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Lui & Lei

I capricci di Titina - l’andata


di geniodirazza
31.05.2023    |    6.074    |    2 9.6
"Era la prima volta che passavamo insieme una notte e desiderai che fosse meravigliosa; aveva fatto portare una bottiglia di champagne per l’occasione e..."
Il viaggio dalla Lombardia alla Calabria fu più lungo e difficile del previsto; una serie di code in autostrada mi obbligò a un grave ritardo; fu necessario fermarci a Roma, in un motel sull’autostrada, dove arrivammo a sera stanchi; la prima tratta era stata caratterizzata dal cicaleccio di Titina, pazzamente entusiasta dalla soluzione, da lei adottata, di scegliere per le due settimane di vacanze un villaggio turistico dalle parti di Diamante.
Compagni di giochi fin dall’infanzia, conoscevamo ciascuno pregi e difetti dell’altro; quando lei era appena adolescente, sedici anni, mentre io già ne avevo ventuno ed avevo un’attività felicemente avviata, decise di ‘mettersi’ con me frenando in parte la sua smania di capricci e conoscenze nuove; abituata da sempre ad imporre le sue voglie, con la complice condiscendenza dei genitori, finì per imporsi anche a me che ne ‘ereditai’ in qualche modo la tutela e la funzione di ‘vittima’.
Sapevo che era arrivata a ‘sistemarsi’ dopo che aveva distribuito con generosità tutte le sue grazie ed era ormai con l’acqua alla gola nella ricerca di un compagno con cui condividere l’esistenza e ‘fare famiglia’; in parte per una mia noncuranza, in parte per la sedimentazione del ruolo di accompagnatore che avevo sempre svolto, accettai che mi si attaccasse come l’edera lasciandole gli spazi che reclamava in cambio di lealtà e sincerità
La felice crescita delle mie iniziative mi aveva consentito un benessere rilevante di cui non esitò a pascersi senza limiti e senza controlli; quando, sui vent’anni, ottenne un posto in una filiale di una banca di interesse nazionale, decise che era il momento di andare a convivere nella casa che avevo riservato a me tra le tante che avevo costruito in quegli anni; in breve ne diventò l’arbitra assoluta, favorita dal mio lassismo che le permetteva anche il sesso fuori della coppia.
L’unica condizione rimase sempre la lealtà e la chiarezza perché i suoi capricci spesso andavano molto al di là del sopportabile e preferivo litigarci e farla ragionare prima che esagerasse; apparentemente, condiscendeva alle mie osservazioni e si adattava alle soluzioni che le proponevo, compreso il sesso trasgressivo che cercavo di riportare nei limiti del ‘sale’ della coppia lanciandomi con lei in avventure varie e spesso spericolate.
Dopo cinque anni di vita comune più o meno lineare, venne quella mattina in cui, nel viaggio da Roma a Diamante, la sentii avanzare un’imprevedibile ipotesi che avrebbe sconvolto i nostri assetti; in sostanza, mi avvertiva che, nel villaggio dove eravamo diretti, lei si era organizzata per esercitare in totale libertà la sua sessualità; a quella conclusione era giunta per i discorsi di una collega che interpretava le mie proposte di lealtà e di chiarezza come un metodo ambiguo per controllarne la vita.
Dopo avere tentato inutilmente, per decine di chilometri di strada, di dimostrarle che i suoi capricci erano l’unica forma di tirannia che nella nostra coppia si esercitava, fui costretto a farle presente che la libertà valeva per tutti, anche per me; che l’avrei esercitata con lo stesso spirito libertario e che avrebbe pagato personalmente le conseguenze di atteggiamenti vittimistici che nascondevano una decisa volontà persecutoria; temetti che nemmeno avesse capito bene ma me ne fregai.
