tradimenti

Divorzi 1


di geniodirazza
17.04.2024    |    4.865    |    3 9.3
"Di Alberto poté registrare solo la natura di ‘tre volte buono’ come si diceva di persone deboli e remissive; molte perplessità gli suscitava l’idea che, se..."
Guido dirigeva con perizia e intelligenza lo ‘Studio Legale Squillaci’ che aveva ereditato da suo padre, che lo aveva reso importante sotto la guida di suo nonno; sin dal matrimonio, ne assunsero la conduzione lui e sua moglie Maria, divenuta ben presto il terrore degli avvocati nelle cause di divorzio; la previsione più semplice e naturale era che avrebbero continuato la tradizione le figlie Anna, ormai abbastanza vicina alla laurea in legge, e Nina, agli inizi del corso universitario, entrambe divorziste.
L’ultima figlia, Vera, di qualche anno minore delle precedenti, avrebbe scelto il percorso delle Lettere e si sarebbe ‘avventurata’ nella trafila del precariato per arrivare alla cattedra; tutto filava liscio secondo un ordine atavico che imponeva quasi la continuità da padre a figli nell’esercizio della professione; ‘l’incidente di percorso’ arrivò imprevedibile e sconvolgente quando Guido fu sorpreso dalla moglie a letto con una giovane babysitter.
Lo scandalo fu evitato solo perché lui accettò le condizioni ricattatorie che la moglie, durissima sempre e ancora di più con lui, impose con estremo cinismo; Guido si trovò privato di ogni diritto sull’affidamento delle figlie, assegnate totalmente alla moglie, e dello studio che aveva ereditato e di cui lei divenne titolare unica; se ne andò a cominciare da zero in una regione costiera e cercò in tutti i modi di tenere i contatti con le figlie.
Le abili manovre di Maria impedirono che potesse fare telefonate alle ragazze e intercettarono tutti i comunicati e i regali che lui faceva pervenire; le figlie crebbero nel rancore al padre e nella convinzione che fosse l’unico responsabile del fallimento del matrimonio; benché adulte e in grado di decidere autonomamente, furono educate a dipendere dalla madre dittatoriale accettandone le scelte senza ribellarsi; l’abilità di lei a gestire le situazioni si dimostrava anche nella casa, non solo nel lavoro.
Anna aveva percorso con profitto la carriera universitaria e si era fidanzata con Alberto, un assistente di psicologia criminale che presto assunse la carica di titolare e di consulente del tribunale; non era un grande amore, per lei, ma solo una situazione di serenità e di sicurezza che, nella famiglia in cui viveva, era un approdo fondamentale; il cuore batteva, e la figa pulsava, per un collega, di un anno più anziano, che era l’obiettivo di tutte le ragazze della facoltà per il carattere aperto e per la facile loquela.
Con Massimo aveva passato serate molto affascinanti, al calore bianco per intensità di passione, che non rifiutava di vivere ogni volta che lui glielo chiedeva; non escludeva l’ipotesi di un rapporto assai più ‘regolare’, fino al matrimonio, anche se sapeva con certezza di non essere l’opzione migliore per le ambizioni di lui; anche per questo motivo aveva scelto l’innamoratissimo Alberto col quale sapeva di poter progettare una vita a due ed una famiglia canonica.
La sera del patatrac aveva partecipato alla festa di addio al nubilato di una sua amica; aveva bevuto alquanto, nel corso della vivace festa che era stata organizzata all’insegna di una contenuta licenziosità; per il rientro alle abitazioni, molti ragazzi legati alle diverse amiche stavano aspettando in macchina fuori dal locale; solo Massimo, con la solita improntitudine, osò entrare nella sala della festa e agganciò Anna che non resistette molto alla sollecitazione amorosa di lui.
