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Lui & Lei

Miranda cap. 2


di Discobolo
18.02.2023    |    1.410    |    1 8.0
"Ma lui era rimasto impassibile..."
La signora Miranda
Dopo quel primo incontro passò qualche mese prima che io potessi tornare in Sicilia. Però i nostri colloqui informatici continuavano con frequenza quasi quotidiana. Era raro che, per un malessere o per altri impegni, passava un giorno senza “incontrarci”.
Parlavamo di tutto, ovviamente, anche di argomenti banali e quotidiani, ma molto spesso il nostro discorso finiva sul godereccio scherzoso o sull’erotico serio.
I nostri corpi avevano conservato il ricordo di quella splendida esperienza e le nostre fantasie galoppavano a ricostruirne i meravigliosi dettagli o a creare nuove idee per nuove forme, per nuove irripetibili esperienze.
Finalmente ci fu l’occasione di un mio ritorno in Sicilia.
Questa volta, però, sorgevano alcuni problemi. L’estate era finita e Miranda non aveva più la scusa di andare alla spiaggia, dove normalmente andava da sola. Altra difficoltà sorgeva dal fatto che io andavo giù per un fine settimana, anche se prolungato da incontri d’affari. Lei, normalmente, dedicava alla famiglia ed al marito i suoi giorni festivi e, soprattutto, i fine settimana.
Abbiamo rischiato veramente di dover saltare l’incontro.
Ma il fatto che ci si poteva incontrare solo di rado, aguzzò i nostri cervelli, anzi, per essere più onesto, il suo cervello. Infatti fu lei a trovare l’idea buona.
Mi scrisse: “Mio marito sa che io chatto spesso con amici su argomenti di carattere culturale oppure su argomenti di giardinaggio, di cui sono una appassionata. Gli dirò: « Uno dei miei amici, un certo Guido, che si trova di passaggio nella nostra città, ha espresso il desiderio di conoscermi. Trattandosi di una brava persona, mi sembrava scortese non incontrarlo, ma per evitare malintesi gli ho detto che lo avrei incontrato insieme a te, a casa nostra. Tu cosa ne pensi? » Sono sicura che anche lui sarà curioso di conoscerti e mi dirà di sì. Allora io rincarerò la dose e gli chiederò se è d’accordo per invitarti a pranzo o a cena. Probabilmente lui mi suggerirà per la cena, perché in effetti, anche da un punto di vista logistico, è molto più comoda la cena, visto che noi, dopo pranzo, abbiamo l’abitudine di fare la siesta a letto, e quindi la dovremmo saltare. Se fa qualche osservazione, spero di trovare argomenti sufficienti per convincerlo. Che ne pensi? “
Ovviamente le risposi immediatamente che ero perfettamente d’accordo col suo progetto. Che se stava bene a lei, stava bene anche a me. Che sarei stato contento di conoscere suo marito. E che se anche avremmo avuto difficoltà a stare insieme a letto, comunque avrei passato una intera serata in sua compagnia e magari mi sarei accontentato, appena tornato in albergo, di spararmi una bellissima sega pensando a lei che, naturalmente anche lei eccitata, si sarebbe fatta scopare dal marito.
Fissammo la data. Io sarei arrivato nella sua città nel pomeriggio di un venerdì e mi sarei fermato anche il sabato e la domenica, ripartendo il lunedì mattina per i miei affari. Ero in ansia in attesa di conoscere l’esito della sua conversazione col marito.
Mi scrisse il giorno successivo.
“Missione compiuta. Fausto ha detto di sì.”
Sul momento rimasi un po’ stranito: chi cavolo è sto Fausto? Mi chiesi. Poi capii che doveva trattarsi del marito. Glielo chiesi e lei me lo confermò.
Nei giorni seguenti riparlammo di come si sarebbe svolto l’incontro, ma sempre si ipotizzò un incontro strettamente formale, con discorsi molto generici e senza allusioni a quelli che erano i nostri veri rapporti. Ingoiavo amaro, ma non potevo fare proposte diverse.
E venne il venerdì della partenza. Ero partito la mattina, perché dovevo fermarmi a metà strada per un altro impegno di affari. Era quello che giustificava la mia partenza anticipata verso il sud. Sbrigata questa incombenza, proseguii il viaggio, fermandomi per il pranzo a Messina, dopo la traversata.
