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Mario e Luisa 1


di geniodirazza
29.04.2024    |    4.000    |    2 9.6
"Mario cedette a questo ‘vezzo’ e, a mano a mano che la loro situazione economica s faceva migliore, crescevano le pretese della sua ragazza, prima, e di..."
Si erano incontrati sui banchi del liceo, Mario e Luisa, e insieme percorsero un lungo tratto della vita; i primi anni furono di amore da letteratura, quello fatto di sogni e lunghissime emozioni di fronte ad un paesaggio, ad un regalo, a situazioni da ‘Armony’; l’unico neo era rappresentato all’indole capricciosa di lei, viziata dall’essere figlia unica on genitori benestanti che non le negavano niente e le facevano avere anche prima che avesse chiesto.
Mario cedette a questo ‘vezzo’ e, a mano a mano che la loro situazione economica s faceva migliore, crescevano le pretese della sua ragazza, prima, e di sua moglie, dopo; gli anni universitari furono una galoppata in un’amore tutto rose e fiori; si laurearono nei tempi, quasi in contemporanea, lei in lettere e lui in Economia; Luisa patì un poco la ‘trafila’ della precarietà prima di arrivare ad avere la cattedra nel locale liceo; lui si avventurò subito nella libera professione e divenne un commercialista assai ricercato.
Probabilmente, lui si accostò anche a personaggi di dubbia onestà, di cui curava interessi leciti ed altri border line; sua moglie ignorò volutamente qualunque sua attività, chiusa nel ‘cerchio magico’ dei suoi capricci e delle sue scelte tiranniche; l’unica cosa che le interessava era proporsi sempre al massimo della forma e pretendere adulazione continua da tutti, soprattutto da suo marito che talvolta, coi suoi impegni, non aderiva al suo modello ideale.
Passarono comunque, dopo il matrimonio, cinque anni di serena armonia, con piccoli screzi sedati quasi sempre con la ‘resa’ di lui a consentirle di fare quel che voleva; non ebbe tempo né voglia, di osservare le crepe che nei loro rapporti si andavano evidenziando ed eventualmente di cercare gli opportuni rimedi; la tigna rancorosa di lei si andò aggravando e, come era facilmente intuibile, sfociò rapidamente in un desiderio di trasgressione per ‘punire’ il reprobo.
L’occasione propizia si presentò quasi casualmente, una sera che si erano trattenuti a scuola, per un’assemblea, oltre il limite solito; pioveva che dio la mandava e Luisa si trovò di colpo in difficoltà; senza un ombrello, con un abito fresco quasi estivo, senza un mezzo di locomozione, con gli autobus che a quell’ora latitavano; doveva scegliere tra telefonare a suo marito per farsi venire a prendere o chiedere a qualcuno di darle un passaggio a casa; optò per la seconda soluzione.
Un giovane supplente di educazione fisica aveva la macchina nel parcheggio dietro la scuola; quando la vide esitare, capita la sua difficoltà, le propose di ‘darle uno strappo’; lei esitò un attimo, perché il giovane collega le aveva più volte fatto capire che una ‘bottarella’ gliel’avrebbe data volentieri; ma le tensioni tra lei e Mario ancora non erano arrivate al punto di scopare col primo venuto solo per tigna o per ripicca; l’altro scherzando le assicurò che sarebbe stato correttissimo.
Dall’uscita posteriore dell’edificio erano pochi passi, fino all’auto; li fecero con la massima rapidità e si rifugiarono nell’auto che li accolse col tepore che aveva conservato; la situazione di intimità e di precarietà, in un ambiente buio e senza nessun movimento di macchine fece sì che si trovarono assai vicini e vogliosi, contro i razionali impegni formali; Luisa non fermò il ragazzo che l’abbracciava e la baciava con un’intensità che le parve assolutamente nuova, nella dimensione di trasgressione che stava vivendo.