Al villaggio, fummo accolti, sulla soglia del bungalow prenotato, da un giovane adone riccioluto, nero di pelo e scuro di pelle, classico esemplare di ‘saracino’ meridionale, col quale fu particolarmente affettuosa; chiesi a Manuel, come indicava il cartellino sulla t-shirt, di procurare un lettino da sistemare nel bungalow; si rifiutò con arroganza e dovetti chiamare il direttore del villaggio; Titina era evidentemente risentita del mio atteggiamento autoritario.
Non le badai e, quando sopraggiunse il direttore, che sapeva perfettamente che avevo larghi interessi nella quota di maggioranza della proprietà del villaggio, imposi la consegna del lettino ad opera dello stesso animatore scortese; a Titina che mi guardava con aria interrogativa, chiarii che la mia libertà si esprimeva anche decidendo che avrei tenuto per me il letto matrimoniale; lei avrebbe passato le poche ore di sonno, che le avrebbero concesso i suoi amanti, sul lettino.
Piccata, mollò il suo zaino e andò in spiaggia; mi sistemai nell’angolo notte con tutte le mie cose e mi diressi a mia volta verso il mare; avevo deciso di adottare l’arroganza come atteggiamento continuo con lei e non la degnai di uno sguardo; furono invece alcune sue amiche, che intuii avessero concordato con lei la scelta del villaggio, a farsi intorno ciarliere e fascinose; tra l’animatore affettuoso e le amiche ammiccanti, il quadro mi fu presto chiaro.
Quasi a dare forza ai miei sospetti, la più vivace delle quattro, Elisa, cominciò a ‘fare la ruota’ per catturare la mia attenzione; quasi incautamente, Titina mi avvertì che non avrebbe cenato con me perché aveva già un altro impegno; le chiarii che il soggiorno nel villaggio era stato da me pagato per le due settimane, ma che per vitto e divertimenti non avrei sborsato un centesimo; se intendeva cenare per conto suo, si facesse invitare o pagasse lei per gli altri.
Lo sguardo che mi dedicò mi avrebbe fulminato, se avesse potuto; ingoiò amaro e capì che per quelle due settimane non poteva fare aggio sulla mia borsa; la cosa la metteva in ginocchio, ma la tigna ebbe il sopravvento e si allontanò sacramentando contro la mia presunta tirannia; inutilmente le altre amiche cercarono di farla riflettere che stava facendo scelte azzardate e pericolose; ormai era lanciata e sapevo che la ragazzina capricciosa non avrebbe ceduto di un millimetro.
Elisa non perse l’occasione per proporsi ad una cena con me, che restavo solo, senza la mia compagna; con aria irridente chiesi se si stesse proponendo per la sola cena o anche per il dopocena; ‘Cena e … ‘ fu la risposta; mi fu chiaro che era lei la compagna di lavoro che aveva insinuato il tarlo della tirannia e che forse tutte le manovre erano state da lei studiate, fidando sull’ingenua capricciosità di Titina, perché si sganciasse da me per quei giorni lasciandole disponile il mio letto.
Ormai però la guerra era in atto e decisi di fissare con Elisa di incontrarci la sera alle otto per cena e dopocena; la reazione di giubilo all’annuncio dichiarò con certezza che la manovra era stata studiata e realizzata con la massima furbizia; ma a quel punto ero anche dell’opinione di lasciare Titina al suo destino e di usare quella sua ribellione per dare un taglio netto a dieci anni di pazienza inutile e sterile; avrei poi valutato se cercare altro o se decidere di andare via lasciandola al villaggio.
La cena di pesce fu senz’altro di grande qualità; ma non riuscii a gustarla, tra le chiacchiere stupide di Elisa che smaccatamente mirava a soppiantare, nel cuore e nel letto, la ‘cosiddetta’ amica; e le evoluzioni addirittura incomprensibili di Titina che ancora più smaccatamente e spudoratamente si ‘strusciava’ sulla pista da ballo sul corpo atletico del giovane ‘adone meridionale’ con l’intento evidente di umiliare il ‘cornuto’ seduto a cena, lì a fianco, con una delle tante puttanelle che giravano per il villaggio.
