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Lui & Lei

Un sogno, ... o forse no ?


di Discobolo
01.04.2023    |    344    |    2 9.2
"Desiderava che quella mano non le lasciasse il seno, ma voleva anche che scivolasse più in basso, che andasse ad accarezzarle il ventre che stava già..."
Lo svegliò, alle 6,30, la moglie che si alzava per andare a preparare i caffè e la colazione che le ragazze portavano via al lavoro. Lui rimase un po’ ad impigrirsi nel letto, anzi si girò sul fianco più comodo, tentando di riaddormentarsi. Entrò in uno stato di dormiveglia, dove, ad occhi chiusi, cominciò a pensare. Poi il pensiero scivolò nella fantasticheria, o nel sogno. Si ritrovò in un giardino, all’imbrunire, con una piacevole temperatura tiepida, leggermente ventilata. Era seduto su un comodo divanetto, ed accanto era seduta lei, colei che si vanta di invecchiare bene. Lei parlava, parlava: gli stava raccontando episodi simpatici della sua vita nomade. Lui sentiva la musica della sua voce, ma non l’ascoltava: era perso nell’ammirazione del suo bel profilo, dei suoi occhi profondi, delle sue labbra sensuali. Il braccio destro sulla spalliera del divanetto, con la punta dell’indice sfiorava un ricciolo dei suoi corti capelli ondulati, di un castano intenso. Lei, ad un tratto, più che sentirla, intuì la carezza di quel dito tra i capelli. Un brivido le percorse la spina dorsale ed andò a stuzzicare qualcosa laggiù, nella zona bassa delle viscere. Smise di parlare, ma lui la pregò di continuare. Lei tentò, ma ormai i suoi discorsi erano divenuti incoerenti. Lui intanto aveva spostato l’indice dai capelli al padiglione dell’orecchio sinistro di lei. Ella ebbe ancora un brivido di piacere lungo la schiena, poi girò leggermente il capo verso di lui ed il dito che le accarezzava l’orecchio venne a trovarsi davanti alle sue labbra. Lo baciò leggermente. Lui appoggiò tutto l’esterno della sua mano sulla guancia di lei, che ve la appoggiò con più forza.
Ormai si era del tutto zittita. Lui la carezzava con estrema delicatezza, ma non prendeva altre iniziative. Lei cominciava, invece, ad ansimare, a sentire sempre più frequenti e sempre più intense le pulsazioni all’interno del suo petto e delle sue viscere. Finalmente lui si decise a capire. Allungò la mano sinistra e le carezzò a lungo l’altra guancia. Poi, lentamente, scivolò sul suo seno e vi adagiò delicatamente la mano aperta a coppa, con la quale reggeva il seno destro di lei, stringendolo leggermente e poi lasciandolo, ad intermittenza. Lei ansimava sempre di più. Desiderava che quella mano non le lasciasse il seno, ma voleva anche che scivolasse più in basso, che andasse ad accarezzarle il ventre che stava già impazzendo di desiderio. Mentalmente lo comandò, e lui ubbidì. Fece scivolare la mano sinistra in basso, mentre la destra continuava ad accarezzare il viso e l’orecchio di lei: aveva preso il lobo tra l’indice e il pollice e lo strizzava amorosamente. Ma la mano sinistra non si fermò sul ventre di lei, andò ancora più in basso, scivolò vellutata sulla sua coscia ed andò a cercare l’orlo della gonna, sotto la quale cominciò, con esasperante lentezza, ad introdursi. Lei lo incoraggiò allargando di pochissimo le gambe. La mano proseguì nella sua ricerca finché arrivò alla meta che desiderava: toccava con la punta delle dita la stoffa di seta del suo slip. Era umido, intriso dei liquori che il desiderio le
aveva fatto distillare. Lui insisteva ancora; le punte delle dita ormai premevano e si muovevano su e giù dentro il minuscolo avvallamento che lo slip disegnava sulle sue grandi labbra, provocando in lei ondate di calore ormai incontenibili. Lei disse: “Vado a farmi una doccia.” Lui rispose: “Vengo anch’io.” Lei andò in bagno, si spogliò in pochi secondi, entrò in piedi nella vasca e chiuse la tenda; aprì il rubinetto e regolò la temperatura dell’acqua. Dopo pochi altri secondi lui scostò la tenda: era già tutto nudo anche lui. Lei non aveva acceso la luce; c’era solo il riverbero dei lampioni del giardino che, penetrando dalla finestra, rimbalzava sullo specchio e diffondeva un chiarore sufficiente a distinguere i contorni delle cose, ma non a vedere i particolari.