Ricambiò il bacio con altrettanta lussuria e avvertì con libidine crescente le mani che svariavano sul corpo, prima da sopra i vestiti, poi, insinuandosi nel reggiseno, da sopra, e sotto l’abito, fra le cosce fino a raggiungere il perizoma, spostarlo e insinuare nella figa due dita, che catturarono insieme il clitoride e lo sollecitarono in una masturbazione che la condizione di trasgressione e di emergenza rese particolarmente eccitante.
Luisa aveva già deciso di fare cadere una prima diga e di lasciarsi andare alla lussuria; per il momento, fissava ancora dei paletti e sarebbe arrivata fino a prendere il sesso in bocca e deliziare il giovane amante con una sapiente fellazione, quelle di cui Mario l’aveva resa autentica maestra in una decina di anni, tra matrimonio e preliminari; se le cose si fossero evolute in una certa direzione, non escludeva di saltare il fosso e di arrivare a veri tradimenti.
Non perse tempo e si avventò immediatamente sul cazzo; per lei era la prima volta fuori dal matrimonio, ma contava che limitando il rapporto, facendo leva sulla voglia che le era montata e soprattutto accettando la cosa come la trasgressione che da anni sognava, non avrebbe avuto difficoltà a trattare quel membro con il debito riguardo; in più, il ragazzo le dava la sensazione di essere, se non vergine, quanto meno poco abituato; e questo poteva darle un certo vantaggio.
Piegata sul suo ventre, raggiunse col viso la verga; prese il pantalone con le due mani sui fianchi e lo abbassò di colpo portando alla luce il bestione che aveva intuito che le balzò di colpo davanti al viso, anzi direttamente sulla bocca; le bastò cacciare fuori la lingua per sentirne già il sapore acre che le penetrò nel cervello; socchiuse dolcemente le labbra e lasciò entrare per pochi centimetri la cappella; con la lingua cominciò a stuzzicare il buchetto dell’uretra e a lambire la cappella tutta intera, prima facendola entrare quasi tutta in bocca e poi portandola fuori per muovere più agevolmente la lingua intorno.
Cominciò allora la più straordinaria fellazione della sua vita; con la destra teneva il membro alla radice cercando di regolare la penetrazione in bocca; percorreva con le labbra l’asta per linee esterne accarezzandola in ogni dove, per aprirle poi e farla penetrare in bocca tutta, fino alla gola, fin dove reggeva senza problemi; altre volte giocava a far entrare e uscire dalle labbra la cappella leccandola contemporaneamente e solleticando soprattutto il frenulo, la parte delicata coperta dal prepuzio e il buchetto dell’uretra.
Mentre con grande passione leccava, succhiava e mordicchiava, si sentì prendere per la nuca e lui cominciò la sua copula; tenendola vigorosamente ferma, il ragazzo cominciò l’andirivieni in bocca spingendo la cappella profondamente in gola, obbligandola a una lunga salivazione che lubrificava efficacemente e qualche volta provocava conati di vomito che la obbligavano a interrompere la manovra.
Quando il suo piacere arrivò allo spasimo, sentì che spingeva con maggiore violenza il sesso nella gola e che cominciava a tremare con tutto il ventre e con le gambe, segno evidente di un’eiaculazione che arrivava; pensava che a quel punto si sarebbe fermato e l’avrebbe fatto eiaculare fuori; ma, in parte perché le teneva la testa ben saldamente bloccata, in parte perché voleva portare fino in fondo la sua esperienza, continuò a succhiare e leccare anche quando gli schizzi di sperma le esplosero in bocca quasi con violenza; a stento riuscì a trattenere in bocca prima di ingoiare.
L’emozione fu assai intensa, non solo e non tanto per il piacere provato nel succhiare con tutta la passione di cui era capace un cazzo inedito, nuovo, decisamente stimolante, ma anche e soprattutto perché la sfida, che stava lanciando con quella trasgressione, la metteva in condizione di opporsi all’onnipotenza di suo marito, che si sentiva forse investito di un potere divino; per la prima volta da quando si conoscevano ebbe la sensazione di poterlo piegare alle sue voglie e dominare col sesso.
