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Lui & Lei

Paternità incerta 2


di geniodirazza
22.08.2023    |    4.517    |    2 9.6
"“Ciao, Cloe; gran bella sorpresa, direi!..."
Come recita un detto popolare, il lupo perde il pelo ma non il vizio; Cloe, dopo avere fatto solenne promessa di umiltà, viene immediatamente assalita dalla smania di potere che la divora ormai da anni; suo marito diviene, nella sua arroganza, lo schiavo che deve pagare per non averla considerata, due volte, la persona più importante nella sua vita; per questo, la condizione di separati in casa non è revocata e continua a vivere umiliandolo.
Marcantonio però ha coscienza che non ce n’è più, tra loro, e che continua a sopportare solo perché quindici anni di matrimonio e, per lui, venti anni di amore inossidabile che ancora opera con intensità sul suo spirito non si possono azzerare se non succede qualcosa assolutamente insopportabile; intanto, però, ha intensificato la ricerca di spazi alternativi, fuori casa, per avere almeno una valvola di scarico quando ne abbia immediato bisogno.
Dopo alcuni incontri casuali, forse da dimenticare, ha trovato una buona sintonia con Marilena, una giovane avvocata, in anni passati sua alunna al Liceo, poi assistente ed ora diretta concorrente di sua moglie; in lei ritiene di avere trovato davvero quei caratteri che, venti anni prima, aveva creduto fossero alla base del carattere della ragazza che avrebbe sposato per arrivare poi a disamorarsi con grande dolore.
Le è stato chiaro sin dal primo incontro, quando, a letto, dopo avere fatto l’amore con un entusiasmo che non ricordava più, le ha spiegato la sua limitazione e i motivi dello scontro feroce in atto con la ‘signora avvocata’; la ragazza, molto più giovane sia di lui che di Cleo, osserva che davvero era la scelta più opportuna, considerare suo il figlio della donna che aveva sposato per amore; lo mette però in guardia dalle esasperazioni che possono davvero privarlo di libertà, oltre che di dignità.
Il ‘prof’ conviene che è per lo meno poco credibile la storia della violenza subita, considerato il contesto e la personalità di lei; ma tende comunque a colpevolizzasi e a ritenere che ci sia poca colpa e molto fraintendimento nel comportamento di sua moglie; comunque, l’ accaduto non prefigura scelta di tradimento e preferisce, finché c’è in gioco Giancarlo, il bimbo che deve nascere da quell’errore, scegliere di amare lui anziché sua madre o un’altra donna.
Marilena non ha nessuna velleità matrimoniale, preferisce un rapporto d‘amore senza obbligo di convivenza; la storia con Marcantonio, così come si sta sviluppando, le risulta perfetta; se qualcosa dovesse intervenire a cambiare i presupposti, non esiterà a fare la guerra e a combatterla per vincere anche contro la sua vecchia Maestra e comunque amica; ma anche il suo adorato ‘prof’ è dello stesso avviso; la pazienza ancora domina, ma se qualcosa cambia, tutto è da rivedere.
Cloe però, anche se non ne ha chiara coscienza, qualcosa ha cambiato dentro di se, specie nei confronti del marito e del sesso; fino a quel momento si è mossa goffamente tra cose più grandi di lei; adesso vuole fare una scelta che le indichi sul serio quanto debba e possa legarsi a Marcantonio e alla sua stupida arroganza che gli impedisce di essere con lei adorante come gli chiede; gli farà sul serio le corna, se non si farà incatenare al suo destino.
Gli ultimi mesi di gestazione sono per l’avvocata un autentico tormento, tra la condizione che le impedisce anche di muoversi, l’atteggiamento di suo marito, servile ma non supino, e i dubbi che le sorgono di fronte all’organizzazione della vita futura; la possibilità di provocare un aborto la sfiora molte volte, ma è frenata dalla coscienza leguleia che le fa vedere netto il valore di omicidio, a quel punto, in un gesto che interrompa la maternità.