La indusse a brindare rapidamente con altre due coca libre con tanto rum e la guidò dolcemente al parcheggio; Anna neppure si avvide che, nella sua auto, Alberto era fermo ad aspettare come un cagnolino fedele; quando la vide uscire al braccio di Massimo che la sorreggeva, tirò fuori il telefonino e riprese la scena di lei che si faceva depositare affettuosamente nell’auto; li seguì attentamente finché andarono a casa di lui.
Appena la porta si chiuse dietro le loro spalle, si era già liberata dello scialle, si era stesa sul letto e sembrava quasi che lo aspettasse ansiosa; si liberò in fretta degli abiti e salì accanto a lei; le sfilò il reggiseno e fece esplodere al cielo un seno meraviglioso, ritto come pietra e soffice come panna.
Si piegò a leccare le carnose mammelle e le tormentò a lungo con mani e bocca, assaporandone il gusto come se assaggiasse un dolce particolare; osservò compiaciuto i capezzoli piccoli e rosei; gustò la vagina stretta, soprattutto per la sua mazza notevole; succhiò i capezzoli, uno per volta, e la sentì gemere di goduria e lanciare piccoli urli quando ne stringeva uno tra i denti, delicatamente.
Si perse per un poco sul seno meraviglioso e succhiò come per popparne il latte vitale; ne ricavò solo un piacere infinito che lo portò vicino all’orgasmo; scese con la lingua e con le dita lungo il ventre piatto, teso, morbido e attraente come calamita; giunto al perizoma, tirò giù i laccetti che lo costituivano liberandolo dalle tumide grandi labbra e dalle natiche che lo imprigionavano, si spostò verso i piedi e si chinò a baciare la vulva.
Cominciò a leccare l’interno della coscia da sopra il ginocchio e arrivò lentamente alle grandi labbra; le catturò nella bocca e poi tra i denti, prima una poi l’altra, gioendo ad ascoltare i gemiti di languore che le sfuggivano dal petto ansante; infilò la lingua fino a far aprire il fiore delle piccole labbra e lambì dolcemente il clitoride; la mano di lei gli artigliò la testa e la spinse con forza sul pube rasato; succhiò con forza, prese tra i denti il piccolo fallo emergente e lo tormentò.
Anna gemeva come il suono di una sirena e si abbandonava al piacere che lui sapeva darle con la bocca, la lingua e i denti; dopo il terzo orgasmo consecutivo che la privò di energie, si sollevò a sedere, lo spinse supino sul letto e si gettò quasi affamata sulla mazza che si levava imponente al cielo; la sua piccola bocca si aprì in una sorta di nuova voragine ed ingoiò la cappella che leccò a lungo, tenendola nella cavità orale.
La donna teneva tra le mani l’asta fuori dalle labbra, regolando la penetrazione; bastò un terzo della mazza per raggiungere il velopendulo; ma ne fece entrare ancora una buona parte, mentre mandava su e giù la testa pompando con forza il sesso in gola; lui dovette frenarla per non arrivare ad un orgasmo che ne poteva inibire le funzioni, almeno temporaneamente; voleva copulare tutta la notte e ne aveva il tempo, ma non le energie.
Dopo che si furono sollazzati ampiamente con bocche, mani e sessi, lei si dispose carponi sul letto, invitandolo implicitamente a prenderla da dietro; si accosciò alle spalle e passò devotamente la lingua, a larghe spatolate, su tutta la superficie, dall’ano alla vagina, strappandole intensi brividi e gemiti; penetrò più volte con la punta della lingua nel canale vaginale, cedevole ed ampio, e nell’ano che rilassava progressivamente le grinze per aprirsi a una prevedibile penetrazione.
Quando sentì che colava umori di orgasmo, puntò decisamente il fallo all’ingresso della vagina, afferrò da dietro i seni e, facendo forza su essi, spinse l’asta fino in fondo, colpendo con vigore la cervice dell’utero; lei lanciò un piccolo urlo; poi i muscoli vaginali abbracciarono il fallo e aiutarono il movimento di vai e vieni; la libidine che travolse Massimo fu di quelle che raramente si dimenticano; la montò selvaggiamente a lungo, frenandosi spesso per non eiaculare.