Con questo spirito di sfida, di rivalsa e di dominio, ripeté più volte, nei mesi successivi, il gesto di succhiare cazzi in auto, scegliendo colleghi, amici e conoscenti con cui si appartava in parcheggi isolati dove si dava da fare per praticare le più belle, gustose e soddisfacenti fellazioni, ricavandone sempre il plauso e la soddisfazione somma dei partner occasionali; lentamente, si convinse che in quel modo poteva esprimere davvero il suo potere sul maschio e, in particolare, su suo marito.
L’occasione per ‘saltare il fosso’ ed arrivare a scopare fuori dal matrimonio le venne da Nicola, un imprenditore del suo giro di amicizie; sapeva che non aveva mai incontrato il suo commercialista e si era solo avvalso dei suoi servigi per attuare manovre assai delicate di economia; poiché lei si era tenuta volutamente lontano dai maneggi di suo marito, neppure cercò di capire la natura dei rapporti, come non si preoccupò dell’apprezzamento che sentì fare a Mario quando conobbe per caso la moglie di lui.
Un pomeriggio che, al bar di solito frequentato con gli amici, lui le manifestò gioiosa ammirazione per le forme piene, mature e intriganti, lo sfidò quasi scherzando a prenderla; l’altro la prese sul serio e in un niente la caricò in macchina e si diresse ad un albergo a pochi chilometri alla città, per evitare incontri problematici; solo quando erano per salire alla camera lei si rese conto di essere andata oltre ogni limite; ma era troppo tardi, ormai, per ripensarci.
In camera, i gesti seguirono un rito che sarebbe presto diventato abituale; sfilò il vestito e lo lasciò scivolare a terra; restò in slip, avendo rinunciato ad altri indumenti; lui fu altrettanto rapido a spogliarsi del jeans, della maglietta e delle scarpe e le stava davanti, splendido nella sua bellezza apollinea col corpo giovane segnato da una muscolatura tonica ma non gonfiata, da un cazzo che, barzotto, valeva quanto quello di suo marito duro, da una bellezza quasi angelica per i riccioli biondi a circondare un viso regolare, gli occhi intensi e la bocca carnosa; lo abbracciò e lo avvolse in un bacio lussurioso.
Ricambiò l‘abbraccio foga e sentì la lingua invadere la bocca, riempirla e perlustrarla tutta provocando intensa lussuria ed eccitazione notevole, testimoniata dai capezzoli che si erano fatti duri come chiodi; non aveva scopato molto, quella settimana, e la voglia era sicuramente tanta; accostò il pube al suo e appoggiò con una mano il cazzo alla figa facendolo strusciare sul clitoride che reagì da par suo provocandole un leggero orgasmo.
Per un lungo tempo si abbandonò al piacere di sentirsi manipolare da lui che le divorava letteralmente la bocca e la lingua, succhiandola come un piccolo cazzo, mentre le mani artigliavano i glutei e strapazzavano le natiche; un dito scivolò verso l’ano e sentì la prima piccola penetrazione della giornata; continuò a baciarlo abbandonandosi al languore che il piacere le suggeriva; la spinse seduta sul bordo del letto e le intimò.
“Succhiamelo!”
Le piaceva sentirlo autoritario e impositivo, specialmente se lo confrontava con la sdolcinata arrendevolezza di Mario, suo marito, che si perdeva in lunghissime ed estenuanti sedute di preliminari leccando, carezzando, titillando ogni punto erogeno fino a farla sentire esausta e svuotata di ogni forza, prima di decidersi a metterle in corpo la mazza che restava, imperterrita, dura come cemento anche per ore.