Decide che imporrà le sue leggi, dopo la nascita, e che Marcantonio si piegherà o pagherà cara qualunque ribellione; arriva così la data del parto e per fortuna tutto fila nel migliore dei modi; avverte immediatamente che non allatterà perché il lavoro non le consente di essere a disposizione del poppante ogni tot ore; all’allattamento artificiale deve provvedere il padre legittimo, o una tata, lasciandole libertà di ricerca del successo.
Nell’aperto disprezzo di tutti quelli che al parto sono interessati, dal personale ospedaliero agli amici, impone a suo marito di organizzarsi perché, come tutti gli insegnanti, ha fin troppo tempo per il niente che è chiamato a fare a scuola; lo schifo che desta l’osservazione passa inosservato solo a lei che ormai vede solo nei termini delle sue vittorie, in ogni campo; suo marito si piega ai diktat, perché si ripromette di ricambiarla con l’odio anche del figlio, quando sarà in grado di capire.
Non appena si è ripresa dalla fatica del parto, Cloe si butta con l’entusiasmo di sempre nel lavoro; ormai non tiene in nessun conto di essere sposata, non ritorna neppure a casa se trova di meglio da fare e comincia a frequentare giovani entusiasti, in un primo momento solo per andare a bere un aperitivo al bar o al massimo per visitare una mostra, se trova il tempo; le è chiaro però che si avvicina il tempo delle corna e non esita.
Cosciente che l’impreparazione e l’ignoranza l’hanno condizionata nell’episodio che lei si ostina a raccontare, talvolta credendoci, come violenza subita, va a farsi prescrivere la pillola e , pochi mesi dopo il parto, comincia ad assumerla regolarmente, in coerenza anche con le corna che ha deciso di fare a Marcantonio, colpevole di essere ‘tre volte buono’ ma ostinato e reticente come un mulo; qualche brutta lezione lo ridurrà a più miti consigli.
Le prime occasioni sono, in fondo, blande e forse perdonabili; per lo più si tratta di fellazioni in auto, in un parcheggio vuoto e buio; poi viene la prima volta in un motel con una copula vera; le cose si realizzano sempre abbastanza lontano dai loro soliti luoghi e nessuno può sapere che la signora che copula in auto o in motel è un famoso avvocato della provincia limitrofa; a Cloe la soluzione risulta particolarmente piacevole soprattutto perché quelle sono corna al marito arrogante.
L’occasione vera, quella che può valere il matrimonio, la offre un’amica che le propone di incontrare in una sua villa un bull da tutte celebrato come grande amatore; gli sguardi di intesa fra i due, mentre esauriscono le formalità della conoscenza, le suggerirono che qualcosa bolle in pentola; si fida dell’amica, che appare molto serena e incoraggiante; quando sparisce per un poco e il ragazzo si avventura in una conquista persino facile, perché lei si abbandona facilmente alle sollecitazioni di lui.
Nel tempo necessario a prendere del vino dalla cantina, il ragazzo ha già circuito la donna e l’ha baciata con una passione che lei trova entusiasmante; le vagina le cola sin dai primi tocchi decisamente volontari, che lui ha azzardato sul suo corpo scatenandone la libidine; quando l’amica rientra e li ignora, capisce che è qualcosa di meditato; la guarda interrogativa, lei le fa cenno di lasciarsi andare e decide di possedere quel meraviglioso maschio tanto ambito.
Dopo qualche minuto sono in una lussuosa camera da letto, attrezzata come solo quella di un donnaiolo può essere; convinta di essere l’ennesima conquista da aggiungere al palma res del latin lover e che su quello può essere d’accordo, mette in atto tutto il suo fascino per sconvolgere il ragazzo; per la prima volta dopo mesi, può copulare con un amante e la considerazione non è priva di interesse.
Mentre si approcciano per i preliminari, il giovane la spinge sul letto; comincia a leccarle la vagina, spostando solo il perizoma, con un’enfasi che lei raramente aveva verificato nelle sue copule; nel volgere di pochi minuti le succhiate sul clitoride le hanno dato un bell’orgasmo; subito dopo, lui le sfila il perizoma e con le dita le manipola insieme vulva e ano; lei avverte immediato l’arrivo di un orgasmo violento.
