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tradimenti

A cinema 1


di geniodirazza
13.04.2024    |    9.211    |    6 9.9
"Sono passati anche un bel po’ di anni e molte energie si sono decisamente affievolite; per questo, nei primi tempi, accettare con serenità la nuova..."
La rinuncia comincia a pesarmi.
Dopo l’incidente, non è stato molto difficile accettare l’idea che i danni riportati dal mio compagno ne hanno impedito le funzioni sessuali, per non so quale complicazione; l’empatia, la lunga convivenza, una certa abitudine rendono anche abbastanza agevole non pensare alla sua verga.
In fondo, ho vissuto il sesso sempre con un certo distacco fisico, molto più coinvolta mentalmente che con autentici pruriti materiali.
Eppure, ho fatto sesso abbastanza frequentemente, sia durante la relazione matrimoniale, prima, che durante quella di coppia, dopo la separazione.
Con mio marito tutto si è svolto all’insegna del decoro, del buonsenso, della civiltà; ed anche quelle poche copule che ho azzardato ‘extra’ si sono realizzate nella ristretta cerchia delle amicizie e delle frequentazioni abituali.
Farsi possedere dal più stretto collaboratore di mio marito sul ‘talamo coniugale’ con a fianco i figli piccoli che giocano sulla stessa coperta dove io mi prendo un membro quidam per il solo gusto della trasgressione, è stato il massimo dell’azzardo.
Col mio nuovo compagno, le cose hanno avuto un taglio un po’ più disinvolto, anche se, in fondo, hanno percorso lo stesso sentiero degli amici e dei conoscenti stretti; alcune ‘deviazioni’, rapporti plurimi, scambio di coppie, copule al buio e simili, sono risultate quasi un corollario decorativo del rapporto ‘bohemien’ che ha caratterizzato il nostro quotidiano.
Naturalmente, l’incidente ha segnato la linea di demarcazione tra il ‘prima’ e il ‘dopo’ a cui si commisura tutto quello che avviene all’interno della coppia.
Sono passati anche un bel po’ di anni e molte energie si sono decisamente affievolite; per questo, nei primi tempi, accettare con serenità la nuova situazione sembra non solo inevitabile ma anche corretto, prudente, giusto insomma.
Ad avvertire il peso della nuova condizione è naturalmente lui, che mal sopporta l’idea di vivere con una borsetta di pelle tra le cosce, priva di vita, di vigore e di senso.
Tenta di trasferire nel voyeurismo, audiovisivo e letterario, il suo antico interesse smodato per il sesso; ma la consistenza assai fittizia della soluzione appare chiara in ogni momento e a ogni lettura, a ogni visione di video, a ogni risposta in chat.
Ne consegue una crisi depressiva che a stento riusciamo a controllare insieme.
Comunque, nessuna tempesta si è mai profilata e solo occasionalmente ci siamo beccati su piccoli problemi marginali, come avviene normalmente nel caso di difficoltà di fondo che non trovano né soluzione né possibilità di manifestarsi nella loro vera natura.
Per alcuni anni si può dire che tutto è filato sui binari di una normale convivenza, non del tutto pacifica ma animata quanto basta a tenerla viva.
Negli ultimi tempi, e specialmente nei mesi recentissimi, comincia a pesarmi la mancanza di sollecitazioni sessuali che possano consentirmi di scaricare anche certe altre tensioni che, invece, si caricano ancor più di significato; qualche amica più smaliziata mi suggerisce che è il caso forse di cercarsi una verga, proprio una qualsiasi per non caricarla di valenze che aprano un nuovo fronte di polemica e di disagio.
L’ideale, dice lei, sarebbe un bel ragazzo in affitto, dei quali un’agenzia specializzata può fornire ampia campionatura.
Ma l’idea m’infastidisce di per sé; sembra proprio di andare al supermarket e comprare sesso a chili.
C’è da dire, poi, che l’età, forse, o il disuso, anche, e comunque il calo di libido hanno generato una secchezza vaginale e una difficoltà di azione che rende difficili e spesso inutili i tentativi di masturbarmi per mio conto.
Peggiore ancora mi appare l’idea di andare in un sexy shop per comprare un vibratore, un dildo o un qualsiasi strumento sostitutivo, penosamente consolatorio e quindi improponibile.