Prese in mano il cazzo che la inteneriva per come, al tempo stesso, appariva fragile e delicato per rivelarsi poi duro e spietato quando sfondava; lungo almeno una ventina di centimetri, roseo del colore di un neonato, al centro leggermente incurvato verso l’alto, scappellato offriva un glande a fungo di impressionante spessore che amava moltissimo sentire penetrare in bocca e forzare la gola fino al vomito.
Quando lo infilava in figa, doveva prima lubrificarla molto coi miei orgasmi, per non avvertire dolorosamente quella cappella violare il canale vaginale e penetrare fino in fondo, fino a colpire la cervice dell’utero; quando poi decideva di incularla, la preparazione era assolutamente indispensabile perché, anche se dal marito aveva preso nel culo una bella mazza, la sua la premeva sforzando lo sfintere e lei amava sentire piacere senza dolore, come per anni l’aveva abituata Mario.
Accolse molto volentieri la mazza dura e la prese a due mani, una per reggere i coglioni grossi e gonfi, forse di sborra e di voglia; l’altra per masturbare l’asta tenendola ritta sul ventre; le smorfie di piacere che leggeva sul viso deformato dalla libidine le suggerivano i movimenti per farlo godere al massimo; appoggiò la lingua sul meato ed avvertì il sapore noto del precum che urgeva; strinse le labbra e spinse per farsi violare la bocca come una figa vergine.
Con la lingua lo fece scivolare sulle gote e, strusciando la cappella sul palato e spinse verso l’ugola per ingoiarne al massimo; la scopò per qualche momento nella bocca e dovette frenare la mazza fuori dalle labbra per impedirgli di spingere fino a soffocarla; si dilettò per un tempo lunghissimo a scoparsi in gola col movimento della testa e, soprattutto, con un lavoro di lingua che ricoprì la mazza di saliva e la fece scivolare in fondo, finché riuscì un paio di volte a toccare con le labbra la peluria del pube.
Lui la penetrò con violenza in gola, facendola salivare fino a gocciolare fuori dalla bocca e spingendo il cazzo fino a darle conati di vomito e sensazioni di soffocamento; per un tempo infinito la scopò in bocca e lo succhiò con passione; poi decise di fermarsi, sfilò il cazzo, la sollevò per i piedi e si inginocchiò accanto al letto con la bocca impiantata direttamente sulla figa; cominciò un cunnilinguo che lei sperò lungo e dolcissimo.
Rivelando grande abilità, cominciò a leccare tutto il ventre, soffermandosi sull’ombelico con cui giocava volentieri, per passare lentamente sul monte di venere e aggredire la figa; prima lambì amorosamente le grandi labbra, poi le aprì con le dita e passò alle piccole labbra; le titillò con la punta della lingua e affrontò il clitoride che si era rizzato per effetto della stimolazione; catturatolo con il pollice e con l’indice, lo strofinò a lungo finché lei urlò per la sborrata.
Poi appoggiò le labbra e lo succhiò a lungo, beandosi degli umori di orgasmo che sgorgavano dalla vagina; con l’abilità che gli suggerì, forte dell’insegnamento di Mario in queste cose autentico maestro, lo prese delicatamente fra i denti e cominciò un’altra stimolazione, un poco più aggressiva, che la inondò di piacere, scaricato in un nuovo orgasmo che bevve come un assetato.
Fu lei a quel punto che lo spinse supino sul letto, gli montò sopra a sessantanove e lo ‘obbligò’ a continuare a leccare mentre lei prendeva in bocca il cazzo; lo fermava stringendogli la testa tra le cosce, quando preferiva essere lei a lavorarsi il cazzo dai coglioni alla cappella e scoparsi in bocca con tutta la mazza, fino ai peli; lo lasciava fare quando preferiva che fosse lui a leccare culo e figa, che gli si aprivano davanti come paesaggi di paradiso.
