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Lui & Lei

Nel nome della libertà


di geniodirazza
14.09.2023    |    1.888    |    0 9.4
"Nella sua frenesia libertina, all’inizio si era illusa che Marco, memore del libertinaggio adolescenziale, non avrebbe dato nessun peso alle sue ‘fughe nel..."
La volta che Marco, commercialista di 34 anni con un buon impiego in una grossa azienda, provò a ‘fare il punto’ della sua vita, in vista ormai dei fatidici ‘quaranta’, sentì in parte cadergli le braccia, di fronte al crollo di gran parte sue prospettive che sin da ragazzo si era posto come obiettivo, per la maggior parte non per colpa sua ma certamente per errori di valutazione che avevano orientato la vita diversamente da quanto sognato.
L’adolescenza era trascorsa normalmente fluida e serena, nel gruppo di amici che si era costituito nel quartiere, tra i coetanei della sua generazione; al centro, i fratelli Angelo e Nicola Castello, figli del boss della città; lui e Bernardo, di pochissimo più giovane, costituivano gli altri vertici del quadrilatero che li rendeva dominanti; tra le ragazze, spiccavano soprattutto Ines e Brigida, due bellezze libere e disinvolte che non avrebbero mai saputo dire chi era stato a sverginarle in ciascuna pratica.
Ines era diventata la ragazza di Nicola, il maggiore dei fratelli Castelli, destinato ad ereditare il potere di suo padre e di suo nonno; coinvolto da giovane in affari al limite della legalità, era stato trascinato in una sparatoria tra bande e ci aveva rimesso la pelle; Ines era stata, in qualche modo, ’adottata’ dal cognato Angelo, subentrato nel diritto ad ereditare il potere paterno, e viveva bene, garantita dalla ‘famiglia’ che in quelle realtà aveva un peso indiscutibile.
Angelo aveva sposato poi Rosa, un’altra delle ragazze della loro ‘banda’, ed aveva assunto i caratteri e i costumi degli uomini di potere malavitoso a cui si ispirava; Bernardo era diventato il suo indivisibile ‘siamese’ ed era pronto, ad un suo cenno, ad eseguire anche gli ordini più esecrabili; Marco, etichettato già da ragazzo ‘troppo buono’ con quel che significava l’espressione in quel clima culturale, aveva scelto la via dell’Università e della laurea in Economia.
Anche Brigida aveva scelto l’Università, ma il suo impegno nello studio era stato assai tiepido; era stato invece assai più vivace quello nel libertinaggio che adesso cercava maggiori occasioni fuori dalla cerchia familiare; forse per la flessibilità di Marco, decisero di sposarsi e, nel giro di un paio d’anni, lei partorì due volte, un maschio, Paolo, che contava otto anni quando la madre sparì; e una ragazza, Francesca, che ne contava appena sei.
Non fu un matrimonio del tutto sballato, perché l’arrendevolezza di Marco alla moglie fece in modo che lei avesse tutto lo spazio che reclamava per sentirsi libera e indipendente anche se si lagnava continuamente che suo marito, non avendo né ambizioni né palle per sostenerle, non guadagnava tanto quanto certi altri personaggi, in particolare quelli della ‘famiglia’, per concedersi molti più lussi.
In particolare, gli addebitava che, avendo interrotto, andando all’Università, la frequentazione quotidiana con Angelo Castello aveva perso terreno e occasioni rispetto a quelli che, come Bernardo, gli erano rimasti fedelissimi; il suo amico fraterno, dopo la tragica morte del primogenito e il parziale ritiro di suo padre, era diventato in concreto il capofamiglia e godeva di un potere quasi illimitato; inutilmente Marco cercava di spiegare a sua moglie che non svendeva la sua coscienza alla malavita.
In risposta, Brigida ignorava completamente qualsiasi dovere familiare e genitoriale, che demandava a suo marito per svolazzare allegramente tra corteggiatori ed adulatori, riuscendo a malapena a tenersi al di qua delle corna che avrebbero potuto costarle care, se Angelo si fosse ricordato dell’amicizia con Marco; in quella dimensione culturale, anche la morale era dettata dai potenti malavitosi e aveva saputo di adultere punite pubblicamente dagli sgherri di don Cesare Castello, padre di Angelo.