L’appuntamento era per le ore 18. Ebbi tempo sufficiente per andare in albergo, sistemarmi, fare una bella e prolungata doccia, uscire per negozi e cercare di scegliere qualcosa da portare in omaggio che potesse essere al contempo gradita e non compromettente.
Alla fine optai per una pianta. Entrai in un negozio di fioraio e la titolare mi guidò magistralmente verso una pianta non grande, ma rara e, ovviamente, costosa. Si trattava di una particolare varietà di orchidea con i bellissimi fiori rosso-viola, con delle meravigliose sfumature da tramonto estivo.
Arrivai all’indirizzo e suonai al citofono che mi era stato indicato. Una soave voce femminile, senza nulla chiedere, mi suggerì: “Terzo piano, a destra.” E subito udii lo scatto della serratura.
Entrato in un bell’androne, non molto grande ma molto ben curato, trovai subito, sulla destra, l’ascensore, già pronto al pianterreno. Pigiai il pulsante del terzo piano e controllai la mia immagine nello specchio a tutta parete che c’era. L’immagine che me ne ritornò mi lasciò soddisfatto.
L’ascensore si fermò al piano e, uscendone, verso destra trovai una porta già aperta. Mentre mi stavo affacciando ad essa, comparve l’immagine di un signore leggermente brizzolato, alto quanto me, ma più snello di me, ben azzimato in un vestito marrone, scarpe marroni, calze verde sottobosco, camicia celeste, cravatta regimental verde e marrone, con un aperto sorriso accattivante, il quale mi stende la mano dicendo “Ciao, Guido, benvenuto, io sono Fausto, accomodati.” E mi fa cenno di entrare guidandomi verso un salone soggiorno molto ben arredato. Gli consegno la pianta che non so dove posare, dicendogli: “Spero che questo pensierino sia gradito a Miranda.” E lui: “Certamente, Miranda ama moltissimo fiori e piante, e questa orchidea è bellissima e credo che le farà particolarmente piacere.” Quindi prende il vaso dalle mie mani e lo dispone, in bella vista, su un piatto di ceramica decorato che si trovava sopra una consolle antica, dietro la quale troneggiava un enorme specchio in cornice dorata, di grande impatto coreografico.
Ci accomodiamo su due delle quattro poltrone che arredano l’angolo conversazione. Poi lui, cortesemente, mi chiede notizie del viaggio già fatto. Gli rispondo formalmente che tutto è andato bene, secondo le previsioni, e che avevo trovato anche molto accogliente la camera dell’albergo. Non sapevo che altro dire ancora, Ma a togliermi dall’imbarazzo ecco arrivare la signora Miranda, fasciata in un bellissimo tubino bleu con motivi a spirale, che ne valorizzano in modo egregio le belle forme del corpo, lungo poco sopra al ginocchio e dall’ampia scollatura a barchetta che mostra abbondantemente, mettendolo in pieno risalto, l’abbondante ed artistico seno, ben diritto come quello di una giovinetta, del quale mostra l’ampio solco, che divide i due globi, fino a poco prima delle areole, ed un’ampia superficie del petto picchiettata da puntini lenticolari: una meraviglia di madre natura!
Arrossisco perché mi ero per un attimo incantato ad ammirare quel capolavoro che la sua mamma era stata capace di costruire. Ho paura che lui si sia accorto del mio sguardo fin troppo maschile e che possa aver compromesso i buoni rapporti che si stavano prospettando. Ma lui era rimasto impassibile. Forse non aveva notato.
Lei mi si avvicina cordiale, mi tende la mano e, quando gliela sto stringendo, mi tira verso di lei ed al tempo stesso si accosta, gratificandomi di un castissimo doppio bacio sulle guance. Io penso: qui finisce che mi comprometto.
Miranda mi invita a sedermi e lei prende posto nella poltrona proprio di fronte alla mia. Anche lei chiede notizie del mio viaggio ed io ripeto le formalità di rito.