La bloccò autorevolmente quando si rese conto che rischiava una sborrata precoce; si sfilò da sotto a lei e la lasciò carponi sul letto; si sistemò alle spalle e cominciò a succhiare e leccare, stavolta da dietro, tutto l’apparato sessuale offerto, anzi spalancato, davanti al suo sguardo e alla sua bocca; a spatolate larghe, percorse infinite volte il perineo, dalla figa al culo e viceversa, strappandole orgasmi quando si tratteneva con la lingua in uno dei buchi.
La dolcezza della lingua che accarezzava la pelle la spinse ad abbandonarsi languida al piacere immenso che la pratica le dava; sentiva intanto che, per dare forza alla scopata, stringeva i capezzoli e scosse di piacere si aggiungevano ai brividi che venivano dalla bocca che tormentava il sesso; avvertì quasi in anticipo il movimento del corpo che si appoggiava al culo e la mazza che penetrava in figa, a pecorina.
Nel silenzio generale si udiva solo lo sciaff tipico del ventre che sbatteva contro il culo e si sentì profondamente riempita perché il maschio spingeva come se dovesse far entrare in figa anche i coglioni; aiutava le spinte afferrando i lombi o i seni che pendevano, per gravità; piacere si aggiungeva a piacere; andò avanti a lungo; sperava che avesse una bella resistenza; intanto, si impegnava davvero allo spasimo.
La scopò da quella posizione, poi la rovesciò su un fianco e continuò a pompare in figa; sentiva l’utero maltrattato dalle spinte della cappella contro la cervice, tutto il pacco intestinale spostato quasi verso lo stomaco; ma le sensazioni erano di piacere intenso, di orgasmo continuo e di sborrate che punteggiavano l’assalto; sembrava irrefrenabile, l’uomo, e lei si perdeva appassionatamente nella scopata più bella e lunga che ricordasse.
Quando ritenne di avere smantellato abbastanza le reni con la lunghissima monta in figa, sentì che si sfilava, si allungava verso il comodino e prelevava il tubetto di gel che avevano appoggiato; quasi seguendo un copione, era il momento della più saporita e lunga inculata che potesse desiderare; con la punta del cazzo raccolse dalla figa abbondanti umori e li trasferì al buco del culo; ripeté l’operazione con un dito e lo infilò profondamente nel retto che lo accolse quasi deridendolo per la pochezza.
Le dita diventarono due e si aprirono a ventaglio ruotando; lo sfintere cedette immediatamente la sua elasticità; per infilare tre dita e poi quattro, a cuneo, e farle ruotare, versò un poco di gel e lei si sentì aprire il culo fino al dolore; poi avvertì la cappella che passava l’ano e si spingeva in fondo nell’intestino; il ritmo classico dell’inculata da dietro la prese e spinse in direzione contraria per sentire il ventre fin sull’ano, tra le chiappe spalancate.
La montò così per un poco e godevano entrambi mentre la mazza entrava in profondità, finché i coglioni picchiarono sulla figa, poi si ritirò fin quasi ad uscire completamente e, con una lenta progressione, rientrò dentro portando libidine e piacere; erano entrambi presi dalla passione del culo e godevamo infinitamente; amavamo molto, entrambi, l’inculata e lui le fece percorrere tutta la gamma delle ipotesi.
Prima fu la volta della penetrazione da dietro classica, lei carponi e lui inginocchiato; poi la fece crollare su un fianco, le sollevò in alto la gamba libera e continuò imperterrito a pompare nel culo; intanto, una mano passava davanti e raggiungeva la figa che masturbava sapientemente; la seconda cavalcata in culo la deliziò moltissimo; la fece rotolare sull’altro fianco e riprese la spinta dalla nuova posizione; si abbandonò e godeva da matti.
