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(38) La Triade Dei Desideri Inespressi 3: sessantanove rosso, toccami il culo


di Membro VIP di Annunci69.it remigiuslp
08.10.2023    |    3.743    |    7 9.5
"La vista del suo strepitoso fondoschiena, riflessa e moltiplicata dalle varie angolazioni, aveva fatto crescere ancor più il mio pitone, trasformando il..."
Questo è ancora più bono dell’altro, glielo ficcherei in quel culo perfetto, lo martellerei un’ora intera, per poi imbottirlo a dovere di sborra rovente. Anche perché la pippa di prima nel bosco non mi è bastata per nulla.
Magari ci sta? Il suo amico aveva circuito e deflorato me due anni fa, trasformandomi presto in una sorta di giovane satiro, sempre affamato di cazzi da ciucciare e prendere nel sedere o a caccia di bocche e buchi dove infilare il mio.
Ora potrei chiudere il cerchio e restituire il favore, insidiando questo moretto dalle labbra gonfie da pompinaro e il tondo sedere da monta. Finché eravamo in collegio, questo Diego era zona di caccia proibita: mai capito perché suo feudo esclusivo - amante segreto ed intoccabile - oppure veramente innocente, da proteggere da noi depravati sodomiti.
Ma qui siamo in campo neutro, anzi di battaglia: chissà che non sia già ben abituato a succhiare e cavalcare tarelli. Al limite convincerlo: è veramente arrapante!

Certo, oggi ho in testa Kenyuki, il mio autista giapponese che mi distrae non poco: continuo ad avere davanti agli occhi quelle cupolette di seta bianche, intravviste stamattina mentre faceva pipì fra gli alberi, accerchiate da un candido perizoma che ne esaltava le eccitanti armonie. Ho sognato di avventurarmi in mezzo, prima con la lingua, poi con la cappella bagnata per visitare delicatamente il canalino nascosto fra quelle pesche dure. Invece ho dovuto accontentarmi di una sega, sparando e sprecando il mio seme su alcune povere piante.
Ma devo essere realista, le nostre posizioni sono troppo lontane e credo sia assolutamente inopportuno incamminarsi su un sentiero di esposizione o tentativo di seduzione, irto di dubbi, ostacoli e pericoli: le otto primavere che ci dividono, ai suoi occhi essere solo un imberbe sedicenne non interessante o da non insidiare anche perché figlio dei titolari dell’azienda della quale lui stesso è dipendente. Non ultima la netta parvenza di non avere inclinazioni verso il suo stesso genere.

Avevo ragionato così poco prima, mentre mi facevo condurre in camera dal tuttofare. Diego, avanti a me con indosso un jeans rosso da urlo che gridava vendetta a non saltargli addosso! Quelle chiappe supreme viste da sotto mentre salivamo le scale, la netta impressione di un suo ancheggiare, anzi apparentemente quasi voluto, voluttuoso, sculettare!
L’entrata in quella stanza decisamente insolita, con specchi a pareti e soffitto, oltre a vari particolari da lasciare pochi dubbi su un suo utilizzo per incontri più o meno clandestini. Comunque da non meravigliarsi, visto tenore e posizione della locanda.

Magari frocio a tariffa? Venuto qui, lontano dal mondo civile, a concedere golini e guzzate a camionisti, avventori e chissà quali altri pervertiti maiali, magari per pagarsi un viaggio - che so, in America? Ben lo immaginavo su quel talamo - sicuramente testimone di chiavate di ogni natura fra sessi diversi e non solo -, impalato a gambe larghe su un paio di nerchie e altre due fra le fauci, per farsi irrorare canna e gargarozzo con i succhi di coglioni di varia consistenza e sapore, ovviamente dietro adeguato compenso, oppure lasciarsi cannoneggiare la faccia da candidi getti di sborra. O ancora puttano da catena di montaggio, appecorato su quello strano arredo di legno - un misto fra scaletta e inginocchiatoio – sul quale potrebbe ben salire a far da vitello per monte seriali, prender zucchine di carne per ore, sgorgando dal burello le zuppe ad ogni cambio di toro pagante.

Con la scusa di urinare, nel bagno avevo tolto i pantaloni per rimanere con i miei rossi minislip lucidi ed elastici, ben aderenti alla gobbetta già in pressione per cercare di fargli capire la mia ‘disponibilità’.
La vista del suo strepitoso fondoschiena, riflessa e moltiplicata dalle varie angolazioni, aveva fatto crescere ancor più il mio pitone, trasformando il pacchetto in becco adunco, compreso il trasudare di un generoso gocciolone di fluido preliminare e una sua occhiata nemmeno troppo furtiva.

