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Lui & Lei

Punti di vista


di geniodirazza
25.12.2023    |    2.533    |    0 8.7
"Anche il culo era sottoposto a una vessazione analoga; il mio ano era spanato da prima del matrimonio; mio marito non disdegnava incularmi con molta libidine e..."
Gli anni più belli della mia giovane vita furono senz’altro quelli tra i 15 e i 20, quando la scoperta del sesso mi aprì orizzonti che mai avrei immaginato, di piacere e di godimento libero e lussurioso; ribelle ad ogni tentativo di ‘inquadrarmi’ in schemi preordinati, mi scatenai nel sesso più vario ed articolato, praticando tutte le possibili forme di accoppiamento, usando indifferentemente bocca, mani, seni, ventre, culo e figa.
Ero ormai al limite della rottura più clamorosa anche con la mia famiglia, quando apparve nel mio orizzonte Nicola, un ventitreenne che aveva già conseguito una laurea in ingegneria che gli aveva assicurato un posto in una delle aziende più prestigiose del territorio; ci scopai assai volentieri, senza nessuna differenza con gli altri con cui lo facevo ordinariamente; lui però era per natura un illuso e sognatore; attribuì alle nostre scopate un valore assoluto e mi propose subito di andare a convivere.
Non avrei mai accettato di fare ‘l’angelo del focolare’ asservita al compagno e glielo sbattei subito in faccia; con lo stile suo solito, non fece una piega e il giorno seguente si limitò ad avvertirmi che all’ufficio del personale della fabbrica dove lui lavorava mi stavano aspettando per l’assunzione nel ruolo di operaia; mi fece sorridere l’idea che mettesse la sua credibilità e il piccolo potere di cui disponeva al servizio dei miei desideri.
Non gliene fui grata né riconoscente, visto che nemmeno una settimana dopo l’assunzione mi appartavo con un operaio nei bagni della mensa per una succosa fellazione; ben presto, la fabbrica diventò il campo di piacere dove reperivo i soggetti da concupire ogni volta che me ne saltava l’uzzolo; in capo a un anno, Nicola era il dirigente più cornuto della fabbrica ed io ormai ero quasi una stella perché ricercatissima da tutti i maschi della zona.
Ad un certo punto, decisi di scegliere un amante fisso con cui mi incontravo in un alberghetto discreto dietro la stazione; una naturale tendenza all’inganno e mille attenzioni poste nei movimenti mi consentirono di tenere il mio compagno all’oscuro delle corna che gli feci disinvoltamente; Armando, così si chiamava, scambiava con me poche frasi su whats app per stabilire ora e punto di incontro; ci recavamo indipendentemente all’albergo e, dopo le prime inevitabili incertezze, fummo in grado di evitare ogni controllo; ci indicavano la camera e vi ci recavamo.
Aveva un cazzo decisamente notevole e sin dal primo incontro ebbi la certezza che corrispondeva esattamente al mio bisogno di sesso possente e violento; la sua aggressività mi procurava spesso qualche livido; ma bluffare con Nicola non era un problema per me, abituata da sempre a scopare senza limiti e a dover rispondere ad una famiglia ossessiva e pronta a stigmatizzare ogni mio movimento; anzi, era quasi un gioco perverso fargli attendere, per scopare, che passasse il grosso del livido o impedirgli di vederlo.
In genere, era il mio amante che arrivava prima; io lo trovavo già in camera, nudo sul letto e a cazzo ritto; mi divertivo molto a spogliarmi lentamente, con movenze flessuose, imitando goffamente un fantasioso burlesque e lasciandogli pregustare il piacere che stavamo per prenderci; quando salivo gattoni sul letto, la prima cosa che facevo era fiondarmi con la bocca sul cazzo e ‘cibarmene’ con voglia sempre immutata.
Avevo sempre avuto una particolare predilezione per il pompino ed ero diventata particolarmente brava nella fellazione; riuscivo a strappargli l’anima dal cazzo, succhiandolo a lungo, leccando tutta l’asta fino ai coglioni che prendevo in bocca, uno per volta, e deliziavo con la mia lingua sottile e mobile; quando mi facevo scopare in bocca, spingevo la cappella fino al fondo, oltre il velopendulo, finché le mie labbra toccavano i peli del pube.