Fu una pratica lunga, quella nel culo; dopo forse un’ora il cazzo scivolava liberamente e indifferentemente in figa o nel culo, che si era assuefatto alla mazza ed ora la desiderava sempre più a fondo; le chiese in un soffio di voce se poteva sborrare dentro; gli disse senz’altro di sì e finalmente gli spruzzi di una sborrata lunga e sapida le colpirono con sferzate all’interno del ventre; ad ogni spruzzo corrispose un orgasmo e si sentì vuota, alla fine, mentre crollava sul letto inchiodata col cazzo nel culo.
Quando l’asta si svuotò e si ridusse di volume, delicatamente la lasciò scivolare fuori e sentì la sborra che scorreva dal culo sulle lenzuola; si accarezzarono con dolcezza e restarono per qualche minuto immobili a riprendere vigore; appoggiò la testa sullo stomaco e titillava con la lingua, delicatamente, il cazzo barzotto, in attesa che riprendesse energia e la sfondasse ancora; nella calma del momento, le riprese la rabbia contro il marito; ma fu solo un momento passeggero.
Abbandonò i pensieri di lotta impegnativi e tornò a dedicarsi allo stallone che ormai aveva recuperato le energie ed era pronto a dare vita ad una nuova fase di quella grande scopata; si stese supina al centro del letto e lo invitò a sedere sullo stomaco, col cazzo piantato tra i seni; il caprone non ebbe bisogno di ulteriori indicazioni e si preparò alla ‘spagnola con pompino’ che con altre aveva già avuto modo di sperimentare con gusto.
Appoggiò tra i seni il cazzo, di nuovo duro e ancora viscido del gel dell’inculata; lei raccolse le mammelle, che per la posizione si erano leggermente appoggiate ai lati, e le portò a stringere in una dolce morsa di soffice carne la mazza che reagì inalberandosi; stringeva i globi intorno al cazzo e si titillava i capezzoli; lui si spingeva in avanti col corpo e faceva scivolare il cazzo tra i seni, fino a toccare con il glande il mento; lei piegò la testa, tirò fuori la lingua e lambì il meato.
Trovarono istintivamente la coordinazione; mentre lui spingeva il corpo intero a scivolare su lei e portare il cazzo alla bocca, lei piegava la testa, con sacrificio della cervicale, e faceva in modo da ricevere in bocca almeno l’intera cappella; intanto, le strofinava tra le dita i capezzoli e le procurava un ininterrotto ed intenso piacere che più volte culminò in sborrate di media forza; non ci mise molto, l’uomo, ad avvertire che la sborrata gli premeva dalla prostata; frenarono il giochetto a ritardare l’orgasmo.
Passarono sollazzandosi con il sesso tutto il pomeriggio fino a sera; lo stallone la titillò e la scopò a lungo in ogni modo, mettendo in pratica tutto quanto sapeva; passò la mazza sulla pelle di tutto il corpo; le riempì più volte tutti i buchi, culo figa e bocca, la sditalinò a lungo e le fece il classico ‘pigiama di saliva’ leccando ogni punto, dai capelli alla punta dei piedi; non se ne stette ferma a farsi scopare ma manipolò, leccò, succhiò, morse, prese in ogni buco il cazzo ritto.
Alla fine della performance, non era in grado di dire quante volte avesse sborrato; moltissime, senza dubbio, di cui almeno una decina ad alto tasso di libidine, con urla disumane di piacere; lui limitò le sue a tre con eiaculazione, la prima nel culo, la seconda nella gola, dopo un pompino durato un tempo interminabile, e l’ultima in figa quando la scopò alla missionaria, proprio al momento di uscire dalla camera perché voleva portarsi a casa la sborra in figa, forse in spregio al cornuto suo marito.
Quella prima sconvolgente scopata fu come una diga che cedesse e lasciasse scorrere nella valle una fiumana d’acqua che invadesse tutti gli angoli possibili; dopo quell’esperienza, Luisa si ‘costruì’ quattro relazioni parallele, con amici del suo primo amante, e stabilì un ritmo di due scopata a settimana, a cui si aggiungevano i pompini anche a colleghi; evitò sempre accuratamente di dare spazio ai ragazzi, anche quelli quasi maggiorenni e dotati di belle mazze, per non creare casini nell’ambito dell’insegnamento.
