dischiusero e le nostre lingue si incontrarono: dapprima timidamente, come se volessero saggiare la reciproca gradevolezza del gusto; superato positivamente l’esame, esse si inoltrarono ciascuna nella bocca dell’altro, così come avevo sempre fatto nel baciare una donna.
Devo onestamente ammettere che non me lo sarei mai aspettato: quel bacio lo trovai assai più gradevole ed eccitante di qualunque altro che ricordassi di aver dato prima ad una donna.
Indossavo ancora i pantaloni e le mutandine (io porto slip di cotone non molto succinti), ma non avevo cessato un momento di essere in tiro da quando ero uscito dal bagno, per cui il mio piccolo amico se ne stava imperiosamente rivolto verso l’alto, appoggiato, da un lato, al mio ventre e, dall’altro, addosso a Mauro, e sentiva, attraverso i due strati di stoffa leggera, la sagoma ed il calore del pene di Mauro, anch’esso turgido e pulsante.
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