Si stende supina sul letto e si tira addosso il ragazzo che le pianta immediatamente il sesso fra le cosce mentre succhia intensamente i capezzoli; con pochi movimenti precisi, le scivola sul corpo e infila un randello di oltre venti centimetri nella vagina vogliosa e grondante.
Cleo è in trance, ormai; tra il fallo che le pulsa nel ventre e le scuote i precordi del piacere; e la gioia che sente pervaderla di fronte all’offesa al ‘suo’ uomo, non sa proprio decidere che cosa la stimoli di più a godere; l’orgasmo mentale è assai vivo ed intenso; riassume anni di attesa, di ansia di un piacere nuovo, diverso, tutto suo; ma il sesso le da emozioni fisiche indicibili.
I due amanti, dopo essersi riposati ed aver ripreso normali funzioni, si ritrovarono di nuovo carichi di voglia e di entusiasmo; il sesso di lui è ancora ritto come un obelisco e reclama carezze e copule al massimo livello; lei deve asciugarsi la vagina madida di umori, prima di essere in grado di riprendere; si sistema carponi sul letto e aspetta che lui si inginocchi dietro di lei e aggredisca con la bocca il sedere sporto in offerta e la vulva che pulsa di desiderio.
Lui invece si stende supino al centro del letto e la fa montare sopra, con la vulva sulla bocca; cominciano un sessantanove epico; lui si perde quasi nella dolcezza delle natiche davanti allo sguardo, da allargare e stringere, palpare e manipolare; la lingua svaria tra vulva e ano e si perde spesso nel buchetto posteriore con somma goduria di entrambi; cattura il clitoride e lo tormenta leccando, succhiando e mordicchiando; percorre con la lingua a spatola tutto il perineo.
La lecca a lungo, devotamente, minuziosamente, e le strappa una lunga serie di piccoli orgasmi; si solleva in ginocchio e pianta la cappella sulla vagina; un colpo secco e le sprofonda nell’utero con immensa goduria e con un forte sobbalzo di piacere per lei; la cavalca per qualche minuto, artigliandole i seni e usandoli per tirare a se il corpo quando picchia col ventre contro il sedere e per spingerlo quando tende ad uscire; la monta a lungo, finché la sente eiaculare.
Per tutta la notte e fin quasi all’alba, i due amanti si scatenano nel sesso più ardito che conoscono; lui la monta ancora in vagina e in bocca, la penetra analmente, con forza e desiderio, da tutte le posizioni, da dietro, da davanti, da sopra, da sotto, di lato, prendendosi un piacere indicibile e offrendone a lei altrettanto; si leccano, si accarezzano, si succhiano per ore; lasciano il letto che quasi non si reggono in piedi, tanto hanno copulato.
Torna a casa, verso le quattro del mattino, che appena si regge sulle gambe; trova suo marito che da il biberon a suo figlio; lo guarda come un servo che stia facendo, forse male, il suo dovere, va in bagno, si spoglia e si rinfresca con un rapido passaggio sotto la doccia, tanto per pulirsi dalle scorie della lunga serata di copule; getta nella cesta il perizoma grondante di sperma e se ne dimentica; va in camera e cerca di addormentarsi; la desta il marito che entra con aria allucinata e con il perizoma sporco.
“Adesso hai superato ogni limite; questa è la prova che mi fai cornuto; non ti amo più e faresti bene a non cercarmi!”
Non lo degna di una risposta, si gira su un fianco e si mette a dormire; la mattina seguente si sveglia più tardi; in cucina c’è la tata che da il biberon a suo figlio; Marcantonio di certo è a scuola; fa colazione in fretta e scappa ai suoi appuntamenti di giornata; per una settimana si ignorano volutamente; la mattina del sabato, la tata la chiama al cellulare per avvertirla che il bambino deve andare a visita di controllo dal pediatra; le urla che per quelle cose deve rivolgersi a suo marito.