Normalmente era la mia iniziativa a dominare; facevo girare la cappella nella cavità orale accompagnandola con la lingua che leccava tutto e si infilava nel meato; muovendo la testa avanti e indietro gli davo la sensazione di scopare una figa stretta e vergine; lo affondavo in gola fino a soffocarmi e lo tenevo a lungo, deliziandolo con lingua, labbra e mano che tormentava i testicoli; talvolta reagiva mettendosi in ginocchio davanti a me e scopandomi in gola con la sua istintiva violenza.
Quando mi accorgevo che il giochino rischiava di farlo sborrare, interrompevo il lavoro di bocca e mi sistemavo carponi sul letto invitandolo a leccarmi a sua volta; lo faceva appassionatamente, ma non durava a lungo; in genere, per la sua natura aggressiva, scopare in figa era l‘obiettivo urgente e immediato; approfittando della posizione a pecorina, si sollevava in ginocchio e mi infilava di colpo il cazzo dentro, sbattendo con violenza contro l’utero.
Lo ricevevo sempre con la massima goduria; sentire la mazza grossa, dura e vogliosa, percorrere il canale vaginale e andare a sbattere contro la testa dell’utero mi dava brividi di piacere a cui corrispondevano gemiti lussuriosi che accentuavano il suo, di piacere, e lo inducevano a picchiare sempre più forte; il rumore del ventre duro e muscoloso contro le natiche morbide e carnose era un suono eccitante che stimolava ambedue.
Quei colpi violenti contro l’inguine erano la radice dei lividi che a mano a mano si fecero cronici fino a colorare di marrone le grandi labbra; non era difficile, anche solo guardando la mia figa, prendere coscienza che era abituata a lunghe e violente scopate; la mia convinzione era che Nicola avesse capito o che addirittura sapesse e che tacesse perché ci provava gusto o perché era schiavo del suo amore per me; comunque, non facemmo cenno a niente.
Anche il culo era sottoposto a una vessazione analoga; il mio ano era spanato da prima del matrimonio; mio marito non disdegnava incularmi con molta libidine e spesso lo faceva; ma Armando era un ciclone che si abbatteva sul mio lato B, quando lo prendeva la frenesia di scoparmi dappertutto; la prima volta lo fermai, vista la mole del cazzo che voleva infilare, perché non aveva portato nessun lubrificante e non me la sentivo di subire danni al retto inculandomi a secco.
Si attrezzò per benino e, la volta successiva che ci trovammo all’hotel, partì deciso all’attacco del buchetto; mi piaceva molto prendere il cazzo nel culo e non feci nessuna obiezione, quando mi resi conto che stava per sfondarmi; lo pregai solo di essere più dolce per evitare danni non nascondibili a mio marito; riuscì ad imporsi la calma e fu una vera delizia per me sentire la mazza che scivolava lentamente nel retto e penetrava tutta finché le palle mi picchiavano sulla figa.
Da quella volta, un pomeriggio a settimana mi scopò in figa e nel culo, con mio sommo godimento, come se rimediassi al ‘dovere’ settimanale con mio marito con una scopata libera un altro giorno della settimana; la cosa andò avanti per molto tempo, nella massima sinecura di Nicola che sembrava completamente estraneo alla mia esistenza, incurante delle prove inequivocabili dei tradimenti e della mia vita libertina.
Proprio questa sua apparente indifferenza mi pungolava ed attizzava il mio rancore, la tigna che mi spingeva a calcare la mano; quando presi coscienza che, metodicamente, Nicola andava per ufficio fuori città, per rimanervi un fine settimana, il rancore che provavo contro di lui mi istigò a trasferire le corna dall’albergo dell’incontro solito alla camera matrimoniale; un paio di volte, approfittando delle solite trasferte, baldi giovanotti ben forniti trovarono ospitalità nel mio letto matrimoniale.
Poiché non c’era verso di scuotere la flemma di Nicola, nonostante le voci che senza dubbio gli arrivavano delle mie ‘prodezze’, in un raptus di più feroce rancore decisi che, per quel fine settimana, avrei ospitato a letto un gruppo di tre ragazzi che già avevo ‘assaggiato’ in veloci sveltine nei bagni della mensa; detto fatto, il sabato che lui era fuori, in tarda mattinata, invitai i tre a venire a scoparmi con calma e gioia reciproca.