L’unico percorso, a mio avviso, è riuscire a catturare l’interesse di un maschietto col quale organizzarmi qualche sana copula nella maniera meno clamorosa possibile e, una volta tanto, tenerlo eventualmente nascosto al mio compagno che forse non la prenderebbe bene.
In quella direzione decido di muovermi, ma quasi immediatamente mi devo rendere conto che è facile dirlo, ma assai meno, al limite dell’impossibile, farlo.
Per evitare ‘incidenti diplomatici’ mi rivolgo a quella cerchia di conoscenze che non è comune a entrambi; ma mi accorgo che è assai esigua, vista la solidarietà con cui abbiamo vissuto; i troppo giovani mi sembrano marziani; non riesco a scambiarci due parole in fila, figuriamoci invitarli, in maniera garbata e allusiva, a fare sesso.
Per motivi opposti, mi riesce difficile dialogare con persone mature, che hanno di vista immediatamente una relazione lunga ed esclusiva.
Insomma, mi porto dietro i miei problemi e, per scaricarli, decido di andare a cinema come spesso faccio.
La multisala è la stessa di sempre e la pellicola abbastanza intrigante.
Per uno strano istinto, decido di andare in galleria e di collocarmi sulla poltrona esterna della fila, agli ultimi posti.
Non c’è grande frequenza e i pochi spettatori sono sparsi per la sala.
Mi rilasso sullo schienale e vago per un poco con i miei pensieri; mi accorgo a un tratto che, come dal nulla, è comparso un uomo dalla pelle scura, non giovanissimo ma ben piantato e, come capita ad alcune nazionalità in particolare, decisamente bello; veste con cura, anche se gli abiti non sono di sartoria né di recente fattura.
Lo guardo incuriosita e mi accorgo che ricambia lo sguardo con una certa intensa profondità, quasi mi scrutasse dentro; sorride per un attimo e il volto gli s’illumina per i denti messi in mostra ad arricchire l’intensità degli occhi.
Con un gesto di cui non saprei mai rendere conto, sollevo il soprabito che avevo appoggiato sulla poltrona alla mia destra e me lo poggio sulle ginocchia; picchio sulla seduta della poltrona ora vuota per scuotere invisibili granelli di polvere; lui interpreta diversamente il gesto; si muove deciso, mi passa davanti esponendomi il pacco enorme che gli gonfia il pantalone e si siede vicino a me.
Per un attimo sono tentata di alzarmi e allontanarmi per fargli capire che ha sbagliato tutto; poi il ventre mi si contrae per ricordarmi il bisogno a lungo rimandato; ed ho la sensazione che tutto sia predestinato, deciso, voluto.
Quando lui stende le lunghe gambe verso la fila anteriore, quasi senza rendermene conto sistemo il soprabito sulle ginocchia, mie e sue, quasi a coprire le reciproche intenzioni.
Subito dopo, infatti, sento la sua mano lunga e affusolata muoversi sotto il soprabito e tastarmi la coscia subito sopra il ginocchio; istintivamente sospiro e allargo leggermente le ginocchia; a quel punto credo che neanche l’esercito l’avrebbe fermato.
La mano scivola e spazia su tutta la coscia fino a raggiungere il bordo della gonna; facendo sempre in modo che dal soprabito si veda il minor movimento possibile, la carezza passa allo strato inferiore, quello delle autoreggenti che percorre fino al punto in cui la velatura cede il posto alla pelle nuda; al primo tocco delle dita, sento un fremito intenso partirmi dalla schiena, attraversarmi il ventre e scaricarsi sulla vulva; un primo piccolo orgasmo mi coglie subito.
Improvvisamente, la mano si ritira ed io mi sento di colpo orfana di un piacere che già pregustavo.
Ma è solo questione di attimi; la mano sinistra, ritirandosi, si solleva verso il seno scivolando sotto il mio braccio, per rimanere invisibile; e al suo posto si avanza la mano destra che va direttamente a carezzare l’interno coscia fino alla parte di pelle scoperta e si spinge ancora più su, fino al bordo del perizoma, che il dito aggira lateralmente per andare a inserirsi immediatamente tra le grandi labbra ormai tumide di desiderio e umide degli umori che i piccoli orgasmi hanno scaricato.