“Signora, se e quando lo contatterà gli ricordi l’appuntamento.”
Perde più di mezz'ora a tentare di comunicare con suo marito; le sue chiamate non vengono accettate dal cellulare di lui; inferocita, si precipita a casa e chiede alla tata di accompagnarla allo studio del dottore, che lei non sa dove si trovi; la visita dal pediatra, dalla partenza da casa fino al ritorno, è l’occasione per la tata per sfogare tutto il suo rammarico per una situazione difficile per qualunque bambino.
La avverte che suo marito se n’è andato con un’altra donna e che, per le sue abitudini, le sarà difficile allevare un figlio; Cleo strepita molto contro suo marito, ma è costretta ad ascoltare che la tata non tiene più il posto e dovrà provvedere in qualche modo; la donna è disperata ma non accetta di ammettere che ha esagerato; ancora si attacca a illusorie e mistificate possibilità di piegare a se un marito che l’ha lasciata.
La mazzata peggiore arriva qualche tempo dopo, quando riceve la convocazione di un giudice esperto di separazioni; si reca in quell’ufficio e vi trova suo marito con una giovane avvocata, di cui sa che, allieva di lui al Liceo, è stata sua assistente per un poco e ora si sta affermando nella libera professione; il sospetto che si tratti della nuova compagna di Marcantonio le brucia il cervello.
Sbraita contro il marito, imperturbabile come sempre; il giudice l’avverte che è stata presentata istanza di divorzio per colpa; contestualmente, è stato fornito un documento che attesta la sterilità di suo marito e il parto di un bimbo fatto registrare come figlio legittimo di lui; una professionista del suo valore sa bene che ci sono elementi sufficienti per far pronunciare immediatamente una sentenza di separazione in attesa dell’iter per il divorzio.
Il rifiuto di suo marito a riconoscere un figlio nato fuori dal matrimonio la obbliga a cambiare la determinazione anagrafica per Giancarlo, a cominciare dal cognome; va da se che deve farsene carico e assicurare ai servizi sociali che provvede adeguatamente alla cura e all’educazione del figlio; in caso contrario, va affidato a una famiglia adottiva; lei perde ogni diritto su quel figlio, pur essendone madre naturale.
Il colpo è terribile anche per il cinismo disumano di Cleo; di colpo, una costruzione eretta con sacrifici e duro lavoro per quindici anni crolla dalle fondamenta e lascia solo rovine; ormai alla disperazione, avverte che consegnerà il figlio ai servizi sociali e rinuncerà a qualunque diritto maternale; i tre sono allibiti, quasi spaventati; il giudice commenta duramente che, in decenni di attività in tribunale, è la prima volta che sente una madre dichiarare cose tanto disumane.
Cleo si arrocca dietro il suo amore per il lavoro e il desiderio di successo e chiede di non essere giudicata; suo marito soffre più di tutti e lo lascia trasparire dallo sguardo e dall’atteggiamento; Marilena ha come uno scatto d’orgoglio; chiede al giudice di parlare in privato e gli pone il quesito se Marcantonio potrebbe adottare il figlio della ex moglie; l’altro non sa rispondere ma può interpellare un esperto giudice del Tribunale dei minori.
Quando ha ottenuto la risposta, parla ai tre insieme; il professore può mantenere l’attribuzione di legittimità del figlio; se la madre davvero rinuncia ad ogni diritto anche futuro di funzione materna, il suo ex marito può chiedere l’adozione del bimbo; l’unica difficoltà potrebbe nascere dalla condizione di separato in attesa di divorzio; ovviamente la garanzia di una figura femminile di riferimento potrebbe venire da una compagna stabile con cui formare coppia di fatto.