Istintivamente, quasi, decisi di allontanarmi dai luoghi dei misfatti della mia compagna, ormai quasi ex, e mi diressi con la sua amica e consigliera fraudolenta verso il mio alloggio, ormai cosciente che lei non sarebbe passata se non il mattino seguente, se le fosse bastata una notte per scaricare tutta la rabbia, la smania, la libidine, che era andata caricando contro di me sulla base di equivoche interpretazioni di gesti assolutamente innocenti.
Quando fummo soli nel bungalow, alla luce ammiccante di un abat-jour, mi sorpresi per un attimo a guardare con occhio concupiscente la ragazza che era con me; fino a quel momento, ero stato condizionato dalla lotta con Titina e l’avevo assimilata a lei nell’odio per le stupidità; i rapporti, a un passo dal farci l’amore, cambiavano; conoscevo Elisa nella funzione di impiegata di banca; a quel punto, avevo qualche difficoltà a riconoscerla; al mare, libera da costrizioni, i suoi capelli ramati avevano acquistato il colore del sole.
L’azzurro acquamarina degli occhi vivaci era il riflesso del mare in cui si specchiavano, la bocca carnosa e rossa era un invito a baciare; e fu proprio la bellezza della bocca, bene incorniciata dal viso rinascimentale ben contrastato dall’abbronzatura recente, a catturarmi e a spingermi a prenderla per le braccia, stringerla in vita e schiacciare sul mio petto il seno rigoglioso, contro il ventre il suo morbido come budino, contro l’inguine il sesso di lei che lo slip del bikini segnalava già carnoso e ben disegnato; mi illanguidii e chiusi gli occhi, beato.
La mani corsero autonomamente a percorrere voluttuosamente la schiena dolce e delicata, le curve rotonde dei fianchi, le natiche agili e nervose; lei invece mi prese le guance tra le mani e strinse la bocca contro la mia, la divorò e percorse con la lingua tutti gli anfratti della cavità orale; mi sentivo eccitato in ogni fibra del corpo; il sesso si gonfiò spasmodicamente e sembrava esplodere di voglia; leggeri gemiti dicevano che si era stabilito un feeling assai intenso.
Si staccò, mi prese per la mano e mi guidò al letto non molto grande, una piazza e mezza, ma utile per fare l’amore con una donna che adesso mi stava entrando nel sangue e ne aveva tutto il diritto; lasciò cadere il pareo che l’avvolgeva e mi apparve ancora più dea nel bikini che non copriva, solo sottolineava e suggeriva; mentre slacciavo il reggiseno, lei mi aveva sfilato la camicia hawaiana, orribile, che Titina aveva voluto indossassi.
Mentre la spingevo sul letto e lei si lasciava andare di traverso, afferrai al volo lo slip sulle anche e lo tirai via; mi aiutò scalciando; si sedette sul bordo del letto e tirò giù il bermuda che mi copriva i fianchi; il sesso si levò prepotente davanti al suo viso; lo prese delicatamente tra le mani e accostò la punta alle labbra mentre sussurrava impercettibilmente ‘finalmente!’; le presi le tempie e cercai di guidare la testa ma sapeva bene cosa fare; con una mano teneva l’asta, con l’altra si manipolava la vulva, con le labbra aspirava.
Il fallo scivolava in bocca guidato dalla lingua che dirigeva la cappella all’una o all’altra guancia e infine la fece sprofondare oltre l’ugola; mosse un poco la testa per copularsi in bocca; sentii il fallo avvolto da un calore straordinario; forse erano la passione e l’entusiasmo che la ragazza metteva nell’afferrare il sesso e farselo penetrare in gola, fin quasi a soffocare per poterlo sentire vivo che si muoveva dentro di lei; fui preso da una vertigine di piacere che non avevo mai provato prima.