Quando la sentì rilassarsi perché l‘ultimo orgasmo era stato enorme, sfilò dolcemente l’asta dalla vagina, spazzolò con la punta lungamente il perineo, raccolse da lei gli umori che l’orgasmo aveva scaricato e spostò l’asta all’ano; afferrò di nuovo i seni per fare forza e spinse; lei lo fermò con un gesto quando lo sfintere reagì con forza; poi si rilassò e fu lei stessa a spingere indietro il sedere, penetrandosi fino in fondo; i testicoli picchiarono sulla vulva e fu certa di averlo tutto dentro.
Si meravigliarono entrambi che il retto avesse accolto una mazza così dura e possente fino all’intestino; lei la sentì anche nello stomaco, perché tutto il pacco addominale fu spinto in avanti; ma il piacere che le dava il fallo che scivolava nel ventre era sublime; lui, a sua volta, si perse felice nelle sensazioni di estrema voluttà che gli dava il canale rettale stretto intorno all’asta a sollecitare tutte le fibre dell’organo che vibrava riempiendolo di gioia.
La cavalcò a lungo così aggrappato ai seni e spingendo con voglia e con forza; picchiava e penetrava fino a che i testicoli quasi forzavano la vagina; lei aveva infilato una mano fra le cosce e li accarezzava, usandoli per strofinarsi il clitoride libidinosamente; poi lui estraeva l’asta lentamente, fin quasi a farla uscire, e seguiva con gli occhi la violenza su quell’ano spanato che la sua mazza dilatava spropositatamente; il piacere visivo si accompagnava a quello tattile.
Finché, con un ultimo violento colpo, affondò fino all’inguine nel sedere spalancato e sparò uno tsunami di sperma direttamente nell’intestino; lei accolse con goduria ed urla di piacere i singoli spruzzi che si perdevano nel ventre; delicatamente, lui accompagnò la riduzione del sesso finché, barzotto, lo sfilò garbatamente dall’ano; si sdraiò bocconi sul letto e lei lo seguì stendendosi accanto.
Passarono quasi instancabili l’intera notte a copulare come scimmie; Anna diede in quella seduta di passione tutta se stessa; Massimo si esibì, secondo un suo personale intendimento, nella migliore espressione del suo potere di fascinazione e di dominazione; lei esitava molto tra la passione violenta e il calore della sicurezza che Alberto le dava; Massimo, benché attratto da lei, non dimenticava che era alla vigilia del matrimonio che sarebbe stato annunciato proprio in quella cerimonia nuziale.
Il sole era appena sorto e le vie si animavano dei riti soliti, quando decisero di porre termine alla violenta seduta amorosa; si rivestirono e lui la accompagnò a casa; naturalmente non fecero nessun caso all’auto di Alberto ferma nel parcheggio; lui infatti aveva passato la notte in macchina, li vide uscire la mattina e li seguì; più tardi la chiamò quasi per godersi masochisticamente le bugie che si sarebbe inventata; non ebbe reazioni, perché sperava che fosse solo un capriccio.
La sorpresa fu per Anna poiché, mentre festeggiavano Clara che si sposava, Massimo e Rebecca annunciarono che nello stesso mese sarebbero convolati a nozze; gli interessi convergenti delle due famiglie avevano da tempo previsto quella soluzione; solo Anna si era ostinata a credere nell’amore intangibile di lui; quasi piangendo si rifugiò nelle braccia del ‘suo’ Alberto e si convinse che, alla fine, un matrimonio pacato e sereno era l’ideale di vita che doveva perseguire.