Da quello che vede, questa coppia esiste già, è formata da Marcantonio e Marilena; se i tre sono unanimi e concordi, l’operazione è fattibile; solo Cleo deve impegnarsi, per iscritto, a rinunciare davvero ad ogni esercizio di maternità sul figlio affidato ad estranei; le dichiarazioni della donna in tutto l’incontro dicono che si può fare; vengono stesi gli atti e firmati i protocolli; alla fine, i due si allontanano portando con sé il bambino; Cleo se ne va a coda ritta.
Arrivati a casa di lei, Marcantonio e Marilena danno finalmente sfogo alla loro voglia di ‘esser coppia’ alla luce del sole, senza le ansie della moglie di lui; si allacciano in un bacio a ventosa, di quelli che lasciano senza respiro e con il basso ventre in rivoluzione; la verga si rizza prepotente e lei si sente posseduta nonostante il vestitino che indossa e il tanga che porta più per vezzo che per igiene; il sesso sbrodola e fa scivolare lungo le cosce rivoli di umori; sono tutti e due eccitati come animali selvatici bramosi di riprodursi e lo comunicano con tutte le papille del corpo, con tutti i singoli gesti, con le parole smozzicate che non riescono a scambiarci perché le soffocano nei baci e nell’amore.
“Voglio sentire il tuo membro!”
Porta la mano sul pantalone abbassandolo di colpo e tirando fuori dagli slip un organo meraviglioso, per lunghezza e per grossezza, o che forse le appare unico perché lo vuole con tutto l’amore del mondo; lo masturba un poco, poi si limita a trattenerlo tra le mani per assaporarne il calore, la tenerezza, la dolcezza; lui la ricambia sollevando la falda della gonna ed entrando nella vulva direttamente con le dita di una mano; la fa arretrare delicatamente, la spinge supina sul letto, si inginocchia tra le cosce e aggredisce il sesso con la bocca; il clitoride è un bastoncino di carne duro e pronto ad esplodere; lui lo prende tra le labbra e lo succhia come la più dolce caramella del mondo; sente che l’orgasmo monta e teme di svegliare Giancarlo.
Marilena, per non urlare, cerca di mordersi una mano, ma lui le prende la bocca tra le labbra e la aspira a ventosa interamente, succhia via l’aria e fa scaricare nella sua gola l’urlo d’amore che esplode prima per l’orgasmo clitorideo, poi per quelli seguenti, che nascono dalla vagina, e infine per quello che si scatena dall’utero quando il suo dito arriva a toccarlo.
“Adesso voglio assaporarti io. Stai fermo!”
Gli impone; lo rovescia sul letto con la mazza ritta sul ventre come una colonna e lo imbocca immediatamente, senza neanche soffermarsi a leccarlo come avrebbe dovuto e voluto; le basta sentirlo vivo dentro la bocca e spingerlo sempre più in fondo, superando principi di soffocamento e conati di vomito; vuole in bocca il suo sapore, vuole nella pelle la sua consistenza, vuole che soddisfi il suo amore.
“Voglio sentire il sapore del tuo sperma; voglio che mi godi in gola!”
E’ quasi costretto a copularle in bocca; ma sente e vede che lo fa con piacere, con passione, con amore; insiste a succhiare e leccare finché non deve essere lui a tapparle la bocca perché il suo urlo animalesco non svegli il bambino.
“Cavolo, non avrei mai pensato che fosse necessaria tanta prudenza, per fare l’amore con un bambino a fianco.”
“Neanche io lo pensavo; ma non credevo neppure che tu avessi tanta voglia di me quanta ne esprimi adesso.”
“Forse si tratta di una risposta automatica e naturale al calore della tua passione.”
“Non dire sciocchezze, innanzitutto perché non sono così tanto appassionata e poi perché le tue reazioni sono indipendenti dalle mie.”
“Vuoi fare a gara a chi vuole bene di più o ci accontentiamo di dire che ci amiamo?”
“Io so per certo che ci amiamo e questo mi dà una forza che non puoi sapere.”
Comincia in quel momento una sarabanda d’amore che quasi li sconvolge; Marcantonio la possiede in tutti i modi; comincia alla missionaria penetrandola dolcemente, poi le solleva le cosce, una per volta, e la penetra sempre più profondamente; ad ogni cambio di posizione, corrispondono orgasmi infiniti che si rincorrono, per fortuna di entità piccola o media, che impediscono urla pericolose per il riposo di Giancarlo.