Riuscii con forza di volontà a frenarle la fronte e a sfilarmi dalla sua bocca; la spinsi dolcemente schienata sul letto, con le gambe giù, e le divaricai dolcemente le ginocchia; mi apparve la vulva generosa, con le grandi labbra tumide e roride di umori; intravidi il bocciolo delle piccole labbra e, sopra, il clitoride ritto e gonfio; mi piegai su di lei e le leccai dolcemente le grandi labbra; sollevai in alto le gambe e le feci girare intorno alla mia testa; ero sommerso tra le sue cosce e afferrai la vulva con le labbra e coi denti.
Succhiai, leccai e mordicchiai per un tempo lunghissimo; Elisa si limitava a gemere e a sussurrare innumerevoli sì che mi eccitavano enormemente; quando l’orgasmo si fece intenso, quasi feroce, e la spinse ad urlare il piacere, mi chinai a baciarla quasi per frenare l’urlo; mi abbracciò con entusiasmo e mi tirò a sé; la feci slittare al centro del letto e la seguii col corpo, finché ci trovammo sul materasso uno sull’altra, con le membra che si accoppiavano, dai piedi alle teste.
Prese tra le mani il sesso turgido e lo portò alla vulva, infilò la cappella e cominciò a spingere con foga dal basso in alto; sentivo l’asta che penetrava, forzandola, nella vagina; avvertii io per primo l’urto contro la cervice dell’utero; emise un gemito lungo e godette mentre si lasciava possedere; sollevò ambedue le gambe dietro la schiena e alla fine i corpi erano fusi con enorme goduria per entrambi; mi avvertì che era protetta ed esplose in un orgasmo violento; unii il mio anche più intenso.
Ci stendemmo supini, vicini, abbandonati in un languore di rara dolcezza; era stato decisamente l’amplesso più intenso che io avessi vissuto quasi che i nostri corpi non attendessero altro che fondersi in un atto di amore totale; mi sentii mollemente abbandonato a lei e le tenevo la mano; mi girai su un fianco e fece altrettanto, ci baciammo quasi timidamente, a stampo, sulle labbra; ci comunicavamo il senso di una passione di cui non riuscivamo a valutare le conseguenze.
Pensai per un attimo a Titina che in quel momento forse si stava facendo sbattere con violenza da uno degli animatori del villaggio turistico e inevitabilmente mi trovai a riflettere che era arrivato il momento del redde rationem, quello in cui i nodi vengono al pettine e si deve decidere cosa fare per il futuro; da come erano precipitate le cose, era facile dedurre che i nostri destini stavano per divaricarsi e forse era in dubbio la convivenza dopo cinque anni di vita comune.
Copulammo per tutta la notte e scoprii che Elisa era ‘rotta’ a tutte le esperienze del sesso, che aveva una voglia quasi pericolosa di fare sesso con me, che era disposta a fare qualsiasi cosa per entrare nella mia vita e, possibilmente, nel mio cuore, che avrebbe quindi fatto le cose anche più ignobili per scalzare Titina dalla sua comoda esistenza e prenderne il posto; in questa sua frenesia, non teneva in nessun conto la mia opinione e, soprattutto, i miei sentimenti.
Quando ormai il sole già illuminava la spiaggia e il villaggio tutto, avvertii che Titina era tornata e si era adagiata forse a dormire sul lettino; nonostante la faticosa notte trascorsa, mi sorpresi a decidere di alzarmi; andai all’angolo cottura e misi su il caffè; scoprii allora che la mia compagna, ormai ex, non si era addormentata, ma solo sdraiata forse a recuperare un poco delle energie consumate in una notte di copule violente, come si deduceva dagli abiti e dai lividi sul corpo.
Quando mi vide armeggiare con la colazione, si avvicinò sorniona e felina, come un gatto che si venisse a strusciare sperando di strappare una carezza; non le badai e non le risposi quando mi chiese se mi fosse pesato passare da solo la notte; quando si rese conto che, oltre al caffè per me, preparavo anche del caffellatte con biscotti in un’altra tazza, capì che qualcosa non andava secondo le sue convinzioni; aprì la cortina che isolava il letto e mi guardò sbalordita.
“Cristo, hai fatto sesso con Elisa tutta la notte!?!?”