Intanto lei, sedendosi, aveva sì adagiato le gambe da un lato, con le ginocchia unite, ma l’orlo del suo vestito si era leggermente alzato sulle sue cosce e, da un lato, si intravedeva una discreta superficie vellutata da una discreta abbronzatura, priva com’era di calze, dato il periodo ancora molto caldo. Istintivamente il mio sguardo si ingegnava a trovare ogni scusa per gettare uno sguardo su quello spicchio di pelle che la fantasia amplificava fino a superfici ben più addentrate ed interessanti. Ma la paura di farmi scoprire da Fausto mi imponeva grande prudenza e discrezione.
Fausto., indicando la piantina sulla consolle, si rivolge a Miranda: “Hai visto, cara che bella pianta ti ha portato il tuo amico?” Miranda si alza, va alla consolle, carezza per un attimo il fiore e fa: “Oh, che bella! Grazie, Guido. Ma questa è una orchidea, una delle piante più significative nel linguaggio dei fiori.”
Mi sentii agghiacciare! Ma questa che fa! Vuole forse farmi fare la fine di cumpari Turiddu nella Cavalleria rusticana? Ma che fa, lo vuole provocare?
Non sapevo che dire, e me ne stetti muto. Lui, nel frattempo, aveva commentato solo con un ampio sorriso, senza dare a vedere di essersi accorto del mio turbamento. Lei tornò a sedersi alla stessa poltrona di prima, ma stavolta accavallò le gambe, offrendo alla mia assetata visione una ampia striscia del suo sottocoscia. Oddio! E adesso come mi comporto? Diressi il mio sguardo su Fausto e, sorridendo forzatamente, gli chiesi: “Non ho mai chiesto a Miranda qual è la tua attività. Mi incuriosisce saperlo.”
“Mah, nulla di particolare,” lui mi rispose, “sono dipendente dell’Agenzia delle Entrate, precisamente nell’ufficio del registro terreni.” Miranda intervenne: “Sempre modesto, il mio maritino, non dice mai che lui è il Direttore di quell’ufficio.”
“Beh, complimenti”, faccio io, “un bel posto ed un impegno di grande rilievo.” Un sorriso generale chiude l’argomento. Quindi Miranda chiede: “Guido, cosa posso offrirti…” (pausa quasi impercettibile) “…da bere? Preferisci una bibita, un caffè freddo, una birra o qualcosa d’altro?”
“Grazie, un caffè freddo andrà benissimo.”
Lei, per alzarsi, scavalla le gambe e, stavolta, un bel pezzo della galleria centrale si offre al mio sguardo. Noto lo slip di un bel merletto azzurrino. Sansone comincia a dare segni di irrequietudine.
Mentre lei si allontana per il caffè, Fausto mi rivolge un ampio sorriso e mi fa: “Gran bella donna, la mia Miranda, vero?” Resto a guardarlo senza parole. Lui prosegue: “Io ne sono pazzamente innamorato, sai? E per farla felice non c’è sacrificio che non sarei disposto a fare.”
Stavolta approvo apertamente e con un altrettanto ampio sorriso, dico: “È giusto che sia così. L’amore non può essere egoismo e smania di possesso. Anche io sono della opinione che il colmo della felicità sia quello di rendere felice la persona che si ama.”
“Dici molto bene”, fa lui, “soprattutto quando possiamo procurare alla nostra donna tutto quello che a lei può far piacere: vestiti, scarpe, gioielli, fiori rari, od anche svaghi come il teatro, il cinema, l’opera lirica, un viaggio o una crociera, l’estate sulla spiaggia, e quanto altro può fare la sua felicità.”
Mi ritrovo ad approvare ad una ad una tutte quelle offerte di un marito innamorato alla sua mogliettina, ma non vedo ancora dove vuole andare a parare.
“Purtroppo, tante volte, il lavoro mi impedisce di potere accontentare alcuni suoi desideri, ed allora mi sforzo di trovare il modo che lei possa soddisfarli da sola o magari con l’aiuto di qualche amica….” (pausa abbastanza lunga) “…o di qualche amico… fidato.” Ha calcato la voce sull’ultima parola.
Mi dichiaro perfettamente d’accordo con lui. Affermo che anch’io nutro gli stessi sentimenti e che seguo le stesse linee direttive. Ed aggiungo: “E qualche volta mi è anche capitato di dover aiutare qualche coppia di amici che hanno avuto qualche piccola difficoltà logistica nel realizzare i loro progetti.”