La piccola Francesca aveva sei anni e cominciava il percorso scolastico in prima elementare; Paolo aveva conseguito il diploma elementare e si era iscritto alla prima media; Brigida, persa tra bar e prodotti di bellezza, neppure ricordava l’età dei figli; era stato il padre ad occuparsi sempre di loro, sia che dovesse preparare le pappe sia che dovesse cambiare pannolini; aveva fatto ore massacranti di straordinari per pagare una tata che se ne occupasse quando era al lavoro.
I rimproveri aperti delle amiche del bar spinsero, in qualche modo, Brigida a prendere coscienza dei doveri a cui non adempieva e le scatenarono un desiderio di ribellione, perché si sentiva costretta a sacrificare i suoi sogni e le sue naturali tendenze ad un ruolo scelto solo per uscire dall’alveo familiare; l’idea di andarsene inseguendo un suo sogno di libertà si fece sempre più vivida e convincente; avrebbe accettato qualunque condizione per uscire da quel guscio.
L’occasione non tardò molto, vista la disposizione ad andarsene ad ogni costo, anche rischiando le ire dei ‘padroni’ del territorio; tra i frequentatori più o meno abituali dei locali dove bazzicava quotidianamente, uno la colpì vivacemente, un personaggio decisamente incolto e volgare, ma ricco da fare schifo, che si ‘esibiva’ con macchinoni sempre fuori serie e vantava il possesso di una grossa barca ancorata nel porto vicino.
Una volta che, tra i tanti salamelecchi che le dedicava spesso, la invitò a fare una corsa nell’auto scoperta che esibiva al momento, Brigida, reduce appena da un battibecco con la madre di una compagna di scuola della figlia che le aveva rimproverato di essere l’unica mamma a non farsi neppure conoscere dagli insegnati, decise di colpo di saltare il fosso ed accettò; l’intenzione di lei era solo una corsa in auto senza conseguenze.
Ma il ‘coatto’ non perse l’occasione per farle ammirare la sua barca e decantarne la potenza e la bellezza; quando la invitò a visitarla per verificare il comfort delle cabine per i passeggeri, non seppe resistere e salì a bordo con lui; era troppo abituata alla pratica di un sesso assolutamente libero, per meravigliarsi quando sentì la mano appoggiarsi decisamente sul culo, palparlo con voglia e spingerla verso la cuccetta per due persone.
Non era una verginella, Brigida; non avrebbe saputo dire quale cazzo avesse masturbato per primo, a chi avesse concesso la prima fellazione, la prima inculata o la prima scopata in figa; aveva passato l’adolescenza a bearsi tra i cazzi dei ragazzi della ‘compagnia’, che si erano adeguati, chi prima chi dopo, ai ‘rituali’ proposti da Marco, lunghissimi preliminari e scopata finale; per sei anni aveva scopato solo con suo marito.
Invece, il ‘buzzurro’ che aveva scelto per tradire, con suo marito, la ‘famiglia’ da cui era stata svezzata, rivelò immediatamente il carattere volgare e superficiale, tutto cazzo e figa senza concessione a niente altro; una volta rovesciata sul letto, senza neanche preoccuparsi degli abiti, cominciò a smanacciarla vogliosamente su tutto il corpo; spostando solo la falda del vestito, aprì la cerniera e tirò fuori un cazzo appena passabile.
Senza curarsi di pratiche preparatorie, spostò la fettuccia dello slip, infilò impietosamente un dito profondamente in figa e subito lo fece seguire dal cazzo, che sprofondò con violenza e con qualche fastidio; lei rimase letteralmente stordita dal pressapochismo di questo amante strano e subì quasi con rassegnazione quella prima scopata che la lasciò interdetta e decisamente insoddisfatta.