Poi la fa girare, ruotare, ribaltare ed entrano in un 69 meraviglioso, la prende da dietro, la possiede per ore; gli chiede se vuole prenderla analmente; le fa presente che, se non l’ha mai fatto, possono sorgere problemi.
“Io sono vergine, dietro, ma se tu lo desideri come me, allora voglio che tu mi svergini, adesso, e che mi faccia godere anche analmente.”
“Amore, non è opportuno; il bambino si sveglierebbe di certo e andresti in panico per badare a troppe cose. Ti prometto che farò l’amore col tuo didietro, che ti sverginerò, ma lo farò appena avremo la preparazione necessaria; pazienta qualche giorno; avremo senz’altro un’occasione più favorevole, per fare l’amore da dietro.”
Per Giancarlo è l’ora della poppata; mentre prende il biberon e si riaddormenta, potrebbe passare quasi un’ora.
“Pensi che posso succhiare anche io, mentre lo fa lui?”
“Si può; puoi leccarmi anche il sesso, mentre gli do il latte. Mi piace l’idea di provare il tuo amore mentre allatto nostro figlio.”
“E’ già nostro figlio? Allora, fai quello che credi; io farò quello che amo!”
In quel momento Giancarlo, che in quelle cose è per fortuna puntuale come un orologio, si sveglia; lo lava e gli cambia il pannolino, scherzando con Marcantonio a passargli quello sporco sotto il naso; lo prende in braccio e gli da la sua razione di alimento dal biberon.
Lui le accarezza il seno e gioca a leccarlo e succhiarlo; i ghirigori che disegna le stimolano il sesso, gode e glielo dice; si insinua sotto e le lecca la vagina; lei avverte che perde un po’ di umori, lo mette in guardia ma lui in risposta rafforza la succhiata quasi per farsi entrare in bocca ancora più liquido, che sente essere in parte anche urina; ma non si arrende; Giancarlo si è svegliato alle 2; alle 3 riescono finalmente a farlo dormire e riprendono ad abbracciarsi.
“Non sai quanto amore mi hai suggerito, offerto, regalato, fatto desiderare. E’ stata l’ora più bella della mia vita. E Giancarlo non è nemmeno tuo … e se fosse stato nostro figlio?”
Riprendono a fare l’amore e vanno avanti fino all’alba; non è facile dire quante volte ripetono il rapporto, né come fanno a resistere tanto; solo con amore infinito si può spiegare una resistenza al di là dell’umano; ma riescono a sopravvivere, finché i rumori esterni non li avvertono che la città si sveglia.
Sono passati quindici anni dagli eventi precedenti; Marcantonio e Marilena si sono sposati; lei ha fatto una folgorante carriera ed è ora una delle punte di diamante dell’avvocatura; se ne parla come di una prossima ministra perché è corteggiata da molti partiti; Marcantonio si è ‘incancrenito’ nel ruolo di professore al Liceo ed è riferimento per molte nuove generazioni; Giancarlo è l’orgoglio di papà e mamma, bravissimo a scuola e in casa.
E’ stato informato, per sommi capi, dei casi della sua vita; per fortuna, Cleo è sparita dall’orizzonte; ha spostato la residenza, ha avuto alcune storie infelici e molte relazioni tempestose, di puro sesso; non è andata molto in là, nel successo che sognava e accarezzava, ma ha soffocato la sua delusione in storie improbabili; non è riuscita a costruire nessuna famiglia alternativa e continua a fare la farfalla impazzita nonostante gli anni che ora sono cinquanta.
Tra gli altri incarichi di prestigio, ha avuto quello di rappresentare un famoso politico di cui si sussurra che abbia compiuto molte malversazioni; il tribunale scelto per discutere la causa è quello della sua vecchia città; ironia della sorte, l’accusa è sostenuta da Marilena a cui tutti guardano con estrema attenzione perché sperano che scopra una pentola di affari sporchi che riguarda il Paese e la Storia degli ultimi decenni.