“Ah, sì? Allora anche tu sei una persona dalle larghe vedute e con pochi pregiudizi.”
“Certamente!, Cosa vuoi che ci sia di male nell’aiutare un amico o un’amica nel momento in cui possono avere bisogno. Mi sono capitati dei casi in cui coppie di amici, in crisi momentanea, hanno ricorso al mio aiuto per ritrovarsi e per superare le loro difficoltà.”
“Per la verità, tra me e Miranda non c’è e non c’è mai stata una crisi. Noi ci amiamo come il primo giorno che ci siamo conosciuti e la nostra vita coniugale è sempre stata splendida. Solo che, purtroppo, da qualche tempo, alcuni disturbi fisici, mi hanno costretto ad allentare le mie attenzioni nei suoi confronti.” Fece una pausa come se si fosse accorto di avere detto qualcosa di sconveniente. Poi riprese.
“Ah, scusami, chissà cosa starai pensando di me! Ma non preoccuparti. Miranda mi ha confidato che con te ha instaurato un colloquio molto aperto e che ha trovato in te molta intelligente comprensione. Perciò mi sto permettendo di parlare al di là di quello che sarebbe stato, forse, conveniente.” (lunga pausa)
“So che lei è stata molto discreta ed ha lasciato a me il compito di chiarirti alcune situazioni che ci riguardano. Ecco. Vedi… Noi due siamo innamoratissimi l’uno dell’altra, lo siamo sempre stati. Fino a qualche tempo addietro, i nostri rapporti, di ogni genere, erano meravigliosi. Adesso lo sono ancora, quasi tutti, ma non tutti.” (pausa da cui trapela una certa difficoltà a parlare; lungo sospiro)
“Qualcosa è cambiato dentro di me. Non so spiegarti cosa, però la conseguenza è stata che la mia virilità ne ha molto risentito. Non riesco più a soddisfare la mia donna, il mio grande amore. E questo dopo che per anni ho contribuito a farla diventare una insaziabile donna di sesso. Perché, come avrai capito, a lei il sesso piace, in tutte le sue sfaccettature. Le piace essere ammirata e corteggiata dagli uomini, Le piace essere desiderata, essere oggetto di attenzioni maschili di ogni genere, anche se talvolta i suoi corteggiatori sono poco educati e si comportano in modo pesante, volgare persino, se la trattano come se fosse una troia.”
“Ed io soffro, soffro molto, sia perché non riesco più a darle quello che le davo una volta e che lei desidera, sia perché non riesco sempre a difenderla e guidarla nelle scelte di nuove esperienze sessuali di cui lei ha bisogno.”
“Da quello che mi ha raccontato su di te, sembra che tu sia una persona educata, pulita di anima e di corpo, che capisci le esigenze di una persona senza giudicare, che hai anche tu carenze affettive e sessuali da soddisfare fuori dalla famiglia, e non voglio sapere perché, sono affari tuoi. Insieme, Miranda ed io, abbiamo discusso su di te, ti abbiamo esaminato ed analizzato e siamo arrivati alla conclusione che con te possiamo rischiare. Dico rischiare perché sono convinto che certezze assolute non ne esistono, e se, quindi, ci mettiamo nelle tue mani, certamente corriamo dei rischi.”
Volevo intervenire per rassicurarlo, ma tese una mano verso di me per farmi tacere e proseguì.
“Non servono le tue rassicurazioni, non potresti dirci nulla che già non sappiamo di te. Abbiamo fatto delle ricerche e ricostruito molte delle tue attività. Abbiamo trovato tutto sufficientemente tranquillo e positivo. Pensiamo che tu sia la persona che fa per noi. Solo, non sapevamo se tu avresti avuto piacere ad unirti a noi per risolvere i nostri problemi.”
“Io, come ti ho detto, sono sempre innamoratissimo di Miranda, e per la sua gioia, per la sua felicità darei pure la mia vita. Ma lei non mi chiede nulla, perché anche lei mi ama, mi ama moltissimo. Ma ha bisogno di fare del sesso, ed ha chiesto il mio aiuto. Ed io glielo do volentieri, perché so che questo serve alla sua felicità.”