Tutto preso a celebrare il suo giocattolo preferito, la barca, che secondo lui doveva essere il lasciapassare per ogni figa, lui non ebbe il buongusto di nessun intervallo di semplice dialogo o di dolcezze che in genere si accompagnano alle scopate, anche a quelle più violente; la donna, però, era ormai nella logica di voler piegare alle sue voglie i maschi; si ripromise di indurre anche il ‘coatto’ a più ragionate scelte e lo lasciò fare, anche perché il tempo che poteva trattenersi al bar era limitato e, con la corsa in auto e la scopata in barca, era andata oltre il tempo massimo.
Aver preso in figa il cazzo di uno sconosciuto le parve già umiliazione sufficiente da imporre a suo marito; avrebbe imparato certamente a fare le cose con maggiore attenzione, più tempo e certamente tanta soddisfazione in più; doveva però attrezzarsi anche mentalmente ad ‘evadere’ dalla prigione della casa e rifugiarsi in un sesso pacato, per sentirsi vincitrice; per il momento tornò a casa per cenare, controvoglia, col marito, come sempre.
Ma il meccanismo era ormai innescato e sarebbe stato impossibile tirar via dalla testa di Brigida l’idea che doveva trasgredire il canone della fedeltà, se voleva affermare la sua indipendenza; per questo motivo, cominciò a frequentare abitualmente il suo amante inizialmente solo occasionale fino a farlo diventare fisso; in compenso, a furia di scoparci, riuscì a ridurlo alle sue condizioni e ad imporgli il suo modo di intendere una scopata fatta bene.
Sin dal secondo appuntamento, sempre sulla barca di lui, Brigida si organizzò per spedirlo supino sulla cuccetta, prima che avesse il tempo di fare qualunque mossa; abituata da suo marito alla fellazione in anni di esperienza, ebbe rapidamente ragione delle deboli resistenze di lui e gli sfilò insieme pantaloni e boxer; quando il cazzo si levò quasi prepotente dal ventre verso il cielo, lo afferrò e lo accostò alla bocca vogliosa.
Cominciò per il maschio una fase di estasi pura, mentre lei gli leccava il sesso, dall’ano, attraverso i coglioni e l’asta, fino alla cappella che presto entrò nella bocca stretta a cuore, per dargli la sensazione di penetrare una figa stretta e nuova; il giovane amante si perse nel piacere della lingua che leccava, delle labbra che titillavano, del palato che guidava la cappella verso l’ugola o verso le guance mentre lei succhiava come un’idrovora.
Protrasse molto a lungo il piacere, che per il maschio risultava nuovo e particolarmente eccitante; più volte bloccò un orgasmo che arrivava, stringendo i coglioni fino a farli dolere; poi fu la volta di lui a ricambiare la cortesia; compreso che lei gli chiedeva preliminari lunghi e saporiti, la ribaltò sul materasso, si sfilò tutti gli abiti, li tolse a lei che era venuta con un vestito adatto, una semplice tunica senza intimo, e si fiondò sui seni maturi e carnosi.
A lungo leccò, titillò, succhiò e si abbeverò a quella fonte inesauribile di vita, mentre una mano scavava nella figa e nel culo a strappare piacere e piccoli orgasmi con sapienti manipolazioni; quando la sentì godere a voce piena, passò alla figa e cominciò a ravanare con dita e lingua per stimolare al massimo il piacere di lei, alla quale aveva rapidamente capito che doveva concedere molta lussuria, se voleva una scopata degna di questo nome.
Quando finalmente le montò addosso e la penetrò in figa, lei accolse con molta libidine la mazza che, pur non paragonabile a quella di suo marito, era comunque di buono spessore; la montò a lungo e più volte si frenò per non sborrare in fretta; ma non ebbe la capacità di arricchire la scopata con esperienze diverse, anche una semplice pecorina; la voglia, in quei primissimi incontri, ebbe la meglio e si trovò a esplodere urlando nella sborrata più ricca che ricordasse.
Non poterono neppure, quella prima volta, pensare ad un’inculata perché non erano attrezzati almeno con un valido lubrificante; ma, negli incontri successivi si sarebbero altamente specializzati a scopare in ogni modo, in tutti i buchi e da qualunque posizione che li intrigasse; per qualche mese il ragazzo fu il riferimento privilegiato per Brigida, per tentare di piegare l’apatia del marito ad un rendimento più alto di passione e ad una remissività maggiore di quella che manifestava occupandosi della casa e dei figli, mentre lei viveva la sua vita da gaudente parassita.