Si sposarono, anche prima di quanto lei avrebbe desiderato e previsto; nacquero due figli, Laura e Marco, e la loro vita scivolò serena sui binari bene oliati della piccola borghesia a cui appartenevano e che, in qualche modo, era una sorta di fortezza in cui rifugiarsi o nascondere e risolvere i problemi che sorgevano tra le coppie; in quella logica si cristallizzarono i ruoli e le situazioni; quasi per naturale necessità, Maria continuò a tenere ben salde le redini della famiglia.
Uno ‘scarto’ fu la scelta di Vera, la più piccola tra le figlie, che si iscrisse a Lettere; altro piccolo ‘scarto’ fu quello di Nina, la figlia ‘mezzana’ che rimase a fianco della madre nella gestione dello studio, ma andò a vivere da sola con la scelta categorica di rimanere single e di vivere la sua libera sessualità con amanti occasionali; lo ‘strappo’ autentico fu però quello deciso da Anna che, sposata e con figli, si dedicò al lavoro, ma accettò la proposta di un altro studio e si trovò spesso a scontrarsi con madre e sorella.
In casa, degna erede di una madre tirannica, impose il regime del ‘mammo’ che si dedicava ai figli perché il suo lavoro di docente e consulente gli lasciava molti margini per dedicarsi ai figli in tutte le fasi della loro crescita, mentre la madre spendeva tutte le sue energie e il tempo dietro le cause, specie quelle più spigolose e difficili; Alberto confermò la sua bontà finanche eccessiva assicurandole la serenità di cui aveva bisogno per il lavoro e per una certa inspiegabile irrequietezza.
Il motivo fondamentale del suo disagio fu l’arrivo, nello studio in cui lavorava, di Massimo, il suo antico amore ora divorziato dalla moglie, tornato ad essere collega valido e forte nel lavoro ma anche decisamente insistente per riconquistarla; qualche tentennamento di lei ci fu; ma fu controllato dalla volontà di mantenere in piedi una struttura familiare realizzata con sacrifici e con un lungo lavorio per armonizzare i rapporti con suo marito e con i figli che crescevano.
Laura, nei suoi anni dai quindici ai diciassette, si era ‘cacciata’ spesso in situazioni tipiche delle adolescenti come lei; i genitori avevano dovuto fare ricorso a tutto il loro equilibrio e all’esperienza per lasciarle scoprire il sesso e il ‘fumo’ evitando le esagerazioni; Marco, più piccolo di tre anni, era anche più fragile, ma più duttile e non era difficile guidarlo e consigliarlo; a complicare una situazione già assai delicata intervenne Guido, riapparso dopo oltre quindici anni.
Contattò Nina e le parlò; la figlia non lo respinse ma conobbe tutta la perfidia che sua madre aveva messo nel rinfocolare il rancore delle figlie contro il padre; emersero così le lettere e le cartoline nascoste alle destinatarie, i regali spediti e mai consegnati nelle occasioni più varie; dopo una feroce scenata in cui Maria si appellò all’amore materno per smussare le accuse delle figlie, Nina e Vera mantennero vivo il rapporto col padre; Anna s’intignò nel suo rancore e fu Alberto a far dialogare nonno e nipoti.
La ‘mazzata’ arrivò improvvisa, quando un giornaletto scandalistico locale rivelò alcune ‘vicende pruriginose’ dell’Università e venne alla luce che Alberto, a Parigi, in un convegno internazionale di studi, aveva passato una notte con una collega americana; la reazione di sua moglie fu di estrema violenza; immedesimandosi nel ruolo che non le competeva affatto di casta moglie offesa, separò i letti e costrinse suo marito a dormire nello studio per un lungo periodo.
L’amore per i figli evitò una separazione difficile da gestire e lui non rese pubblici i video del primissimo tradimento di sua moglie; le acque si calmarono, ma nel fondo del cervello rimase in Anna il desiderio di ricambiare la scortesia e di soddisfare almeno una volta la sua mai sopita passione per Massimo; l’occasione le fu fornita quasi su un vassoio d’argento, quando lo Studio per cui entrambi lavoravano li spedì per un fine settimana in un albergo sul mare per incontrare un cliente facoltoso e importante.