Apparentemente, Mario non si occupava della vita di sua moglie e glissava su tutto, anche sulle voci che correvano sulla sua spregiudicatezza; quello che lei non sapeva, era che in realtà aveva avuto da subito vaghi sospetti; aveva incaricato un investigatore di appurare i fatti ed aveva evitato anche di parlare chiaro con lei per non fare scoppiare uno scandalo che avrebbe influito pericolosamente sulle sue attività, specie quelle meno lecite.
Si riservava però di agire quando fosse risultato inevitabile; in quel caso, sapeva perfettamente che non poteva fare sconti e a malincuore avrebbe dovuto fare intervenire personaggi ‘border line’ con cui era quasi di necessità obbligato a lavorare; tentò più volte di far aprire gli occhi a Luisa, ma ne ricevette risposte tanto volgari e indisponenti che decise semplicemente di ripagare della stessa moneta; oltre a ricambiare con altrettante corna, intrecciò una vera storia d‘amore con la moglie dell’ultimo amante della sua.
Trascorsero così noiosamente gli anni con una progressiva e ineluttabile separazione, anche nel letto, dei due coniugi.
Uno dei mast della loro convivenza era la vacanza estiva; Luisa aveva determinato che rinunciava a qualunque attività didattica da metà giugno ai primi di settembre; trascorreva così più di due mesi in una località balneare della vicina costiera; Mario non poteva mollare la sua attività per tanto tempo e si limitava a raggiungerla ogni fine settimana e per tutta quella a cavallo di ferragosto; l’albergo scelto era rimasto lo stesso per tutti gli anni che lo frequentarono.
La conseguenza fu che per l’intera settimana lei si divertiva a cercare amanti diversi con cui passare notti di fuoco nella suite che avevano prenotato e che risultava alla fine, se non la stessa, almeno assai simile; la presenza di Mario nei fine settimana imponeva un stop alle sue avventure di sesso per il tempo risicato in cui lui si fermava al mare; ormai Luisa era nell’ordine di idee di calpestare la dignità del marito in ogni modo e, nei mesi di soggiorno, si passava tutti i maschi che poteva.
I quattro amanti fissi erano invitati a raggiungerla nei giorni infrasettimanali, con un calendario prefissato, per mantenere in piedi il palco di corna che lei aveva stabilito; quello che a lei sfuggiva era che suo marito la ricambiava di un trattamento identico, con tutte e quattro le mogli dei suoi montoni e l’aggravante che la relazione con Elvira, moglie di Luigi, l’ultimo ‘acquisito’ nella schiera degli amanti solo un paio d’anni prima, era d’amore e non di semplice passione, avendo intrecciato con lei una storia profonda e significativa, al punto che parlavano persino di fare un figlio, ipotesi che la moglie legittima aveva sempre respinto con durezza.
Anche quell’anno le cose ebbero lo svolgimento solito, lei al mare per due mesi e più, lui a fare la spola tra lavoro e soggiorno marino; le sue frequentazioni con Elvira, a giorni alterni, non figuravano da nessuna parte; Luisa invece, spudoratamente come sempre, ‘spompava’ tutti i maschi che capitavano a tiro della sue rete e metodicamente si appartava coi suoi amanti classici, opportunamente invitati in maniera da non creare nessuna difficoltà.
Quell’estate, però, lei aveva deciso che avrebbe raggiunto l’apice della sua perversione e, per l’ultimo sabato del mese, aveva deciso di incontrare insieme i quattro amanti e il cornuto; allo scopo, organizzò un dopocena nella sua camera, a cui invitò i quattro che ingenuamente si fidarono e aderirono; solo Mario ebbe qualche perplessità, quando lo avvertì che dopo cena sarebbero venuti degli ‘amici’; subodorò una qualche trappola ma, ormai rassegnato, subì.