Quando quell’amante le propose di partire per un viaggio per mare, non esitò ad affrontare il marito imputandogli nefandezze che erano solo sue e colpe che non esistevano da nessuna parte; davanti agli occhi dei figli allibiti, sbatté la porta, uscì da quella casa e non sarebbe più rientrata; ma il viaggio di piacere durò solo pochi mesi, quelli necessari al ‘buzzurro’ per stancarsi del ‘giocattolo’ e scaricarlo sul molo appena rientrati.
Forse per sua fortuna, incontrò immediatamente un vecchio bavoso ex conquistatore di femmine che, di fronte alla prorompenza del corpo di lei, non esitò a proporle di trasferirsi in alcune sue piantagioni in Centro America; l’esilio dorato durò qualche mese; poi le prese la noia e si affidò d un avventuriero che la fece navigare per tutti i mari del mondo, sottoponendola a sevizie inaudite con tutti gli amici che ospitava a bordo.
Brigida, in una sorta di schiavitù sessuale, trascorse alcuni anni; a malapena seppe che suo marito l’aveva fatta condannare per abbandono del tetto coniugale ed aveva ottenuto così il divorzio; nessun rimorso provò neppure per i figli che, inesistenti mentre viveva con loro, non erano neppure ombre, a distanze spesso siderali; la nausea e l’apatia la colpirono presto e cominciò a desiderare per lo meno di fermarsi sulla terraferma, possibilmente in Italia da dove mancava ormai da qualche anno.
L’ultimo approdo utile fu proprio durante una sosta in patria, ormai al quinto anno di ‘esilio’; l‘incontro con un giovane malavitoso arrogante e protervo le risultò compatibile col suo desiderio di tornare alla vecchia vita; in fondo, tra la ‘famiglia’ dei Castello, da cui in qualche modo era partita, e quella di appartenenza del nuovo amante non vedeva differenza; questo almeno le assicurava la sopravvivenza ed anche un certo benessere che, come al solito, sfruttava in cambio della figa.
La sparizione della moglie gettò Marco in uno sconforto assai profondo; dovette lottare a lungo con se stesso per non abbandonarsi alla depressione e reagire con forza e buona volontà; accettato che sua moglie se n’era definitivamente andata, dopo averlo tormentato con tradimenti sempre più palesi, decise di riprendersi un poco della normale dimensione di vita e finalmente cominciò ad incontrare qualche amico al bar.
In occasione di una delle sue rare sortite, si rintanò in un pub dove un tempo, molti anni prima, si rifugiava per ‘fare i conti con se stesso’; quasi evocati dal suo stesso desiderio, gli apparvero, ad un tavolo, Angelo con sua moglie Rosa, l’immancabile Bernardo ed Ines; che abbracciò con foga, salutando gli altri amichevolmente; quasi per comunicargli che sentiva le loro disgrazie parallele ma anche tanto vicine; la donna lo ‘obbligò’ ad aggiungere una sedia accanto alla sua, prese le mani e le portò al viso.
La dolcezza del gesto colpì molto l’uomo, che per la prima volta si vide oggetto di un affetto che non aveva mai avuto da sua moglie; quando Ines gli chiese del suo stato d’animo e dei ragazzi, sentì quasi sciogliersi un nodo e parlò a ruota libera; si rimproverò errori commessi, specie nei confronti di Angelo e degli amici veri; accennò alla difficoltà di gestire due ragazzi in crescita e, contemporaneamente, fare bene il suo lavoro.
Dopo che si fu sfogato, fu l’amico d’infanzia a parlare e a rimproverargli, anche con durezza, di avere fatto scelte forse giuste e coerenti con le sue convinzioni, ma certamente non utili per lui, per i figli e forse anche per il matrimonio fallito, al di là delle intemperanze della moglie che conoscevano da sempre; non poteva che dargli ragione e appellarsi agli errori pregressi; ma Bernardo gli fece osservare che poteva ancora fare nuove e rivoluzionarie scelte.