Poi, seduto sul bordo del lettone e lui in piedi davanti a me, scoprire di conoscerci già, di essere ex compagni di istituto, rivelandogli anche la pagina del mio diario a lui dedicata: ‘INARRIVABILE: pudìco, difficile abbordo anzi refrattario e famiglia opprimente - molto carino, super-bocca per pompini - CULO SUPER EXTRA SPECIAL’.

Ora però il ragazzo è bloccato, lo sguardo perso. Forse irritato per essere stato tenuto all’oscuro della mia tresca e attività varie con il suo migliore amico? Tradito? O forse solo dispiaciuto per essersi perso due anni di divertimenti lubrichi?

Conferma dell’ipotesi uno: si volta e si dirige verso la porta.
Non importa, Guido, non importa! Presto Guido, presto! Se non puoi avere Kenyuki, non lasciarti sfuggire questo succulento bocconcino! Al massimo ti dice di no: fermalo!

“Aspetta un momento!”
Si blocca ma senza girarsi, come si aspettasse questo stop. Mi alzo e avvicino, quasi a sfiorare il suo corpo di cui percepisco il calore. Guardo dall’alto la esse formata dai glutei - uno spettacolo che richiama una mia ulteriore emissione di succo e fa pulsare il mio serpentone.
Scollino con il mento oltre la sua spalla e sussurro all’orecchio:
“Ormai sai tutto. Anche che ti ho desiderato sin da quando ti ho visto la prima volta! Lui voleva solo proteggerti. Ora mi piacerebbe cancellare quegli aggettivi ‘inarrivabile’ e ‘refrattario’. Anche solo parzialmente.”

Non ce la faccio, quel didietro è un magnete: sto per aprirgli sopra un palmo. Sono anche pronto a prendermi uno sberlone. Invece un bisbiglio:
“Toccami il culo.”

Lo spesso tessuto contiene le forme ma sotto la compattezza e perfezione sono travolgenti. Il maschio chiude gli occhi e mugola appena, mentre la mia mano saggia con ampie rotazioni quei volumi sublimi e il solco centrale, dove il mio trapano vorrebbe fare il suo lavoro.

Torna il pensiero per il corvino Kenyuki ma devo scacciarlo! Ecco, farò una sorta di trasposizione psico-trombatoria: mi spupazzo questo superlativo brunetto dal fisichetto perfetto, immaginando contemporaneamente il mio diafano e pallido autista.

La mia bestia spinge sempre più nervosa nello slip e palparlo non mi basta: mi accuccio, lo prendo per i fianchi e mi tuffo con bocca avida sulle purpuree cupolotte, aggiungendo presto anche baci, morsichini e soffi in corrispondenza dell’ano.
“Ooofffhhh! Ufffhhh! Guido! Siiiii! Siiiii! Aaaannnfffhhh!”

Improvvisamente si divincola, mi prende sotto le ascelle per buttarmi di schiena sul lettone. Rapido sfila i calzoni, portando alla luce un formidabile perizoma! Il parallelo con il giapponese mi manda in orbita.
“Sessantanove! Voglio assolutamente un sessantanove con te!”

Lui si ritrova sotto il naso il mio gobbone ormai ricoperto di una lucida cupoletta di sugo vischioso, io a pochi centimetri dalle pupille le villose natiche tonde. Non sono quelle di Kenyuki ma mi deliziano alla pari!

Lui parte con un avido balletto di lappate alla mia secrezione trasudante dal tessuto, io mi lancio in una smaniosa serie di staffilate di lingua a quelle sode melotte. Non sono quelle di Kenyuki ma mi eccitano alla pari!

Lui stringe fra le labbra e succhia la punta del mio fallo, ancora ripiegato e costretto nella Lycra, scalpitante da far quasi male, io divarico i suoi glutei e irroro di saliva il burello vibrante di desiderio. Non è quello di Kenyuki ma mi arrapa alla pari!