Dopo un’intensa giornata di sole sulla barca del cliente, la cena a sera, sulla terrazza a mare dell’hotel, fu il momento in cui i vecchi entusiasmi amorosi tornarono a galla; complice anche un poco di vino bevuto per accompagnare la cena con frutti di mare; gli atteggiamenti si fecero complici e sensuali; Anna resistette a lungo prima di lasciarsi andare; dopo una breve telefonata a casa per dare la buonanotte ai figli, quasi per farsi perdonare, entrò nella camera di lui.
Fu persino semplice, ma anche e soprattutto di grande lussuria e di passione incontrollata ritrovare il piacere con cui avevano fatto sesso quasi venti anni prima; in una notte di violente scopate, lei ritrovò le motivazioni che l’avevano indotta a concedersi a quell’amore adolescenziale e vi si fiondò a corpo morto, quasi a voler recuperare nella mente e nel cuore il piacere che quella storia le aveva fatto vivere; rientrati in sede, cominciarono ad incontrarsi regolarmente più volte a settimana.
Lui, invidioso, in fondo, della serenità familiare da lei raggiunta con Alberto e coi figli, in netto e doloroso contrasto con il fallimento totale del suo matrimonio con una donna divenuta ora l’avversario più temibile e determinato, cominciò presto ad esercitare pressione perché lei decidesse di rendere la loro relazione qualcosa di più forte e, possibilmente, definitivo; lei tentò di resistere alle sollecitazioni perché divorziasse, ma alla fine accettò le chiavi dell’appartamento di lui.
Alberto non tardò ad intuire che certe ore straordinarie di lavoro della moglie, i viaggi improvvisamente divenuti abituali, certe piccole bugie scoperte come quando la moglie aveva telefonato per dire che era in piscina mentre la sua attrezzatura era lì avanti ai suoi occhi, erano il chiaro segno di un amante da cui lei andava spesso e volentieri; per sua natura buono e paziente cercò di ridurre tutto ad una pacifica possibilità di trasgressione momentanea.
Quando una sera, preparando la biancheria per la lavatrice, si trovò tra le mani un mazzo di chiavi sconosciuto, uscito dalla tasca del jeans di lei, si palesò in tutta la violenza il tradimento della moglie; decise di seguire i due e si piantò di vedetta davanti al portone dallo studio; uscì prima Massimo e, dopo un poco, sua moglie, che gli telefonò per accampare che si tratteneva in ufficio per un lavoro straordinario.
La anticipò all’indirizzo dell’amante, aprì con le chiavi trovate, salì al piano, aprì la porta e lo trovò con due bicchieri preparati per un brindisi; il pugno scattò istintivamente e si abbatté in pieno naso all’avversario; si appoggiò al bancone ormai svuotato di ogni energia e volontà; attese che sua moglie suonasse il campanello, visto che le chiavi non le poteva avere con se; fu Massimo ad andare ad aprire tamponandosi il naso che sanguinava; Anna lo vide e si fermò come di sale sull’uscio.
Uscì lanciando ai piedi della moglie le chiavi con cui era entrato; tornò a casa e preparò una valigia con le sue cose più importanti; si sedette sul divano dove aveva dormito per mesi, ‘in punizione’, e cercò di glissare sulle domande che gli rivolgevano i figli; sua moglie rientrò subito dopo e si mosse in un silenzio di morte; liberatasi di borsa e soprabito si piantò davanti a lui.
“Perché quella valigia? Hai deciso che te ne vai?”
“Cosa dovrei fare? Dopo vent’anni, ancora una volta dovrei superare un capriccio e restare a farti da schiavo?”
“Che significa, dopo vent’anni?”
Aprì la memoria dei video del computer e le mostrò, senza parlare, quelli realizzati la notte dell’addio al nubilato.