“Ecco, credo di averti detto tutto. Credo che hai capito cosa ti stiamo chiedendo. Tu pensavi forse che lei te lo aveva chiesto a mia insaputa, ma ha anche sondato le tue opinioni al riguardo di un eventuale rapporto con la mia presenza, e tu hai risposto positivamente, e questo a noi ha fatto immensamente piacere. Sarebbe stato, infatti, penoso, per me, per noi, se avessimo dovuto nasconderci, se avessimo dovuto mentire. Noi garantiamo e pretendiamo sincerità, chiarezza, oltre alle qualità fisiche indispensabili, ivi compresa l’igiene più assoluta e certificata, e la più assoluta discrezione, perché occupiamo un posto assai rilevante nella nostra società.”
Risposi, finalmente: “Fausto, capisco che le mie, in questo momento, sono solo parole, ma se può rassicurarti un giuramento, posso giurarti che tutte le tue, le vostre pretese trovano in me perfetto riscontro. Anche io avevo le mie esigenze, le mie pretese, se no sai quante altre situazioni avrei potuto vivere! Ma solo adesso, avendo trovato persone adeguate ai miei desideri ed alle mie esigenze, soltanto adesso, solo con voi mi sento di vivere questa bellissima avventura, se voi lo desiderate.”
Miranda, che evidentemente aveva ascoltato tutta la conversazione, a questo punto spuntò con il vassoio del caffè e, come se nulla fosse, posò il vassoio sul tavolinetto che stava tra le poltrone, ci porse un bicchiere di caffè a me e Fausto, ne prese uno per sé e venne a sedersi sulla coppia di braccioli affiancati delle poltrone che i due uomini occupavamo, appoggiando le sue prosperose forme alle braccia di ambedue.
Sansone rispose immediatamente all’appello, ergendosi in tutta la sua maestà, pur costretto negli angusti limiti dei pantaloni.
Bevvi il caffè. Poi, girandomi parzialmente sulla poltrona, verso la padrona di casa, mi permisi di prenderle la mano e di baciargliela in maniera volutamente sensuale, prima sul dorso, poi sul palmo, mentre i miei occhi incrociavano lo sguardo del marito. Egli sorrise soddisfatto, ammiccando in maniera complice.
Quando tutti e tre posammo i bicchieri del caffè sul vassoio, Miranda si alzò, prese il vassoio e, dirigendosi verso la cucina, disse: “Giovanotti, non credete che sia il momento di cambiare stanza?”
Fausto mi fece alzare, mi prese per un braccio e mi guidò in camera da letto, una bellissima camera molto spaziosa, dotata di un letto enorme, mentre sulla parete ai piedi dello stesso stava un armadio con tutte le ante a specchio, da terra a soffitto, dentro il quale si rifletteva un’altra enorme camera con un altro enorme letto.
Ai lati della testa del letto, due tavolinetti completamente sgombri, muniti di due cassettini ciascuno, e sulla parete, subito sopra di essi, due appliques col relativo interruttore vicino alla testata imbottita del letto.
Fausto mi chiese il piacere di spogliarmi lui. “Così non avrò l’impressione,” disse “di essere cornuto, visto che sono io che dirigo le operazioni.” Lo lasciai fare.
Il lettone era coperto da un lenzuolo pesante, liscio e lucido, come fosse di raso o di seta. Vari cuscini rotondi erano sparpagliati su di esso, mentre mancavano quelli classici, da testata. Quando fui nudo, Fausto mi invitò a sdraiarmi sul letto. Poi disse: “Ti disturba se mi metto nudo anch’io? Mi consente la sensazione di partecipare attivamente.” “Certamente,” risposi, “fai come meglio credi. A me non da alcun fastidio.” Appena si fu denudato anche lui, aprì un’anta dell’armadio e vi ripose in bell’ordine sia i suoi che i miei abiti.
Si accomodò su una poltroncina che stava in un angolo, tra l’armadio ed il balcone. Quindi chiamò Miranda, invitandola a venire.
Una visione celestiale! Miranda si presentò con un negligé trasparente color rosso bruno, sotto il quale si intravedeva una essenziale lingerie: un microscopico slippino nero, in pizzo, ed un reggiseno a balconcino con esso coordinato. Si tolse il solo negligé che fece scivolare a terra. Venne direttamente verso il letto. Si sdraiò al mio fianco. Prese una mia mano e se la poggiò su un seno.
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