Le perverse intenzioni di lei furono chiare fin da quando si sedettero tutti e sei nell’elegante salotto di cui l’alloggio era dotato; lei prese posto tra due amanti su un divano ampio, tenendo a fianco, sulle poltrone ai lati, gli altri due; Mario fu invitato a sedere sul divano di fronte e a godersi lo spettacolo che lei aveva preparato apposta per lui solo; prima di avviare il balletto che si riprometteva, lo prese in disparte e lo avvertì che quella sera gli avrebbe imposto finalmente il suo punto di vista.
Lui aveva creduto, col potere economico e sociale, di metterla sotto, di imporsi come protagonista della loro vita; di trasformarla in ‘bambola da esibire’ nelle occasioni mondane senza concedere niente alla sua voglia di esibizione da dominatrice; la sua scelta era stata quella delle corna per dimostrargli e convincerlo che, con i mezzi opportuni, tutti potevano esercitare il potere; lei aveva quello della figa e lo esprimeva; se lui se ne andava, avrebbe subito la violenza della sua opposizione.
Seduto sul divano dove era stato relegato, lontano dal cuore della serata, guardò sua moglie che si avviava sculettando verso i quattro ospiti, suoi amanti fissi, e farsi prendere per la vita dal più ‘anziano dei quatto, quel Nicola che era stato il primo, cinque anni prima, a corteggiarla e portarsela a letto in un momento in cui la crisi di coppia aveva reso lei molto disponibile ad accettare immediatamente la proposta di adulterio.
Come se stesse guardando a cinema un film scadente di sesso mal recitato, osservò le manovre del maschio per stringere contro il ventre la figa di lei; vide nettamente, dalla posizione in cui si trovava, la mazza farsi dura e picchiare contro il ventre, protetto solo dall’abitino estivo che non copriva niente e sottolineava le forme abbondanti di lei; colse dall’espressione del volto il piacere che contro il clitoride stimolava la mazza che strusciava come nei coscialini degli adolescenti.
Luisa gli rivolse uno sguardo irridente e fece con una mano il segno delle corna, ad evidente mortificazione del marito cornuto; non colse segnali di intesa tra i maschi, ma gli altri tre si alzarono e crearono uno strano girotondo con le mani che palpavano la sua donna; vide l’abito scivolare a terra agevolmente e le carezze farsi esplicite e stimolanti, tra le cosce, sui seni, nel culo e in tutto il corpo; non capì chi dei quattro fosse più abile a stimolarla, ma registrò gli urli di orgasmo di lei.
Mentre la osservava con una smorfia di schifo, gli si accostò proprio Luigi, marito di Elvira, che lui incontrava fisicamente per la prima volta, come era per gli altri; il dato surreale della vicenda, infatti era che il suo studio aveva il totale controllo e l’illimitata fiducia dei quattro ‘cornificatori’ ma non si erano mai incontrati direttamente e ignoravano la conformazione fisica di tutti gli altri; Luisa aveva evitato in tutti i modi di presentare lui come marito.
“Ho visto che eri qui prima di tutti; già te la sei scopata?”
Rispose con un grugnito incomprensibile; si limitò a guardarlo inebetito e accettò di bere insieme una birra mentre Luisa si scatenava nella sua performance; il telefono squillò; era Elvira; si appartò e parlarono.
Lei comunicò che era sola perché il marito era dall’amante; lui le disse che l’aveva a pochi metri, visto che la moglie aveva offerto ai lui lo spettacolo dei quattro in contemporanea; poiché non capiva, le illustrò la situazione nell’evoluzione più recente; lei gli chiese se potevano passare insieme la domenica, in assenza degli adulteri; le promise che nella stessa notte, sarebbe rientrato in città e che l’indomani sarebbero andati in giro per una passeggiata culturale e vacanziera, da stupidi ragazzi innamorati; gli scoccò un bacio.
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