“Eri venuto a prendermi? Quindi da quella volta sai tutto?”
“Già! E mi sono preso ‘la punizione’ perché mi ero fatto una scopata fuori dal matrimonio con una sconosciuta di cui ho dimenticato persino il nome; tu hai coltivato un amore infinito, a più riprese, con in mezzo due matrimoni e, finora, un divorzio ... Vuoi dire tu cosa pensi di fare?”
“Mi dispiace per te e per quello che è successo, ma da sempre io sono innamorata di Massimo; ho vissuto bene la serenità, l’armonia e la disponibilità che mi hai offerto; ma lui è l’amore, tu la sicurezza; è il momento di divorziare, possibilmente senza scandali difficili per tutti.”
“D’accordo; ci vediamo davanti a un giudice; tua madre saprà far pagare anche a me quello che ha imposto a tuo padre; evviva i vincitori; peggio per i fessi!”
“Io non sono mia madre e non voglio imporre niente a nessuno; parliamo in presenza di mamma e prepariamo con lei un protocollo di separazione e di divorzio; se vuoi scegliere un altro avvocato, per me va bene qualunque soluzione; sono in grado di difendere i miei diritti ... “
“Certo, come hai difeso le corna che mi hai fatto per vent’anni; cerca di non dimenticare che non sono lo stupido che puoi maneggiare a tuo piacimento; andiamo da tua madre e facciamola finita una volta per tutte.”
“Mamma, papà, state parlando di divorziare? Non saremo più una famiglia?”
“No, Laura; io vado via perché tua madre mi ha umiliato per tutta la tua vita; ma resterò in città, ci accorderemo perché possiate passare con me i fine settimana; saremo ancora una famiglia ma più moderna; io vivrò da un’altra parte ma non diminuirà il mio amore per voi ... “
“Ti rendi conto che i ragazzi ne soffriranno?”
“Avvocata, lei prevarica le funzioni; se le fosse sfuggito di mente, suo marito è professore di psicologia criminale e consulente del tribunale; finché si tratta di citare articoli e commi, lei è certamente in grado di agire per il meglio; se si tratta di capire le persone, mi vedo costretto a ricordarle che lei non ha mai assunto nessuna responsabilità vera nei confronti dei figli, non solo di suo marito; basterebbe osservare che le chiavi che mi hanno aperto gli occhi sono caduti dal suo pantalone quando io lo stavo preparando per metterlo in lavatrice; a quella funzione, lei neppure si accostava ed ora so anche perché ... “
“Alberto, ti prego, non arriviamo a stracciarci i panni addosso; è il momento delle soluzioni legali; affidiamoci a un’esperta come mia madre; cerchiamo di non spazzare via le rovine, anche se l’edificio è crollato.”
Prima di arrivare a fare chiarezza anche legale davanti a sua madre, Anna volle accertarsi di alcuni elementi; in un incontro assai delicato con Massimo gli chiese cosa pensava di fare, quando lo scandalo sarebbe scoppiato; già in passato, lui le aveva fatto cenno ad una proposta ricevuta da uno Studio di Roma, di pari qualità del loro ma a condizioni migliori; l’ipotesi era di trasferirsi insieme a Roma; lei gli fece presente che avrebbe dovuto chiedere l’affidamento dei figli; con qualche esitazione, lui accettò.
Una domenica a pranzo, a casa Squillaci, si trovarono tutti i protagonisti della vicenda; Maria subito dopo pranzo assunse, col benestare delle parti, il ruolo di Giudice di Pace ed incontrò separatamente sua figlia Anna e suo genero Alberto; Vera si mise a giocare con Marco con l’intento di distrarlo, Nina si appartò con Laura che immediatamente la ‘bruciò’ con una domanda terribile.
“Zia Nina, visto che lavori con nonna e sei altrettanto brava, la legge prevede che debba essere sentito il mio parere, visto che del mio futuro si parla? Non ho ancora diciotto anni, ma mi mancano pochi mesi; pensi che nonna mi starà a sentire?”