“In quale occasione ti risulta che io abbia fatto sesso?“
“Ah, già; tu non fai sesso; tu fai l’amore; quindi ti sei innamorato? Mi hai già cacciato dalla tua vita?”
“Senti, ragazza, tu hai reclamato la tua libertà e mi hai cacciato dal tuo orizzonte di vita; cosa ti aspetti, adesso?”
“Io ho fatto un capriccio e tu mi hai sempre perdonato tutti i capricci; perché adesso sarebbe diverso?”
“Ci sono molti perché, ma non mi interessa spiegare a chi non vuole capire; non è stato leale decidere e farmi sapere all’ultimo momento; basterebbe questa mancanza di rispetto per farti proclamare fuori dai miei affetti; vattene a cercare i tuoi amanti; qui non c’è nessun sentimento per te!”
“Non te lo consento! Sei il mio compagno, mi hai sempre perdonato i capricci e anche stavolta lo farai; vedremo se riuscirai a fare a meno di me!”
“Buongiorno, Elisa; qui c’è la colazione; io vado al mare; voi fate quel che volete per ribellarvi alla tirannia di un prepotente … addio a tutte e due … “
“Che significa questo discorso? … Non puoi lasciare un dialogo a metà; non è educato … “
“Titina, che cavolo dici? Parli di educazione proprio tu che sei stata scorrettissima in tutta questa vicenda; l’hai perso, ormai; è inutile che chiedi l’elemosina di un affetto; lo stipendio ce l’hai; trovati un alloggio e rinuncia; è il meglio che puoi fare!”
“Grande troia, se sei stata tu a suggerire che stavo facendomi tiranneggiare con le regole e la logica; per caso hai voluto che rompessi il rapporto solo per farti sbattere per una notte?”
“Sì, l’ho fatto; e sono stata una stupida; se non ho capito male, ha dato il benservito a tutte e due; il mio sogno è durato solo un notte; adesso mi resta solo dimenticarlo e cercarmi qualche imbecille e incapace che lo sostituisca almeno nel letto, visto che fuori dal talamo nessuno può valere quanto lui!”
Decisi di evitare la mia ex e le sue amiche; per trovare un caffè migliore di quello fatto in casa o al bar del villaggio, uscii dal recinto e, sulla provinciale, mi diressi ad un albergo lì vicino dove sapevo che preparavano un buon caffè; presi il giornale riservato agli avventori e mi sedetti ad un tavolino all’ombra; ordinai il caffè ad un cameriere che mi raggiunse e mi sistemai a leggiucchiare e a pisolare; mi destò un’ombra che mi si era parata davanti all’improvviso.
“Ciao, Marco; come mai qui?”
“Oh, Sonia! Siamo venuti al villaggio qui a fianco per un paio di settimane di vacanza; tuo marito è qui con te?”
“No, c’è stato per due giorni, poi stamane è tornato a lavorare; lo rivedrò a fine settimana e partirò con lui, stavolta; la tua compagna dov’è?”
“Mi ha fatto la sorpresa di comunicarmi all’ultimo momento che reclamava queste settimane di libertà da tutto e da tutti … “
“Quindi l’hai lasciata al villaggio a godersi la vacanza e sei qui a leccarti l’orgoglio ferito?!?”
“No; sto solo riflettendo se devo approcciare qualche anima pia per avere l’amore compensativo; o se, piuttosto, mettermi in macchina e tornare in città a perfezionare la separazione definitiva … “
“Per gli adempimenti, avrai tempo per la compensazione, sai bene che finora solo la tua fedeltà alla libertina ti ha impedito di accettare certe proposte; non ho due settimane di libertà; fino a fine settimana sono desolatamente sola in una suite di lusso … “
“Non sapevo che tradissi tuo marito, credevo che certe fascinazioni servissero al tuo esibizionismo, non a veri tradimenti; sai che non sono capace di fare sesso; se tra noi nasce qualcosa, io mi innamoro, fosse anche solo per cinque giorni!”