Quello che mi penetra, sembra un dito infinito, tanto è lussurioso, tanto è grande la voglia che ho di sentirmi penetrata.
E’ decisamente bravo, a masturbare; e in pochi colpi raggiungo un orgasmo che devo cercare di controllare per i movimenti scomposti che la scarica di elettricità impone a tutto il mio corpo; anche l’urlo che mi si scatena dal petto deve essere frenato e compresso, a stento, mordendomi le labbra.
Adesso non posso negarmi al piacere e, mentre la sua mano sinistra gioca col mio capezzolo, senza osare arrivarci dal vivo, per non sbottonarmi troppo apertamente la camicetta; mentre il medio della sua mano destra imperversa nella mia vagina strappandomi orgasmi in successione dal clitoride masturbato con sapienza, dalla vulva percorsa quasi fino all’utero e dalle piccole labbra carezzate lussuriosamente; io infilo delicatamente la mia mano sotto il soprabito.
Raggiungo il pantalone, abbasso la zip e m’impossesso del suo fallo straordinario.
Ho molte difficoltà a tirarlo fuori, in quella posizione; e, una volta all’aperto, ho ancora più disagio a masturbarlo senza mandare per aria tutto il soprabito, tale è la vela che si forma.
Ma adesso so che lo voglio dentro il mio corpo.
Per buona sorte, avevo acquistato dei preservativi e li porto ancora in borsa con me.
Sembra cogliere al volo e alza la testa a indicarmi una luce rossa che, con una freccetta, indica il WC.
Mollo il suo membro, sposto le sue mani dalla tetta e dalla vulva, arrotolo il soprabito, mentre lui rimette il membro nei pantaloni, mi muovo decisa nella direzione indicata dalla freccia; oltre la parete, esattamente alle nostre spalle, si apre il corridoio dei bagni; entro sicura in quello per le donne e lui mi segue come un’ombra.
Chiudo la porta dietro le nostre spalle e mi sento afferrare da due mani forti e delicate, lunghe e leggere, direi da pianista; il tempo di rigirarmi e incontro la sua bocca carnosa, piena, che afferra la mia come una ventosa e me la risucchia dentro; apro le labbra e lascio penetrarmi in bocca una lingua rugosa, dolce e salata al tempo stesso, morbida da accarezzarmi il palato e dura da penetrarmi fino all’ugola.
Giochiamo a combatterci con le lingue e ci scambiamo ettolitri di umori; mi succhia tutto il viso, dalla fronte al mento e, intanto, mi massaggia le tette da sopra alla camicetta.
Anche da sopra la stoffa e dal reggiseno che li contiene, i capezzoli urlano piacere e s’induriscono come l’acciaio.
Con una mano indirizza il suo mostro fra le mie cosce, sollevando la gonna; piantandosi stretto contro il perizoma, mi stimola tutta la vulva fino a farmi godere come una fontana rotta.
“Ti voglio dentro!”
Gli sussurro e, scavando nella borsa, gli passo un preservativo.
Lo tengo stretto per la testa e lo bacio su tutto il viso, mentre lui si prepara a penetrarmi; quando sento la punta dell’asta forzarmi il sesso depilato, per un attimo tremo, lo stringo e lo bacio con foga.
“Non temere; non ti farò male; avrai solo piacere!”
Mi sospira in un orecchio in un italiano corretto; poi, con un colpo di reni, quasi mi solleva dal pavimento e la sua cappella spinge con violenza contro la testa dell’utero.
Mi aggrappo a lui, alzo i piedi e glieli girò dietro le spalle; si appoggia alla parete e comincia a spingere.
“Non uscire molto!”
Quasi lo imploro e i suoi colpi si fanno più brevi e più frequenti.
Sto per urlare, quando il primo orgasmo mi prende; poi mi ricordo dove sono e afferro con la bocca le sue labbra sulle quali scarico l’urlo che mi sale dalla vagina.
Mi abbraccia con forza, mi lascia urlare e spinge con maggiore foga; io urlo, lui spinge e assorbe l’urlo.
Andiamo avanti così per qualche minuto o per qualche ora? Il tempo perde valore in quel caso.