“A norma di legge, può anche non farlo; per i minori vale la decisione dei genitori; ma qualche giudice, ai ragazzi della tua età, chiede per lo meno un’opinione non vincolante; sono certa che nonna sentirà il tuo punto di vista.”
Intanto Maria aveva raccolto le confessioni separate ed aveva appurato che le colpe di sua figlia erano enormi e di data molto antica; molte perplessità le destò l’intenzione di sua figlia di andare a stare a Roma col suo amante; se si fosse registrata qualche obiezione dei figli o del marito, non era certa che fosse opportuno presentare quella richiesta; ma Anna era irremovibile; aveva deciso di andare dietro al cuore, di smettere con la recita della brava moglie e voleva i figli con se.
Di Alberto poté registrare solo la natura di ‘tre volte buono’ come si diceva di persone deboli e remissive; molte perplessità gli suscitava l’idea che, se voleva condividere l’affidamento dei figli e incontrarli almeno settimanalmente, dovesse affrontare una fatica massacrante, di andata e ritorno fino a Roma, e sobbarcarsi agli oneri economici del viaggio e del soggiorno; Maria lo fece presente alla figlia che le suggerì di fare leva sul carattere remissivo di suo marito.
Erano quasi arrivati ad una conclusione per cui Anna otteneva l’affidamento dei figli con un assegno di contributo del padre, l’uso dell’appartamento di proprietà dei due e varie facilitazioni; quando però lei avvertì che era sul piede di partenza per trasferirsi a Roma con l’amante con cui intendeva andare a vivere, Alberto fece solo osservare che questa novità colpiva incisivamente la vita dei figli e che Laura era certamente in grado di esprimere un’opinione non vincolante.
Fatta entrare la ragazza, che insisté con la zia per accompagnarla, Maria cercò di comunicarle con tutto il garbo possibile le richieste fatte dalla madre per la separazione; Laura guardò con intenzione Nina, quasi a dirle che aveva previsto quella clausola; rispose alla nonna che lei non si sarebbe mai trasferita lasciando tutta la sua vita che era trascorsa in quella casa, con quegli amici, in quella scuola con quelle compagne di classe.
La sola idea di trovarsi in una città sconosciuta con una madre che neppure se n’era accorta, quando era diventata donna, anni prima, che non sapeva se fosse ancora vergine o se, come aveva fatto lei al tempo, avesse fatto già esperienze di sesso; per sovrammercato di andare a vivere accanto ad un sconosciuto che solo con sua madre aveva qualche rapporto ma solo perché ci andava a letto, lei non l’avrebbe accettata mai.
Anna ebbe ancora una volta una reazione violenta; le urlò che, da minorenne, non poteva avanzare pretese e soprattutto non le era consentito un certo linguaggio; Maria la zittì con forza e le impose di far parlare la figlia, visto che lei aveva deciso di ascoltarla, nonostante la maggiore età non ancora anagraficamente raggiunta; invitò sua nipote a tenere un linguaggio più contenuto e ad evitare giudizi aspri che, giustificabili moralmente, non avevano valore giuridico.
“Avvocata, visto che dobbiamo attenerci alle leggi ed ai fatti, prevengo lei e la controparte, sua figlia, che sta commettendo una serie infinita di errori di giudizio, di scelte, di decisioni e di prospettive; io non sono come mio padre, troppo tenero anche con me, qualche volta; ma non sono neanche come mia madre, evidentemente bacata da qualche tarlo; questa vicenda mi sta facendo soffrire pene d’inferno; secondo le mie amiche, che non fanno testo, la mia cara mammina sta pagando errori collettivi.