“Ma questo innamoramento è riproponibile ogni volta che ce ne venisse l’uzzolo?”
“Se andiamo a letto, è per fare l’amore; tutte le volte che lo faremo, sarò innamorato di te non per sempre ma con calore!”
“Dolcissimo imbranato d’amore, vai alla reception e prendi una camera fino a venerdì mattina; poi sparirai dal mio orizzonte e ne ripareremo a casa, dopo l’estate … “
L’albergo che la ospitava era di lusso; per non dare adito a voci, presi una camera singola; ci spostammo su una spiaggia vicina, per allontanarci dal villaggio e dall’albergo, e passammo una giornata al sole alimentandoci a succhi di frutta e beveroni di verdure energetici; rientrammo all’hotel solo la sera; il ristorante era di ottima qualità e cenammo volentieri e di gusto; dopo cena, andammo alle camere; subito dopo, salii alla suite che lei occupava.
Era la prima volta che passavamo insieme una notte e desiderai che fosse meravigliosa; aveva fatto portare una bottiglia di champagne per l’occasione e cominciammo con un brindisi, in piedi, vestiti, dai calici appositi; lei immerse un seno nella coppa ed io cominciai a leccare il vino dai suoi capezzoli, dando inizio ad un gioco perverso di sesso; la spogliai completamente e versai delicatamente lo champagne nell’ombelico per andare poi a leccarlo dal ventre provocandole brividi di piacere.
Mi spogliò nudo, immerse il mio sesso nella coppa e prese in bocca la verga per leccarne il liquido mentre mi praticava la fellazione più eccitante che ricordassi; da quel momento, lo scatenamento dei sensi non ebbe limiti; giocammo col vino succhiato dalle cavità tra scapole e collo, direttamente dalla vagina, dalle natiche, dall’ano.
Poi mi dedicai al più appassionato e lungo cunnilinguo; la lingua penetrava nel canale vaginale fino a stimolarle quasi l’utero; poi la bocca si impossessava del clitoride e lo succhiava fino a farla esplodere in un lungo e violento orgasmo; lei mi stese supina e imboccò l’asta facendo arrivare la cappella fino all’ugola; succhiò, leccò, mordicchiò e manipolò il fallo portandomi più volte al limite dell’orgasmo, ritirandosi all’ultimo momento.
Quando non ressi più, la adagiai carponi al centro del letto e la penetrai in vagina da dietro; la punta del pene che urtava la cervice le diede forse qualche fastidio, ma mi spinse il sedere contro il ventre e attirò le anche con le mani portate dietro, per farsi penetrare con più forza; alla fine, lasciai scatenare dai testicoli la più lunga e goduriosa eiaculazione che mai avessi realizzato nella mia non breve esperienza copulatoria.
Passammo quasi tutta la notte a possederci con abilità, con sapienza, con una passione smodata per il piacere sessuale; la mia verga era abbastanza grossa per riempirla benissimo dovunque e non negò niente, dalla copula classica, a pecorina e a missionaria, alla penetrazione anale da tutte le posizioni e in tutte le varianti, dalla spagnola magistralmente interpretata alle fellazioni più varie, dalla masturbazione al cunnilinguo prolungato.
Cominciò così la settimana di copule più intensa che avessi vissuto; in realtà, furono solo quattro i giorni che trascorremmo insieme, dal lunedì al giovedì, perché il venerdì pomeriggio tornava suo marito col quale, dopo il week end, sarebbe rientrata a casa; ma quei quattro giorni furono di passione assoluta e ininterrotta; passammo a letto gran parte del tempo e copulammo in tutti i modi e con tutti i mezzi; dedicammo poche ore alla spiaggia e al sonno.
Il venerdì mattina, quando suo marito telefonò che era arrivato all’aeroporto più vicino e sarebbe giunto in albergo con un tassì, mi pregò affettuosamente di scomparire, riservandosi, ora che aveva assaporato la gioia di copulare con un amante dolce e delicato come mi ero rivelato io, di tornare a incontrarmi in città, cercando di evitare uno scandalo che avrebbe fatto male a tutti; le promisi che sarei stato molto attento ma che, a quel punto, ero costretto a considerarmi preda libera.