Arrivò per primo un ragazzo assai giovane, forse meno di venti anni, con una mazza di una ventina di centimetri, che non disse né ‘ah’ né ‘bah’ ma mi infilò immediatamente in gola mezzo metro di lingua perlustrandomi tutta la bocca; sapeva che un poco di irruenza non mi dispiaceva e mi sentii immediatamente sbattuta contro il muro mentre le sue mani correvano ad afferrare, a palma larga, una le natiche rotonde e carnose e l’altra la figa.
Abbassai una mano e trovai da sopra al pantalone il cazzo già duro come una roccia; manovrai un poco per aprire il bottone e far scorrere la cerniera; infilai la mano nello slip e sentii immediatamente il calore amato e atteso del sesso vibrante; mi sfilai dalla presa e scivolai lentamente in ginocchio, strofinando il viso sul pantalone; giunta con la bocca all’altezza del cazzo, mandai giù insieme pantalone e slip e la mazza mi esplose in faccia in tutta la sua possanza.
L’afferrai con due mani; con una masturbavo l’asta ritta lungo il ventre; usai l’altra per raccogliere i testicoli grossi come noci; accostai la lingua e leccai dolcemente lo scroto intorno ai coglioni, spingendo la punta fino al buco del culo; poi feci scivolare la bocca lungo la mazza che titillai gioiosamente e decorai con sapienti ghirigori per stimolare l’eccitazione; attraversai tutta la lunghezza del cazzo e raggiunsi la cappella; dopo averci giocato con la lingua, strinsi la bocca e spinsi l’asta a penetrare.
Succhiai quasi con devozione e guidai con la lingua, lungo il palato, la punta a scivolare verso il velopendulo e la gola; sentivo pulsare l’asta in tutti i gangli e avvertivo il tremore delle gambe che aspettavano la sborrata; strinsi i coglioni per evitare un’eiaculazione precoce; si bloccò per un attimo poi riprese a scoparmi in bocca; con la destra tenevo il batacchio per limitare la penetrazione in bocca, per evitare conati e soffoconi; mentre succhiavo, udii bussare.
Fermai di colpo la fellazione, mi alzai, andai alla porta e mi trovai di fronte due moretti, all’incirca di vent’anni, solidi come querce; sapevo già che avevano una mazza autorevole e li invitai ad entrare; il piccolo intanto si era completamente denudato ed era in piedi accanto al letto; mi sfilai il vestito, sotto ero nuda; mi sedetti sul letto e ripresi a manipolare il cazzo con le mani e con la bocca.
I due nuovi venuti si spogliarono in un lampo e si fiondarono sul letto; uno venne subito a carezzarmi e leccarmi il culo, come sapeva che mi piaceva molto; l’altro venne sul davanti e si abbassò a titillare i capezzoli che prese tra le labbra uno per volta; succhiava come un poppante e i risucchi mi provocavano brividi di libidine in tutto il corpo; masturbavo e succhiavo il cazzo del piccolo che resisteva a stento alle mie pressioni; ma riuscì a non sborrare, per il momento.
Intanto i due moretti si erano spogliati e si erano sdraiati supini sul letto, coi cazzi ritti contro il cielo; avevano due belle mazze di oltre venti centimetri e sapevo che le usavano con molta sapienza e abilità; quello più vicino mi prese la mano e la portò sul cazzo; senza interrompere la fellazione, cominciai a masturbarlo; l’altro mi venne dietro e cominciò a strusciare il cazzo sulle natiche; mi spinse per farmi alzare il culo e mi strofinò la mazza sul buchetto.
A quel punto decisi di mettere in atto quel che mi ero prefissa e lasciai il pompino per spostarmi verso il centro del letto; mi misi carponi e presi in bocca il cazzo di quello sdraiato; l’amico si abbassò dietro di me e cominciò a leccarmi dall’osso sacro alla figa; il piccolo scivolò sotto di me e raggiunse con la bocca la figa; così, mentre succhiavo un cazzo, mi leccavano e succhiavano contemporaneamente sia la figa che il culo; quasi fossero d‘accordo, si scambiarono più volte di posto.
Godevo molto con le due lingue che mi stimolavano e la mazza che mi scopava in bocca; aspettavo solo che mi fottessero e, ormai, lo desideravo intensamente; il più giovane risultò il più pronto a cogliere le mie emozioni; quando toccò a lui leccarmi da dietro, si inginocchiò e mi infilò il cazzo in figa; gemetti a lungo e salivai moltissimo sul cazzo del moretto che stavo spompinando; l’altro si spostò sulle tette e mi succhiò a lungo i capezzoli.