L’impressione è che non abbia avuto un’adolescenza di amore e di illusioni; il principe azzurro non l’ha mai nemmeno sognato; per di più, si è scontrata con un divorzio che l’ha profondamente ferita, quello dei genitori, e con una sorella libertaria ed anche un poco libertina, ... scusami zia Nina ma è la verità ... Ora sta inseguendo il sogno della principessa addormentata e del principe che l’ha svegliata, dopo aver massacrato un uomo meraviglioso che per lei si è ridotto a schiavo della casa e della famiglia per essere ricambiato con un sporta di corna.
Non ho dimenticato il casino che mamma fece per una scopata extramatrimoniale ... scusami nonna ma quando ci vuole ...; lei impose la sua condanna dimenticando che lui aveva i documenti per dimostrare che era stata troia fin dal matrimonio; ora questa degnissima signora pretende che due persone le si pieghino come schiavi; mamma siamo persone io e Marco, non pacchi che sposti da un ufficio all’altro secondo il tuo personale estro; vuoi andartene col tuo ganzo e pretendi di portarti dietro anche noi?
Cara nonna, non più avvocato e Giudice di Pace, se mamma mi obbliga ad andare a Roma con lei e col suo amante, sappi che un trafiletto su un qualsiasi quotidiano uno dei prossimi mesi riferirà che una minorenne maltrattata dalla madre e dal suo maschio è stata trovata morta per overdose in un ritrovo di drogati o peggio ancora sorpresa in una retata di prostitute; io scapperò dalla prigione che mamma mi vuole imporre e farò a modo mio; tienilo ben presente, se vuoi essere giusta e completa.”
“Mamma, come si può uscire da questo impasse?”
“Visto che ti rivolgi alla mamma, sappi che non ebbi pietà per tuo padre; l’ho cancellato dalla vostra vita; ti cancellerei con la stessa determinazione; ma sei mia figlia e ti voglio bene; spero che tu me ne voglia altrettanto da figlia; sei la loro madre e spero che te ne vogliano come ne vorrei da te; ma a Roma, con un imbecille che non ti merita non ce li manderei mai, se Alberto fosse disposto a farsene carico. Genero, tu che ne dici?”
“Dove finirà la mia ex moglie, non mi riguarda; se i miei figli accettano di stare con me nella loro casa, non mi costa niente continuare a fare il ‘mammo’ come ho sempre fatto ... “
“Allora, basta ribaltare la proposta; i ragazzi restano affidati al padre con facoltà alla madre di incontrarli anche ogni fine settimana; oltretutto, sarai avvantaggiata perché quando starai qui, non dovrai andare in albergo come avrebbe dovuto fare il tuo ex marito, nella tua proposta; potrai stare qui nella camera che fu tua e, se vorrete stringervi, potrai starci anche coi figli; non proporrò che stiate a casa loro, solo perché vorrei anche io godermi i nipotini, quando verrai da Roma a trovarli. Volete che stendiamo dei regolari protocolli per definire queste condizioni di separazione?”
“Per quel che mi riguarda, non c’è bisogno di mostrare in pubblico panni sporchi; siamo d’accordo su queste basi; io non credo che avrò voglia di tornare a sposarmi; se Anna desidera costruire una nuova famiglia con l’antico amore, faccia pure ... “
“Mamma, per ora lasciamo le cose così; se dovessero intervenire ripensamenti, avremo tempo e modo per proporre i termini di un divorzio ... Laura, mi dispiace non sai quanto, che tu sia così ostile; forse presto capirai che ho agito per amore, non per disamore nei vostri confronti né verso Alberto; il sogno del principe azzurro è un problema mio che non ha niente a che fare con la famiglia e con l’amore per i figli; se potessi essere moglie dal lunedì al venerdì e amante nei week end sarei felicissima ma non si può, devo scegliere e il cuore mi porta a Roma ... “
“Ti auguro tutto il bene che ti aspetti e che la strada per Roma sia anche quella di un tua realizzazione totale; addio!”
“Addio, Alberto; ragazzi, ci sentiremo presto.”
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