In sostanza, Angelo poteva offrirgli di aprire uno studio da commercialista autonomo e affidargli la conduzione di iniziative inattaccabili dalla legge perché tutte lecitissime, forse a copertura di altre meno lecite; poteva anche affidargli l’amministrazione di tutte le attività, con la garanzia che il suo nome non sarebbe mai venuto fuori; Ines gli fece osservare che i figli avevano bisogno di una figura femminile di riferimento; ricordò come fossero stati uniti da adolescenti e come fosse quasi un impegno morale, per lei per esempio, essergli molto vicina in quel frangente.
L’idea che emergeva era quella di riprendere la profonda amicizia con Bernardo e Angelo, che tra le altre cose era stato padrino di battesimo di suo figlio Paolo come sua moglie Rosa lo era stata di Francesca, e soprattutto con Ines che aveva amato da adolescente facendo un passo indietro solo quando Nicola l’aveva proclamata sua; guardò gli altri con intensa tenerezza, quasi a chiedere conferma; Angelo gli strinse la mano a suggellare un accordo e Ines lo baciò su una guancia.
“Marco, noi non ancora abbiamo cenato; immagino che tu debba occuparti della cena dei tuoi ragazzi; ti andrebbe di farlo con me? Sono veramente ansiosa di conoscere da vicino i tuoi figli ... “
“Ines, Angelo, siete certi che sia una buona idea, anche per rispetto della memoria di tuo fratello?”
“Scemo, Nicola approverebbe, se fosse qui; lui non mi vuole monaca di clausura e non dimentico che un tempo non facevamo tanta differenza tra i nostri giovani amanti!”
“Marco, Ines ha bisogno di te almeno quanto tu hai bisogno di lei; così come la famiglia ha bisogno di un ragioniere come il nostro ragioniere ha bisogno della famiglia; perché non fai il salto e torni in famiglia?”
“Vieni, Ines; andiamo a casa, sono certo che i ragazzi saranno felici di conoscerti; poi deciderai se restare o andare ... “
Andò assai meglio di quanto sperassero; tra i ragazzi e ‘mamma Ines’, come presto la ribattezzarono, nacque un feeling del tutto imprevisto; lei riuscì ad entrare nel ruolo della madre premurosa e affettuosa con una rapidità che meravigliò lei stessa; persino gli insegnanti si abituarono a lei che li accompagnava a scuola, andava a riprenderli e passava con loro interi pomeriggi diventando presto il riferimento di fiducia, la consulente nei dubbi, l’amica che non avevano avuto fino a quel momento.
Il cambio di lavoro fu ancora più clamoroso; come il vecchio Cesare Castello aveva sempre suggerito a suo figlio Angelo, Marco aveva istintivo il senso dell’amministrazione e sollecitò iniziative, acquisizioni, adeguamenti e trasformazioni che resero le aziende competitive a livello internazionale; il suo studio divenne una fucina di attività assai importanti e il ruolo in ‘famiglia’ di Marco fu presto di primissimo livello.
Cambiò anche la situazione familiare dei suoi figli, passati dalla scuola pubblica ad istituti privati di grande qualità, dove si impegnarono al massimo per il migliore rendimento; Ines li convinse a traslocare nella villa che le avevano regalato, forse per la condizione di ‘vedova ideale’ di Nicola; la nuova famigliola vi si adeguò benissimo; fra i due adulti non ci fu amore immenso; ma affetto, passione e comprensione li sorressero per una convivenza di grande qualità.
‘Scivolarono’ così quasi dolcemente cinque anni di vita senza scosse, fatta di borghesi abitudini di rappresentanza sociale, di compiti quotidiani svolti con diligenza, di serenità ed affetto ad ogni piè sospinto, preoccupati ciascuno delle personali esigenze e tutti insieme di vivere in armonia con gli altri; Francesca si apprestava ad andare alle medie mentre Paolo frequentava il secondo anno del corso quinquennale dell’Istituto Superiore, ambedue con successo.