Scoperchiato il mio bastone e scostato il suo nastrino per liberare il forellino è un doppio affondo di bocche: il mio cazzo nella sua calda e accogliente, la mia nel suo buco di culo dolce e palpitante. E avvinghiati l’un l’altro cominciamo la corsa al reciproco piacere orale: lui spompina, guizza, stantuffa, io ciuccio, strizzo, mordicchio. E immagino di farlo anche a Kenyuki.
Ma non mi basta: lo voglio mio! Voglio possederlo così come vorrei possedere Kenyuki.

Mi svincolo da sotto, non gli lascio il tempo per reagire in alcun modo: lui ancora a pecorina, abbranco i suoi fianchi, punto la cappella che si inabissa nello sfintere.
“Aaaahhhh!”
Inizio a scoparlo con cattiveria, devo sfogare la mia rabbia: rabbia per non aver capito subito, a maggio o forse anche prima, qual puledro libidinoso fosse questo morettino, rabbia per avere permesso al suo amico di tenerlo tutto per sé, rabbia perché sto ingroppando Diego, vagheggiando di inculare al contempo Kenyuki.

Incassa senza fatica, alza e butta indietro la testa ad ogni mio colpo, il sorriso beato mi fa capire che gradisce, odo i gemiti del suo godimento.
“Oooohhh! Uuuhhh! Aaahhh! Siiii! Siiii! Siiii! Oooohhh! Uuuhhh!”

La rabbia si dirada, è troppo bello fottere questo meraviglioso manzo diciottenne. Guardo il suo profilo specchiato, vedo sotto di lui, nell’angolo a novanta fra femore e ventre, il notevole uccello eretto sbatacchiare. Arresto l’avanti e indietro nel suo retto, abbraccio il suo petto per sollevare il tronco ed io con lui anche il bacino.
Così inginocchiati sarebbe la posizione ideale per un trenino: io dentro Diego, Diego dentro Kenyuki!

Pizzico i suoi capezzoli, lecco un suo lobo. Non voglio ancora venire, è un sogno stare così, armoniosamente uniti!
Invece è lui - malandrino! - a cominciare a muovere i muscoli interni. Massaggia la mia proboscide rigida e sensibile, mi masturba da dentro: il primo getto di sperma percorre il dotto interno alla mia verga e si spara nelle sue profondità anali. I fiotti successivi, violenti, intensi, generano un orgasmo che mi squassa corpo e cervello, strappandomi - fortunatamente quasi inavvertibile - il nome fatidico.
“Uuuuggghhhh! Aaaagghhh! - Uuufffhh! Ken… Uuuukkkhhhh! …yuki! Uuurrrgghhh!”
Ma anche lui sembra in trance, anzi è all’apice: bianchi e densi spruzzi dal suo bel pistone formano archi nell’aria, getti potenti che ricadono lontani sulle lenzuola. Penso a come sarebbe se finissero dentro Kenyuki!

Finito, i nostri respiri si calmano, il suo anello libera la mia biscia in ritirata, si gira e fa sfiorare dolcemente le nostre labbra.
“Devo scappare, fra poco inizia il mio turno.”
“E anche il mio: devo andare allo stabilimento dai miei - cerco un diversivo per il lapsus di prima - e prelevare il mio autista, Kenyuki, dalla tua stanza.”

Mentre si riveste vede la mia mutandina rossa a terra, caduta evidentemente dal letto, la solleva e se la porta al viso, la annusa, la lecca: c’è ancora qualche filo di fluido denso da tirare e leccar via.
“Tienila, è un pegno! La prossima volta suggerò io il tuo nettare quando mi possiederai!”

Uscito Diego, un tarlo si insinua nella mia mente: Kenyuki stanotte dormirà in un letto accanto al suo.

* * * * * *

Il cameriere-tuttofare entrò nella propria camera. Il giapponese, appena tornato dalla doccia comune, sfilò senza vergogna l’asciugamano mostrando così le sue pudende. L’alta ed esile figura del ventiquattrenne si mostrò in tutto il suo candore, al quale Diego non rimase certo indifferente. Inoltre, nella sua ormai ampia rosa di maschi mancava certamente un asiatico e qui si aggiungeva un clamoroso sederino!
Doveva affrettarsi per prendere servizio ma volle comunque - per la verità piuttosto provocatoriamente - denudarsi prima di recarsi al bagno: anche il suo arbusto aveva infatti deciso, davanti a quelle compatte sferette, di darsi un contegno e inalberarsi quel tanto da mostrare qualcosa delle proprie potenzialità.
L’inconsueto compagno di stanza ne rimase folgorato. Non solo per la lunga astinenza.

Settobre 2023
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