Poi mi avverte.
“Sto per venire!”
Non posso stringerlo di più, non si può proprio, per un fatto fisico; siamo già totalmente appiccicati.
Sento i brividi del membro a ogni spruzzo che spara nel preservativo e, ogni volta, mi esplode nell’utero un orgasmo nuovo, diverso dal precedente.
Quando mi accorgo che comincia a cedere, abbasso i piedi a terra, ma restiamo ancora a lungo abbracciati, con il suo membro enorme che scivola via dalla vagina lentamente, assai lentamente, tanto che pare non volersene andare più.
Quando per inerzia esce, lui si gira, prende con due dita il preservativo e lo scarica nel cestino; ho la sensazione che abbia espulso almeno un decilitro di sperma, da come il goldone è pieno; gli passo una salvietta umidificata e lui si deterge l’asta come può; io faccio lo stesso con la mia vulva.
Apre cautamente la porta ed esce alla chetichella; io m’intrattengo a rinfrescarmi il viso e a ravvivarmi il rossetto, poi torno nella sala.
Ha occupato lo stesso posto e mi siedo di nuovo vicino a lui.
“Grazie! E’ stato meraviglioso.”
Mi sussurra.
“Grazie a te; non sai da quanto tempo aspettavo un momento come questo!”
“Non lo so, ma l’ho sospettato. Si vede che non sei una che si butta, ma che avevi bisogno di amore, oltre che di sesso. Se ti ritornasse la voglia, a me non dispiacerebbe.”
“Come ti rintraccio? Io non credo di potermi ritenere soddisfatta da quella che, in definitiva, è stata una tipica sveltina. Se fosse possibile, vorrei incontrarti ancora, ma in situazioni più comode, per così dire.”
“Non posso permettermi di invitarti da qualche parte, mi pare che l’hai capito. Comunque, questo è il mio cellulare.”
E mi annota, sul retro del biglietto del cinema, un numero e il suo nome, Omar.
“Pensa che strano, Omar, è il tuo nome, vero?; prima facciamo sesso poi ci presentiamo. Io sono Anna. Non so chi sei né che fai. Se sei un professionista, non ho problemi a pagarti.”
“Sei matta? Io professionista? Ho fatto l’amore, con te, non un lavoro. E, se ti va, sono pronto a fare ancora l’amore con te. Ma sono povero e non posso prometterti niente.”
“Io non sono ricca ma non sono neanche povera e, se posso aiutarti, lo faccio con tutto il cuore. L’unica cosa che voglio chiederti è tanto sesso con un pizzico d’amore. Il mio compagno mi sommerge d’amore ma non può darmi sesso. Se tu puoi fare il contrario, innanzitutto posso preoccuparmi del dove, del quando, del come; e, ti ripeto, se posso esserti utile, da amica, lo faccio volentieri.
Se trovo un accordo col mio compagno perché le cose siano chiare anche con lui, tu accetteresti comunque di vedermi e di fare l’amore con me? Io non vorrei tradirlo; gli parlerò chiaramente e, se sarà possibile, ci vedremo a casa mia; altrimenti, troverò io un posto per amarci.”
“OK. Per me va benissimo. Ora ti spiace se ci godiamo anche il film?”
Alla fine dello spettacolo, usciamo e vedo che Nicoletta, la cassiera, si intrattiene amichevolmente con Omar; giro un po’ a vuoto e, quando lui si è allontanato, vado a salutare la mia amica e le chiedo del signore che è uscito prima di me.
“Chi? Omar? Ah, vedessi! Una persona meravigliosa, di quelli che sanno fare qualunque lavoro in casa e ti fanno il prezzo più basso della città; onesto, accurato, pulito, insomma un uomo veramente perbene, come ce ne sono pochi.”
“Dici che allora potrei chiamarlo se ho bisogno?”
“Sì. Lui si vergogna un poco, ma io ho dei biglietti da visita, fatti in economia naturalmente, e li distribuisco volentieri. Te ne do qualcuno, così lo passi a qualche amica.”
“Con piacere, Nicoletta. Grazie. Bel film, bella serata. Grazie.”