In quegli stessi anni, Brigida aveva svolazzato come un farfalla impazzita tra amorazzi e avventure di tutti i generi; dopo il primo ‘giro del mondo’ in panfilo col buzzurro che aveva decretato la fine del matrimonio e che l’aveva scaricata appena tornata a terra; appreso che era stata sancita la separazione legale in attesa del divorzio, si era buttata fra le braccia di un ricco maturo di cui poteva disporre a suo piacimento, grazie ad un uso abilissimo del corpo, esercitato in anni di scopate.
Nella sua frenesia libertina, all’inizio si era illusa che Marco, memore del libertinaggio adolescenziale, non avrebbe dato nessun peso alle sue ‘fughe nel sesso’, perché di amore non era proprio il caso di parlare; era convinta che, facendo leva sulla sua mitezza di carattere, quando le fosse passata la smania di correre la cavallina, avrebbe potuto senza problemi riprendere il suo posto di moglie parassita e gaudente.
Quando invece la sua ‘fuga’ aveva preso il corpo di una lunga assenza, ancora si era cullata nell’illusione che, almeno per non passare una triste vecchiaia da solo, l’avrebbe ripresa con se, dimenticando le sue aberrazioni; la notizia che aveva fatto sancire legalmente la separazione, per il reato di abbandono del tetto coniugale, la metteva in crisi, soprattutto perché le avevano spiegato che rischiava l’affidamento dei figli solo al padre, anche dopo il divorzio.
Aveva partorito quasi ragazzina, la prima volta a diciannove anni e la seconda meno di due anni dopo; veniva da un’adolescenza da gaudente; non amava nessun impegno formale; si sentiva ancora, a trentadue anni, abbastanza bella e viva da poter desiderare di godersi la vita più tempo possibile; per lei, Marco era sempre e solo il povero travet laureato che sopravviveva con uno stipendio, se non da fame, almeno tale da non consentirle nessuno scialo.
Nel corso di quegli anni, cambiò più volte partner ed ogni volta ebbe la fortuna di un amante maturo e docile; l’ultimo della serie era abbastanza giovane, più o meno dell’età del suo ex marito; era anagraficamente libero da vincoli sentimentali ed apparteneva ad una ‘famiglia’ spesso contrapposta ai Castello, con i quali in passato si era spesso scontrata anche con violenti episodi di sangue ma che in quella fase conviveva pacificamente; questa appartenenza la garantiva, eventualmente, anche da iniziative medioevali della ‘famiglia’ Castello a cui Marco era stato caro in gioventù.
Una volta assunto il potere sulla ‘famiglia’, Angelo aveva imposto una svolta radicale all’attività, mirando a costruirsi un’immagine il più possibile positiva, fino ad essere proposto per la presidenza dell’Associazione Industriali della regione; lo aiutarono, in quest’opera, Marco, ormai riconosciuta ‘mente’ della famiglia, e Ines, che col suo ruolo perfettamente coperto di madre dolce e affettuosa, disponibile e rigorosa, era portata ad esempio nelle famiglie ‘perbene’.
Tra le molte iniziative, brillava il suo impegno per l’assistenza e la solidarietà coi bisognosi, ovunque fossero; la ‘festa di beneficenza’ che aveva organizzato quel sabato era frutto di una lunga discussione tra le madri degli studenti di ogni livello nelle scuole cittadine; ovviamente, c’erano tutti, dal presidente di regione ai piccoli commercianti, felici di partecipare a quella kermesse benefica che si teneva nella villa dove lei abitava col compagno e con i figli.
Un invito fu inviato, doverosamente, al capoclan dei Marranzano, la famiglia avversa il cui primogenito era l’amante del momento di Brigida; testa calda fuori controllo, era considerato da molti, a ragione, l’esecutore materiale dell’assassinio di Nicola; il momento di tregua imponeva che anche questo dubbio venisse messo da parte; per Brigida, non esistevano problemi; di fronte all’invito ad una festa importante, non si occupava di altro, nemmeno del nome dei padroni di casa.