Non resiste al fascino di una rimpatriata; sistematasi in albergo, va al vecchio indirizzo e trova le targhette che indicano il suo ex marito e la moglie; esita un poco prima di premere il pulsante del campanello, poi lo fa; dal citofono una voce chiede chi sia.
“Sono una vecchia amica di Marcantonio e di Marilena; speravo di incontrarli ... “
“Mamma è in studio e potrebbe tardare; ma papà è sceso a prendere le sigarette; tornerà a momenti; vuoi salire? ... Terzo piano; sulla destra entrando trovi l’ascensore ... “
Non è serena mentre sale; al citofono era senz’altro suo figlio, ma non sa se sia prudente incontrarlo; la voce del sangue spinge ad andare; quella del buonsenso, invece, a rinunciare; ormai è tardi perché l’ascensore è al piano e il ragazzo ha aperto la porta e la sta aspettando; il cuore si ferma per un attimo quando si vede riflessa in quel ragazzo, di quindici anni se non ha sbagliato i calcoli, che la guarda sorpreso anche lui da qualcosa che non sa definire.
Entra e si perde ad ammirare l’arredamento di ottimo gusto; parlare di mobili e di interni è l’ideale per evitare discorsi imbarazzanti, almeno finché non arrivi il professore, suo ex marito ma anche primo e unico grande amore; lui avverte solo un pizzico di imbarazzo quando se la vede davanti; recuperano subito e si salutano affettuosamente, con bacini sulle guance.
“Ciao, Cloe; gran bella sorpresa, direi! ... Giancarlo, forse lo hai già intuito ... questa signora è la mia ex moglie, tua madre genetica.”
“Avevo intuito che forse qualcosa ci legava; ma non so dire se mi faccia piacere conoscerti; non mi va l’idea che Marilena, la mia madre affettiva, possa venirne turbata ... “
“Giancarlo, Marilena ha bisogno di una sola cosa, il tuo amore che conosce perfettamente; Cloe non è cattiva come te l’hanno forse descritta; non abita più in questa provincia; se dovesse capitare qui per un qualche motivo, come adesso che deve scontrarsi in tribunale con la tua madre adottiva, non mi sembra molto prendere con lei un gelato o un caffè; è tua madre, lo hai sentito solo al vederla, non c’è più motivo di rancore; sii riflessivo e adopera il buonsenso.”
“Hai ragione, papà; ma, come vedi, anche se mi avete chiaramente spiegato che non c’è nessun legame tra noi, non riesco a impedirmi di sentirvi e considerarvi genitori; tu sei papà e lei è mamma; non saprei proprio come collocare Cloe nella mia vita, quella vissuta ogni giorno; tu cosa provi per me?”
“Ci vorrebbe un’enciclopedia per spiegarti i sentimenti, le sensazioni, le emozioni e tante altre cose che mi si affollano alla mente, a cominciare dai sensi di colpa e dal desiderio di espiare; l’unica cosa che possiamo permetterci, per ora, è frenare il rancore, la tigna, l’orgoglio; ti chiedo di considerarmi un’amica; nel tempo, se ci incontreremo ancora, forse mi piacerebbe parlare con te di quello che è stato; ma dobbiamo essere più sereni e devi potermi accettare ’nonostante tutto’.”
“Va bene, per me; adesso fermati a cena e cominciamo a confrontarci; Marilena ha ancora un bel ricordo di te e scherza molto sull’occasione di scontro che vi fa incontrare dopo tanti anni; vuol dire che assisterò da vicino al duello tra le mie madri, in tribunale e nella vita; in fondo, comunque la mia la devo a te, con tutte le peripezie gli sbandamenti e gli errori.”
“Posso abbracciarti ... da amica?”
“Io non ho problemi a chiamarti mamma e a baciarti; ma la mia madre vera resta sempre e solo Marilena!”
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