Scopata in figa, con un cazzo in bocca e con un amante che mi leccava e succhiava le tette, ebbi una serie quasi interminabile di orgasmi; gemevo e borbottavo perché il cazzo in bocca mi impediva di articolare parole ed esprimere il mio godimento; si fermarono di colpo, forse per un segnale tra di loro; il ragazzo mi afferrò per le anche e cominciò a sbattermi con forza; il moretto in bocca spinse la mazza fin a quasi soffocarmi; il terzo si staccò da capezzoli e mi diede il cazzo in mano.
Cominciarono a pompare con forza, in figa e in bocca, e presto sentii gli spruzzi di sborra urtare contro l’utero, da una parte, e contro la gola, dall’altra; appena il piccolo si sfilò dalla figa grondante umori e sborra, l’altro moro appoggiò la cappella al buchetto e mi inculò a forza, senza lubrificazione; impiegò solo pochi colpi ben assestati e sentii la sborra entrare nell’intestino, mentre lui si abbatteva sulla mia schiena; continuò a incularmi a lungo, mentre mi rilassavo e illanguidivo.
Non mi diedero molto tempo per riposare; dopo qualche minuto, il moretto che aveva sborrato in bocca si stese al centro del letto e mi fece montare a cavallerizza; per farlo, sporsi in fuori il culo e mi resi immediatamente conto che il piccolo mi aveva appoggiato la cappella al buco e stava spingendo con decisione; in due colpi sprofondò nell’intestino; ebbi fitte intense di libidine che mi provocarono un lungo gemito.
Ero riempita davanti e dietro, chiusa a sandwich tra due corpi giovani; la lussuria si scatenò violenta e li scopai insieme; suggerii che non sborrassero ancora una volta; mi rassicurarono; avevano appena eiaculato e non era facile che ci scappasse un orgasmo imprevisto; mentre parlavamo, il terzo era salito sulla mia testa e mi ficcava in gola la mazza dura come un manico di martello; cominciai a sbrodolare e sentii totalmente la pienezza assoluta di cazzo nei tre buchi.
Come se agissero in perfetta armonia predeterminata, si alternarono e mi scoparono a lungo; l’unica a sborrare in continuazione ero io che ad un certo punto dovetti chiedere tregua perché mi stavano svuotando; si fermarono per qualche minuto e mi dedicarono intense e lunghe leccate su tutto il corpo; mi imposi di evitare altri orgasmi violenti e mi godetti i passaggi delle lingue su figa e culo, su tette e ventre, sul viso, sulle braccia, sul corpo intero.
Andammo avanti per tutto il giorno, fino al tramonto; una parvenza di interruzione la imposi sull’ora di pranzo, quando feci arrivare dei panini e delle birre e mangiucchiammo quasi senza voglia, perché mentre due mangiavano il terzo mi scopava in un qualche buco; nemmeno in quel momento mi resi conto che ero solo tre buchi ben disposti che erano a disposizione dei loro cazzi per svuotarsi e godere dentro un corpo morbido e pieno.
Quando decidemmo di chiudere lì la partita, mi chiesero un’ultima copula; mi scoparono insieme e, al momento della sborrata, si sfilarono e completarono l’opera masturbandosi; lo sperma piovve tutto sul mio viso che ne uscì imbrattato in maniera lurida; riuscii a lavarmi provvisoriamente e a rivestirmi prima di uscire; solo quando furono andati via mi resi conto che Nicola, chiuso nella stanzetta per gli ospiti, aveva registrato tutta la scopata.
Rientrato infatti con un giorno di anticipo per il rinvio di certe assemblee, aveva colto rapidamente che stavo facendo la puttana in camera da letto; fedele al suo proverbiale aplomb, si era ritirato nella cameretta a fianco ed aveva ascoltato solo i gemiti della parte finale della lunga seduta di sesso; quando lo incrociai in corridoio, non disse una sola parola; quel silenzio funereo durò per due settimane, quelle che trascorse ancora nella casa che aveva affittato, a mio nome, per la coppia che eravamo stati.
Non avrei avuto assolutamente niente da dire, vista la situazione in cui mi aveva sorpreso e i presupposti del nostro incontro; aspettavo una reazione, forse anche violenta, ma la noncuranza finì per ferirmi assai più di qualunque offesa; passai le giornate a valutare quanto squallore ci fosse nel mio comportamento, avendo trattato peggio di uno straccio sporco l’uomo che mi aveva strappato dalla grama vita di periferia per assegnarmi un posto nella sua vita, un lavoro ed una agiatezza da piccola borghese.