Torno a casa abbastanza agitata e trovo Mario, il mio compagno, fortemente impegnato in un suo lavoro al computer, per il quale lo sento più volte bestemmiare.
Gli chiedo cosa succede e mi risponde che non è facile da spiegare; mi basti sapere che non gli torna un calcolo difficilissimo di quelli che riempiono intere schermate e che sta scervellandosi a capirci.
Vado in camera e provo ad alzare la serranda, ma non si muove; chiedo a Mario e mi dice che deve chiamare qualcuno che sappia lavorarci.
Gli porgo i biglietti che mi ha dato Nicoletta.
”Dicono che questo sia bravo ed economico. Prova a sentire se può venire presto, visto che abbiamo bisogno di azionare la serranda.”
Intanto, dopo essermi messa in vestaglia, mi avvio al bagno per lavarmi; guardo per un attimo nello studio e vorrei dirgli tutto, ma qualcosa mi frena inconsciamente; lui è concentrato sul computer.
Cincischio ancora, mentre mi siedo sul bidet e comincio a lavarmi intensamente, quasi a cancellare le tracce di quanto avvenuto.
La domanda mi coglie a bruciapelo.
“Hai fatto sesso?”
“Si”
“Lo ami?”
“Nemmeno per idea; è stato un attimo, un intervallo a cinema; mi è piaciuto, ho goduto molto e lo vorrei fare ancora. Ma l’unico amore della mia vita sei tu, al di sopra di tutto. Se ti fa male che io abbia desiderio di sesso, rinuncio ora stesso; se non ti fa male e il mio amore ti basta, sono anche disposta a vivervi insieme, prendendo il sesso da lui e l’amore da te.”
“Anche nello stesso letto?”
“Se in pieno accordo, senz’altro sì; ma con il consenso di tutte e tre.”
“Possiamo riparlarne?”
“Certo, quando vuoi.”
Non mi ha chiesto di chi si tratta e non so se è un segno buono o cattivo; posso solo aspettare.
Quasi meccanicamente forma il numero del biglietto; sento che parla con Omar; sono un poco sono agitata; ma, visto come sono andate le cose, penso che, alla fine, forse anche questo era scritto.
Omar assicura che l’indomani mattina sarebbe venuto a verificare se poteva intervenire.
La sera, naturalmente, appena ci siamo messi a letto, Mario riprende il discorso e mi chiede di raccontare tutto dall’inizio.
Gli spiego che da tempo sentivo sempre più vivo il desiderio di un membro che mi scuotesse tutto l’apparato, che ne avevo parlato con le amiche ricevendone suggerimenti vari, ma che avevo ignorato tutti e mi ero ‘rifugiata’ a cinema per non pensare; gli spiegai che spinte immotivate mi avevano fatto scegliere l’ultima poltrona della fila di fondo in galleria e che lì era venuto a sistemarsi un tale molto bello, ben piantato, che mi aveva sconvolto da subito.
Con gesti infantili e stupidi ma efficaci, gli avevo fatto intendere che volevo essere ‘molestata’, che lui l’aveva fatto e che poi eravamo finiti nei bagni delle signore dove mi aveva preso in piedi, senza neppure togliermi un capo d’abbigliamento, prudentemente indossando un preservativo, che mi aveva fatto godere infinitamente e infine aveva eiaculato.
Subito dopo, ci eravamo seduti di nuovo a guardare il film e c’eravamo lasciati con l’accordo che, se il mio compagno avesse accettato la situazione, ci saremmo rivisti per fare ancora sesso, ma in maniera più comoda e, se possibile, con la sua partecipazione.
“E’ quello della serranda?”
Mi chiede ed io gli dico di sì, precisando che i biglietti me li aveva davvero forniti la cassiera che cercava di aiutare una ‘persona perbene’ ma bisognosa d’aiuto perché immigrato non sapevo quanto regolare.
“E’ un nero, quindi?”
“Sì, nigeriano.”
“Ed anche bello e ben dotato, immagino.”
Non rispondo ma mi stringo a lui con amore.
“E’ solo sesso; il mio amore è un’altra cosa ed è solo per te.”
Riusciamo in qualche modo a dormire e ci svegliamo un po’ storditi dagli eventi, ma innamorati come sempre; questo mi rende particolarmente felice e glielo dico.
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