Tornato al villaggio, intravidi sulla battigia Titina che amoreggiava con un ‘bronzo di Riace’, quasi certamente uno degli animatori; sgattaiolai quasi invisibile e decisi su due piedi di lasciare quel posto che mi riservava solo amarezze e umiliazioni;nel bungalow, mi dedicai alla confezione delle mie valigie; una volta che furono pronte, le portai all’automobile, avvertii la direzione che lasciavo il villaggio ma che la mia compagna averebbe occupato il bungalow per la restante settimana, pagata in anticipo.
Mi resi conto che i miei discorsi suonavano chiaramente falsi e ipocriti, forse perché ormai tutti sapevano quello che in mia assenza Titina aveva combinato; me ne fregai e mi diressi al parcheggio, dov’era la mia auto; la mia ineffabile compagna, forse messa in allarme dai suoi amanti, si precipitò verso di me e mi bloccò mentre quasi entravo in auto.
“Che fai? Vai via senza avvertirmi?”
“Non voglio urtare il tuo senso di libertinaggio; la permanenza è pagata, avrai a disposizione dei tuoi amanti tutto lo spazio che volete per le vostre evoluzioni amorose; perché dovrei restare qui a farmi umiliare dalle tue esasperazioni e volgari manifestazioni di passione smodata?”
“Credevo che fossi superiore a qualche cornetto; ma evidentemente mi sbagliavo; sei il solito ipocrita maschilista che non vuole consentirmi nemmeno qualche capriccio innocente … “
Elisa comparve all’improvviso, insieme alle altre loro amiche.
“Hai un senso del linguaggio che solo un’oca felice può avere; chiami capricci innocenti quelle che qualunque regola di buonsenso etichetta come corna spietate e immotivate; sei troia dentro e vorresti appellarti ad un femminismo di facciata di cui non capisci nemmeno il valore semantico; sei tarata e stai per precipitare in un fosso senza fondo; peggio per te!”
A sorpresa intervenne Luana, una delle tre ragazze rimanenti che conoscevo solo di vista ma di cui avevo più volte ammirato la linea perfetta del corpo esile ma forte, splendido sotto il sole e in un bikini che sottolineava con grazia i fianchi forti e appetitosi, il seno carnoso e carnale, il viso dolce da dama del rinascimento.
“Dottore, se sta tornando a casa, oso troppo se le chiedo di darmi un passaggio? Vorrei anch’io tornare prima … “
La meraviglia delle compagne di vacanza si leggeva assai chiara e netta.
“Luana, se non sbaglio, vero? Avrei davvero piacere a fare il viaggio in compagnia, soprattutto di una donna meravigliosa come sei tu; quanto meno, potremmo riempire il vuoto conoscendoci; ma se vuoi passare con me in macchina molte ore, devi dimenticare il ‘Dottore’; ti accolgo volentieri se per te sono Marco, un amico con cui hai trascorso qualche ora al sole della Calabria.”
“Ti assicuro che non osavo solo perché so che sei un alto dirigente dell’azienda in cui lavoro; se mi dici che per te va bene, sono pronta a passare queste ore con un amico di grande sensibilità e cultura … Vado a prendere il mio zaino e parto con te!”
Fu veloce come il lampo; in pochi minuti, era seduta al posto del passeggero; abbassai il tettuccio per esporci completamente al sole d’estate, misi in moto e partii per un viaggio che prevedevo non breve né semplice; Titina mi osservava in silenzio e forse già rimpiangeva le scelte fatte; la presenza al mio fianco, nel viaggio, di una donna bella come Luana, di cui conosceva il senso profondo della libertà e della difesa della singolarità, le creava ancora più timore; si allontanò in silenzio mentre l‘auto rombava in direzione opposta.
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