Improvvisamente, scomparve dai radar; non mi venne segnalato neppure dagli amici che frequentavamo più spesso; non ne avevano notizie nei luoghi che frequentava con me o da solo, non riuscivo a contattarlo nemmeno in ufficio, dove la consegna, alle segretarie ed alla vigilanza, era stata di tenermi lontana da lui; praticamente, ero diventata una sorta di lebbrosa da non avvicinare perché contagiosa; forse davvero la mia immoralità poteva fare proseliti, a quel punto.
Per caso incontrai Mirella, una comune amica, nel supermercato dove mi approvvigionavo; stava consegnando alla direttrice un elenco e si raccomandava di consegnare tutto dopo le sette di sera per trovare in casa l’ingegnere; l’altra assicurò che una cortesia a lei e al suo amico era per loro quasi un piacere; tutto sarebbe stato fatto a regola d’arte; mi scappò improvviso e stupido un aspro commento.
“Scommetto che l’ingegnere è Nicola; sei diventata la sua colf?”
“Sono solo una delle tante scopamiche che si è creato qui in centro; Nicola è la persona più dolce ed ammirevole che abbiamo mai conosciuto; ora che si è liberato dalla schiavitù ad una ragazzina che non vuole crescere, è disponibile a dare amore a tutte quelle che glielo chiedono; e siamo in molte, credimi; è una ‘preda’ molto ambita ed ha solo la difficoltà della scelta per riempire il letto ogni sera; e, soprattutto, la sua casa è bellissima e fa voglia di frequentarla!”
“Scusami, credevo di poter scherzare ancora con una vecchia amica!”
“I tuoi scherzi, a quel che mi ha raccontato, sono ancora gli sfarfallamenti imbecilli delle ragazzine che non hanno prospettive e corrono dietro al primo cazzo che si rizza; noi stiamo cercando di crescere e scopiamo moltissimo anche noi, ma con un progetto in vista!”
“Pensi di fare vita comune con Nicola?”
“No, carissima; io sono troppo convintamente single per accettare una convivenza, anche con un individuo meraviglioso come il mio adorato ‘ingegnere’; ma lui, dopo la scottatura che una puttanella imbecille gli ha provocato, adesso ha giurato che, prima di fare coppia con una donna, le fa fare una TAC per studiarla fino alle ossa, che la fa benedire ed esorcizzare per non trovare una puttana dietro una ragazza apparentemente innamorata.
Forse potrei incastrarlo perché il suo desiderio di paternità lo espone alla possibilità di fare coppia con un donna che sappia essere madre; in fin de conti, un figlio vale più di qualunque certificato di matrimonio; ma ha paura che la madre si riveli una puttana travestita; sei riuscita a fare proprio un bel casino, comportandoti come facevi da ragazzina, al mare o in discoteca.”
“Non mi va di ascoltare prediche; la realtà è che lui continua ad essere il dirigente autorevole e ricco; io sono ridotta ad operaia e devo vivere col mio salario; può piangere quanto vuole, per qualche scopata fuori dalla coppia; ma non sta male e, prima o poi, la sua verginella la trova, se davvero si è scatenato ed ora è in caccia ... “
“Scusa, poverina, vuoi che ti consoli perché ti sei sputtanata in giro e non puoi muoverti senza incontrare un maschio che ti voglia sbattere?”
“No, Mirella; scusami; sono amareggiata, ma forse più con me stessa che con Nicola; lui è stato come è sempre in tutto, controllato, misurato, equilibrato, dolce e innamorato; sono io che non ho capito e non sono cresciuta o forse mi rifiuto di crescere; ma sentire esaltare la sua solitudine mi obbliga a riflettere che l’ha cercata anche lui; se mi sbatteva al muro e mi picchiava duro, forse staremmo a parlare di un’altra storia.
Ma sarebbe stato pericoloso perché la stupida bambina che c’è in me lo avrebbe trascinato in tribunale come violento; è tutto un mondo di errori; scusami davvero e, se lo vedi, digli che la ragazzina che lo amava è sepolta sotto la merda con cui ho coperto la nostra storia; ma non è morta e forse, prima o poi, crescerà abbastanza da capire dove, quando, come e perché sbaglia tutto, nella vita. Ciao, amica mia!”
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