Lui si pose dietro le spalle di lei, un po’ a distanza. Versò sulle sue mani una sorsata di bagno schiuma e prese a massaggiare le spalle di lei che si appoggiava languidamente contro le sue mani; queste cominciarono a scendere, ad accarezzare i fianchi, poi i glutei. Lui si aspettava un bel corpo sodo, malgrado anche lei non fosse più una ragazzina, ma rimase piacevolmente sorpreso constatando che i due mandolini di lei resistevano assai bene all’onta del tempo.
La carezza si fece più intensa: lei vibrava. Poi lui poggiò la mano sinistra sul ventre di lei, intorno all’ombelico, mentre con la destra si lanciò a solcare la valle delle natiche. Lei, ormai, era al parossismo: aveva flussi di orgasmi come ondate marine che si stendevano languidamente sulla spiaggia per poi ritirarsi di nuovo. Uno, due, tre... poi perse il conto. Lui aveva maliziosamente scavato la valle posteriore e da lì, complice una leggera flessione delle ginocchia di lei che le aveva di poco divaricato le cosce, il suo pollice aveva raggiunto la vulva e si attardava sulle grandi labbra, avanti e indietro. Lei non resistette più. Si girò e prese tra le mani gonfie di schiuma il membro di lui. Le scappò un “Oddio!” di meraviglia e di compiacimento. Non si aspettava una dotazione così generosa. Ma non stette molto a meditare.
Prese uno sgabellino che usava quando si faceva la pedicure nella vasca e vi salì sopra per compensare i venti centimetri di dislivello e fare in modo che la sua dolce pelliccia arrivasse all’altezza dell’albero maestro, che guidò senza altri indugi dentro la tana a lui destinata.
Stettero un tempo che pareva un’eternità fermi, abbracciati stretti, le labbra dell’uno incollate su quelle dell’altra; la bocca di lei che aveva risucchiato la lingua di lui e ne spremeva dolcissime secrezioni con lo stesso gusto come se stesse risucchiando quell’altra lingua. I petti schiacciati l’uno contro l’altro, ventri che aderivano perfettamente fra loro sprigionando sensazioni da paradiso. Poi lei cominciò dolcemente ad ondeggiare. Lo sgabello le dava una posizione di preminenza. Prese a sollevarsi ed a tornare giù, sollevarsi e tornare giù, sollevarsi e tornare giù; un attimo quasi espelleva dal suo corpo la virilità di lui e l’attimo dopo vi appoggiava tutto il suo ventre per sentirne fino in fondo la durezza imperiosa. Lui le carezzava con energica delicatezza le pareti della vagina, strisciava su di esse che si contraevano, e poi, di colpo, penetrava fino a toccare la cervice dell’utero di lei, strappandole gemiti di piacere sempre più intensi.
Non erano più giovanissimi, ma si comportavano come ventenni. L’altalena di lei si fece ad un tratto più intensa, più veloce, più accelerata, finché non sentì dentro di lei l’esplosione troppo a lungo contenuta dell’orgasmo di lui che le sprigionava dentro un violento getto di caldo nettare. Dopo questo primo orgasmo lui rimase eretto e voluminoso così come aveva cominciato. Lei lo apprezzò moltissimo: sapeva che non aveva dovuto cercare aiuti chimici od altri stimoli, se
non solo lei, solo il suo corpo, solo il desiderio di amarla.
Uscirono dalla vasca, si asciugarono alla meglio, poi, spente tutte le luci, andarono in camera da letto.
Ricominciarono le escursioni in paradiso, e fu lei che si stancò per prima. Lui si sdraiò al suo fianco, tenendo la mano destra appoggiata sul monte di Venere di lei, quasi lo volesse proteggere dal pericolo di incursioni estranee. Lei non lo toccava, ma il suo braccio sinistro era rimasto imprigionato fra i due corpi, e col dorso della mano sentiva il fianco di lui, pieno e sodo.
A quel punto lui aprì gli occhi; vide il lampadario della sua camera da letto e capì che aveva sognato, o forse il suo corpo astrale aveva fatto un viaggio nel tempo e nello spazio, con l’energia che il desiderio di lei gli aveva fornito.
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