L’abbigliamento che scelse era per lo meno discutibile; abito lungo, con spacchi vertiginosi che non nascondevano niente, mentre il corpetto svasato e molto scollato esibiva il seno maturo e magnetico; le sue movenze, poi, esasperavano l’effetto di esibizionismo; si mosse con degnazione per la sala, forse senza neppure rendersi conto che si trattava di una festa per famiglie con numerosi bambini; incrociò Bernardo e lo salutò benché lui l’avesse ignorata.
Istintivamente, la donna si inalberò ed aggredì il vecchio amico; lui si limitò a dire che doveva ringraziare gli accordi di don Cesare e la bontà di Marco se erano ancora vivi, lei e il suo amante; rincarò la dose e la stese quando le disse che non si era accorta di essere a casa della sua amica Ines e di non avere visto i suoi figli che si rivolgevano all’amica chiamandola ‘mamma Ines’; la coscienza di essere in fondo a un baratro la prostrò.
Per sua fortuna intervenne proprio Ines che, ancora legata all’affetto che le aveva unite per tutti gli anni dalle elementari al matrimonio di Brigida, le fece notare che aveva inseguito sogni impossibili di bambina perdendo il rapporto con la realtà vera; i suoi ragazzi le rivolsero finalmente la parola, anche se solo per rinnegarla e ricordarle una scena indelebile nella memoria, quella di lei che riempiva di contumelie suo marito e usciva sbattendo la porta; stavolta non riuscì a trattenere le lacrime.
Mancava, ad una ‘resa dei conti’ assolutamente imprevista, l’impatto con l’ex marito; con quelle premesse, era facile prevedere che sarebbe stato assai duro, specialmente col ruolo che aveva raggiunto e da cui dominava incontrastabile; Brigida temette che persino il suo abbigliamento l’avrebbe condannata; fu la cara amica d’infanzia a suggerirle di farsi guidare dalla figlia allo spogliatoio e di scegliere un vestito più adatto alla serata; fu l’occasione per riaprire un difficile dialogo con la bambina.
Quando il suo ex marito salì sul palco delle autorità per annunciare che era stata raccolta la somma per realizzare in un villaggio africano la scuola che era il progetto a cui genitori e figli avevano lavorato, Brigida dovette ingoiare un grosso magone di fronte alla prestanza dell’uomo che aveva preteso di dominare e di umiliare; i figli le si strinsero ai lati e per un attimo sperò di vedersi perdonata e riammessa in famiglia.
Quando finalmente si incontrarono insieme tutti, lei trovò la forza per umiliasi a chiedere perdono all’ex marito e ai figli; chiese a Marco e ad Angelo se potevano aiutarla ad uscire dal baratro di fango in cui si era buttata; Ines garantì che nessuno sarebbe stato lasciato solo; aggiunse una confidenza fattale da Bernardo, che voleva cambiare vita e territorio per crearsi una nuova dimensione; suggerì a suo cognato e al compagno di fare qualcosa per aiutare i due.
Dino e Dina, come affettuosamente vezzeggiavano i loro nomi Brigida e Bernardo quando erano giovani innamorati, potevano trasferirsi in Toscana, in un’azienda controllata dalla ‘famiglia’, dove lui poteva occupare il posto di capo della vigilanza, abbandonando le abitudini di violenza che ne avevano connotato l’operato e ‘rinascere’; anche lei poteva essere impiegata nell’azienda e impegnarsi a completare il corso universitario interrotto per il matrimonio e intraprendere la carriera di dirigente.
Marco, pressato anche dai figli che peroravano la causa della mamma legittima, chiarì che l’affetto per la donna che aveva tanto amato non era del tutto spento; dichiarò la sua felicità se veramente lei riusciva a ‘rinascere’ dagli errori commessi e invitò i due a verificare anche le possibilità di trovare una piattaforma di vita comune e rasserenante; Brigida chiese solo che le fosse concesso di vedere periodicamente i figli, che comunque appartenevano ormai alla madre putativa dimostratasene degna.
Angelo, per il suo ruolo di capofamiglia, sancì ufficialmente le proposte e chiese a Marco di fare quanto necessario perché nel giro di una settimana i vecchi amici, dimenticati gli errori, ‘rinascessero’ in Toscana per ritrovarsi solo, eventualmente, di tanto in tanto, in occasioni felici come quella.
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